mercoledì 10 giugno 2015

Sottovalutare l’importanza del gruppo


Abbiamo già visto quali sono gli elementi fondamentali da tenere in considerazione quando si deve scegliere un corso di arti marziali, eppure c’è un errore davvero comune che viene fatto nella scelta e che può influenzare negativamente il tuo percorso come marzialista:

Sottovalutare l’importanza del gruppo.

È un errore che stai facendo anche tu?

Le arti marziali non sono uno sport individuale.
Non pensare che il gruppo e l’ambiente nel quale pratichi influenzino poco la qualità del tuo allenamento.
Nelle arti marziali la crescita è personale, non si lavora per una squadra, ma si DEVE LAVORARE COME UNA SQUADRA.
Per questo esistono 5 elementi che non devi MAI sottovalutare!

1) Per crescere ti devi confrontare con i tuoi compagni

Questo è il punto centrale di tutto.
Allenarsi con qualcuno vuol dire condividere i propri errori, accettarli e in qualche modo scoprirsi.
Non aver paura di ammettere un errore o una debolezza.
Se in palestra c’è un clima di confronto, troverai sempre qualcuno disposto ad aiutarti a superare le difficoltà e a crescere come marzialista.
Una palestra dove ognuno pensa per sé e tutti sono impegnati a guardare solo il loro ego è un luogo da cui stare lontani.

2) Un gruppo disomogeneo rallenta l’apprendimento

Presta molta attenzione ai partecipanti del corso.
Ognuno di noi ha una storia personale, però è anche importante che ci sia una certa affinità tra i partecipanti.
Avere dei disaccordi o delle distanze molto forti a livello culturale o politico rende il confronto più difficoltoso, anche quando inserito in un contesto di rispetto reciproco.
Se ti senti a disagio all’interno di un gruppo di persone perché non ne condividi il modo di vedere o di pensare, la tua motivazione e la tua disponibilità all’apprendimento ne faranno le spese!

3) Attento alle differenze di età!

Sembra brutto ma non lo è.
Avere un grosso gap tra te e i tuoi compagni può influenzare la tua voglia di partecipare.
Crescendo si cambia modo di pensare e di vedere le cose, e trovarsi con compagni molto più giovani o più grandi di te potrebbe essere frustrante.
In oltre dieci anni di insegnamento ho visto che in corsi molto numerosi spesso si formano gruppetti omogenei per età ed estrazione, perché diventa più semplice e efficace allenarsi.
Cerca una palestra i cui ci siano almeno alcuni allievi della tua età: eviterai il rischio di sentirti escluso dal gruppo.

4) La motivazione è fondamentale.

Cosa ti spinge a seguire il corso di arti marziali?
Qual’è la tua motivazione profonda?
Attento, perché è un aspetto molto importante da tenere in considerazione nella scelta del gruppo.
Motivazioni diverse portano a modi opposti di allenarsi: se sei maggiormente attirato dalla fisicità e dallo scontro fisico, frequentare un gruppo molto improntato sulla tecnica o sulla crescita interiore rischia di essere controproducente e demotivante, perchè porta a vivere l’arte marziale in molto differenti.

5) Evita i porti di mare.

Un corso con un alto turnover di allievi è un corso dal quale stare alla larga.
Non vuol dire che l’insegnante non sia bravo o preparato, spesso significa solo che il gruppo risulta disomogeneo.
Le persone spesso abbandonano perché non riescono a legare tra di loro e finiscono per risultare insoddisfatte e mollare.
Il risultato è dannoso per tutti: per chi ha lasciato, ma anche e soprattutto per chi resta.
Se molte persone lasciano durante il corso, l’insegnante si trova costretto a tenere aperto il corso e ad accettare allievi tutto l’anno.
Molte risorse ed energia verranno impiegate per cercare di livellare la differenza tra il gruppo e i nuovi arrivati, abbassando la qualità dell’insegnamento e aumentando l’insoddisfazione di tutti.
Al contrario un corso chiuso tende ad essere più concentrato e garantisce tutta quell’attenzione di cui l’allievo (TU!) ha bisogno: è il motivo per cui i corsi della mia scuola sono a numero chiuso. Per garantire la qualità dell’insegnamento.

Il gruppo è, assieme alla qualità tecnica e umana dell’insegnante e alla tua motivazione, l’elemento più importante da tenere in considerazione.

