giovedì 30 giugno 2016

Kamaitachi

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Il kamaitachi (鎌鼬) è uno yōkai, una creatura soprannaturale della mitologia giapponese, tradizionalmente associata al vento e diffusa in varie zone del Giappone, soprattutto montuose e, appunto, ventose.

Il mito

Di questo spirito esistono molte versioni, in parte differenti per aspetto e caratteristiche a seconda della zona d'avvistamento, ma in generale si tratta di un velocissimo essere dall'aspetto di donnola (per tradizione considerato un animale maligno), che si muove cavalcando folate di vento e che è munito di artigli affilati come rasoi coi quali ferisce alle gambe i malcapitati passanti per poi dileguarsi immediatamente. L'azione è così rapida che spesso le vittime non si accorgono nemmeno dell'attacco, anche perché, altra caratteristica peculiare del kamaitachi, le ferite inferte non provocano dolore ma solo sanguinamento, a volte anche copioso. Secondo alcune versioni, invece, accadrebbe l'esatto contrario e cioè che le ferite non sanguinerebbero quasi per nulla ma causerebbero grande dolore e in taluni casi sarebbero fatali.
La versione più famosa del kamaitachi ha origine nelle montagne delle regioni di Mino e Hida (oggi accorpate nella prefettura di Gifu), dove sembra che apparisse come un terzetto di donnole di cui la prima faceva inciampare la vittima, la seconda le tagliava la pelle delle gambe e la terza le curava la ferita con una medicina in grado di eliminare il dolore. Questa interpretazione sembra sia da ricondurre a Toriyama Sekien, che fu probabilmente anche il primo ad associare l'apparizione alla donnola; egli eseguì, infatti, un tipico gioco di parole, alterando leggermente uno dei nomi più popolari della creatura, kamaetachi (構え太刀 "attacco di tachi"), per trasformarlo appunto in kamaitachi (鎌鼬 "donnola con le falci").
Nella prefettura di Niigata, invece, il kamaitachi era uno spirito singolo ma molto più aggressivo, tanto che le sue vittime non riuscivano più a liberarsene.




mercoledì 29 giugno 2016

Kokondō

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Il Karate Kokondo (古今道 空手) e la sua disciplina affine del Jukido Jujitsu (柔気道 柔術) sono arti marziali di origini giapponesi sviluppate da Paul Arel. Jukido Jujitsu fu fondata nel 1959 seguita dal Karate Kokondo nel 1970. I due stili sono insegnati a livello mondiale, principalmente negli Stati Uniti. In America, la più grande concentrazione di dojos è situata vicino a Sud Windsor nel Connecticut, dove è situato il dojo honbu. La International Kokondo Association (IKA) è l'organo mondiale di controllo del Jukido Jujitsu & del Karate Kokondo. Tutti gli istruttori di discipline Kokondo sono in diretto contatto con la IKA e con il suo dojo honbu (Quartier Generale).

Principi

I principi cardine del Karate Kokondo e del Jukido Jujitsu sono:
  • Jushin: la linea centrale. La linea centrale orizzontale e verticale del corpo dell'aaversario sono cruciali per l'esecuzione delle tecniche. Le tecniche di contenimento e gli attacchi devono essere portati sulla linea centrale;
  • Kuzushi: sbilanciamento. Creazione e controllo degli sbilanciamenti porta all'esecuzione di tecniche efficaci.
  • Shorin-ji: punti e cerchi. Né tecniche in linea retta (come in molti stili giapponesi) né le tecniche circolari (come in molti stili cinesi), sono ideali separatamente. Ognuno ha i suoi punti di forza in combinazione ed il risultato sarà più efficace.




martedì 28 giugno 2016

Toriyama Sekien

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Toriyama Sekien (鳥山 石燕 in giapponese; 1712 – 1788) è stato un pittore e disegnatore giapponese. Famoso disegnatore di Ukiyo-e specializzato nei racconti popolari giapponesi. È celebre per il suo lavoro di censimento di circa 200 yōkai, realizzati nella serie di Hyakki Yagyō. Fa parte della scuola scuola Kanō e fu l'insegnante di Kitagawa Utamaro.


