domenica 10 giugno 2018

Città Proibita

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La Città Proibita (紫禁城, Zǐjìnchéng, letteralmente "Purpurea città proibita") fu il palazzo imperiale delle dinastie Ming e Qing. Esso si trova nel centro di Pechino, la capitale cinese. Per quasi 500 anni, ha servito come abitazione degli imperatori e delle loro famiglie, così come centro cerimoniale e politico del governo cinese.
Costruita tra il 1406 e il 1420, il complesso è composto di 980 edifici divisi in 8.707 camere e copre 720.000 m² che ne fa "il più grande palazzo del mondo". Il complesso del palazzo esemplifica la sontuosa architettura tradizionale cinese, ed ha influenzato gli sviluppi culturali e architettonici dell'Asia orientale.
Nel 1987 la Città Proibita è stata inserita nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, che la riconosce come la più grande collezione di antiche strutture in legno che si sia conservato fino ai giorni nostri.
Dal 1925, la Città Proibita è diventata un museo, la cui vasta collezione di opere d'arte e manufatti è stata realizzata grazie alle collezioni imperiali delle dinastie Ming e Qing. Esso non va confuso con il museo omonimo che si trova a Taipei ("Museo nazionale del palazzo"), sull'isola di Taiwan: entrambi i musei derivano dalla stessa istituzione, ma furono divisi dopo la guerra civile cinese.
I nomi con cui è conosciuta la Città Proibita sono numerosi. Il più comune, come già accennato, deriva dal cinese Zijin Cheng (紫禁城), che significa "Città purpurea". L'aggettivo "Proibita" deriva dal fatto che, a parte i membri della casa imperiale, nessuno vi poteva entrare senza l'esplicito permesso dell'Imperatore. Talvolta nel passato veniva chiamato anche "Palazzo d'Inverno".
Oggi, il sito è comunemente conosciuto in Cina col nome di Gugong (故宫), cioè "ex palazzo". Il museo della Città Proibita viene chiamato Gùgōng Bówùyùan (故宫博物院), cioè "Museo del palazzo".
In manciù è chiamato Dabkūri dorgi hoton, che letteralmente significa "Città interna stratificata".

Storia

Il sito dove sorge oggi la Città Proibita era parte della città imperiale già durante la Dinastia Yuan. Quando la Dinastia Ming le succedette, l'Imperatore Hongwu spostò la capitale da Pechino a Nanchino e ordinò che i palazzi mongoli fossero rasi al suolo (1369). Il figlio Zhu Di, futuro Imperatore Yongle, ricevette il titolo di Principe di Yan, con sede a Pechino, dove venne costruito un palazzo. Nel 1402 Zhu Di usurpò il trono e divenne imperatore, spostando nuovamente la capitale da Nanchino a Pechino.
La costruzione della Città Proibita iniziò nel 1406 e durò 14 anni, impiegando (secondo alcune stime) più di un milione di uomini. L'asse principale del nuovo palazzo si trovava a est dei palazzi della Dinastia Yuan, un fatto non casuale perché così facendo quei palazzi si venivano a trovare a ovest del nuovo edificio (la "zona della morte" secondo il Feng shui). Il terreno scavato durante la costruzione del fossato che circonda la Città Proibita venne riportato a nord, dove divenne una vera e propria collina artificiale.
Fra il 1420, anno del completamento, e il 1644, la Città Proibita fu la sede della Dinastia Ming fino a quando venne invasa durante la rivolta contadina guidata da Li Zicheng, che fu proclamato imperatore della dinastia Shun. In ottobre, i Manciù avevano raggiunto la supremazia nel nord della Cina e una cerimonia svoltasi presso la Città Proibita annunciò il giovane imperatore Shunzhi come sovrano di tutta la Cina sotto la dinastia Qing. Gli imperatori Qing cambiarono i nomi di alcuni degli edifici principali al fine di sottolineare "armonia" piuttosto che la "supremazia", produssero delle iscrizioni in doppia lingua (cinese e manciù), e introdussero elementi sciamanici nel palazzo. Anche successivamente la dinastia Qing tenne qui il quartier generale del potere politico cinese.
Nel 1860, durante la seconda guerra dell'oppio, l'esercito britannico penetrò nella Città Proibita e la occupò fino alla fine delle ostilità. Dopo essere stata la residenza di 24 imperatori (14 della Dinastia Ming e 10 della Qing), nel 1912 la Città Proibita cessò di essere il centro del potere politico cinese, con l'abdicazione del giovane imperatore Pu Yi. Egli ottenne però di poter continuare a vivere all'interno della "parte interna" della Città Proibita con la sua famiglia, mentre la "parte esterna" venne occupata dal governo della Repubblica di Cina e vi venne istituito un museo nel 1925.
Pu Yi restò nella Città Proibita fino al 1924, quando Feng Yuxiang prese il controllo di Pechino con un colpo di Stato, espellendo l'ex imperatore. Poco dopo venne istituito il "museo nazionale del palazzo", in cui erano esposti i numerosissimi tesori raccolti dagli imperatori nei cinque secoli in cui avevano dominato la Cina. Durante la seconda guerra sino-giapponese, la sicurezza di tali tesori venne messa in pericolo e furono quindi riportati nella Città Proibita. Parte della collezione è stata poi restituita alla fine della seconda guerra mondiale.
Nel 1947, dopo che erano stati spostati in numerosissime località della Cina, Chiang Kai-shek ordinò che tutti i manufatti che si fosse riusciti a trasportare (provenienti sia dalla Città Proibita che dal palazzo imperiale di Nanchino) dovevano venire portati sull'isola di Taiwan. Questi oggetti formano il cuore del "museo nazionale del palazzo" di Taipei.
Dopo la costituzione, avvenuta nel 1949, della Repubblica Popolare Cinese, la Città Proibita ha subito alcuni danni per colpa del clima rivoluzionario che ha travolto il paese. Durante la Rivoluzione Culturale, tuttavia, sono stati evitati ulteriori danneggiamenti grazie all'intervento del primo ministro Zhou Enlai, che ha inviato un battaglione dell'esercito a guardia della città.
Per il ruolo che ha avuto nello sviluppo dell'architettura e cultura cinese, la Città Proibita è stata dichiarata patrimonio dell'umanità nel 1987 dall'UNESCO come "palazzo imperiale delle dinastie Ming e Qing". Nel 2004, il Palazzo Mukden di Shenyang fu aggiunto come estensione della Città Proibita, mutando il nome del patrimonio in "palazzi imperiali delle dinastie Ming e Qing a Pechino e Shenyang". Attualmente si sta realizzando un progetto di restauro per riparare e ripristinare tutti gli edifici della Città Proibita al loro stato precedente al 1912.
Negli ultimi anni, la presenza di imprese commerciali nella Città Proibita è diventata oggetto di dibattiti e di controversie. Un negozio Starbucks, aperto nel 2000, ha suscitato obiezioni ed è stato infine chiuso il 13 luglio 2007.

