«Il Tao che può essere detto non è l'eterno Tao,
il nome che può essere nominato
non è l'eterno nome.
Senza nome è il principio del Cielo e della Terra...»
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(Laozi, Daodejing)
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Il carattere cinese dào. Il
carattere 道
significa "via", ma anche "percorso".
A partire dalla dinastia Zhou orientale (770-256 a.C.) ha iniziato a
significare la "via corretta" o la "via naturale".
Ma anche "mostrare la via" quindi "insegnare",
"metodo da seguire" e infine "dottrina". Nei
Lúnyǔ (論語)
di Confucio si dice che uno Stato "ha il 道
se è ben governato" o anche che il "re
dedica se stesso al 道".
Da notare che il carattere 道
si compone di 首
(qiú "testa" quindi "principale")
+ una variante del carattere 止
(zhǐ nel significato arcaico di "piede")
combinata con 行
( xíng, "percorrere"): quindi
"incedere sul percorso principale".
Il taoismo o daoismo,
termine di conio occidentale, designa le dottrine a carattere
filosofico e mistico, esposte principalmente nelle opere attribuite a
Laozi e Zhuāngzǐ (composte tra il IV e III secolo a.C.), sia la
religione taoista, istituzionalizzatasi come tale all'incirca nel I
secolo d.C..
Essa è basata sul Dao (in cinese "la
via"), il principio indifferenziato che dà origine al cosmo.
Non possiede un insegnamento fondamentale come il confucianesimo o un
credo e pratica unitari. È principalmente una religione cosmica,
centrata sul posto e la funzione dell'essere umano, di tutte le
creature e dei fenomeni in esso. Nel tempo se ne sono sviluppate
diverse scuole e interpretazioni.
Nonostante la distribuzione ubiquitaria
in Cina e la ricchezza di testi, si tratta probabilmente della meno
conosciuta tra le maggiori religioni al mondo.
Come ricorda Stephen R. Bokenkamp i
cinesi non possedevano un termine per indicare le proprie religioni
fino all'arrivo del buddhismo nei primi secoli dopo Cristo (la prima
introduzione del buddismo in Cina sarebbe avvenuta nel 64 d.C.),
quando opposero al Fójiào (佛教,
gli insegnamenti del Buddha), il Dàojiào (道教,
gli insegnamenti del Tao). Più precisamente nell'epoca preimperiale
(antecedente al III secolo a.C.) il termine "dàojiào" era
utilizzato dai seguaci di Mozi per designare i confuciani. Solo dal
quinto secolo in avanti vediamo utilizzato questo termine per
intendere la dottrina del Dao.
Allo stesso modo, ricordano Farzeen
Baldrian e T.H. Barret gli studiosi classificatori del periodo Han
indicarono, in modo "mal definito", come Dàojiā (道家,
scuola daoista) autori ed opere a loro precedenti.
Mario Sabattini e Paolo Santangelo così
concludono:
«Le concezioni che emergono
dalle opere taoiste non presentano un carattere univoco; quasi
certamente esse abbracciano tendenze diverse che sono andate via
via stratificandosi in un corpus di testi, cui solo in
epoca successiva si è voluto attribuire la natura di un complesso
dottrinario omogeneo.»
|
(Mario Sabattini e Paolo Santangelo. Storia della
Cina. Bari, Laterza, 2000, pag.131-2)
|
Ancora il termine daoismo con il suo
suffisso -ismo non avrebbe quindi alcuna controparte nella
lingua cinese. Esso verrebbe utilizzato in tal modo solo negli
scritti occidentali.
Ulteriore fonte di complessità
nell'approccio al daoismo, è il sostanziale pregiudizio sorto fin
dai primi contatti con religiosi occidentali che spesso videro in
tale religione una corrente fortemente degenerata. Tale visione è
andata via via stemperandosi nel tempo, raggiungendo forse
attualmente un certo distacco.
Taoismo o daoismo?