lunedì 27 giugno 2016

Shinigami

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Uno shinigami (死神 shinigami, letteralmente "divinità della morte") è una personificazione della morte nella mitologia giapponese, un equivalente del "mietitore di anime" occidentale; quella occidentale, inoltre, è una figura singola, mentre gli shinigami sono, appunto, degli dei e pertanto molteplici.
La mitologia degli shinigami è piuttosto recente, in quanto non sembra esistesse prima del periodo Meiji: molto probabilmente si tratta di un mito importato dall'Europa.
La figura fu adottata molto rapidamente in Giappone, e compare ad esempio nell'opera rakugo Shinigami (probabilmente basata sull'opera italiana Crispino e la Comare, a sua volta basata sul racconto Comare Morte dei fratelli Grimm) e nell'Ehon Hyaku Monogatari ("Libro illustrato di cento storie") di Shunsen Takehara. Secondo altri, però, il mito potrebbe essere stato importato dalla Cina: secondo il critico letterario Masao Azuma, in origine non c'era alcun culto della morte in Giappone.
In Cina ci sono figure simili al mietitore di anime, chiamate Somujo o Koshinin, il cui compito è portare gli spiriti al Meifu (la Terra dei Morti).





domenica 26 giugno 2016

Aizen Myo-o

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Aizen Myo-o, o Aizen Myoo, è una divinità buddista indiana famosa anche in Giappone e rappresenta il principio buddista de "I desideri terreni sono illuminazione”.
Questa divinità aveva il potere di calmare le passioni e di infondere sentimenti di benevolenza e di pietà rappresentando il principio di "bonno soku bodai" (I desideri terreni illuminano).

sabato 25 giugno 2016

Izanagi

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Izanagi è una divinità shintoista il cui nome significa "Colui che invita", fratello e compagno della dea Izanami ("Colei che invita").
Nella mitologia giapponese è il dio creatore, padre di tutti i kami.
Nel Kojiki ("Memorie degli eventi antichi"), si narra che il primo gesto di Izanagi ed Izanami fu quello di far sorgere le terre dall'oceano e mescolarle con una lancia chiamata Ame-no-nuhoko. Con il fango che si ammassò colando dalla lancia ebbe origine la prima isola: Onogaro-Shima (il Regno Terreno).
In seguito gli dei crearono altre otto grandi isole che divennero la terra di Yamato, il Giappone. Le due divinità abbandonarono il Regno del Cielo e stabilirono la loro nuova dimora sulla Terra. Dalla loro unione nacquero il dio del mare O-Wata-Tsu-Mi, il dio delle montagne O-Yama-Tsu-Mi, il dio degli alberi Kuku-no-chi e il dio del vento Shina-Tsu-Hiko.
La nascita dell'ultimo dio, quello del fuoco Kagu-tsuchi, costò la vita ad Izanami. Izanagi, adirato, uccise il figlio e scese all'inferno (Yomi-Tsu-Kumi) con l'intento di condurre nuovamente la sua compagna nell'Onogaro-shima; al suo arrivo, il dio scoprì che la sua sposa si era nutrita con il cibo infernale ed era diventata un demone malvagio. Izanagi fuggì in superficie ed Izanami restò nello Yomi-Tsu-Kumi divenendone la terribile regina.
Ritornato sulla Terra, Izanagi volle lavarsi dal sudiciume che lo aveva ricoperto ed eseguì un rito di purificazione. Si tuffò in un fiume e soffiandosi il naso originò il dio Susanoo (Susa-no-wo), signore della tempesta; dal suo occhio destro nacque Tsukuyomi, divinità della Luna e da quello sinistro Amaterasu, dea del Sole.




