martedì 12 settembre 2017

Amari Torayasu

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Amari Torayasu (甘利 虎泰; 1498 – 23 marzo 1548) è stato un samurai del periodo Sengoku. È anche conosciuto come uno dei ventiquattro generali di Takeda Shingen. Servì il clan Takeda con Takeda Nobutora e Takeda Shingen.
Fu ucciso nella battaglia di Uedahara nel 1548 assieme a Itagaki Nobukata. I due stavano combattendo fianco a fianco in prima linea quando vennero improvvisamente colpiti da una raffica di frecce.
Ad Amari succedette il figlio Amari Masatada.
Il politico giapponese Akira Amari discende da Torayasu.

lunedì 11 settembre 2017

Yōkai

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Gli yōkai (妖怪) — da “yō”, “maleficio, fattucchieria” e da “kai”, “manifestazione inquietante”, nome talvolta traslitterato anche "youkai" o "yokai", traducibile con "apparizioni", "spiriti", o "demoni" — sono un tipo di creatura soprannaturale della mitologia giapponese.

Caratteristiche

Ci sono molte tipologie di yōkai: si va dal malvagio oni () alle ingannatrici kitsune () e alla signora della neve yuki-onna (雪女); alcuni posseggono parti animali e parti umane, ad esempio il kappa (河童), il tengu (天狗) e la nure-onna (濡女). Gli yōkai spesso hanno poteri soprannaturali; sono quasi sempre considerati pericolosi per gli esseri umani, e le loro azioni hanno ragioni oscure. Alcune storie moderne raccontano di yōkai che si mescolano agli esseri umani, generando gli han'yō (半妖 o "mezzi-yōkai"); nella tradizione solo le kitsune ne erano capaci.
Alcuni yōkai semplicemente evitano gli esseri umani, e abitano aree selvagge molto lontano dai centri abitati; altri invece scelgono di vivere vicino ad essi, attratti dal calore delle case o dai fuochi. Gli yōkai sono tradizionalmente associati al fuoco, alla direzione nord-est, e all'estate, stagione nella quale il mondo degli spiriti è vicino a quello umano. Gli Yōkai, come gli altri obake (お化け), esseri in grado di cambiare forma anche detti bakemono (化け物), sono spesso rappresentati con tratti tra il grottesco e il terrificante.
C'è un'ampia varietà di yōkai nella mitologia giapponese: yōkai è un termine vago che può arrivare a comprendere virtualmente tutti i mostri e gli esseri sovrannaturali, perfino creature della mitologia occidentale.

Yōkai animali

In Giappone, di molti animali si pensa che posseggano poteri magici: molti di questi sono henge (変化), mutaforma, che spesso assumono sembianze umane, generalmente al fine di giocare brutti tiri agli esseri umani. In molti casi la trasformazione da animale a yōkai avviene quando raggiungono un'età veneranda, mentre a volte la figura mitologica si è discostata notevolmente dall'animale reale (è il caso del baku e del mujina), e in altri reca solo alcune caratteristiche residue dell'animale originario (è il caso del tengu).
Tra i più noti esempi di yōkai animali citiamo i seguenti, in ordine alfabetico:
  • Bakeneko (化け猫) e Nekomata (猫又), gatto
  • Baku (), tapiro
  • Kitsune (), volpe
  • Mujina (, ), tasso
  • Tanuki (), cane procione
  • Tengu (天狗), uccello (o mezzo uomo, mezzo uccello) per lo più corvo
  • Tsuchigumo (土蜘蛛), ragno
  • Yatagarasu, corvo sacro
  • Yosuzume (nella prefettura di Kōchi), passero della notte o Suzumeokuri (nella prefettura di Wakayama), passero guida
Il cane ( inu), poteva invece diventare un kami — per la precisione uno shikigami (式神) — ed era chiamato Inugami (犬神). Inoltre l'ormai estinto lupo grigio del Giappone ( Ōkami) era considerato un messaggero dei kami della montagna.

Yōkai umanoidi

Molti yōkai erano inizialmente esseri umani, trasformati in qualcosa di grottesco e orrendo spesso da qualche stato emotivo; la futakuchi-onna (二口女), "donna con due bocche", per esempio, ha una bocca in più dietro la testa, su cui i capelli fungono da tentacoli: questa trasformazione è generalmente causata dall'ossessione per il proprio aspetto fisico. Altri esempi di trasformazioni di umani o di yōkai umanoidi sono i rokuro-kubi (ろくろ首), umani il cui collo si allunga durante la notte).

Yōkai oggetti

Un'altra classe di yōkai sono gli tsukumogami, oggetti di uso comune che prendono vita dopo cento anni; il più famoso, considerato un mostro non spaventoso, è il karakasa, generalmente rappresentato come un parasole con un occhio solo e un piede calzato in un geta (sandalo tipico giapponese) al posto del manico. Altri esempi sono i bakezōri (sandali di paglia), kameosa (otri di sake), morinji-no-kama (teiere), chabukuro (sacchetto del tè).

Altri yōkai

Ci sono altri yōkai che non rientrano in nessuna delle precedenti categorie; ad esempio gli amikiri, creature che esistono al solo scopo di forare le zanzariere.



Taoismo

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«Il Tao che può essere detto non è l'eterno Tao,
il nome che può essere nominato non è l'eterno nome.
Senza nome è il principio del Cielo e della Terra...»
(Laozi, Daodejing)

Il carattere cinese dào. Il carattere significa "via", ma anche "percorso". A partire dalla dinastia Zhou orientale (770-256 a.C.) ha iniziato a significare la "via corretta" o la "via naturale". Ma anche "mostrare la via" quindi "insegnare", "metodo da seguire" e infine "dottrina". Nei Lúnyǔ (論語) di Confucio si dice che uno Stato "ha il se è ben governato" o anche che il "re dedica se stesso al ". Da notare che il carattere si compone di (qiú "testa" quindi "principale") + una variante del carattere (zhǐ nel significato arcaico di "piede") combinata con ( xíng, "percorrere"): quindi "incedere sul percorso principale".
Il taoismo o daoismo, termine di conio occidentale, designa le dottrine a carattere filosofico e mistico, esposte principalmente nelle opere attribuite a Laozi e Zhuāngzǐ (composte tra il IV e III secolo a.C.), sia la religione taoista, istituzionalizzatasi come tale all'incirca nel I secolo d.C..
Essa è basata sul Dao (in cinese "la via"), il principio indifferenziato che dà origine al cosmo. Non possiede un insegnamento fondamentale come il confucianesimo o un credo e pratica unitari. È principalmente una religione cosmica, centrata sul posto e la funzione dell'essere umano, di tutte le creature e dei fenomeni in esso. Nel tempo se ne sono sviluppate diverse scuole e interpretazioni.
Nonostante la distribuzione ubiquitaria in Cina e la ricchezza di testi, si tratta probabilmente della meno conosciuta tra le maggiori religioni al mondo.
Come ricorda Stephen R. Bokenkamp i cinesi non possedevano un termine per indicare le proprie religioni fino all'arrivo del buddhismo nei primi secoli dopo Cristo (la prima introduzione del buddismo in Cina sarebbe avvenuta nel 64 d.C.), quando opposero al Fójiào (佛教, gli insegnamenti del Buddha), il Dàojiào (道教, gli insegnamenti del Tao). Più precisamente nell'epoca preimperiale (antecedente al III secolo a.C.) il termine "dàojiào" era utilizzato dai seguaci di Mozi per designare i confuciani. Solo dal quinto secolo in avanti vediamo utilizzato questo termine per intendere la dottrina del Dao.
Allo stesso modo, ricordano Farzeen Baldrian e T.H. Barret gli studiosi classificatori del periodo Han indicarono, in modo "mal definito", come Dàojiā (道家, scuola daoista) autori ed opere a loro precedenti.
Mario Sabattini e Paolo Santangelo così concludono:
«Le concezioni che emergono dalle opere taoiste non presentano un carattere univoco; quasi certamente esse abbracciano tendenze diverse che sono andate via via stratificandosi in un corpus di testi, cui solo in epoca successiva si è voluto attribuire la natura di un complesso dottrinario omogeneo.»
(Mario Sabattini e Paolo Santangelo. Storia della Cina. Bari, Laterza, 2000, pag.131-2)









Ancora il termine daoismo con il suo suffisso -ismo non avrebbe quindi alcuna controparte nella lingua cinese. Esso verrebbe utilizzato in tal modo solo negli scritti occidentali.
Ulteriore fonte di complessità nell'approccio al daoismo, è il sostanziale pregiudizio sorto fin dai primi contatti con religiosi occidentali che spesso videro in tale religione una corrente fortemente degenerata. Tale visione è andata via via stemperandosi nel tempo, raggiungendo forse attualmente un certo distacco.