Descrizione

La Città Proibita è il più grande complesso di palazzi esistente al mondo coprendo 72 ettari. Si tratta di un rettangolo lungo 961 metri sul lato da nord a sud e di 753 metri su quello da est a ovest. Esso consiste in 980 edifici sopravvissuti con un totale di 8.707 camere. La Città Proibita è stata progettata per essere il centro della antica città fortificata di Pechino. È infatti racchiusa in una più grande area fortificata chiamata città imperiale. La città imperiale, a sua volta, è racchiusa dalla città interna, a sud si trova la città esterna.
La Città Proibita rimane importante nello schema urbanistico di Pechino. L'asse nord-sud centrale rimane la via principale della Città. Esso si estende verso sud attraversando la porta di Tienanmen verso la piazza Tienanmen, il centro cerimoniale della Repubblica popolare cinese, dirigendosi per Yongdingmen. A nord, si estende attraverso la collina di Jingshan verso le Torri Bell e Drum. Questo asse non è esattamente allineato da nord-sud ma è leggermente inclinato di poco più di due gradi. Gli studiosi ritengono che l'asse sia stato progettato durante la dinastia Yuan per essere allineati con Xanadu, l'altra capitale del loro impero.

Muri e porte

La Città Proibita è circondata da mura alte 7,9 metri e da un fossato di 6 metri di profondità e 52 metri di ampiezza. Le pareti, alla base, sono larghe 8,62 metri per poi assottigliarsi a 6,66 metri in cima. Queste mura servono sia come difesa che come sostegno per i palazzi. Esse sono state costruite con un nucleo in terra battuta e da tre strati di mattoni su entrambi i lati, con gli interstizi riempiti di malta.
Ai quattro angoli del muro, sono situate delle torri (E) con i tetti realizzati con 72 creste, che riproducono la Pagoda della Gru Gialla e la Pagoda del Principe Teng, come apparivano nei dipinti della dinastia Song. Queste torri sono le parti più visibili del palazzo per la gente comune che si trova fuori le mura.
Le mura presentano una porta su ogni lato. All'estremità meridionale si trova la "Porta meridiana" (A). A nord si trova la "Porta del volere divino" (B) (la distanza fra queste due porte è di 960 metri) a cui si affaccia il parco Jingshan. A est e a ovest le porte sono chiamate "Porta gloriosa dell'est" (D) e "Porta gloriosa dell'ovest" (C). Tutte le porte della Città Proibita sono decorate con nove file di chiodi d'oro, fatta eccezione per la Porta gloriosa dell'est che ha solo otto file. Le mura sono molto spesse, progettate specificamente per resistere ad attacchi di cannoni.
Tra la "Porta Meridiana" e la "Porta Tienanmen" si trova un'ampia piazza in cui spesso venivano eseguite le punizioni corporali inflitte dall'imperatore. Questa è la stessa piazza in cui Mao Tse-tung fece il suo celebre discorso sul comunismo.
La Porta meridiana ha due ali sporgenti che formano tre lati di un quadrato. Il cancello possiede cinque porte. L'ingresso centrale è parte della Via Imperiale, un percorso contrassegnato da pietra che forma l'asse centrale della Città Proibita e della stessa antica città di Pechino. Solo l'imperatore poteva passeggiare sulla Via Imperiale, fatta eccezione per l'imperatrice, in occasione del suo matrimonio e degli studenti di successo dopo l'esame imperiale.

Corte esterna

Tradizionalmente, la Città Proibita è divisa in due parti. La Corte esterna (外朝) o frontale (前朝) comprende le sezioni poste a sud e veniva usata prevalentemente per scopi cerimoniali. La Corte Interna (内廷) o palazzi di retro (后宫) comprende le sezioni nord ed era la residenza dell'imperatore e della sua famiglia, oltre ad essere il luogo dove si svolgevano gli affari di stato. La linea di divisione approssimativa tra le due corti è indicata con un tratteggio rosso nella pianta sopra riportata. Generalmente, la Città Proibita è disposta su tre assi verticali. Gli edifici più importanti sono situate al centro nord-sud.
Entrando dalla Porta di Meridiana, si incontra una grande piazza, tagliata dal meandro del Fiume dell'Acqua d'Oro, che è possibile attraversare grazie a cinque ponti. Al di là della piazza si trova la Porta della Suprema Armonia (F). Dietro questa vi è la Piazza della Suprema Armonia. Sopra questa piazza sorgono tre livelli di terrazze in marmo bianco su cui sono disposti tre palazzi, partendo da sud questi sono: il Palazzo della Suprema Armonia (太和 殿), il Palazzo dell'Armonia Centrale (中 和 殿) e il Palazzo della Preservazione dell'Armonia (保 和 殿).
Il Palazzo della Suprema Armonia (G) è il più grande e sorge a circa 30 metri sopra il livello della piazza circostante. Era il centro cerimoniale del potere imperiale e la più grande struttura in legno sopravvissuta in Cina. Si tratta di un edificio di nove campate di larghezza e cinque campate in profondità. I numeri 9 e 5 erano simbolicamente collegati alla maestà dell'imperatore. Nel soffitto al centro della sala vi è un'intricata struttura a cassettoni decorata con un drago a spirale, dalla cui bocca vi è appeso un lampadario realizzato in sfere di metallo, chiamato lo "Specchio Xuanyuan". Nella dinastia Ming, l'imperatore teneva qui la corte per discutere di affari di stato. Durante la dinastia Qing, questa sala veniva utilizzata prevalentemente per soli scopi cerimoniali, come incoronazioni, investiture e matrimoni imperiali.
Il Palazzo dell'Armonia Centrale è un piccolo edificio utilizzato dall'imperatore per la preparazione e del riposo, prima e durante le cerimonie. Il Palazzo della Preservazione dell'Armonia veniva invece utilizzato per le prove delle cerimonie ed anche come luogo dove si svolgeva la fase finale dell'esame imperiale. Tutti e tre gli edifici dispongono di troni imperiali, quello più grande ed elaborato è situato nella Sala della Suprema Armonia.
Al centro delle rampe che portano alle terrazze dai lati nord e sud, che fanno parte della Via Imperiale, vi sono dei bassorilievi con elaborati soggetti simbolici. La rampa a nord, dietro il Palazzo della Preservazione dell'Armonia, è ricavata da un unico pezzo di pietra di 16,57 metri di lunghezza e 3,07 metri di larghezza e 1,7 metri di spessore. Pesa circa 200 tonnellate ed è la più grande scultura del genere in Cina. La rampa sud, davanti al Palazzo della Suprema Armonia, è ancora più lungo, ma è composta da due lastre di pietra unite. La giunzione è stata ingegnosamente nascosta utilizzando la sovrapposizione di bassorilievi ed è stata scoperta solo quando gli agenti atmosferici hanno allargato il divario nel XX secolo.
A sud-ovest e sud-est del cortile esterno vi sono le sale dell'Eminenza Militare (H) e della Gloria Letteraria (J). La prima è stato utilizzata varie volte dall'Imperatore per ricevere ministri e tenere la corte. Quest'ultima è stato utilizzato per le lezioni di cerimoniale da parte di personale altamente preparato e da studiosi confuciani e più tardi divenne la sede del Grande Segretariato. Una copia della Siku Quanshu era situata lì. A nord-est vi sono i tre palazzi del sud (南 三 所) (K), che furono la residenza del principe ereditario.