venerdì 24 giugno 2016

Boomerang






Un boomerang tipico






Il boomerang o bumerang è uno strumento solitamente di legno che può essere lanciato. Ha la sua origine in primitive armi da lancio usate dagli aborigeni australiani per la caccia e in guerra. La forma dei boomerang moderni è sottile e ricurva, e conferisce al boomerang proprietà aerodinamiche che influiscono sulla sua traiettoria e sul suo movimento in aria:
  • mentre è in volo, il boomerang ruota su sé stesso; in questo modo, le sue estremità possono colpire con violenza la testa dell'animale cacciato;
  • può percorrere distanze notevoli;
  • percorre una traiettoria curva e, se lanciato correttamente, può compiere una traiettoria ellittica tornando alla persona che l'ha lanciato.
Il boomerang è noto in occidente soprattutto per quest'ultima proprietà, spesso reinterpretata un po' impropriamente come un "pericolo" per il lanciatore. La parola "boomerang" viene spesso usata anche metaforicamente per indicare un'azione che si ritorce contro chi l'ha iniziata. Fu il Capitano Cook, nel 1770, ad assegnare a questo strumento il nome di boomerang, mutuandolo dalla lingua della popolazione locale Turaval.



Storia

Strumenti simili al boomerang sono diffusi in gran parte del mondo; per esempio, alcuni popoli europei disponevano di scuri da lancio capaci di traiettorie ricurve, e qualcosa di simile veniva usato in Egitto dai faraoni per cacciare gli uccelli. Tuttavia, i boomerang intesi in senso stretto sono tipici ed esclusivi delle culture aborigene australiane. Lo stesso nome boomerang viene dalla lingua della tribù australiana Turuwal, originaria della zona di Sydney.
Gli aborigeni australiani hanno realizzato diversi strumenti affini al boomerang (o diverse varianti del boomerang). Oltre che per la caccia, i boomerang venivano usati nei combattimenti tribali; a tale scopo, alcune tribù svilupparono varianti con forma più allungata e asimmetrica, che avevano la caratteristica di potersi agganciare a uno scudo e colpire, ruotando, la testa dell'uomo che lo reggeva.
Oggi gli aborigeni fabbricano boomerang soprattutto per venderli ai turisti, spesso decorandoli con immagini che riproducono i diversi stili della pittura aborigena. Accanto alla produzione artigianale si è sviluppata anche una produzione industriale orientata al mercato dei souvenir.


Boomerang sportivi moderni



Sport

Dalla tradizione aborigena del boomerang sono anche derivate una serie di discipline sportive; gli strumenti che si usano (spesso detti boom o rang) possono essere di legno ma anche di plastica o di materiali compositi.



Nello spazio

Dietro suggerimento di Yasuhiro Togai, campione mondiale della disciplina, l'astronauta della Stazione Spaziale Internazionale Takao Doi ha eseguito prove di lancio del boomerang in condizioni di microgravità, rilevando che il comportamento dell'oggetto è del tutto analogo a quello osservato sulla Terra.

Il boomerang nella cultura di massa

La caratteristica traiettoria curva del boomerang lo rende uno strumento particolarmente adatto alla farsa. In numerosi cartoni animati e film comici, il maldestro lanciatore viene colpito dal proprio boomerang, che non raramente lo raggiunge nei modi più improbabili nonostante i tentativi della vittima di fuggire al proprio "destino".



giovedì 23 giugno 2016

Ajisukitakahikone

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Nella mitologia giapponese, Ajisukitakahikone (conosciuto anche come Aji-Suki-Taka-Hiko-Ne) è il dio del tuono. Lui è il fratello di Takemikazuchi e di Kaminari (Raiden). Nella sua infanzia, il suo pianto e le sue urla erano così forti che per farlo calmare veniva messo in una barca e lo si faceva galleggiare intorno alle isole del Giappone finché non si calmava. Quando divenne adulto, ebbe un figlio, Takitsuhiko, il dio della pioggia.

mercoledì 22 giugno 2016

Ama-no-Uzume

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Ama-no-Uzume, Ame-no-Uzume o Ame-no-Uzume-no-Mikoto (天宇受売命, 天鈿女命) è una divinità femminile della religione shintoista, moglie dello spirito Sarutahiko Okami.
Nella mitologia nipponica, Ama-no-Uzume rappresenta lo spirito ( Kami ) dell'alba e a lei sono legate più versioni del mito dell'eclissi. Una di esse riporta che con l'aiuto di uno specchio fece uscire la dea del sole Amaterasu dalla grotta nella quale si era rifugiata per sfuggire all'ira del dio della tempesta Susanoo.
Secondo un'altra versione, in cui viene enfatizzato il ruolo della danza e del bugaku, la dea del sole Amaterasu si nascose in una grotta perché fu ferita dal portamento inaccettabile del fratello Susanoo. Vicino all'ingresso della caverna la dea Ame-no-Uzume iniziò a danzare con un mastello in mano, preoccupando gli altri dei. Ame-no-Uzume già era mezza nuda e continuava a perdere i propri vestiti mentre ballava ed Amateratsu non poté non uscire dalla grotta quando sentì gli dèi ridere ed il mondo riebbe il sole. La famiglia imperiale giapponese è considerata diretta discendente di Amaterasu e Ame-no-Uzume, secondo questa leggenda, è la patrona della musica e della danza.