Taoismo o daoismo?

Mandarino
Pinyin
Wade-Giles


Daoismo
Taoismo
道教
Dàojiào
Tao-chiao
道家
Dàojiā
Tao-chia
道德經
Daodejing
Tao Te Ching
無爲


Wu Wei
老子
Laozi
Lao Tzu
莊子
Zhuangzi
Chuang Tzu
孫子
Sunzi
Sun Tzu
列子
Liezi
Lieh Tzu
氣功
Qigong
Ch'i Kung
太極拳
Taijiquan
T'ai Chi Ch'uan
太極圖
Tàijítú
T'ai Chi T'u
易經
Yì Jīng
I Ching









Etimologicamente il termine taoismo deriva da Tao, romanizzato secondo Wade-Giles + suffisso greco antico -ισμός (ismo, significante "stile, modo"), mentre il termine daoismo deriva da Dao, quest'ultimo romanizzato secondo il più recente pinyin + -ισμός. Quindi Tao e Dao sono due modi di scrivere e leggere lo stesso termine. Tao e Dao hanno lo stesso identico significato: Lo standard attuale per la romanizzazione della lingua cinese è il pinyin (dagli anni '80) rispetto al Wade-Giles del XIX secolo. Sarebbe quindi più "moderno" e corretto utilizzare i termini dao, daoismo, ... Sempre in base a ciò quindi i vecchi termini Lao-Tzu, Chuang-Tzu... andrebbero modificati in Laozi e Zhuangzi...
Nel testo della presente voce si useranno per lo più i nomi propri delle opere, delle persone e dei termini specifici nella romanizzazione del pinyin. A fianco una tabella di conversione nelle romanizzazione moderna e precedente.

Cosa comprende il daoismo

Risulta quindi chiaro come questa dottrina sia eterogenea, le cui ragioni sono da attribuire principalmente alla mancanza di un singolo fondatore ed alla assenza di un canone definito. Essa ha raggiunto un minimo grado di omogeneità, non in base a spinte interne, bensì a seguito di agenti esterni (ovvero spinte governative che cercavano di controllare la formazione del clero e il numero dei templi). Nel Daoismo andrebbero quindi compresi:
a) i primi testi filosofici come il Daodejing e lo ZhuangZi
b) le pratiche anticonfuciane dell'allontanamento dalla pratica politica tramite il ritiro in eremitaggio, distante dagli uffici di governo
c) alcuni tipi di arti (pittura, musica, calligrafia) basati sul libero flusso, senza sforzo
d) qualsiasi tipo di pratica che non sia Buddhista o Confuciana
e) il Daojiao prima dell'arrivo del buddhismo in Cina. Così infatti gli studiosi denominarono il termine daojiao; ricordo ancora, come già segnalato prima, come inizialmente, la religione cinese non avesse un nome che la definisse. Tale nome (daojiao) verrà adottato dopo l'arrivo del Buddhismo (fojiao).

Chi è daoista?

Si premette che in questa trattazione verrà per lo più esplicata la via religiosa del dao, ovvero i punti a ed e del paragrafo precedente.
Addentrandosi nel problema, sorge spontaneo chiedersi se si possa stabilire una "ortodossia" nel daoismo (per alcuni accenni a una possibile "ortodossia", vedi anche inquadramento generale).
A questo problema si può rispondere in vari modi, ad esempio:
  1. l'incipit del Daodejing (presente nell'incipit di questa voce)
  2. la seguente descrizione di Stephen Bokenkamp:
(EN)
«The term "Daoism" is used in writings on China to cover a wide variety of phenomena, from a bibliographic classification of philosophical texts—including the Zhuangzi, the Laozi, and other works—to vaguely defined attitudes: the love of nature, the pursuit of personal freedom, and a concomitant antipathy toward the Confucian-inspired social order, an antipathy shared by a number of recluses and disillusioned former officials throughout the course of Chinese history. In this way, Daoism and Confucianism have come to be seen as the yin and yang poles of Chinese thought. Nearly every figure in the history of Chinese society who cannot be readily identified as Confucian is apt to be portrayed as a Daoist. Those so identified include a disparate collection of practitioners, mystics, and thinkers—healers, shamans, alchemists, seekers of immortality, figures from popular religion who managed to find mention in the dynastic histories, and even a few Confucians who, toward the end of their lives, withdrew from society and found solace in one or another of the philosophical works bibliographically classed as Daoist, or even in the Daoist religion itself.»
(IT)
«Il termine "daoismo" è usato nei testi che trattano la Cina per coprire un'ampia varietà di fenomeni, dalla classificazione bibliografica di testi filosofici - che includono Zhuāngzǐ, Laozi ed altri lavori - a vaghi modi di sentire: l'amore per la natura, la ricerca della libertà personale, la concomitante antipatia per l'ordine sociale ispirato dal confucianesimo, una antipatia scambiata e condivisa, nel corso della storia della Cina, da un numero di ex funzionari eremiti e delusi. In quest'ottica il daoismo ed il confucianesimo devono essere visti come i poli yin e yang del pensiero cinese. Praticamente ogni figura della storia della società cinese, che non possa essere identificato come confuciano, è adatto ad essere considerato daoista. Questi ultimi comprendono quindi guaritori, mistici, terapeuti-intellettuali, sciamani, alchimisti, ricercatori dell'immortalità, figure provenienti dalla religione popolare che riuscivano a trovare menzione nelle storie dinastiche, ed anche i pochi confuciani che, alla fine delle loro vite, si allontanavano dalla società e trovavano conforto in uno dei lavori filosofici, classificati dal punto di vista bibliografico come daoisti, od anche nella religione daoista stessa.»
(Stephen R. Bokenkamp, Early Daoist Scriptures)









Ma la situazione è ancora più complessa, se un autore daoista come Lu Xiujing (陸修靜) (vissuto nel V secolo dopo Cristo), aveva potuto affermare che "alcuni scritti daoisti paiono scritti da persone malate di mente, senza alcuna capacità di ricercare il nouminoso e mancanti del desiderio di raggiungere la perfezione. Essi avrebbero scritto [questi testi basati su] quello che erano in grado di captare [delle scritture originali], assumendo falsamente il nome di "daoista" nella loro avida ricerca di guadagno",

Concetti di base

«È in gioco l'acquisizione di uno stile, non di una dottrina, quindi più che una credenza od una dottrina, il Taoismo è una pratica»