Mandarino
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Pinyin
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Wade-Giles
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Daoismo
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Taoismo
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道教
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Dàojiào
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Tao-chiao
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道家
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Dàojiā
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Tao-chia
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道德經
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Daodejing
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Tao Te Ching
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無爲
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Wu Wei
|
老子
|
Laozi
|
Lao Tzu
|
莊子
|
Zhuangzi
|
Chuang Tzu
|
孫子
|
Sunzi
|
Sun Tzu
|
列子
|
Liezi
|
Lieh Tzu
|
氣功
|
Qigong
|
Ch'i Kung
|
太極拳
|
Taijiquan
|
T'ai Chi Ch'uan
|
太極圖
|
Tàijítú
|
T'ai Chi T'u
|
易經
|
Yì Jīng
|
I Ching
|
Etimologicamente il termine taoismo
deriva da Tao, romanizzato secondo Wade-Giles + suffisso greco
antico -ισμός (ismo, significante "stile, modo"),
mentre il termine daoismo deriva da Dao, quest'ultimo
romanizzato secondo il più recente pinyin + -ισμός.
Quindi Tao e Dao sono due modi di scrivere e leggere lo stesso
termine. Tao e Dao hanno lo stesso identico significato: Lo standard
attuale per la romanizzazione della lingua cinese è il pinyin (dagli
anni '80) rispetto al Wade-Giles del XIX secolo. Sarebbe quindi più
"moderno" e corretto utilizzare i termini dao, daoismo, ...
Sempre in base a ciò quindi i vecchi termini Lao-Tzu, Chuang-Tzu...
andrebbero modificati in Laozi e Zhuangzi...
Nel testo della presente voce si
useranno per lo più i nomi propri delle opere, delle persone e dei
termini specifici nella romanizzazione del pinyin. A fianco una
tabella di conversione nelle romanizzazione moderna e precedente.
Cosa comprende il daoismo
Risulta quindi chiaro come questa
dottrina sia eterogenea, le cui ragioni sono da attribuire
principalmente alla mancanza di un singolo fondatore ed alla assenza
di un canone definito. Essa ha raggiunto un minimo grado di
omogeneità, non in base a spinte interne, bensì a seguito di agenti
esterni (ovvero spinte governative che cercavano di controllare la
formazione del clero e il numero dei templi). Nel Daoismo andrebbero
quindi compresi:
a) i primi testi filosofici come il
Daodejing e lo ZhuangZi
b) le pratiche anticonfuciane
dell'allontanamento dalla pratica politica tramite il ritiro in
eremitaggio, distante dagli uffici di governo
c) alcuni tipi di arti (pittura,
musica, calligrafia) basati sul libero flusso, senza sforzo
d) qualsiasi tipo di pratica che non
sia Buddhista o Confuciana
e) il Daojiao prima dell'arrivo del
buddhismo in Cina. Così infatti gli studiosi denominarono il termine
daojiao; ricordo ancora, come già segnalato prima, come
inizialmente, la religione cinese non avesse un nome che la
definisse. Tale nome (daojiao) verrà adottato dopo l'arrivo del
Buddhismo (fojiao).
Chi è daoista?
Si premette che in questa trattazione
verrà per lo più esplicata la via religiosa del dao, ovvero i punti
a ed e del paragrafo precedente.
Addentrandosi nel problema, sorge
spontaneo chiedersi se si possa stabilire una "ortodossia"
nel daoismo (per alcuni accenni a una possibile "ortodossia",
vedi anche inquadramento generale).
A questo problema si può rispondere in
vari modi, ad esempio:
l'incipit del Daodejing (presente
nell'incipit di questa voce)
la seguente descrizione di Stephen
Bokenkamp:
(EN)
«The term "Daoism"
is used in writings on China to cover a wide variety of phenomena,
from a bibliographic classification of philosophical
texts—including the Zhuangzi, the Laozi, and other works—to
vaguely defined attitudes: the love of nature, the pursuit of
personal freedom, and a concomitant antipathy toward the
Confucian-inspired social order, an antipathy shared by a number
of recluses and disillusioned former officials throughout the
course of Chinese history. In this way, Daoism and Confucianism
have come to be seen as the yin and yang poles of Chinese thought.