martedì 21 giugno 2016

Minamoto no Yoritomo

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Minamoto no Yoritomo (源 頼朝; Atsuta, 9 maggio 1147 – 9 febbraio 1199) è stato un militare giapponese. Nel 1192 ricevette il titolo di shōgun e fondò il primo bakufu della storia del Giappone, noto come shogunato Kamakura dal nome della sua capitale, la città di Kamakura.

Dalla nascita all'esilio

Minamoto no Yoritomo era il terzo figlio di Minamoto no Yoshitomo, erede del clan Minamoto, e della sua moglie ufficiale, Fujiwara no Saneori, discendente dell'illustre clan Fujiwara; nacque a Heian (odierna Kyōto), allora capitale del Giappone. All'epoca suo nonno, Minamoto no Tameyoshi, era il capofamiglia del clan Minamoto.
Nel 1156, le divisioni in fazioni della corte scoppiarono in una vera e propria guerra civile; l'Imperatore claustrale Toba e suo figlio Go-Shirakawa si schierarono con il figlio del reggente Fujiwara no Tadazane, Fujiwara no Tadamichi, e con Taira no Kiyomori (membro dell'influente clan Taira), mentre l'Imperatore claustrale Sutoku si schierò con il figlio minore di Tadazane, Fujiwara no Yorinaga; la guerra fu chiamata Ribellione di Hōgen. Il clan Minamoto era diviso; Tameyoshi, il capofamiglia, si schierò con l'Imperatore claustrale Sutoku, mentre suo figlio Yoshitomo, padre di Yoritomo, si schierò con l'Imperatore claustrale Toba e con l'Imperatore Go-Shirakawa. Alla fine, i seguaci dell'Imperatore Go-Shirakawa vinsero la guerra civile, e l'Imperatore Sutoku fu messo agli arresti domiciliari. Yorinaga era stato gravemente ferito in battaglia, e Tameyoshi fu condannato a morte, nonostante l'intervento in suo favore di Yoshitomo. Yoshitomo divenne così il capofamiglia, e Yoritomo l'erede del clan. Essendo Yoritomo imparentato sia con l'imperatore (da parte di padre) sia con i Fujiwara (da parte di madre), ricevette i suoi primi incarichi a corte e fu nominato amministratore.
La pace non durò a lungo, perché Kiyomori e Yoshitomo, i vincitori della precedente guerra, cominciarono a discutere e alla fine i due clan entrarono in guerra: i Taira sostenevano Imperatore Takakura, figlio di Go-Shirakawa, ed avevano il sostegno di Fujiwara no Nobuyori, mentre i Minamoto sostenevano l'ormai claustrale Imperatore Go-Shirakawa ed avevano il sostegno di Fujiwara no Tadamichi e Fujiwara no Michinori (il clan Fujiwara era quindi diviso); la guerra fu chiamata Ribellione di Heiji. I Minamoto non erano adeguatamente preparati, e i Taira occuparono Kyōto; Michinori e Tadamichi furono condannati a morte e il palazzo dell'Imperatore claustrale Go-Shirakawa fu messo a fuoco dai Taira.
Yoritomo si ritrovò così nuovo capofamiglia del clan Minamoto, esule a Hirugashima, un'isola della provincia di Izu nel Kantō, all'epoca sotto il controllo del clan Hōjō. I Taira erano ormai i samurai più potenti del Giappone; Yoritomo fu lasciato in vita grazie a sua madre. Minamoto no Yoshitsune, un fratellastro, fu esiliato al tempio di Kurama. Yoritomo crebbe quindi in esilio. Nel 1179, sposò Hōjō Masako, figlia di Hōjō Tokimasa: il matrimonio aveva anche una chiara valenza politica, poiché Yoritomo avrebbe potuto contare sugli Hōjō in caso di guerra.