Corte interna

La corte interna è separata da quella esterna per mezzo di un cortile ortogonale all'asse principale della città. Essa è stata da sempre la residenza dell'imperatore e della sua famiglia. Durante la dinastia Qing, l'imperatore ha vissuto e lavorato quasi esclusivamente nella corte interna, mentre quella esterna era utilizzata solo per scopi cerimoniali.
Al centro della corte interna, sono presenti tre edifici (L). Partendo da sud si possono trovare; il Palazzo della Purezza Celeste (干 清宫), Il Palazzo dell'Unione e il Palazzo della Tranquillità Terrestre. I tre palazzi furono le residenze ufficiali dell'imperatore e dell'imperatrice. L'Imperatore, che rappresenta lo Yang e il Cielo, occupava il Palazzo della Purezza Celeste. L'Imperatrice, che rappresentano lo Yin e la Terra, risiedeva nel Palazzo della Tranquillità Terrestre. Tra di loro c'era il Palazzo dell'Unione, in cui lo Yin e lo Yang si mescolavano per produrre armonia.
Il Palazzo della Purezza Celeste è un edificio impostato su un'unica piattaforma di marmo bianco, è collegato alla Porta della Purezza Celeste posta a sud da una passerella. Durante la dinastia Ming, fu la residenza dell'imperatore. Tuttavia, a partire da Yongzheng, imperatore della dinastia Qing, l'imperatore risiedeva invece presso la Sala minore del palazzo della coltivazione mentale (N) situato a ovest, per rispetto alla memoria dell'imperatore Kangxi. Il Palazzo della Purezza Celeste divenne in seguito la sala delle udienze dell'imperatore. Il tetto è strutturato a cassettoni con un drago a spirale. Sopra il trono pende una tavoletta recante la scritta: "Giustizia e Onore" (cinese: 正大光明; pinyin: zhèngdàguāngmíng).
Il Palazzo della Tranquillità Terrestre (坤宁宫) è un doppio edificio che, durante la dinastia Ming, era destinato alla residenza dell'imperatrice. Durante la dinastia Qing, grandi porzioni del Palazzo sono state convertite al culto sciamanico dai nuovi governanti Manchu. Dal regno dell'imperatore Yongzheng, l'Imperatrice fu spostata all'esterno del palazzo. Tuttavia, due stanze nel Palazzo dell'Armonia terrestre sono state conservate per l'utilizzo durante la prima notte di nozze dell'imperatore.
Tra questi due palazzi vi è la Sala dell'Unione, che è di forma quadrata con un tetto piramidale. Qui vengono conservati i 25 sigilli imperiali della dinastia Qing, così come altri oggetti cerimoniali.
Dietro queste tre sale si trova il Giardino Imperiale (M). Relativamente piccolo e compatto nel disegno, il giardino contiene tuttavia numerose caratteristiche paesaggistiche elaborate. A nord del giardino vi è la Porta della Divina Potenza, la porta nord del palazzo.
Distribuiti a est e a ovest delle tre sale principali, vi sono una serie di cortili e palazzi minori, dove vivevano le concubine dell'Imperatore e suoi figli.
Direttamente a ovest vi è la Sala dell'Educazione Mentale (N). In origine era un palazzo minore, questa divenne la residenza di fatto e l'ufficio dell'Imperatore a partire da Yongzheng. Situati intorno alla sala centrale vi sono gli uffici del Gran Consiglio e gli altri enti pubblici fondamentali.
Il cortile posto a nord-est è occupato dal Palazzo della Longevità Tranquilla (宁寿宫) (O), un complesso costruito dall'imperatore Qianlong in previsione del suo ritiro. Rispecchia il disegno della Città Proibita e dispone di un proprio "cortile esterno", un "cortile interno", giardini e templi. L'ingresso al Palazzo della Longevità Tranquilla è segnato da un vetro su cui vi sono disegnati nove draghi. Questa sezione della Città Proibita è stata restaurata grazie ad una collaborazione tra il Museo del Palazzo e il World Monuments Fund, in un progetto a lungo termine previsto per essere portato a termine nel 2017.

Religione

La religione era una parte importante della vita per la corte imperiale. Durante la dinastia Qing, il Palazzo dell'Armonia terrestre era il luogo per le cerimonie sciamaniche. Allo stesso tempo, la religione nativa taoista cinese ha continuato ad avere un ruolo importante per tutte le dinastie Ming e Qing. Erano presenti due santuari taoisti, uno nel giardino imperiale e un altro nella zona centrale della corte interna.
Un'altra forma prevalente della religione nella dinastia Qing fu il Buddismo. Un certo numero di templi e santuari vennero edificati in tutto il cortile interno, compresi quelli relativi al culto del buddismo tibetano o lamaismo. L'iconografia buddista ha proliferato anche nelle decorazioni degli interni di molti edifici. Di questi, il Padiglione della Pioggia di Fiori è uno degli esempi più importanti. Ospitava un gran numero di statue buddiste e icone collocate in diverse modalità rituali.

Dintorni

La Città Proibita è circondata sui tre lati da giardini imperiali. A nord c'è Jingshan Park, noto anche come Prospect Hill, una collina artificiale creata dal terreno scavato per costruire il fossato e dai laghi vicini.
A ovest si trova Zhongnanha, un giardino in mezzo a due laghi collegati, che ora serve come sede centrale del Partito Comunista di Cina e il Consiglio di Stato della Repubblica popolare cinese. A nord-ovest si trova Parco Beihai.
A sud della Città Proibita vi erano due importanti santuari: il Santuario della Famiglia Imperiale (cinese: 太庙; pinyin: Tàimiào) e il Santuario Imperiale di Stato (in cinese: 太 社稷; pinyin: Tàishèjì), dove l'imperatore venerava rispettivamente gli spiriti dei suoi antenati e quello della nazione. Oggi questi sono occupati dal palazzo culturale di Pechino e dal parco Zhongshan (in commemorazione di Sun Yat-sen), al cui interno si trova uno dei luoghi cerimoniali più sacri della Cina imperiale ovvero lo Shejitan (社稷坛, Shèjìtán, letteralmente "Altare della Terra e del Grano").
A sud vi sono due corpi di guardia in posizione quasi identica lungo l'asse principale. Sono la Porta verticale (cinese: 端 门; pinyin: Duānmén) e la porta più famosa, quella di Tienanmen, che è attualmente decorata con un ritratto di Mao Tse-tung posto al centro e da due cartelli a sinistra e a destra recanti le scritte: "Viva la Repubblica popolare di Cina "e" Viva la Grande Unità dei Popoli del Mondo". La Porta di Tienanmen collega città Proibita con la moderna Piazza Tienanmen.
Mentre lo sviluppo urbano è strettamente controllato nelle vicinanze della Città Proibita, per tutto il secolo scorso demolizioni incontrollate e, talvolta, politicamente motivate hanno cambiato il carattere delle aree circostanti alla Città Proibita. Dal 2000, il governo municipale di Pechino ha lavorato a spostare le istituzioni governative e militari che occupano alcuni edifici storici e ha istituito un parco intorno alle restanti parti della città. Nel 2004, un'ordinanza in materia di altezza degli edifici e pianificazione è stata emanata per stabilire la zona della città imperiale e la zona nord della città come una zona cuscinetto per la Città Proibita. Nel 2005, la città imperiale e il Parco Beihai (come un elemento di estensione al Palazzo d'Estate) sono stati inclusi nella lista dei Patrimonio dell'umanità a Pechino.