Il Daoismo è uno dei tre insegnamenti cinesi, ovvero buddismo, daoismo e confucianesimo ed a differenza di quest'ultimo (che lo possiede, il «daoismo non ha né data né luogo di nascita».)
Esso «non è mai stato una religione unitaria, ma una combinazione costante di insegnamenti fondati su rivelazioni originarie diverse». Prese forma gradualmente, durante un lungo cammino, integrando diverse correnti. Il daoismo scaturisce infatti da un movimento di pensiero nato dalla combinazione del
  • patrimonio concettuale comune cinese (ovvero il Qi, lo yin e lo yang, i cinque elementi),
  • lo sciamanesimo o magia wu, basato per lo più su danze frenetiche e stati estatici (praticato principalmente da donne).
  • le opere spirituali di Laozi e di Zhuāngzǐ
  • a questi si sono aggiunti nel tempo alcuni concetti confuciani, (dal II secolo d.C. circa con il Neotaoismo) e buddisti (a cominciare circa dal 370 d.C.).
Concetto centrale del Daoismo è ovviamente il Dao ovvero la base metafisica dell'ordine naturale. Potremmo sostenere che al Dao appartengono i sentimenti e le motivazioni umane, in toto, come l'empatia, il rifiuto, gli odi, i desideri. Ed ancora il Dao agirebbe nella storia tramite personificazioni della divinità (avatar) come LaoZi.
Se il Dio del daoismo può essere concepito come una sorta di "Principio ordinatore unico ed immanente del mondo", non troppo dissimile dall'Armonia di Pitagora, il Logos di Eraclito, lo Shinto giapponese, il Dharma del buddismo, è però fondamentale riconoscere che si tratta di un principio acosmico che manca di creazione e finalità...esso non realizza nulla fuorché la sua implicità. Se ne deve rimarcare anche la specificazione non troppo dissimile, in quanto essa rifiuta la reificazione e la definizione. Non tollerare la reificazione, significa intendere l'attività pratica e la "crescita personale", superiori all'intellettualizzazione ed alla concettualizzazione filosofica. Si può quindi, essere daoisti senza avere necessariamente una definizione ed esplicazione di cosa sia il dao. Esso rifiutata quindi la visione tipicamente moderna che una via non sia percorribile senza una concettualizzazione coerente. Per il mondo cinese un Dio creatore sopramondano, di carattere personale è inconcepibile. Ne consegue che nella cultura cinese non esiste un'ascesi orientata sulla antitesi tra Dio e creatura.
Il daoismo ha una forte tensione sincretica, nel tentativo di integrare tutta una serie di insegnamenti differenti (dall'iniziale sciamanesimo, al Buddhismo Chán...), ma allo stesso tempo ne esalta la autosufficienza sottolineando la distinzione dalle altre vie.
Il daoismo (in particolare quello dei due principali maestri) tende a non dare chiari codici comportamentali, (a differenza ad esempio del confucianesimo) ritenendo che la spontaneità sia la miglior guida. Tuttavia se «vivere il taoismo significa accettare il caos [...], non legittima la licenziosità, l'arroganza, la violenza, la sopraffazione, uno stato di natura per cui "tutto va bene"».
Esso quindi esalta la spontaneità, sostenendo che tutto avvenga spontaneamente senza un perché. Crede che esista un «meccanismo di autoregolazione che può manifestarsi soltanto se non gli si fa violenza». Qui il daoismo denuncia la sua provenienza dalla classe contadina (per cui l'agricoltura, nonostante la cura, obbedisce ad orologi interni ed esterni, atmosferici, e per cui il vero motore è la natura.
Condanna i desideri (fenomeno tipico anche del buddhismo): i daoisti auspicano una condizione in cui si desidera non avere più desideri, a differenza dei buddisti che condannano apertamente la brama che vincola alla vita.
Condanna l'attività: mentre i buddhisti ritenevano che il Karma fosse la causa prima della sofferenza, i taoisti esaltavano il wei-wu-wei (azione senza azione).

Daojia e Daojiao

Spesso il daoismo viene scolasticamente suddiviso in
  • daoismo filosofico (cinese: 道家; Wade-Giles: tao-chia; pinyin: dàojiā) o "scuola" daoista e
  • daoismo religioso (cinese: 道敎; Wade-Giles: tao-chiao; pinyin: dàojiào) o "religione" daoista o anche, rispettivamente, daoismo contemplativo e daoismo interessato. Questa divisione, oramai rifiutata da molti sinologi è fondamentalmente minata all'interno.
  • alcuni autori distinguono anche, all'interno del Daoismo, la religione popolare cinese
Tale suddivisione quindi, ancora presente in alcuni scritti e comunque riscontrabile spesso in occidente, è indubbiamente artificiosa ed erronea. Per la Robinet, nascerebbe da una intrinseca difficoltà occidentale all'esperienza mistica, e sarebbe stata per lo più creata, da persone che non avevano studiato i testi del cosiddetto "taoismo religioso".

Daojia

Il termine "dao" significava originariamente «la via» e, per traslato, Daojia indicherebbe «il sentiero che uno dovrebbe percorrere e che viene insegnato». Con i primi maestri (LaoZi e ZuangZi) il significato sarebbe quindi passato a «via ultima, ovvero via che sublima tutti i differenti e multiformi percorsi umani esistenti».
Gli interpreti moderni fanno iniziare il Daojia con il Daodejing e lo Zuangzi (anche se è utile segnalare che probabilmente i due autori mai si influenzarono)

Daojiao

Al contrario con il termine "daojiao", sempre per Robinet, sarebbe da intendersi «l'insegnamento della via», «l'ascesi, l'addestramento, la procedura». Ella pone nella corrente Daoija: il Daodejing, lo Zhuangzi, gli scritti di alcuni dei principali filosofi degli Stati Combattenti come Shen Dao, Yang Zhu, Heguan Zi, il Neiye (Inner Training) e Xinshu (Arts of the Heart) alcuni capitoli del Guanzi, il Daoyuan, il rotolo dei manoscritti Mawangdui, il Huaillan Zi. Ancora la Robinet considera relati al daoijao lo Xuanxue (Metafisica dell'arcano) ed il Liezi, pur esprimendo opinioni oscillanti sull'appartenenza della metafisica dell'Arcano nel daoismo; pone pure nella stessa corrente il Qingjingjing, il Xishengjing, il Yinfu Jing, i testi del Neiguan, lo Zuowang ed il Chongxuan

Differenze tra Daojia e Daojiao

Le differenze sarebbero principalmente scolastiche, per cui il Daojia sarebbe inscritto nel Daojiao e viceversa. In conclusione, secondo la Robinet, le principali differenze tra il Daojia e Daojiao consisterebbero nella connessione tra il secondo ed il sacro, gli dei, gli spiriti ed in genere l'ottenimento di una trascendenza personale. Quindi se il Daojiao sarebbe l'ascesi, l'addestramento, le procedure, il Daojia consisterebbe invece nelle speculazioni che accompagnano o coronano questa ascesi, come esito dell'ascesi stessa. Ella contesta invece che tale differenza vada ricercata negli aspetti contemplativi od intenzionali o di applicazione politica che a suo avviso sono presenti in entrambe le "dimensioni".
Se per certi uomini, gli imperatori in particolare, l'aspetto importante della religione era prolungare la vita e migliorare le proprie condizioni di salute, originariamente le tecniche furono indubbiamente destinate all'estasi ed all'esperienza mistica.