La guerra di Genpei

Nel 1180 Yoritomo raccolse un grande esercito per affrontare i Taira, ma poi, per un breve periodo fu costretto a trattare con loro. Quando venne a sapere che il cugino Yoshinaka tramava contro di lui, lo sconfisse e uccise ad Awazu, con l'aiuto del fratello Yoshitsune.
Nella sua prima grande battaglia, quella di Ishibashiyama, Yoritomo fu sconfitto, indebolendo la sua posizione nei confronti dei rivali; fino al 1184, grazie agli screzi interni alla corte dominata dai Taira, riuscì però a consolidare la sua autorità sull'aristocrazia guerriera del Kantō e ebbe modo di costruire una propria struttura amministrativa, centrata nella sua fortezza di Kamakura. Alla fine ebbe ragione dei suoi rivali nel clan, e nella battaglia di Dan-no-ura nel 1185 impose ai Taira una terribile sconfitta.
Ormai senza rivali, Yoritomo estese la sua struttura amministrativa a tutto il Paese, rendendo di fatto Kamakura la nuova capitale; nel nuovo sistema feudale la casta aristocratico-guerriera dei samurai ottenne l'egemonia che avrebbe mantenuto fino alla metà del XIX secolo. Sette anni dopo, l'Imperatore Go-Toba gli concesse il titolo di shōgun, ufficializzando la sua posizione e dando inizio al bakufu (shogunato, ovvero il governo dello shōgun). Il 26 aprile 1192, dopo la morte dell'imperatore, lo shōgun divenne il vero capo assoluto del Paese, che durerà per quasi sette secoli.

lunedì 20 giugno 2016

Ashina Moritaka

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Ashina Moritaka (蘆名 盛隆; 1561 – 8 novembre 1584) è stato un daimyō giapponese del periodo Sengoku, appartenente al clan Ashina. Era conosciuto anche come Heitarō (平太郎).
Moritaka era figlio di Nikaidō Moriyoshi (二階堂 盛義), signore del castello di Sukagawa. Fu adottato da Ashina Moriuji per continuare la linea della famiglia Ashina, e per questo sposò una figlia di Moriuji, dalla quale ebbe un figlio, Kiōmaru. Dopo la successione di Moritaka, egli divenne molto impopolare tra i suoi servitori. Questo portò al suo assassionio all'età di 22 o 23 anni per mano di Ōba Sanzaemon (大庭 三左衛門). Ashina Morishige divenne successore di Moritaka poiché suo figlio, Kiōmaru, morì all'età di due anni.

domenica 19 giugno 2016

Golok

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Il golok è un'arma da taglio simile ad un machete originario dell'Arcipelago malese, dove è presente con molte varianti, che può essere usato sia per lavori agricoli che come arma. La parola golok ha origini indonesiane, ma è usata anche in Malesia e l'arma è chiamata gulok nelle Filippine. In Malesia il termine è solitamente intercambiabile con la parola parang, che normalmente designa un'arma più lunga e dalla lama più ampia. Nella regione di Giava occidentale abitata dai Sundanesi il golok è chiamato bedog.

Descrizione

Le dimensioni e il peso sono variabili, come anche la forma della lama. In genere il golok è più corto e più pesante del parang e dei normali machete, essendo spesso usato per tagliare rami e vegetazione. La pesante lama, lunga dai 15 ai 70 cm circa, ha un solo filo ed è piuttosto convessa sul lato tagliente. È realizzata in acciaio armonico, con una tempra più morbida rispetto a quella di altri grandi coltelli. Questo la rende più facile da affilare sul campo, sebbene siano necessarie più attenzioni per il mantenimento del filo. Sebbene molti produttori fabbrichino golok con processi industriali, esistono ancora delle manifatture artigianali, come ad esempio nel villaggio di Cibatu, nella Reggenza di Sukabumi. Negli esemplari prodotti artigianalmente il manico, solitamente ricurvo, è realizzato in legno, avorio o corno, decorato con intagli o intarsi di argento od ottone, e può essere arricchito con pietre preziose o semipreziose incastonate. Può essere presente una piccola e semplice guardia a forma di disco, ma non mancano gli esemplari che ne sono privi. Il fodero è prodotto in legno e può essere anch'esso intagliato e dipinto, oppure ricoperto di metallo o con guscio di tartaruga.