Simbolismo

Il progetto della Città Proibita, dalla disposizione generale al più piccolo dettaglio, è stato meticolosamente pianificato in modo da riflettere i principi filosofici, religiosi e, soprattutto, a simboleggiare la maestà del potere imperiale. Alcuni esempi celebri della sua simbologia sono:
  • Il giallo è il colore dell'imperatore, colore che domina i tetti della Città Proibita. Ci sono solo due eccezioni: la biblioteca presso il Palazzo della Gloria letteraria (文渊 阁) che ha piastrelle nere, poiché questo colore è stato associato con l'acqua e quindi antincendio. Analogamente, la residenza del principe ereditario ha piastrelle verdi, perché il verde era associato con il legno e quindi con la crescita.
  • Le sale principali delle corti esterne ed interne sono tutte disposte in gruppi di tre, a ricordare il diagramma Quiang che rappresenta il Cielo. Le residenze della corte interna sono invece disposte in gruppi di sei, la forma del trigramma Kun, che rappresenta la Terra.
  • Le creste inclinate di tetti dell'edificio sono decorate con una linea di statuette rappresentanti da un uomo in sella a una fenice e seguita da un drago imperiale. Il numero delle statuette rappresenta lo stato della costruzione, un edificio minore può avere 3 o 5. La Sala della Suprema Armonia ne ha 10, l'unico edificio del paese ad essere ammesso a questo livello. Di conseguenza, la sua statuetta 10, chiamata "Hangshi" (in cinese: 行 十; pinyin: Hángshí), è anche unica nella Città Proibita.
  • La disposizione degli edifici segue antiche usanze previste dal Libro dei riti. Così, i templi ancestrali sono di fronte al palazzo. Le aree di deposito sono poste nella parte anteriore del complesso del palazzo e le residenze nella parte posteriore-

La Città Proibita oggi

Oggi la Porta Tienanmen è decorata con un enorme ritratto di Mao Tse-tung, affiancato da due manifesti. Quello di sinistra reca la scritta zhōnghuá rénmín gònghéguó wànsuì (中华人民共和国万岁), che significa "lunga vita alla Repubblica Popolare Cinese", mentre su quello di destra c'è scritto shìjiè rénmín dà tuánjié wànsuì (世界人民大团结万岁), cioè "lunga vita alla grande unità delle popolazioni del mondo". Queste frasi hanno un enorme significato simbolico, poiché la frase "lunga vita" (letteralmente: "diecimila anni") era tradizionalmente riservata all'Imperatore della Cina, mentre oggi è utilizzabile anche per la gente comune, esattamente come è successo per la Città Proibita.

Influenze

Architettura
La Città Proibita, culmine di 2.000 anni di sviluppo di architettura classica cinese e orientale, ha influenzato il suo sviluppo successivo, oltre a fornire l'ispirazione per molte moderne costruzioni. Alcuni esempi comprendono:
  • L'imperatore del Vietnam Gia Long costruì nel XIX secolo un palazzo e una fortezza che intendevano essere una copia in scala ridotta della Città Proibita. Le rovine di questi edifici si trovano a Hué ed è a sua volta un Patrimonio dell'umanità.
  • Il teatro della 5th Avenue di Seattle è stato progettato per incorporare elementi di architettura classica cinese. Il soffitto della sala dispone di un pannello che rappresenta un drago e altri elementi presenti nella Città Proibita.
Nel cinema, nella letteratura e nella cultura popolare
La Città Proibita è servita come scenografia di molte opere di narrativa. Negli ultimi anni è stata presente in film e serie televisive. Alcuni esempi notevoli includono:
  • La Città Proibita (1918), un film diretto da Sidney Franklin
  • L'ultimo imperatore (1987) fu il primo film cui il governo cinese abbia mai dato l'autorizzazione ad essere girato all'interno della Città Proibita.
  • Negli anni ottanta la RAI e la NBC girarono una serie televisiva incentrata su Marco Polo, effettuando moltissime riprese all'interno della Città Proibita. Storicamente, però, a quell'epoca la Città Proibita non era ancora stata costruita, quindi questo fatto va inteso come una "licenza artistica".

Sede di manifestazioni e spettacoli
La Città Proibita è servito anche come un luogo di manifestazioni e spettacoli. Tuttavia, il suo uso per questo scopo è strettamente limitato, a causa del pesante impatto delle attrezzature e delle prestazioni sulle strutture antiche. Quasi tutti gli spettacoli vengono in realtà realizzati al di fuori delle mura del palazzo.
  • La Turandot di Giacomo Puccini, la cui storia è incentrata su di una principessa cinese, è stata rappresentata all'interno della Città Proibita per la prima volta nel 1998, con la direzione di Zubin Mehta.
  • Nel 1988, il musicista statunitense Marty Friedman ha composto una canzone ispirata alla Città Proibita, come parte dell'album "Dragon Kiss".
  • Nel 2004 il musicista francese Jean Michel Jarre tenne un concerto all'interno della Città Proibita, accompagnato da altri 260 musicisti, in occasione delle festività per l'"anno della Francia in Cina".

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sabato 9 giugno 2018

Ring

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Il ring è lo spazio quadrato dove si svolge un incontro di pugilato.

Forma

Data la sua forma quadrata, il ring presenta 4 angoli: a ciascuno di essi è collegato un paletto cui sono assicurate, in orizzontale, 4 corde delimitanti il perimetro. L'arena si trova, sovente, in posizione rialzata con tappeti posti al di sotto di essa.

Misure

Le misure regolamentari sono le seguenti:
  • Lato: da 488 a 732 cm
  • Perimetro esterno: 61 cm
  • Altezza: da 91 a 122 cm
  • Spessore del tappeto: 2,5 cm
  • Diametro delle corde: 2,5 cm
  • Altezza delle corde: 46, 76, 107, 137 cm

Etimologia del nome

Il termine, che in inglese significa «anello», deriva dal fatto che agli albori di questo sport l'area di lotta avesse una forma circolare, tracciata sul terreno. La denominazione rimase immutata anche quando, nel 1838, la Pugilistic Society introdusse un'arena quadrata (con area di 920 cm² e 2 corde).