Nearly every figure in the history of Chinese society who cannot
be readily identified as Confucian is apt to be portrayed as a
Daoist. Those so identified include a disparate collection of
practitioners, mystics, and thinkers—healers, shamans,
alchemists, seekers of immortality, figures from popular religion
who managed to find mention in the dynastic histories, and even a
few Confucians who, toward the end of their lives, withdrew from
society and found solace in one or another of the philosophical
works bibliographically classed as Daoist, or even in the Daoist
religion itself.»
|
(IT)
«Il termine "daoismo" è usato nei testi che
trattano la Cina per coprire un'ampia varietà di fenomeni, dalla
classificazione bibliografica di testi filosofici - che includono
Zhuāngzǐ, Laozi ed altri lavori - a vaghi modi di sentire:
l'amore per la natura, la ricerca della libertà personale, la
concomitante antipatia per l'ordine sociale ispirato dal
confucianesimo, una antipatia scambiata e condivisa, nel corso
della storia della Cina, da un numero di ex funzionari eremiti e
delusi. In quest'ottica il daoismo ed il confucianesimo devono
essere visti come i poli yin e yang del pensiero cinese.
Praticamente ogni figura della storia della società cinese, che
non possa essere identificato come confuciano, è adatto ad essere
considerato daoista. Questi ultimi comprendono quindi guaritori,
mistici, terapeuti-intellettuali, sciamani, alchimisti,
ricercatori dell'immortalità, figure provenienti dalla religione
popolare che riuscivano a trovare menzione nelle storie
dinastiche, ed anche i pochi confuciani che, alla fine delle loro
vite, si allontanavano dalla società e trovavano conforto in uno
dei lavori filosofici, classificati dal punto di vista
bibliografico come daoisti, od anche nella religione daoista
stessa.»
|
(Stephen R.
Bokenkamp, Early Daoist Scriptures)
|
Ma la situazione è ancora più
complessa, se un autore daoista come Lu Xiujing (陸修靜)
(vissuto nel V secolo dopo Cristo), aveva potuto affermare che
"alcuni scritti daoisti paiono scritti da persone malate di
mente, senza alcuna capacità di ricercare il nouminoso e mancanti
del desiderio di raggiungere la perfezione. Essi avrebbero scritto
[questi testi basati su] quello che erano in grado di captare [delle
scritture originali], assumendo falsamente il nome di "daoista"
nella loro avida ricerca di guadagno",
Concetti di base
«È in gioco
l'acquisizione di uno stile, non di una dottrina, quindi più
che una credenza od una dottrina, il Taoismo è una pratica»
|
Il Daoismo è uno dei tre insegnamenti
cinesi, ovvero buddismo, daoismo e confucianesimo ed a differenza di
quest'ultimo (che lo possiede, il «daoismo non ha né data né luogo
di nascita».)
Esso «non è mai stato una religione
unitaria, ma una combinazione costante di insegnamenti fondati su
rivelazioni originarie diverse». Prese forma gradualmente, durante
un lungo cammino, integrando diverse correnti. Il daoismo scaturisce
infatti da un movimento di pensiero nato dalla combinazione del
patrimonio concettuale comune
cinese (ovvero il Qi, lo yin e lo yang, i cinque elementi),
lo sciamanesimo o magia wu,
basato per lo più su danze frenetiche e stati estatici (praticato
principalmente da donne).
le opere spirituali di Laozi
e di Zhuāngzǐ
a questi si sono aggiunti nel
tempo alcuni concetti confuciani, (dal II secolo d.C. circa con il
Neotaoismo) e buddisti (a cominciare circa dal 370 d.C.).