Storia

Come per altre armi da taglio asiatiche quali il kukri, lo yatagan e il Sosun Pattah l'origine del golok è da ricercarsi nelle spade greche giunte in Asia con l'espansione dell'Impero macedone di Alessandro Magno.

Impiego

Il golok è associato alle popolazioni Betawi e Sundanesi. Per i Betawi esistono due tipi di golok: il bendo o gablongan è uno strumento domestico usato nei lavori agricoli o in cucina; il golok simpenan o sorenam è usato per difesa personale e tradizionalmente è sempre portato dagli uomini Betawi, specialmente dai jawara, i campioni locali di ogni villaggio. Nella cultura betawi il golok è un simbolo di virilità e coraggio. Questo costume è però andato in declino a partire dagli anni settanta, quando le autorità vietarono a chiunque di portare golok in pubblico, pena l'arresto e la confisca dell'arma, allo scopo di mantenere la sicurezza pubblica e di ridurre i combattimenti tra bande. L'arma è diffusa nell'isola di Giava e in Malesia. L'uso del golok nella cultura malese è attestato per la prima volta da documenti come lo Hikayat Hang Tuah (risalente al XVIII secolo) e il Sejarah Melayu, del (1612). Il golok è stato preso come modello per i machete d'ordinanza dell'esercito britannico a partire dagli anni cinquanta.

sabato 18 giugno 2016

Indra

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Nella religione induista, Indra (devanagari: इन्द्र) è il signore della folgore e dio del temporale, delle piogge e della magia. È la più grande divinità Deva e, sebbene chiamato monarca universale (titolo in realtà più usato per Varuna), non è da considerarsi una sovranità come quella di Zeus.
Il nome Indra vuol dire "Signore": è la divinità vedica che detiene il potere temporale ed è una divinità guerriera. Indra è amante delle donne, è nobilmente iracondo ed è solito ubriacarsi prima delle battaglie. Dopo le sue bevute spesso diventa violento e distrugge qualsiasi cosa; nonostante ciò è considerato una divinità saggia e detentrice di connotati positivi: valore, forza e coraggio.
Essendo l'induismo una religione enoteista, nel pantheon vedico, a differenza di quello greco, ciascun Deva è celebrato come il più grande negli inni a lui dedicati. A decretare il primato di Indra sulle altre divinità sono soprattutto i numerosissimi inni a lui dedicati che si trovano nel Rig Veda, quasi un quarto (circa 250) e in altri 50 è citato.
Indra è il dio guerriero, protettore degli Arii, che guida nelle loro conquiste. La sua figura è gigantesca, ha barba e capelli biondi avvolti in un turbante, e marcia in battaglia su un carro trainato da due cavalli sauri brandendo in mano la vajra, arma che simboleggia la folgore, oppure la rete d'Indra, simbolo del mago e dell'illusionista. Indra è un grande bevitore di soma, bevanda tipica del sacrificio vedico, che beve in grandi quantità prima dei combattimenti.
Indra è anche considerato l'uccisore di Vṛtra (dalla radice vṛ=costringere, avvolgere. È spesso raffigurato come serpente costrittore), figlio di Tvaṣṭṛ (l'artigiano degli dei), che è anche padre di Indra. Per cui Indra e Vṛtra possono essere considerati fratelli. Indra per natura va contro l'ordine. Al principio Vṛtra, il serpente costrittore, avvolgeva ogni cosa dentro sé e perciò conteneva il mondo dentro il suo stomaco. Egli era totalmente immerso nella contemplazione di sé stesso da non permettere che la manifestazione fluisse, perciò Indra per realizzare il mondo fu costretto a sacrificare il fratello. In alcuni mantra sembra addirittura che sia Vṛtra a chiedere a Indra di ucciderlo. In un certo senso Vṛtra e Indra sono lo stesso principio, ma Indra volendo gustare della beatitudine di percepire l altro, decide di distruggere il mostro costrittore e far sì che la possibilità universale contenuta all'interno di esso si realizzi in atto. Tagliando a metà Vṛtra dalle due parti si formano il sole e la luna e dal suo stomaco escono, anche qui a seconda dei mantra, acqua o vacche (simbolo delle nuvole). Vṛtra è anche considerato una fortezza inespugnabile e perciò Indra è chiamato il distruttore di fortezze. La fortezza, essendo simbolo dell'inespugnabilità per eccellenza, in termini vedici assume spesso la figura di una notte senza stelle, dell'oscurità (grande nemica di Indra), perciò Indra squarciando la notte-fortezza-oscurità, genera Uṣas (l'aurora). Dalla distruzione di Vṛtra perciò Indra ricava così l'acqua (Soma) e il fuoco (Agni).
La città di Indra è Amaravati, situata vicino al monte Meru.