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venerdì 8 giugno 2018

Zhongli Quan

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Zhongli Quan (cinese tradizionale: 鐘離權; cinese semplificato: 钟离权; pinyin: Zhōnglí Quán; Wade-Giles: Chung-li Ch'üan) è il primo degli Otto Immortali nonché il leader del gruppo.
Nato nello Shanxi prima della venuta di Cristo, fu un generale dell'esercito durante la Dinastia Han e, diventato vecchio, andò a vivere da eremita nei monti Yang Jiao. Ma esistono diverse versioni riguardanti questo personaggio, che forse è di origine storica. Era in grado di tramutare il rame in argento per mezzo di una droga e distribuiva poi ai poveri il suo metallo prezioso. Un giorno una gru celeste lo trasportò nel paradiso dell'immortalità. I moderni taoisti celebrano il suo compleanno il quindicesimo giorno del quarto mese del Calendario Cinese.
Nella cultura taoista è conosciuto come "正陽祖師" (Zhèngyáng Zǔshī). Viene anche chiamato (雲房先生 Yún Fáng Xiān Shēng) nelle storie che descrivono il suo incontro con Lü Dongbin prima di raggiungere l'immortalità.
Possiede un raro cognome composto cinese, Zhongli (鐘離).

Rappresentazione

Obeso, grasso, la pancia per aria, barbuto, con due piccoli chignon rotondi sulle tempie, ha come attributo principale un ventaglio che gli serve per cacciare le creature malefiche e anche per risvegliare l'anima dei defunti, creando un vento agitando le ali. Zhongli Quan nell'altra mano ha anche la pesca dell'immortalità o il fungo magico della longevità, oppure anche il frutto che viene detto “mano di Budda”, il Citrus digitata, simbolo di prosperità.

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giovedì 7 giugno 2018

Gotō Mototsugu

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Gotō Mototsugu (後藤 基次), noto altresì come Gotō Matabei (後藤 又兵衛), (5 maggio 1565 – 2 giugno 1615) è stato un samurai del periodo Sengoku.
Combatté sotto Kuroda Yoshitaka e in seguito sotto Toyotomi Hideyoshi in Corea e a Sekigahara. Fu ucciso nella battaglia di Dōmyōji durante l'assedio di Osaka nel 1615.
Nel secondo assedio di Jinju, durante l'invasione della Corea da parte di Hideyoshi, Gotō fu il primo samurai ad entrare nel castello di Jinju.
Durante l'assedio di Osaka, Gotō fu uno dei più abili e feroci generali dell'armata occidentale di Toyotomi Hideyori. Fu il comandante in capo nella battaglia di Dōmyōji dove, nettamente in minoranza contro i samurai di Date Masamune, mantenne la posizione aspettando i rinforzi che si erano persi nella nebbia. Impossibilitato a mantenere la posizione senza rinforzi, Mototsugu fu ferito da un proiettile e, non riuscendo più a stare in piedi, commise seppuku.
Dopo la sua morte i samurai di Mototsugu furono facilmente sconfitti e la sua testa trovata dalle forze nemiche. La storia afferma che il suo valore oggi è tale da sconvolgere tutti, alleati e nemici: guidando i suoi uomini con una tattica colpisci e corri, uccise da 70 a 80 cavalieri. Si fermò solo quando il suo cavallo fu troppo esausto ed ebbe bisogno di un altro destriero per continuare a combattere.


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mercoledì 6 giugno 2018

Yinglong

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Nella mitologia cinese Yinglong ("il drago Ying"; cinese tradizionale: 應龍; cinese semplificato: 应龙) è il dio della pioggia e della siccità, potente servo del mitico Huang Di (l'Imperatore Giallo).

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martedì 5 giugno 2018

Drago cinese

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Il Drago (,, Lóng) ricopre un ruolo egemone nella mitologia cinese in particolare e nei miti dell'Asia Orientale in generale. Per questo motivo, non stupisce che, spesso, il Drago Cinese sia preso a modello archetipico per il Drago asiatico.
Nella sua raffigurazione standardizzata, il dragone cinese è un animale colossale (talune incarnazioni pantagrueliche lo vorrebbero lungo fino a cento chilometri), avente corpo di serpente, quattro zampe di pollo, testa di coccodrillo, baffi simili a quelli di un pesce gatto, criniera e corna di cervo. La creatura raffigura dunque un miscuglio di tutte le specie animali.
È stato per lungo tempo un simbolo di buon auspicio nel folclore cinese, in contrasto con il Drago Occidentale che ha invece sempre avuto, anche prima della diffusione del Cristianesimo, dei connotati negativi. Questo perché il Drago Cinese è l'incarnazione del concetto di Yang, il Bene/Spirito-Fecondo, associato all'acqua. Il drago è quindi la creatura portatrice di pioggia, nutrimento per le messi e gli armenti, e non il mostro distruttore sputa veleno/fuoco della tradizione occidentale. I cinesi pregavano il drago nei momenti di siccità e lo consideravano il padre della loro civiltà. Il drago era inoltre simbolo dell'Ime e si riteneva che, al momento della morte, l'Imperatore stesso rivelasse la sua vera natura di drago liberando il proprio spirito di drago ora svincolato dalle catene terrene e libero di ascendere al cielo e/o vigilare sulla città. I dragoni cinesi si riproducono fecondando una perla (nelle loro raffigurazioni, la tengono spesso nelle fauci), che in seguito si schiudeva dando alla luce un nuovo drago. Questa perla o gemma era l'essenza dello spirito del drago.
La controparte femminile del Drago Cinese è la Fenghuang, ossia la fenice cinese.

Simbologia

La figura del dragone ha legato le sue fortune a quelle dell'Impero cinese sin dal XII secolo a.C.. Già al tempo della Dinastia Zhou, infatti, il dragone unghiuto venne associato alle caste dominanti siniche: cinque dragoni simboleggiavano il Figlio del Cielo, quattro i suoi nobili (gli zhuhou) e tre dei suoi burocrati/ministri (i daifu). Con la Dinastia Qing i cinque dragoni vennero confermati quali simbolo dell'Imperatore mentre il dragone singolo passava a simboleggiare il popolo dell'Impero in sé e non più talune sue caste divenendo simbolo nazionale raffigurato sulle bandiere.
Ancora oggi, i cinesi indicano sé stessi come "Discendenti del Drago" ( 龙的传人 cinese semplificato; 龍的傳人 cinese tradizionale), seppur la creatura mitologica sia oggi abbastanza in disuso quale simbolo ufficiale della Cina moderna. I motivi di questa controversa situazione sono molteplici. In via non ufficiale, il dragone è a pieno titolo considerato il simbolo della Repubblica popolare cinese tanto quanto della Repubblica di Cina, per non parlare poi di Hong Kong che ha nel dragone una parte fondamentale del suo brand. Importante anche ricordare che, a partire dagli anni settanta, le popolazioni dell'Asia Orientale hanno codificato la scelta di un "animale nazionale" ed i cinesi, proprio in quel periodo, hanno ribadito la loro scelta del dragone (là dove i tibetani scelsero la scimmia ed i mongoli il lupo). Precise scelte di strategia comunicativa hanno però spinto la classe politica cinese ad accantonare il drago nella grafica pubblicitaria del loro Stato per evitare di veicolare messaggi erronei o allarmanti agli Occidentali, per i quali la figura del dragone ha valenze prettamente bellico/negativi e non benevolo/propiziatorie. La scelta incontrò però la netta disapprovazione della popolazione.
Nella cultura popolare cinese attuale, il dragone è uno stilema decorativo molto ricorrente. Notevoli sono state le sue fortune nel campo sub-culturale dei tatuaggi, fenomeno osservabile anche per la controparte nipponica del long, il ryū.