Concetto centrale del Daoismo è
ovviamente il Dao ovvero la base metafisica dell'ordine naturale.
Potremmo sostenere che al Dao appartengono i sentimenti e le
motivazioni umane, in toto, come l'empatia, il rifiuto, gli odi, i
desideri. Ed ancora il Dao agirebbe nella storia tramite
personificazioni della divinità (avatar) come LaoZi.
Se il Dio del daoismo può essere
concepito come una sorta di "Principio ordinatore unico ed
immanente del mondo", non troppo dissimile dall'Armonia di
Pitagora, il Logos di Eraclito, lo Shinto giapponese, il Dharma del
buddismo, è però fondamentale riconoscere che si tratta di un
principio acosmico che manca di creazione e finalità...esso non
realizza nulla fuorché la sua implicità. Se ne deve
rimarcare anche la specificazione non troppo dissimile, in
quanto essa rifiuta la reificazione e la definizione. Non tollerare
la reificazione, significa intendere l'attività pratica e la
"crescita personale", superiori all'intellettualizzazione
ed alla concettualizzazione filosofica. Si può quindi, essere
daoisti senza avere necessariamente una definizione ed esplicazione
di cosa sia il dao. Esso rifiutata quindi la visione tipicamente
moderna che una via non sia percorribile senza una
concettualizzazione coerente. Per il mondo cinese un Dio creatore
sopramondano, di carattere personale è inconcepibile. Ne consegue
che nella cultura cinese non esiste un'ascesi orientata sulla
antitesi tra Dio e creatura.
Il daoismo ha una forte tensione
sincretica, nel tentativo di integrare tutta una serie di
insegnamenti differenti (dall'iniziale sciamanesimo, al Buddhismo
Chán...), ma allo stesso tempo ne esalta la autosufficienza
sottolineando la distinzione dalle altre vie.
Il daoismo (in particolare quello dei
due principali maestri) tende a non dare chiari codici
comportamentali, (a differenza ad esempio del confucianesimo)
ritenendo che la spontaneità sia la miglior guida. Tuttavia se
«vivere il taoismo significa accettare il caos [...], non legittima
la licenziosità, l'arroganza, la violenza, la sopraffazione, uno
stato di natura per cui "tutto va bene"».
Esso quindi esalta la spontaneità,
sostenendo che tutto avvenga spontaneamente senza un perché. Crede
che esista un «meccanismo di autoregolazione che può manifestarsi
soltanto se non gli si fa violenza». Qui il daoismo denuncia la sua
provenienza dalla classe contadina (per cui l'agricoltura, nonostante
la cura, obbedisce ad orologi interni ed esterni, atmosferici, e per
cui il vero motore è la natura.
Condanna i desideri (fenomeno tipico
anche del buddhismo): i daoisti auspicano una condizione in cui si
desidera non avere più desideri, a differenza dei buddisti che
condannano apertamente la brama che vincola alla vita.
Condanna l'attività: mentre i
buddhisti ritenevano che il Karma fosse la causa prima della
sofferenza, i taoisti esaltavano il wei-wu-wei (azione senza azione).
Daojia e Daojiao
Spesso il daoismo viene scolasticamente suddiviso in
daoismo filosofico (cinese: 道家;
Wade-Giles: tao-chia; pinyin: dàojiā) o "scuola" daoista
e
daoismo religioso (cinese: 道敎;
Wade-Giles: tao-chiao; pinyin: dàojiào) o "religione"
daoista o anche, rispettivamente, daoismo contemplativo e daoismo
interessato. Questa divisione, oramai rifiutata da molti sinologi è
fondamentalmente minata all'interno.
alcuni autori distinguono anche,
all'interno del Daoismo, la religione popolare cinese
Tale suddivisione quindi, ancora
presente in alcuni scritti e comunque riscontrabile spesso in
occidente, è indubbiamente artificiosa ed erronea. Per la Robinet,
nascerebbe da una intrinseca difficoltà occidentale all'esperienza
mistica, e sarebbe stata per lo più creata, da persone che non
avevano studiato i testi del cosiddetto "taoismo religioso".