Storia dell'utilizzo del termine Daojiao

Il termine Daojiao nella pratica, ha avuto svariate sfaccettature di utilizzo. Usato in modo estremamente indeterminato, nella prima fase preimperiale (ovvero fino al 221 a. C.) come riferimento alle tradizioni classiche dei saggi, almeno in parte corrispondente al confucianesimo, e successivamente nel tardo periodo dai buddisti come elegante sinonimo di fajiao, ovvero l'insegnamento del Buddha, solo nel V secolo si iniziò ad utilizzare nel senso con cui noi lo intendiamo oggi. Fino ad allora i vari gruppi "religiosi" rimasero in qualche modo disuniti, connessi tra di loro solo per un opporsi ai vari culti locali ma, da tale data in avanti, si tentò di fornirgli una unità, sul modello del buddismo (da cui in modo esplicito cercavano di diversificarsi ed opporsi) e tutto questo si estrinsecò nella formazione di una letteratura canonica, la codificazione di rituali e norme sacerdotali.
Diversamente il termine Daojia, indicava nella fase preimperiale i ricercatori dell'immortalità.
Tutto questo avvenne tramite la codificazione di rituali, lo stabilirsi di una letteratura canonica esplicita, la fondazione di monasteri daoisti sul tipo di quelli buddisti, e quindi rappresenta la fondazione di una vera propria religione, non solo l'assemblaggio di elementi tra loro.
La reazione dei buddisti fu inevitabile, da una parte tentarono di "mettere in cattiva luce il daoismo agganciandosi anche alla soteriologia "terrena" dello stesso; il daoismo, daltra parte, era ben più in accordo alla simbologia imperiale cinese di quanto lo fosse la religione dharmica. Ancora Arena afferma che la divisione nei due "assi" sarebbe, a suo parere, avvenuto durante il periodo Wei e Jin (quindi all'incirca tra le prime metà del III e la prima metà del V secolo d.C.), in corrispondenza con il Neotaoismo, che rifiutava completamente le arti magiche e la religione popolare.

Storia del daoismo

Canone daoista

Nella tradizione religiosa, i testi taoisti, sarebbero antecedenti l'uomo e nascerebbero direttamente dal Pneuma originario o respiro originario. Successivamente sarebbero stati reificati in testi scritti con caratteri non umani e conservati in palazzi celestiali e, finalmente, diffusi sulla terra in caratteri umani. In questa ottica gli scritti connetterebbero gli esseri umani con l'oltremondo.
Dal punto di vista storiografico invece, le fonti antiche cinesi sarebbero: le Memorie di uno storico di Sima Tan (scritto nel II-I secolo a.C.), il Libro degli Han di Bān Gù (I-II secolo d.C), il Libro degli Han posteriori di Fàn Yè (V secolo d.C.).... Questi testi, oltre a tanti altri, fanno parte del canone chiamato le Ventiquattro Storie. Da esso però ne risulta un quadro variopinto, in cui la difficoltà classificatoria è preminente. Ad esempio Hán Fēizǐ (韓非子), il principale pensatore del Legalismo (法家, Fǎjiā) viene indicato come ispiratore dalle sentenze 'daoiste' di Huángdì (黃帝) e di Lǎozǐ (老子), mentre in tempi successivi, lo stesso, verrà indicato come un oppositore del Daoismo. Ancora il Guǎnzǐ (管子), ordinariamente considerato un testo di scuola Fǎjiā, contiene alcuni capitoli daoisti e come daoista viene descritto dallo Yìwén zhì

Daozang

Il canone daoista o Daozang (道藏 pinyin:Dào Zàng, Wade-Giles: Tao Tsang), fu composto nel 1442 e raggruppa più di 1000 testi che spaziano dall'utilizzo di erbe alle opere colte di Laozi e Zhuāngzǐ, a testi di tecniche di meditazione od alchimia. Molti testi appaiono più di una volta con titoli diversi, altri hanno titoli uguali ma contenuti differenti, altri ancora contengono all'interno parti di documenti presenti nel canone in posizioni differenti. Un numero così vasto denuncia una fortissima tendenza sincretica. Per l'esattezza la Robinet parla anche di vocazione del daoismo ad essere marginale.
Seguendo l'esempio del Tripitaka buddhista, il Daozang è diviso in tre sezioni (dong ):
  • i "Testi della Suprema Purezza" (Dongzen),
  • il "Sacro" (Dongxuan), vale a dire scritture sulla liturgia e sul medio livello di iniziazione;
  • infine i "Testi dei Tre Signori" (Dongshen), una sezione che include insegnamenti sulle tecniche di esorcismo, sulla teologia daoista e sul minimo livello iniziatico.
Il Canone contiene inoltre una gamma di scritture supplementari, aggiunte in epoche più recenti, che trattano varie questioni: preghiere, invocazioni, meditazione, divinità e molto altro; tra questi testi si possono trovare il "Libro della Grande Pace" (Taipinjing), testi alchemici e scritture della tradizione dei Maestri Celesti, i papi dell'ortodossia, oggi figure poco importanti sia per la Chiesa daoista taiwanese, ancor meno per l'organizzazione ecclesiastica della Cina continentale.

Dottrina (parte principale)

Questa descrizione è basata principalmente sulle dottrine di Laozi, di Zhuāngzǐ e di Liezi.
«Il Dao che può essere detto non è l'eterno Dao,
il nome che può essere nominato non è l'eterno nome...»

Non che cosa è, ma che significato ha per me, ora

«Tutto il nostro ragionamento si basa sulla legge di causa ed effetto, che opera come una successione. Qualcosa accade ora, perché qualcos'altro è accaduto allora. Ma i cinesi non ragionano tanto secondo questa linea orizzontale, che va dal passato al futuro, attraverso il presente: ragionano verticalmente, da ciò che è in un posto ora a ciò che è in un altro posto ora. In altre parole non si chiedono perché, o per quali cause passate, un certo ordine di cosa avvenga ora; si chiedono: -Qual è il significato delle cose che avvengono insieme in questo momento?- La parola Tao è la risposta a questa domanda.»
(Alan Watts, Il significato della felicità)









Quindi un cinese non ragiona seguendo una ideale linea orizzontale di causa effetto ma, piuttosto, seguendo una linea verticale, cercando di connettere tra loro cose che sono in un posto ora ed in un altro posto ora. La domanda che si pongono è: "qual è il significato delle cose che avvengono insieme in questo momento? Ragionano quindi secondo un concetto che potrebbe essere chiamato sincronicità.
Ancora
«quando un occidentale sente di pensare, crede che un tale fatto sia dovuto ad una specie di fatalismo o determinismo. [...] La prima illusione è quella di credere che ciò che sta accadendo accada a lui e che quindi sia vittima delle circostanze. Ma se siamo immersi nell'ignoranza originaria non esiste un tu diverso dalla cosa che sta accadendo. Quindi la cosa non sta succedendo a noi, succede e basta. [...] La seconda illusione è quella di credere che ciò che sta accadendo ora è la conseguenza di un evento del passato.[...] Dobbiamo essere davvero ingenui per credere che il passato provochi quanto avviene oggi. Il passato è simile alla scia lasciata da una nave. Alla fine ogni traccia scompare.[...] È moto semplice: tutto comincia adesso, perciò è spontaneo: non è determinato [...] Non è nemmeno casuale. [...]
Il Dao è un certo tipo di ordine [...] che però non è precisamente ciò che noi definiamo ordine quando disponiamo un oggetto in un ordine geometrico, in scatole od in file. Se osserviamo un pianta di bambù ci è perfettamente chiaro che la pianta possiede un suo ordine. [...] I cinesi lo chiamano Li[...]. Tutti cercano di esprimere l'essenza del Li. Ma la cosa interessante è che nonostante si sappia cosa sia, non c'è modo di definirla.»
(Alan Watts, Il significato della felicità)

La spontaneità

Il daoismo sostiene che esista nell'universo una sorta di autoregolazione e che lasciare correre spontaneamente tale meccanismo dia spazio ad una vita serena, senza violenza. Ma, è importante sottolinearlo, non legittima la sopraffazione ed il caos. Il daoista è convinto che ciascuno abbia in sé stesso le doti naturali che gli consentiranno di risolvere in molte occasioni. Quindi in quest'ottica l'imperfezione non esiste e se esiste è solo presente tra gli uomini che non seguono la spontaneità.