Drago Cinese e Drago Orientale: varianti "geografiche"

Il Drago Cinese, complice il ruolo egemone svolto per secoli dalla cultura cinese nei confronti delle altre culture dell'Asia Orientale, funse in buona sostanza da modello per lo sviluppo di figure simili nella mitologia e nel folklore di quelle culture che coabitarono e/o si scontrarono/incontrarono con il blocco culturale sinico. Un po' più problematico è invece stabilire la correlazione tra il dragone sinico ed i Nāga del Subcontinente indiano. Le creature serpentiformi semi-divine dell'Induismo, più una vera e propria razza pre-umana di abitatori della Terra che delle "creature" senzienti, spartirebbero infatti con il long solo una leggera similitudine estetica (caratteristica tipica dei nāga è l'assenza delle zampe e la pluri-cefalia, attributi questi carenti al dragone cinese) ed il comune habitat marino-lacustre.

Drago giapponese

Il Drago del Sol Levante è, tra i vari draghi asiatici, il più simile al modello cinese. Unica apprezzabile differenza tra il Nihon no ryū (日本の竜) ed il long e la zampa d'uccello dotata di soli tre rostri nella creatura nipponica.

Miti e Leggende

Evidenze archeologico-scientifiche a supporto del mito

Allo stato attuale, i reperti archeologici più antichi attestanti l'esistenza della figura mitica del drago nella cultura cinese datano al Neolitico. Nello specifico, si tratta di una statua attribuita alla Cultura di Yangshao (5000-3000 a.C.) dello Henan e dei distintivi di grado a spirale in giada, decorati in foggia serpentiforme, attribuiti alla Cultura di Hongshan (4700-2900 a.C.), gli zhūlóng. Proprio queste suppellettili a spirale richiamanti la forma del serpente ma con testa chiaramente non ofidea funsero, presumibilmente, da tramite per: (a) lo sviluppo dei successi amuleti di giada draghiformi della Dinastia Shang (ca. 1600-1046 a.C), codificando così la forma del dragone dal lungo corpo di serpente che appare nei primi testi cinesi; e (b) lo sviluppo dell'ideogramma indicante appunto il dragone.
In Cina come in Occidente, il rinvenimento di fossili di dinosauro e/o di paleofauna alimentò, nel corso dei secoli, il mito del drago. Lo scrittore Chang Qu (IV secolo a.C.), per esempio, menziona il rinvenimento di "ossa di drago" nel Sichuan. Questi reperti non vennero però semplicemente conservati come reliquie dai cinesi, un aspetto questo della "cultura archeologica" occidentale, ma divennero oggetto di vere e proprie raccolte sistematiche per un loro riutilizzo nella formulazione di ricette della medicina tradizionale cinese. Una pratica ancora oggi diffusa, nonostante le invettive della comunità scientifica.Interessante inoltre osservare che, oggi, la parola utilizzata dalla Lingua cinese per indicare i dinosauri, kónglóng (恐龍), significa, letteralmente, "drago terribile" e non "lucertola terribile" come invece vale per gli Europei. Più specificatamente, specie autoctone di dinosauri rinvenuti in Cina vedono spesso il suffisso "-long" divenire parte integrante del loro nome. Eclatante è il caso dei Draghi-Dormienti, i mèilóng (寐 龙 ), rettili preistorici fossilizzatisi in gruppi, probabilmente colti nel sonno da veleno aereo, tutti accovacciati e ripiegati su sé stessi a disegnare grandi anelli/spirali.
Analizzare le origini del mito del drago in Cina è cosa abbastanza complessa.
Il rinvenimento dei mèilóng diede abito a supposizioni circa un loro presunto rinvenimento da parte di abitanti dell'Antica Cina che ne avrebbero fatto lo spunto per lo sviluppo dei loro bracciali di giada. D'altro canto, in Cina come altrove, si tende a supporre che la figura del drago sia stata assemblata mescolando caratteristiche fisiche di vari esponenti della paleofauna locale. Il naturalista He Xin ha perorato la causa di una derivazione del lóng dal Crocodylus porosus, il rettile vivente di maggiori dimensioni, o, meglio ancora, da qualche suo progenitore di maggiori dimensioni (varie sono le specie di Crocodylomorpha di dimensioni ben maggiori rispetto alle specie attuali datate al solo Cretaceo: es. il Deinosuchus dell'America Settentrionale o il Sarcosuchus africano). L'accostamento drago-coccodrillo sarebbe principalmente dovuto allo stretto legame del lóng con l'acqua, suo habitat privilegiato nonché elemento da lui controllato. Il dragone portatore di pioggia sarebbe così una trasposizione delle capacità "meteorologiche" di coccodrilli/alligatori, capaci di percepire l'arrivo delle perturbazioni perché sensibili ai cambi di pressione dell'aria. Il binomio dragone-coccodrillo sarebbe poi confermato da quelle fonti storiche riportanti memorie di scontri tra eroi-salvatori e draghi infestanti corsi d'acqua: tale, per esempio, il caso del guerriero Zhou Chu, al tempo della Dinastia Jìn (265-420), riportato nel Shishuo Xinyu.
Un altro approccio al problema delle origini del lóng predilige un'interpretazione più antropologica, tendente a leggere nella figura del dragone un esempio tangibile del sincretismo caratterizzante l'origine dell'Impero cinese, formatosi da un amalgama di popoli e tradizioni culturali. Il lóng sarebbe dunque un miscuglio di vari animali totemici, frutto dell'unione tra diverse tribù, cominciata con mostri leggendari come Nüwa (女媧) e Fuxi (伏羲), molto simili ai Nāga dell'India. Meglio ancora, una chiave di lettura vorrebbe il dragone frutto di una contaminatio araldica sull'originario modello del serpente che funse da stemma di Huang Di (黃帝), l'Imperatore Giallo, da lui arricchito con attributi araldici sottratti agli stemmi dei nemici sconfitti: le corna del cervo, le zampe dell'aquila, ecc.