Daojia
Il termine "dao" significava
originariamente «la via» e, per traslato, Daojia indicherebbe «il
sentiero che uno dovrebbe percorrere e che viene insegnato». Con i
primi maestri (LaoZi e ZuangZi) il significato sarebbe quindi passato
a «via ultima, ovvero via che sublima tutti i differenti e
multiformi percorsi umani esistenti».
Gli interpreti moderni fanno iniziare
il Daojia con il Daodejing e lo Zuangzi (anche se è utile segnalare
che probabilmente i due autori mai si influenzarono)
Daojiao
Al contrario con il termine "daojiao",
sempre per Robinet, sarebbe da intendersi «l'insegnamento della
via», «l'ascesi, l'addestramento, la procedura». Ella pone nella
corrente Daoija: il Daodejing, lo Zhuangzi, gli scritti di alcuni dei
principali filosofi degli Stati Combattenti come Shen Dao, Yang Zhu,
Heguan Zi, il Neiye (Inner Training) e Xinshu (Arts of the Heart)
alcuni capitoli del Guanzi, il Daoyuan, il rotolo dei manoscritti
Mawangdui, il Huaillan Zi. Ancora la Robinet considera relati al
daoijao lo Xuanxue (Metafisica dell'arcano) ed il Liezi, pur
esprimendo opinioni oscillanti sull'appartenenza della metafisica
dell'Arcano nel daoismo; pone pure nella stessa corrente il
Qingjingjing, il Xishengjing, il Yinfu Jing, i testi del Neiguan, lo
Zuowang ed il Chongxuan
Differenze tra Daojia e Daojiao
Le differenze sarebbero principalmente
scolastiche, per cui il Daojia sarebbe inscritto nel Daojiao e
viceversa. In conclusione, secondo la
Robinet, le principali differenze tra il Daojia e Daojiao
consisterebbero nella connessione tra il secondo ed il sacro, gli
dei, gli spiriti ed in genere l'ottenimento di una trascendenza
personale. Quindi se il Daojiao sarebbe l'ascesi, l'addestramento, le
procedure, il Daojia consisterebbe invece nelle speculazioni che
accompagnano o coronano questa ascesi, come esito dell'ascesi stessa.
Ella contesta invece che tale differenza vada ricercata negli aspetti
contemplativi od intenzionali o di applicazione politica che a suo
avviso sono presenti in entrambe le "dimensioni".
Se per certi uomini, gli imperatori in
particolare, l'aspetto importante della religione era prolungare la
vita e migliorare le proprie condizioni di salute, originariamente le
tecniche furono indubbiamente destinate all'estasi ed all'esperienza
mistica.
Storia dell'utilizzo del termine Daojiao
Il termine Daojiao nella pratica, ha
avuto svariate sfaccettature di utilizzo. Usato in modo estremamente
indeterminato, nella prima fase preimperiale (ovvero fino al 221 a.
C.) come riferimento alle tradizioni classiche dei saggi, almeno in
parte corrispondente al confucianesimo, e successivamente nel tardo
periodo dai buddisti come elegante sinonimo di fajiao, ovvero
l'insegnamento del Buddha, solo nel V secolo si iniziò ad utilizzare
nel senso con cui noi lo intendiamo oggi. Fino ad allora i vari
gruppi "religiosi" rimasero in qualche modo disuniti,
connessi tra di loro solo per un opporsi ai vari culti locali ma, da
tale data in avanti, si tentò di fornirgli una unità, sul modello
del buddismo (da cui in modo esplicito cercavano di diversificarsi ed
opporsi) e tutto questo si estrinsecò nella formazione di una
letteratura canonica, la codificazione di rituali e norme
sacerdotali.
Diversamente il termine Daojia,
indicava nella fase preimperiale i ricercatori dell'immortalità.