La non azione o Wu Wei

Il Wu wei (無為, 无为), o legge dell'agire senza agire. Wu wei significa permettere il ritmo naturale delle cose, non deviare o forzare la spontaneità della natura, non imporre la propria volontà sopra l'organizzazione del mondo. I testi che più trattano questo aspetto sono il Daodejing ed il Zuangzi. Si sottolinea quindi il raggiungimento di una quiete interna, la ricerca di una libertà della mente e dello spirito nel tentativo di raggiungere una unità con tutto l'universo.

Il vuoto come cardine

«Unire trenta raggi nel mozzo di una ruota,
nel non essere sta l'uso del carro.
Plasmare l'argilla per farne un vaso,
nel non essere sta l'uso del vaso.
Cesellare porte e finestre per farne una casa,
nel non essere sta l'uso della casa.
Quindi ciò che esiste determina il vantaggio,
l'inesistente determina l'uso.»










Il non essere (wu), in questa accezione, ha un significato ben diverso a quello cui siamo abituati dalla dialettica greca (in particolare nei significati di Parmenide e Gorgia). In questo contesto significa "non esserci determinato", un vuoto determinato. L'essenza sta nel vuoto, spesso in cose a cui non diamo importanza, come l'importanza non è riposta nelle quantità di cose che abbiamo nella nostra dimora, bensì nel vuoto tra le pareti.

La mancanza di talento

«Hui- tzu disse a Chuang-tzu:
Io ho un grande albero, La gente lo chiama ch'u. Il suo grande tronco è schiacciato e gonfio ed una corda non riesce a cingerlo. I suoi piccoli rami sono contorti e attorcigliati. [...] Ora tu hai un grande albero e la sua inutilità ti affligge. Perché non lo pianti nella landa dell'ampio nulla, la campagna dove non c'è altro? Senza premeditazione nella non-azione ti appoggerai ad un suo fianco e ti muoverai liberamente, dormendo e riposandoti sotto i suoi rami: Quest'albero non patirà una morte prematura ad opera di scure ed accetta. Nessuna creatura lo danneggerà poiché non è qualcosa che possa essere utilizzato, per quale motivo potrebbe mai soffrire?»


Dottrina (considerazioni ulteriori)

Il Dao

Il termine Dao è per noi occidentali di difficile comprensione, mentre non pare essere così per un orientale. Infatti il termine è intelleggibile e di uso comune sia tra gli intellettuali che tra il più povero contadino. Pare che la prima volta che sia stato utilizzato in Cina sia nel Chu Shing in cui dice:


(EN)
«The human mind is dangerous
its selfship tendenciees lead to error and crime
and its affinity with Tao is small.»
(IT)
«La mente umana è pericolosa
le sue tendenze interiori portano all'errore ed al misfatto
e la sua affinità con il Tao è limitata.»










Ancora in un passaggio del Ta Chuan (The Great Triteise):
«L'uomo buono lo scopre (il Tao) e lo chiama buono
Il saggio lo scopre e lo chiama saggio
Il popolo ne fa uso giorno per giorno e non ne sa nulla.
Non solo ognuno "sente il Tao con modalità proprie, ma persino il Tao riflette il carattere della persona.»










"Osservando le cose in modo originario, non vi è differenza tra quella che fate, da una parte, e quello che vi accade dall'altra. [...] Ecco ciò che è chiamato Tao [...] Tao significa fondamentalmente via, corso: il corso della natura." Tornare alla spontaneità. La ricerca del Dao è la ricerca dell'essenziale, e in questo può essere vista come un analogo più elaborato del cinismo greco. Tale fortissimo richiamo all'essenzialità, al cosiddetto tronco grezzo, agli antichi, richiede la difficile operazione di spogliarsi del superfluo e dei preconcetti. Lo scopo è lasciar fluire l'originale liberando la spontaneità, che non deve però essere scambiata con il lassismo.
Per comprendere quale sia la natura del Dao bisogna evitare qualsiasi tipo di paragone con il Dio delle religioni monoteiste. Il Dao non è un ente trascendente e dotato di personalità. Il Dio che viene presentato dal daoismo è una sorta di "Principio ordinatore unico ed immanente del mondo", non troppo dissimile dall'Armonia di Pitagora, il Logos di Eraclito, lo Shinto giapponese, il Dharma del buddismo.
Il termine Dio suona inappropriato, è preferibile non farne uso, per evitare i parallelismi sopra citati.
Il termine "Dao", che come sopraddetto è fondamentale in tutto il pensiero cinese, ha assunto diversi significati nel tempo. I principali significati sono tre:
  1. Il Principio, l'Eterno Assoluto, la Fonte impersonale e trascendente di tutto ciò che esiste, l'Essere eterno di Dio al di là del divenire del mondo.
  2. La Via nella quale procede tutto ciò che esiste nell'universo, il movimento e mutamento incessante del mondo. Nel Daodejing questi due significati si trovano distinti e precisati: Daodejing significa infatti il libro (jing) del Principio (Dao) e della sua Azione (De, potere di azione del Dao da cui nasce tutto ciò che esiste).
  3. Il terzo significato riguarda la capacità e la correttezza nel praticare una data arte, nel seguire una certa via: il Dao del guerriero (l'abilità nelle arti marziali), il Dao dell'amore (l'arte dei rapporti amorosi e sessuali), il Dao del governo, della politica.
Ancora il Dao è alla base dell'ordine naturale delle cose, la via operante del mondo quando l'uomo lo lascia scorrere come è.
Il Dao è innominabile. In accordo al Daodejing e con lo Zhuangzi, non si può citare il nome, ed esso non può essere afferrato o delimitato.
  • Del Dao ovvero si può solo dire ciò che non è, seguendo un indirizzo non comune nella letteratura del tempo (tecnicamente approccio apofatico)
  • la necessità di seguire l'ordine naturale del Dao raccomandato sia il Daodejing che dallo Zhuangzi.
Ma punti principali del Daoija sono:
  • il bisogno di ritornare alle origini, al Dao
  • la totalità indeterminata
  • l'esistenza della multiforme diversità nel mondo.
La concentrazione interiore all'interno di se stessi permette la quiete necessaria per sperimentare il Dao. Esso consiste nel concentrare e unificare lo spirito (shen) e la volontà (zhi) su questa esperienza, e di essere ricettivi e conforme al fine di ricevere questo Dao. Da qui la pratica della concentrazione sull'Uno (yi), visto in tutta la storia del daoismo. Questa concentrazione significa liberarsi dai desideri, emozioni e pregiudizi, rinunciando al sé concettuale, e non rimanere intrappolato nelle preoccupazioni mondane. Il fine è ritornare alla propria natura originale. Esso è legato ad una visione intuitiva del mondo concepito come una unità.