La creatura mitologica

Lo storico Wang Fu, vissuto al tempo della Dinastia Han, testimoniò ai posteri l'esistenza di nome differenti caratteristiche che, nel loro insieme, danno al dragone cinese la sua identità:
« La gente dipinge il drago con la testa di un cavallo e la coda di un serpente. Si evincono inoltre tre sezioni e nove rassomiglianze [del drago], sarebbe a dire: dalla testa alle spalle, dalle spalle al petto, dal petto alla coda. Queste sono le sezioni. Per quanto riguarda le rassomiglianze, esse sono: le corna somigliano a quelle di un cervo, la testa a quella di un cammello, la criniera di un leone, gli occhi di un demone, il collo di un serpente, la pancia di una vongola [shen, ], le scaglie di una carpa, gli artigli di un'aquila, le palme di una tigre e le orecchie di una vacca. Sopra alla testa [il drago] ha un'escrescenza simile ad un bernoccolo chiamata chimu [尺木]. Senza il chimu, un drago non può ascendere al cielo.»
(Wang Fu)
Altre fonti forniscono differenti rassomiglianze tra le parti anatomiche della creatura e quelle di altri animali. Il sinologo Henri Doré ha codificato l'autentico dragone cinese come dotato di: corna di cervo, testa di coccodrillo, criniera di un leone, occhi di demone, collo di serpente, pancia di tartaruga, artigli di falco, palme di tigre, orecchie di vacca. Peculiarità della creatura è poi quella di utilizzare, quale organo sensoriale uditivo, le corna e non le orecchie che sono prive di tale capacità.
Ultima peculiarità anatomica del dragone era la presenza di una perla sotto al suo mento.
Il drago cinese era dunque un amalgama di parti anatomiche provenienti da altri animali tanto quanto la chimera e la manticora della mitologia greca ma mancava della loro natura poliedrica. Il lóng aveva infatti un aspetto omogeneo e conciso, là dove, invece, la chimera greca ostentava l'evidenza della sua eterogeneità.
Un'altra chiave di lettura dell'eterogenea natura estetica del drago cinese si rifà allo zodiaco e presenta la creatura come una mescolanza di attributi tipici alle altre undici bestie zodiacali cinesi. Il lóng sarebbe dunque dotato dei baffi del topo, del cranio e delle corna del bue, degli artigli e delle zanne della tigre, della pancia del coniglio, del corpo di un serpente, delle zampe di un cavallo, della barba di una capra, dell'arguzia della scimmia, della cresta del gallo, delle orecchie del cane e del muso di un maiale.
Scarse ma comunque presenti le raffigurazioni del lóng con ali di pipistrello, attributo tipico del demone nell'arte del Celeste Impero. Importante a questo punto ricordare che la mitologia cinese (i miti d'Oriente in generale) svincola le capacità aeronautiche del dragone dalla presenza di ali, là dove, invece, la mitologia occidentale segna una netta differenza tra i draghi vermiformi (v. Serpente-Ariete celtico) ed i draghi dotati di ali e quindi volanti.
Creatura sostanzialmente benevola, il dragone aveva 117 scaglie, delle quali 81 yang (positive) e 36 yin (negative). La perla stessa, attributo tipico del dragone, era simbolo di prosperità, ricchezza e buona sorte. La creatura acquisiva valenza negativa là dove la sua furia andava a simboleggiare l'aspetto distruttivo e non più unicamente benefico dell'elemento acqua: alluvioni, maremoti e tempeste. Questa accezione distruttivo-malvagia, in disaccordo rispetto all'originale natura positiva, della creatura "drago" si dovette all'intromissione del buddhismo nella cultura della Cina.
Oltre alla capacità di volare, la natura sovrannaturale del dragone si manifesta in una variegata serie di altri poteri mistici. Il lóng è creatura muta-forma: può trasformarsi in un baco da seta tanto quanto ingigantirsi sino a divenire grande quanto l'universo stesso. La sua affinità con l'elemento acquatico gli permette di immergersi tra i flutti tanto quanto di acquattarsi tra le nuvole. Meglio ancora, il dragone sarebbe capace di trasformarsi in acqua, originare fenomeni meteorologici come la pioggia, mimetizzarsi con l'ambiente circostante sino a divenire invisibile.
Nel folklore cinese, si ritiene che l'effigie del dragone debba sempre essere rivolta verso l'alto. Sarebbe infatti di cattivo auspicio rivolgere la creatura verso il basso, verso la terra, quasi si volesse precluderle la possibilità di spiccare il volo per librarsi verso i cieli. È poi credenza diffusa che il ricorso al lóng quale proprio stemma sia da intendersi come arma a doppio taglio: simbolo di potenza, la creatura può essere usata come simbolo solo da chi è sufficientemente potente da domarne il sovrannaturale potere (non a caso, il dragone è simbolo dell'Imperatore cinese). Un debole verrebbe infatti consumato dalla forza stessa del drago di cui vuole servirsi come stemma. Simili considerazioni valgono, al giorno d'oggi, per i cinesi, soprattutto membri di organizzazioni criminali, che decidono di marcare il proprio corpo con il dragone tramite tatuaggio.

 

Dragoni, acque e fenomeni atmosferici

Come anticipato, il lóng aveva un fortissimo legame con l'elemento acquatico, sia nelle sue manifestazioni tangibili (laghi, fiumi, cascate) sia nelle manifestazioni atmosferiche (tornado, trombe d'aria originatesi sopra specchi d'acqua, ecc.). In questa sua incarnazione dello spirito elementale, il dragone è però raffigurato quale creatura antropomorfa più che bestiale. Il lóng diventa dunque un umanoide con paludamenti regali, conservante solo la testa della creatura mitologica, testa ornata da una corona. Da ciò trae origine il mito dei "Re Dragoni" che presiedono i quattro mari della Cina: il Mare dell'Est (Mar Cinese Orientale), il Mare dell'Ovest (Mar Giallo), il Mare del Sud (Mar Cinese Meridionale) ed il Mare del Nord (Lago Baikal). Divinità potenti e largamente adorate, questi sovrani dalla testa di drago estendevano la loro influenza a tutti i fenomeni acquatico-atmosferici del loro regno di competenza. Sovente, in epoca pre-moderna, i villaggi cinesi prospicienti al mare o a grossi corsi/specchi d'acqua avevano templi dedicati al culto del locale Re-Dragone. Presso questi luoghi di culto si officiavano, in tempi di crisi idrico-correlata (siccità o inondazione), rituali di massa quali preghiere, sacrifici propiziatori, ecc., per cattivarsi il favore della divinità. Il sovrano di Wuyue, durante il Periodo delle Cinque Dinastie e dei Dieci Regni (907-979), era noto con l'appellativo di "Re Dragone" per l'attenzione profusa nella promozione di opere idrico-ingegneristiche volte a controllare i danni prodotti dal capriccio delle maree.

Simbolo del potere imperiale

Nel mito cinese, i primi autarchi che riunirono sotto il loro scettro l'ecumene del "Popolo dai capelli neri" erano legati alla figura del lóng. Yandi, monarca semi-leggendario della Cina proto-storica, sarebbe stato un ibrido uomo-dragone. Huang Di, il cui stemma era appunto un dragone, secondo la leggenda ascese al cielo nella forma di un dragone. Proprio per questa vicinanza degli ancestrali sovrani con i draghi, i Cinesi indicano sé stessi come "Discendenti del Drago". Parimenti, queste leggende spiegano il perché, sin dall'inizio, il lóng sia divenuto simbolo del potere imperiale in Cina salvo poi divenire, già al tempo della Dinastia Qing, simbolo della Cina stessa e del suo popolo.
La forma canonica del drago imperiale ritrae la creatura di colore giallo/oro con zampe munite di cinque artigli. Come simbolo, il lóng figurava sulle vesti del Figlio del Cielo, sui suoi stendardi e sugli edifici vicini alla sua persona: es. frequentissimo è l'uso del drago quale stilema decorativo nella Città Proibita di Pechino. Il trono imperiale cinese era chiamato, non a caso, "Trono del Drago".
Simbolo intimo dell'Imperatore, il lóng ne marchiava spesso anche le carni. Frequente è la menzione di segni draghiformi sul corpo dei rampolli della dinastia imperiale tanto quanto su quelli di usurpatori di successo.
Contestualmente al binomio Imperatore-Lóng l'Imperatrice ebbe quale suo simbolo distintivo la fenghuang.