Tutto questo avvenne tramite la
codificazione di rituali, lo stabilirsi di una letteratura canonica
esplicita, la fondazione di monasteri daoisti sul tipo di quelli
buddisti, e quindi rappresenta la fondazione di una vera propria
religione, non solo l'assemblaggio di elementi tra loro.
La reazione dei buddisti fu
inevitabile, da una parte tentarono di "mettere in cattiva luce
il daoismo agganciandosi anche alla soteriologia "terrena"
dello stesso; il daoismo, daltra parte, era ben più in accordo alla
simbologia imperiale cinese di quanto lo fosse la religione dharmica.
Ancora Arena afferma che la divisione nei due "assi"
sarebbe, a suo parere, avvenuto durante il periodo Wei e Jin (quindi
all'incirca tra le prime metà del III e la prima metà del V secolo
d.C.), in corrispondenza con il Neotaoismo, che rifiutava
completamente le arti magiche e la religione popolare.
Storia del daoismo
Canone daoista
Nella tradizione religiosa, i testi taoisti, sarebbero antecedenti
l'uomo e nascerebbero direttamente dal Pneuma originario o respiro
originario. Successivamente sarebbero stati reificati in testi
scritti con caratteri non umani e conservati in palazzi celestiali e,
finalmente, diffusi sulla terra in caratteri umani. In questa ottica
gli scritti connetterebbero gli esseri umani con l'oltremondo.
Dal punto di vista storiografico
invece, le fonti antiche cinesi sarebbero: le Memorie di uno storico
di Sima Tan (scritto nel II-I secolo a.C.), il Libro degli Han di Bān
Gù (I-II secolo d.C), il Libro degli Han posteriori di Fàn Yè (V
secolo d.C.).... Questi testi, oltre a tanti altri, fanno parte del
canone chiamato le Ventiquattro Storie. Da esso però ne risulta un
quadro variopinto, in cui la difficoltà classificatoria è
preminente. Ad esempio Hán Fēizǐ (韓非子),
il principale pensatore del Legalismo (法家,
Fǎjiā) viene indicato come ispiratore dalle sentenze 'daoiste' di
Huángdì (黃帝)
e di Lǎozǐ (老子),
mentre in tempi successivi, lo stesso, verrà indicato come un
oppositore del Daoismo. Ancora il Guǎnzǐ (管子),
ordinariamente considerato un testo di scuola Fǎjiā, contiene
alcuni capitoli daoisti e come daoista viene descritto dallo Yìwén
zhì
Daozang
Il canone daoista o Daozang
(道藏
pinyin:Dào Zàng, Wade-Giles: Tao Tsang), fu composto
nel 1442 e raggruppa più di 1000 testi che spaziano dall'utilizzo di
erbe alle opere colte di Laozi e Zhuāngzǐ, a testi di tecniche di
meditazione od alchimia. Molti testi appaiono più di una volta con
titoli diversi, altri hanno titoli uguali ma contenuti differenti,
altri ancora contengono all'interno parti di documenti presenti nel
canone in posizioni differenti. Un numero così vasto denuncia una
fortissima tendenza sincretica. Per l'esattezza la Robinet parla
anche di vocazione del daoismo ad essere marginale.
Seguendo l'esempio del Tripitaka
buddhista, il Daozang è diviso in tre sezioni (dong 洞):
i "Testi della Suprema
Purezza" (Dongzen),
il "Sacro" (Dongxuan),
vale a dire scritture sulla liturgia e sul medio livello di
iniziazione;
infine i "Testi dei Tre
Signori" (Dongshen), una sezione che include
insegnamenti sulle tecniche di esorcismo, sulla teologia daoista e
sul minimo livello iniziatico.