De

De o virtù è il Dao realizzato nell'uomo «Nel flusso universale e senza senso delle cose, a ciascuna compete un ruolo, come se si seguisse un piano.»
«Senza nome è il principio universale, quando ha nome è la Grande Madre di tutti gli esseri.»
(Daodejing)

Qi, Yin e Yang

Nella religione Daoista all'origine è il Qi, dinamismo primordiale, né spirito né materia, ed ogni cosa è un aspetto di ciò. Nella sua forma primordiale il Dao è il vuoto nulla, lo stato di non esistenza: da questo stato si divide dando origine al Qi, il pneuma, il respiro, il quale si dividerà nell'Yang e nello yin. Il Qi è una forma che si espande, dà vita al mondo, non ha una esistenza individuabile al di là della forma che prende. Esso è un principio di unità e di coerenza che unisce la molteplicità tra loro. Questo soffio si differenza in un soffio puro e leggero, lo Yang, ed in uno opaco e pesante, lo Yin. Il Dao ha quindi provocato la creazione dell'universo, dando origine ai due principi cosmici yin e yang, la natura dualistica di tutte le manifestazioni del Dao stesso. La dualità, l'opposizione e combinazione di questi due principi base è riscontrabile in ogni elemento della natura: luce e oscurità, maschio e femmina, attività e passività, movimento e staticità. Il dualismo è però pura illusione, esso - in ultima ipotesi — non esiste, è solo una codifica che l'uomo tende a porsi basandosi sull'esperienza sensoriale. La filosofia religiosa daoista è quindi monistica («Preserva l'Uno dimorando nelle due anime: sei capace di non farle separare?»). Il mutare delle cose è un continuo compenetrarsi e vicendevole rigenerarsi di questo dualismo illusorio;

L'immortalità

È uno dei punti cruciali del daoismo e denso di difficoltà e incomprensioni. Secondo Bokenkanp, l'immortalità va pensata in modo differente dal senso con cui la cultura occidentale la concepisce. In qualsiasi modo il massimo che potevano aspirare "i legati al Dao" ovvero i santi (xian), era di riapparire nella fasi (summenzionate) successive. In questa ottica Bonekamp infatti preferisce parlare di longevità (longevity, long life or "an existence equal with that of the sun and moon") piuttosto che immortalità. Ancora gli immortali possono essere pensati ad almeno tre livelli: nel primo sarebbero esseri terrestri esistenti sul piano terrestre o legato alle cavern-heavens (ovvero caverne sacre -nouminose- presenti su montagne incantate che permetterebbero il passaggio alla realtà del Tao) nel secondo significato descritto nel periodo Shangqing e Lingbao questi xian avrebbero deposto il loro corpo corruttibile per passare ad un corpo di materia stellare. Nel terzo significato sarebbero spazi interiori raggiungibili tramite l'alchimia interiore. Ma quest'ultimo stadio è probabilmente il più pregno: si tratterebbe di raggiungere realtà più alte attraverso una purificazione morale, spirituale e cognitiva, fino ad un punto che non sarebbe estinta dalla morte.

L'alchimia

Quando si parla di alchimia (in ambito del daoismo) si intende la ricerca della immortalità. Più specificatamente, secondo Arena l'alchimia daoista, anche quando ha traguardi molto concreti, nasce spirituale. Solo se l'individuo ha raggiunto certi livelli di crescita, le tecniche di meditazione sono efficaci. Per raggiungere questi livelli è necessaria un'etica rigorosa: l'amore universale è la migliore pratica. Il primo è esteriore e riguarda la preparazione dell'elisir di immortalità.
Per dirla come Isabelle Robinet (che riprende inevitabilmente anche il problema della differenza tra il daoismo come religione e come filosofia) questo differenziarsi è persino un falso problema, in quanto:
«queste tecniche erano destinate [...] a portare all'estasi ed all'esperienza mistica. [...] esse erano impiegate in tal senso ed [...] erano conosciute da Zhuāngzǐ, che ad esse fa allusione [...]. Si potrebbe anche aggiungere che, come criterio valido per stabilire ciò che fa parte o no del daoismo, si potrebbe considerare la combinazione o la cumulazione delle tecniche di immortalità e dello scopo ultimo che porta all'esperienza, se non mistica, almeno religiosa.»
(Isabelle Robinet, Storia del Taoismo)









Si possono distinguere due diverse tradizioni dell'alchimia:
  • Alchimia interna (o Nei-Tan o Neidan o cinabro interiore): questa poneva l'accento alle tecniche per raggiungere la trascendenza. Esso è interiore e riguarda la meditazione e le pratiche spirituali.
  • Alchimia esterna (o Wai-Tan o Waidan o cinabro esteriore): poneva invece l'accento alle tecniche per trasformare i metalli in oro o per raggiungere l'immortalità, pur avendo in comune con la prima tradizione uno stesso linguaggio, stesse metafore ed un comune metodo di autosviluppo dei praticanti.
«Niente ha presa sul corpo quando lo spirito non è turbato. Niente può nuocere al saggio, avvolto nell'integrità della sua natura, protetto dalla libertà del suo spirito.»
(Lao Tze)









Il Neidan può essere considerare complementare al daoismo più liturgico che, in quel periodo, era rappresentato dai Maestri del Cielo. L'alchimia interiore non cerca di fabbricare un prodotto bensì è una tecnica di illuminazione. Ancora più specificatamente abbiamo nel Neidan:
  • attenzione allo sviluppo mentale e fisico, con la preminenza del primo
  • tendenza sincretica, a congiungere buddismo e confucianesimo ad esercizi sul soffio, visualizzazioni...
  • impiego dei trigrammi de I Ching
  • impiego di pratiche chimiche con prevalente valore metaforico, piuttosto che operativo.
Ge Hong (esponente del waidan) anela ad un uomo che sia appartato, distante, che si trovi bene ovunque, senza però farsi coinvolgere, nulla può ostacolarlo... non muore, perché l'oro ed il cinabro ne rinforzano la circolazione e la respirazione, pure l'ombra non viene proiettata. Siamo ovviamente distantissimi dalla non azione: si perdono certe profondità e si tende a passare ad un esercizio più tecnico. Il passaggio dai primi maestri all'alchimia ha un prezzo grave da pagare.

Simbologia

Ci sono parecchi simboli ed immagini collegati al daoismo. Il simbolo principale è il Taijitu (太極圖) spesso accompagnato da otto trigrammi (bagua 八卦) (道教 pinyin: bāguà; Wade–Giles: pakua; Pe̍h-ōe-jī: pat-kòa)
Le controparti yin e yang sono rispettivamente di colore nero (o blu) la parte yin e di colore bianco (o rosso) la parte yang. Il simbolo si può trovare su bandiere e loghi delle associazioni daoiste, nei templi e sugli abiti dei chierici. Direttamente derivato dal Taijitu è il Tomoe, diffusosi in particolare nello Shintoismo giapponese.

Magia

Se per un confuciano la magia era di importanza molto inferiore rispetto alla virtù, non così era per il daoismo. La magia, verosimilmente esito di una costola -lo sciamanesimo- della sua natura originaria, decideva del destino.

Carattere aristocratico del daoismo

Ciò che lo caratterizzava il daoista, rispetto l'uomo comune (che doveva rimanere come si trovava), era una differenza di dote carismatica, che potremmo anche chiamare differenza di evoluzione personale o di concordanza con il Dao).

Influenze

Influenze con il buddismo

Il buddismo, importato dall'India promuove (come il Daoismo) l'armonia con la natura ma, il suo punto focale è l'eradicazione della sofferenza nell'uomo, attraverso la meditazione e l'illuminazione. La relativa vicinanza di temi rispetto al buddhismo — pur nella sostanziale differenza di prospettive — ha fatto sì che si creassero diverse forme di sincretismo fra le due fedi, con condivisione e scambio di elementi religiosi e divinità. Il che è avvenuto soprattutto sotto le dinastie Sui e Tang.
Il contatto del buddismo con la tradizione daoista ha portato alla scuola del buddhismo Zen, diffusa soprattutto in giappone.

Rapporti con il confucianesimo

«Il confucianesimo dunque, rappresenta il lato pratico, sobrio, sociale della vita e del carattere del popolo cinese, bilanciato, in questo senso, dal taoismo, che rappresenta l'aspetto metafisico, artistico, allegro.»