Per esperienza personale posso assicurarti che un gruppo omogeneo e affiatato procede e apprende a velocità molto maggiore di un gruppo nel quale serpeggia il malcontento, la frustrazione e ancor peggio la demotivazione.
Avere uno di questi elementi nel gruppo è come avere un appestato in casa: le lamentele sono contagiose e su noi italiani attecchiscono ancora meglio.
Scegliere il gruppo adatto alle proprie esigenze e alle proprie caratteristiche non è solo una garanzia in più per te, lo è per tutto il gruppo.
Un buon corso dovrebbe sempre prevedere una certa selezione all’ingresso e specializzarsi su un pubblico omogeneo: il semplice fatto che i corsi siano a numero chiuso è già un buon segnale.
Non aver mai paura di chiedere e di informarti!
Allenarti in un gruppo solido e accogliente è un tuo diritto e una garanzia per il futuro.

lunedì 1 giugno 2015

L’uso delle cinture nei corsi di Difesa Personale

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Arriviamo al tema scottante delle cinture, che tanto fa parlare e tanto fa litigare.

Tra i marzialisti (o almeno tra ALCUNI marzialisti) c’è un detto:
“Le cinture sono buone solo a tenere su i pantaloni”.
Verissimo, sono d’accordo.
La cintura è essenzialmente uno strumento, e come ogni strumento tutto dipende dall’uso che se ne fa. La cintura può essere un pezzo di stoffa, può rappresentare un traguardo o un obiettivo, non dovrebbe mai fungere da paravento o da travestimento.
Mi interessa, perché mi coinvolge in prima persona, parlare dell’uso delle cinture nei corsi di difesa personale.
Molte persone, tra cui molti marzialisti, si stupiscono o addirittura criticano l’uso delle cinture nei corsi di Difesa Personale.
Io le ho adottate, all’interno dei miei corsi, per un semplicissimo motivo.

La difesa personale, come ho ripetuto migliaia di volte, è una faccenda seria. Non ci si può improvvisare capaci di affrontare situazioni ad alto stress con poca preparazione, a prescindere dalla qualità e dall’efficacia delle tecniche.

Il punto è che la cintura dovrebbe essere un semplice strumento didattico, indicante una progressione e una scansione tecnica. Purtroppo, nel campo della difesa personale, sono più i corsi truffa dove manca qualsiasi programma sufficientemente strutturato per pensare di avere una cintura.
Mi spiego meglio: la maggior parte dei corsi di difesa è nata negli ultimi 40 anni come riassunto di tecniche prese dai tradizionali, combinate con stili occidentali e di derivazione militare. Si trattava di programmi rivolti essenzialmente a marzialisti o professionisti di lunga data, che possedevano già una motricità e una consapevolezza marziale, pertanto il concetto di cintura era tutto sommato superfluo.
Imi Lichtenfeld, ideatore del Krav Maga, codificò il proprio sistema in base alle conoscenze di wrestling, judo, pugilato ed esperienza militare e non introdusse alcuna cintura per oltre trent’anni, fino al 1964. Le introdusse come strumento didattico, nell’ambito di un programma che richiedeva comunque almeno 5 o 6 anni di impegno costante per raggiungere la cintura nera.
Bruce Lee stesso non aveva pensato a cinture nel JKD; pensava però al suo sistema come evoluzione continua. Dubito quindi che si stia rigirando nella tomba all’idea che qualcuno, dopo 40 anni, abbia pensato di introdurle in un programma moderno, vasto e ben strutturato.
Il problema è la terribile deriva e approssimazione alla quale si assiste da anni nel campo della difesa personale, che vede la proliferazione di corsi di formazione di durata irrisoria e che promettono miracoli, da parte di maestri le cui cinture hanno davvero la sola funzione di tenere su i pantaloni. Impossibile quindi che tali personaggi possano comprendere l’importanza della funzione didattica di un sistema di cinture.
Ritengo che le cinture debbano essere segnale di una didattica ben strutturata e rappresentare dei check-point attraverso i quali l’allievo deve passare per avere una crescita costante e omogenea. L’apprendimento dei concetti avanzati presuppone la propedeuticità delle basi: come si può imparare davvero se non esiste alcuna base solida su cui fondare l’insegnamento?
Pensate alla scuola: se i bambini imparassero concetti presi da anni a caso delle elementari e delle medie non credete che sarebbe difficile per loro assimilare davvero qualcosa? Lo stesso vale per la musica e qualsiasi altra disciplina complessa.
Si tratta, come al solito, di capire la differenza tra professionalità e dilettantismo (o malafede): le cinture, se consegnate all’allievo in modo coscienzioso e rigoroso – e non regalate come attestato di frequenza – permettono di fornire una scansione per obiettivi e di visualizzare i progressi compiuti e gli obiettivi da raggiungere.
La mia opinione è che i detrattori delle cinture, almeno in ambito di Difesa Personale, siano coloro che non hanno appreso in maniera strutturata o le cui nozioni didattiche sono troppo deboli per trasmettere agli allievi un vero sapere.
Non significa necessariamente che siano dei cattivi marzialisti, ma questo non fa di loro automaticamente dei bravi insegnanti.