Il mito della parata delle formiche

Questo mito, contenuto nell'opera il re e il cadavere (Adelphi) dell'eminente indologo Robert Heinrich Zimmer, affronta il tema dell'eternità e del tempo, della trasmigrazione delle anime e dell'esistenza transitoria dell'individuo. Il dio Indra dopo aver colpito con la sua folgore il drago, un gigantesco asura, che teneva prigioniere le acque nel suo ventre e dopo aver quindi permesso ad esse di scorrere libere nuovamente era stato acclamato ed esaltato da tutte le divinità dei cieli come il salvatore.
Proprio Indra, per ridare splendore alla città che era caduta in rovina, aveva affidato così a Visvakarman, il dio delle arti e dei mestieri, il compito di erigere un palazzo di splendore incomparabile. Col procedere dei lavori, Indra era diventato sempre più esigente nelle sue richieste chiedendo al dio meraviglie sempre più grandiose. Visvakarman allora, disperato, si era rivolto al creatore del mondo Brahma, il quale lo aveva rassicurato dicendogli che ben presto si sarebbe liberato di quel fardello. Brahma a sua volta si era rivolto all'Essere Supremo Vishnu il quale con un semplice cenno del capo gli aveva fatto capire che la richiesta di Visvakarman sarebbe stata esaudita.
Il giorno dopo si era presentato al palazzo di Indra un brahmano, ancora fanciullo, splendente sia di bellezza che di saggezza. L'incontro con Indra aveva avuto luogo nella sala delle udienze dove il fanciullo aveva spiegato il motivo della sua visita: aveva sentito parlare del suo prestigioso palazzo e voleva capire quanti anni ci sarebbero voluti per ultimarlo e quali opere avrebbe ancora dovuto compiere Visvakarman, visto che nessun Indra prima di lui aveva avuto una dimora di tale bellezza. Indra paternalisticamente aveva chiesto a sua volta quanti Indra potesse aver conosciuto il giovinetto e quello aveva replicato di averne conosciuti parecchi e di aver assisto alla distruzione dell'universo e di aver visto tutte le cose morire al termine di ogni ciclo. "Chi enumererà le epoche del mondo che passano succedendosi l'una all'altra? Chi conterà gli universi trascorsi e le nuove creazioni sorte dall'abisso? Quanto agli universi che in un qualsiasi momento esistono fianco a fianco, ognuno dei quali contiene un Brahma e un Indra, chi mai potrà calcolarne il numero?". Mentre stava pronunciando queste parole era entrato nella sala un esercito di formiche. Il fanciullo allora sorridendo aveva spiegato a Indra che ciascuna di queste formiche era stata un tempo, in virtù delle sue qualità, re degli dei, ma ora, attraverso la rinascita, ciascuna era ridiventata formica.
Anche gli dèi periscono e si corrompono. Tale era la sostanza del segreto. Da quel momento Indra, il re degli dei, era stato umiliato e il suo orgoglio era stato abbattuto; finalmente guarito da un'ambizione eccessiva, egli era stato condotto, per mezzo di una saggezza spirituale e mondana, a riconoscere il proprio ruolo nel gioco dell'esistenza, la ruota della quale gira senza fine