Pur promuovendo una vita in armonia con la natura, l'intento del Confucianesimo è di ordine, morale e politico. I rapporti con il confucianesimo sono molto complessi. Le due correnti di pensiero infatti scaturiscono da premesse molto differenti:
  • il confucianesimo dà rilevanza all'aspetto politico e sociale dell'uomo
  • il daoismo invero pone l'attenzione al lato individuale, esistenziale, ed alla relazione degli esseri con la Natura.
Ma la questione diviene via via più complessa se possiamo leggere una netta avversione per Kǒngzǐ (più noto come Confucio) e la sua corrente, in Zhuāngzǐ e Liezi ed al contrario, trovarlo descritto come esempio massimo di maestro, in alcuni filosofi neotaoisti (quali Wang Pi e Kuo Hsiang.
  • Marcel Granet segnala come i "taoisti si segnalarono per il disprezzo dei doveri sociali, per la cura della discipline tecniche e per una predilezione per l'ontologia" a differenza degli ortodossi (confuciani) cui "le speculazioni sulle cose interessavano poco, e solo uno sforzo di cultura permetteva di praticare sinceramente il conformismo indispensabile alla vita sociale".
Anche in Kang-Tsang-Tzu, daoista dell'VIII secolo d.C., c'è il tentativo di portare nel daoismo elementi confuciani, ad esempio nell'esercizio della pietà filiale, e nella pratica dei riti e della musica.
Spesso il confucianesimo ha rimproverato al daoismo un certo grado di egoismo in quanto il daoismo sarebbe distante dall'agire sociale e ricercherebbe per lo più la salvezza individuale.
Altra grande differenza è il Li (ovvero l'attenzione al rituale) che era uno strumento fondamentale, mentre erano considerati non importanti per i daoisti.
D'altra parte il confucianesimo riuscì a liberarsi di tutti i residui orgiastici ed estatici.
Altra differenza tra daoismo e confucianesimo riguarda il confronto con l'apparato burocratico dello stato.
Per il daoista ideale è uno stato poco burocratico ed ideali erano piccole comunità fondate sul modello contadino, mentre per il confuciano, la burocrazia centralizzata dello stato era preponderante. Ma ancora, mentre per il daoista il sovrano doveva raggiungere l'unione mistica con il Dao per ben governare, per il confuciano al sovrano bastava l'approvazione celeste e la appropriazione di virtù etico sociali.

Rapporti con il legismo

Tale filosofia era priva di aspetti religiosi e mistici e focalizzava i propri insegnamenti sull'obbedienza alle leggi. Una sintesi tra alcuni elementi delle due dottrine è presente in Kang-Tsang-Tzu.

Rapporti con la religione popolare cinese

Sia per un daoista che per un confuciano, la religione popolare, sostanzialmente animistica, aveva ben poco significato. Entrambe le filosofie cercavano un tipo di redenzione, pur con percorsi ben diversi, ed entrambe le correnti erano convinte che un governo ideale servisse molto più che le pratiche religiose a tenere a debita distanza i "demoni".

Rapporti con il potere ed il popolo

Come scritto in precedenza, il daoismo è più una pratica, piuttosto che una credenza. È una pratica di caste sacerdotali gelose del loro insegnamento e della loro elitarietà. Ancora importante è il legame con il potere centrale presso la corte dell'imperatore. Ma qui i metodi dei maestri daosti potevano cambiare da persona a persona e da scuola a scuola: "essi vanno da una gestione saggia del ruolo di consigliere dell'imperatore, al non intervento basato sul fatto che l'ordine si instaura naturalmente se gli uomini non interferiscono, od ancora alle grandi cerimonie propiziatorie." Altri daoisti si rifiutarono di recarsi a corte alla chiamata dell'imperatore.
Altri, come i famosi sette saggi del bosco di bambù 竹林七賢 si ritirarono ad una vita ai margini, per lo più ubriachi. Questa propensione anarchica naturale nel daoismo, insieme ai legami con larghi strati popolari, ha fatto sì che parecchie ribellioni contro i poteri fossero guidati da daoisti (vedi ad esempio quella delle "Cinque misure di riso", quella di Sue En nel 399 d.C. e di Zhong Xiang nel XII secolo, oppure la rivolta dei Boxer nel XX secolo).

Daoismo religioso

Come soprascritto il termine daoismo religioso è fonte di contraddizione. Nonostante ciò è ancora attualmente utilizzato. Esso convive spesso assieme alla Religione popolare.
Come ebbe a dire Isabelle Robinet:
«Le divinità taoiste sono impersonali, [...] si moltiplicheranno man mano che il Taoismo acquisterà un carattere più popolare, quando cioè santi locali ed eroi leggendari vi saranno incorporati perduti nella massa»










Max Weber sostiene anche:
«Gli dei e gli spiriti erano esseri potenti. Nessun singolo dio od eroe divinizzato, e nessuno spirito, per quanto potente, era però onnisciente od onnipotente. La sobria saggezza dei confuciani constatava senza pregiudizi, in caso di disgrazia di uomini pii, che "la volontà di Dio è spesso instabile". Tutti questi esseri sovrumani erano sì più forti dell'uomo, ma stavano molto più in basso della suprema potenza celeste impersonale (ed anche al di sotto di un ponteficie imperiale che godeva della grazia celeste).»










Ed aggiunge ancora che se poi si dimostrava che uno spirito tutelare non era così forte da proteggere gli uomini, nonostante i sacrifici fatti a lui, lo si abbandonava; e ciò era fatto frequentemente. Nel 1455, ad esempio, l'imperatore tenne una punizione ufficiale contro lo spirito del monte Tsai.

Conclusione: che cosa è il daoismo?

Come soprariportato il daoismo ha la vocazione ad essere marginale. In particolare la Robinet sostiene il concetto che: tutto ciò che non cadeva nelle categorie della conoscenza ufficiale od usciva dal quadro di riferimento di particolari tecniche, tutto ciò che era altro senza essere buddista, era destinato ad essere daoista
Ancora di basilare importanza, suonano queste parole:
(EN)
«In the English-speaking world in particular, the student in search of a clearer idea of just what Daoism might be has not been helped by the recent appearance of new "translations" of the Laozi accomplished by those whose preparation for the task has been the study of martial arts, by Western works of "oriental mysticism," or by the proliferation of self-help manuals confidently proclaiming the Dao of corporate negotiation and the like.»
(IT)
«Nel mondo anglosassone in particolare, lo studioso che ricerca una più chiara idea di ciò realmente è il daoismo, non è certo aiutato dall'apparire di nuove traduzioni di LaoZi compiute da coloro la cui preparazione per questo compito, è stato lo studio delle arti marziali, o da lavori occidentali di misticismo orientale o dalla proliferazione di manuali di auto-aiuto che si occupano del Dao-del-negoziato-aziendale o temi simili.»

Dopo di ciò: Il daoismo sia esso filosofico, religioso, religione popolare.... ha alcune linee di pensiero sottostanti e comuni che sono:
  1. la nozione che tutti i fenomeni siano legati tra loro in una rete infinita di forze che interagiscono in un flusso infinito.
  2. il concetto del primitivismo, ovvero l'idea che la società e l'uomo starebbero meglio se ritornassero allo stato di primitiva semplicità.
  3. infine la convinzione per cui alcuni uomini, tramite particolari regimi alimentari, mistici, alchemici o sessuali, possano raggiungere un tipo di trascendenza che si manifesta con la longevità l'invulnerabilità, il carisma e la capacità di manipolare le forze circostanti.
Ma come ormai consuetudine «il vero daoismo non può essere descritto».... per cui il Nei Yeh (composto circa tra il 400 ed il 300 prima di Cristo) rigetta in pieno, tra le altre, il primitivismo.