Persistenze moderne

Seppur sia diventato, al pari di altre creature mitologiche, un elemento grafico-decorativo della cultura mediatica moderna, il lóng conserva ancora un suo ruolo ben definito all'interno del folklore cinese. È ancora oggi molto persistente il mito dei Re Dragoni, celebrati durante il Capodanno cinese ed ancora oggetto di una velata venerazione in talune aree rurali della Cina.

Descrizione e Tassonomia

Tassonomia Neolitica

La più antica raffigurazione del dragone cinese è lo zhūlóng della Cultura di Hongshan, sviluppatasi in un territorio grossomodo sovrapponibile a quello dell'attuale Mongolia Centrale. Questo "Drago Maiale" era una creatura serpentiforme con un muso prognato molto simile a quello di un cinghiale. Da questo archetipo svilupparono, al tempo della Dinastia Shang, sia l'ideogramma lóng sia il dragone vero e proprio.

Specie, sotto-razze e Lóng degni di nota

La letteratura e la mitologia della Cina Imperiale descrivono svariate tipologie di drago oltre al long propriamente detto. Il linguista Michael Carr analizzò ed attestò la presenza di oltre 100 nomi di draghi nella produzione letteraria dei "Classici cinesi" La quasi totalità di questi nomi presenta però sempre il suffisso "-long":
  • Tianlong ((ZH) ), dragone celeste che sorveglia i palazzi delle divinità celesti e funge loro da mezzo di locomozione (spesso trainandone la biga). Con questo nome viene indicata anche la costellazione del Draco;
  • Shenlong ((ZH) ), divinità del tuono raffigurata come un dragone con testa umana e stomaco in forma di tamburo;
  • Fucanglong ((ZH) ), guardiano del mondo ctonio e dei suoi tesori, spesso associato anche ai vulcani;
  • Dilong ((ZH) ), signore dei fiumi e dei mari;
  • Yinglong ((ZH) ), dragone alato associato con i temporali e la pioggia, funse da cavalcatura a Huangdi nell'esecuzione di Chi You;
  • Jiaolong ((ZH) ), dragone privo di corna, coperto di scaglie, signore delle creature acquatiche;
  • Panlong ((ZH) ), dragone di lago incapace di ascendere al cielo;
  • Huanglong ((ZH) ), dragone privo di corna simboleggiante l'Imperatore della Cina;
  • Feilong ((ZH) ), dragone alato che corre sopra le nuvole e la nebbia; il nome designa anche lo pterosauro;
  • Qinglong ((ZH) ), incarnazione del punto cardinale Est nella simbologia cinese del Si Ling, i "Quattro Animali";
  • Qiulong ((ZH) ), contraddittoria definizione indicante sia un dragone con le corna sia un dragone privo di corna;
  • Zhulong ((ZH) ), anche Zhuyin ((ZH) ) gigantesca divinità draghiforme di colore rosso, con corpo di serpente e testa umana. Il giorno e la notte erano create dal movimento delle sue ciglia mentre i venti erano il frutto della sua respirazione. Da non confondere con il Drago-Maiale zhulong.
  • Chilong ((ZH) ), dragone privo di corna, anche demonio di montagna;
Molto rari invece i casi in cui "long-" viene utilizzato come prefisso:
  • Longwang ((ZH) ) celesti governatori dei Quattro Mari;
  • Longma ((ZH) ), creatura mitologica che emerse dal Fiume Luo e rivelò il ba gua a Fu Xi.
Alcuni dragoni non presentano invece alcun riferimento alla parola "long":
  • Hong ((ZH) ), un dragone a due teste, variante cinese del Serpente Arcobaleno;
  • Shen ((ZH) ), un dragone/mostro-marino mutaforma, ritenuto l'origine dei miraggi;
  • Bashe ((ZH) ), un dragone-serpente, simile ad un pitone gigante, che si nutre di elefanti;
  • Teng ((ZH) ) o Tengshe ((ZH) ; lett. "serpente impennato"), un dragone volante privo di zampe.
Gli studiosi cinesi dirimano questo variegato insieme di creature in diverse classificazioni. L'imperatore Huizong di Song, per esempio, canonizzò le figure dei cinque Re-Dragoni in base al loro colore:
  • Dragone Azzurro [Qinglong 青龍], patrono dei sovrani compassionevoli;
  • Dragone Vermiglio [Zhulong 朱龍], patrono dei sovrani che elargiscono benedizioni sui laghi;
  • Dragone Giallo [Huanglong 黃龍], patrono dei sovrani favorevoli alle petizioni di supplica;
  • Dragone Bianco [Bailong 白龍], patrono dei sovrani virtuosi; e
  • Dragone Nero [Xuanlong 玄龍], patrono dei sovrani che dimorano nelle profondità delle acque mistiche.
Ora, tenendo presente che il Dragone Azzurro è già presente nella nomenclatura dei punti cardinali cinesi (il Si Ling), i Dragoni Vermiglio, Bianco e Nero vanno a sostituire, rispettivamente, l'Uccello Vermiglio (Sud), la Tigre Bianca (Ovest) e la Tartaruga Nera (Nord), mentre il Dragone Giallo si "posiziona" nel centro, producendo così una variante a cinque voci della toponomastica cardinale "classica" cinese.


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lunedì 4 giugno 2018

Drago Giapponese

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I draghi giapponesi (日本の竜 Nihon no ryū) sono diverse creature leggendarie della mitologia e del folklore nipponici. I miti relativi ai draghi presenti in Giappone amalgamano le leggende locali con storie importate da Cina, Corea ed India; infatti ad esempio lo stile di questo drago è fortemente influenzato da quello cinese. Come altri draghi delle varie culture asiatiche, la maggior parte di quelli giapponesi sono divinità dell'acqua associate alle precipitazioni ed ai corsi d'acqua. Essi sono tipicamente rappresentati come grandi creature serpentine senza ali ma con lunghi artigli. Nella lingua giapponese moderna ci sono molteplici termini per designare la parola "drago", tra cui i più usati sono l'autoctono tatsu, dall'antica forma ta-tu, il prestito cinese ryū o ryō () dal cinese (, lóng), nāga (ナーガ) dal sanscrito nāga, oppure ancora doragon (ドラゴン) dall'inglese dragon (quest'ultimo vocabolo viene usato perlopiù in riferimento al drago europeo ed alle creature da esso derivate). A volte il dragone è rappresentato con una perla o pietra preziosa, che è la manifestazione della sua anima.



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