Alcuni aspetti sociologici generali della religiosità cinese

Aspetti religiosi

Per comprendere alcune caratteristiche della religiosità cinese è necessario considerare alcuni concetti generali:
Approssimativamente si può sostenere che la religione cinese abbia un punto cardine: l'assenza di interessi puramente individuali; esprimendosi poi in due filoni principali
  1. un culto di stato ufficiale che persegue gli interessi della comunità, ed in cui sono presenti spiriti della natura fortemente spersonalizzati svuotati di tutti i fattori emozionali, accompagnato dall'orgogliosa rinuncia all'aldilà.
  2. una religione popolare costituita dal culto degli antenati al servizio del gruppo familiare stesso e con la comparsa di divinità di funzione (che presiedevano quindi alle varie attività umane);
Secondo Weber il culto ufficiale (fortemente impersonale) era fondamentalmente incomprensibile per la grande massa di contadini che, di conseguenza, si rivolsero alle suddette divinità di funzione, ignorate invece dal potere centrale. Non solo, ma la "intelligentzia" considerava eterodossa la cosiddetta religione popolare (con esclusione del buddismo) che aveva una considerazione a parte, manifestando invero un certo imbarazzo nei suoi confronti pur sospendendo qualsiasi giudizio su questo genere di approccio (in modo non dissimile a quanto accadeva nella Grecia classica tra filosofia e religione).
Tipicamente cinese è anche il sentimento per cui il mondo della natura e la società umana, siano strettamente legati e solidali. Questo sentimento, secondo Marcel Granet, per lo più solo emotivo all'inizio, diventò, col tempo, fortemente dogmatico.
Fin dall'epoca feudale (all'incirca il IX secolo a.C.) ed andando via via un poco attenuadosi, si evidenzierà una grande scissione tra la vita dei contadini e quella dei cittadini. Già sopra abbiamo menzionato come il potere centrale si disinteresserà delle divinità di funzione, preferite invero dal mondo contadino.
Indubbiamente questa scissione tra daoismo "istituzionalizzato" e religione popolare è rigida. Questi due momenti sono invece estremi in un costante dialogare. Ad esempio nella moderna pratica nella regione meridionale di Taiwan hanno molta importanza i medium tra l'uomo e la divinità(Pregadio, vol 1 p. 145-46).

Legame con la regolazione delle acque

Secondo la teoria idraulica di Karl August Wittfogel, il controllo delle acque viene considerato basilare nella genesi di una civiltà. In Cina essa era intesa come necessità di protezione contro le inondazioni ottenuto tramite la costruzione di dighe, con una precisazione: nella Cina (per lo più settentrionale ma in minor misura anche meridionale) non si percepiva la necessità di avere canali per l'irrigazione, bensì il pericolo era composto dall'ingrossamento delle acque.
Il fulcro portante di questo meccanismo era l'immutabilità. I sovrani quindi, dovevano legittimarsi come supremi, come "figli del cielo" (e se, per caso, vi fosse stata una inondazione, il sovrano doveva rendere pubblica penitenza). L'inviolabilità e l'uniformità del rituale magico, unito alle leggi naturali, generava quell'unità (unità del dao) tramite l'elevazione dell'atemporale e dell'immutabile a suprema potenza. La garanzia dell'ordine (e quindi della stabilità delle acque) era conseguenza di una potenza impersonale, estranea alla passione ed all'ira, che donava tranquillità. Per il mondo cinese l'ordinamento della vita sociale, sempre costante, era tutto. Per esempio, a partire dal III secolo a. C. nelle rare invasioni (come ad esempio i mongoli del XIII secolo), i sudditi cambiavano solo e semplicemente padrone, in quanto la garanzia dell'ordine interno era garantito dalla impersonalità del sovrano stesso.
Il cielo non parlava più e si rivelava attraverso il governo terreno.

Dio

Il Dio delle religioni centroasiatiche e mongoliche è, assieme al Sovrano, il garante dell'ordine universale. Si tratta di un Dio distante: se non interviene l'uomo, ancor meno interviene Lui.

La famiglia e la stirpe

Il concetto di stirpe ha una grande importanza in Cina. Anticamente ( fino all'inizio del 900) la vita sociale e le tradizioni erano organizzate intorno ad un antenato cui era rivolta devozione. Per ogni stirpe esisteva un dio contadino duplice, (ovvero la fusione di uno spirito della terra fecondo e lo spirito del raccolto) ed uno spirito antenato. Con l'accrescersi dei "principi" nel potere centrale essi divennero spiriti del territorio del principe, fino a divenire un Dio personale sul tipo del greco Zeus. Con l'ulteriore salita del potere centrale lo spirito celeste assunse una impronta sempre più impersonale a differenza di quanto avvenne in territorio mediorientale.
Anche la famiglia aveva (in epoca feudale) una vita particolare, essa era identità sostanziale, generalmente isolata, si scambiava coi vicini in due momenti particolari ovvero:
  1. ad ogni generazione metà dei figli del medesimo sesso andavano a sposarsi in un paese vicino, in cambio di un lotto di figli de medesimo sesso;
  2. in primavera con grandi feste sessuali in cui avvenivano scambi tra gruppi diversi e rompevano la monotonia della vita contadina.

Assenza di una casta guerriera

Il carattere tipicamente pacificato verso l'esterno dell'impero cinese, dopo una prima fase militaristica, non ha permesso la "scalata del potere" al cavaliere addestrato alle armi. Gli dei guerrieri non salirono mai l'Olimpo. Gli imperatori compivano l'aratura, mai si trattava di principi cavallereschi. È noto che in epoca storica solo un generale vittorioso sia stato proclamato imperatore dall'esercito (ovvero Wang Mang intorno all'anno 1).

Rapporti con la religione popolare

La religione costituita era di ben scarso interesse per il mistico cinese (si pensi a Laozi) oppure per Kǒngzǐ (latinizzazione di Confucio), entrambe le correnti però la accettavano. Si dice in Cina che "il Cielo è uno e la Terra molteplice". Ciò starebbe a significare che il Cielo era unitario in quanto oggetto del culto del sovrano, mentre i culti contadini si rifacevano a multiple divinità agrarie'.

Predominio della lingua scritta

La tipica scrittura cinese, ovvero l'ideogramma, a differenza della scrittura alfabetica, era orientata principalmente alla vista e non all'udito. Secondo Max Weber questa caratteristica diede alla letteratura cinese un'impronta intuitiva a discapito del pensiero sistematico e della retorica. Il letterato quindi "trovava rifugio" nella bellezza dell'ideogramma, mentre il parlare rimase solo un affare della parte povera della popolazione. Una grande antitesi con la grecità per cui il dialogo (Logos) era tutto.

Conclusione

In Cina l'antico ordinamento sociale era intoccabile. Il cielo era custode della stabilità. "La garanzia della tranquillità e dell'ordine interno era offerto nel migliore dei modi, da una potenza qualificata nella sua impersonalità [...] alla quale dovevano rimanere estranee la passione e soprattutto l'ira".
I due principali paradigmi della religiosità cinese sono: il culto di stato ufficiale che serviva gli interessi della comunità e il culto degli antenati che serviva agli interessi del gruppo familiare
Gli interessi personali in entrambe le linee religiose erano impensabili. "Il cielo, la potenza celeste impersonale non parla agli uomini, si rivela attraverso il modo del governo terreno e quindi nell'ordine stabile della natura e della tradizione, che è parte dell'ordine cosmico."
«In luogo di un dio creatore sopramondano si considerava come essere ultimo e supremo un essere sopradivino, impersonale, sempre identico a se stesso, eterno nel tempo, che rappresentava al tempo stesso la validità intemporale di ordinamenti eterni. La potenza celeste "non parlava" agli uomini si rivelala loro attraverso l modo del governo terreno, e quindi nell'ordine stabile della natura e della tradizione, che era parte dell'ordine cosmico, nonché, come ovunque attraverso ciò che accadeva agli uomini.»










In ultimo:
«l'assenza di un Dio personale, che disponesse a piacere di tutto ciò che è creaturale, [..precludeva..] la via verso un'etica ascetica orientata in base all'antitesi tra Dio e la creatura»