Il Canone contiene inoltre una gamma di
scritture supplementari, aggiunte in epoche più recenti, che
trattano varie questioni: preghiere, invocazioni, meditazione,
divinità e molto altro; tra questi testi si possono trovare il
"Libro della Grande Pace" (Taipinjing), testi
alchemici e scritture della tradizione dei Maestri Celesti, i papi
dell'ortodossia, oggi figure poco importanti sia per la Chiesa
daoista taiwanese, ancor meno per l'organizzazione ecclesiastica
della Cina continentale.
Dottrina (parte principale)
Questa descrizione è basata
principalmente sulle dottrine di Laozi, di Zhuāngzǐ e di Liezi.
«Il Dao che può essere detto non è l'eterno Dao,
il nome che può essere nominato non è l'eterno nome...»
|
Non che cosa è, ma che significato ha per me,
ora
«Tutto il nostro
ragionamento si basa sulla legge di causa ed effetto, che opera
come una successione. Qualcosa accade ora, perché qualcos'altro è
accaduto allora. Ma i cinesi non ragionano tanto secondo questa
linea orizzontale, che va dal passato al futuro, attraverso il
presente: ragionano verticalmente, da ciò che è in un posto ora
a ciò che è in un altro posto ora. In altre parole non si
chiedono perché, o per quali cause passate, un certo ordine di
cosa avvenga ora; si chiedono: -Qual è il significato delle cose
che avvengono insieme in questo momento?- La parola Tao è la
risposta a questa domanda.»
|
(Alan Watts, Il
significato della felicità)
|
Quindi un cinese non ragiona seguendo
una ideale linea orizzontale di causa effetto ma, piuttosto, seguendo
una linea verticale, cercando di connettere tra loro cose che sono in
un posto ora ed in un altro posto ora. La domanda che si pongono è:
"qual è il significato delle cose che avvengono insieme in
questo momento? Ragionano quindi secondo un concetto che potrebbe
essere chiamato sincronicità.
Ancora
«quando un occidentale sente di pensare, crede che un tale
fatto sia dovuto ad una specie di fatalismo o determinismo. [...]
La prima illusione è quella di credere che ciò che sta accadendo
accada a lui e che quindi sia vittima delle circostanze. Ma se
siamo immersi nell'ignoranza originaria non esiste un tu diverso
dalla cosa che sta accadendo. Quindi la cosa non sta succedendo a
noi, succede e basta. [...] La seconda illusione è quella di
credere che ciò che sta accadendo ora è la conseguenza di un
evento del passato.[...] Dobbiamo essere davvero ingenui per
credere che il passato provochi quanto avviene oggi. Il passato è
simile alla scia lasciata da una nave. Alla fine ogni traccia
scompare.[...] È moto semplice: tutto comincia adesso, perciò è
spontaneo: non è determinato [...] Non è nemmeno casuale. [...]
Il Dao è un certo tipo di ordine [...] che però non è
precisamente ciò che noi definiamo ordine quando disponiamo un
oggetto in un ordine geometrico, in scatole od in file. Se
osserviamo un pianta di bambù ci è perfettamente chiaro che la
pianta possiede un suo ordine. [...] I cinesi lo chiamano Li[...].
Tutti cercano di esprimere l'essenza del Li. Ma la cosa
interessante è che nonostante si sappia cosa sia, non c'è modo
di definirla.»
|
(Alan Watts, Il significato della felicità)
|
La spontaneità
Il daoismo sostiene che esista
nell'universo una sorta di autoregolazione e che lasciare correre
spontaneamente tale meccanismo dia spazio ad una vita serena, senza
violenza. Ma, è importante sottolinearlo, non legittima la
sopraffazione ed il caos. Il daoista è convinto che ciascuno abbia
in sé stesso le doti naturali che gli consentiranno di risolvere in
molte occasioni. Quindi in quest'ottica l'imperfezione non esiste e
se esiste è solo presente tra gli uomini che non seguono la
spontaneità.
La non azione o Wu Wei
Il Wu wei (無為,
无为),
o legge dell'agire senza agire. Wu wei significa permettere il ritmo
naturale delle cose, non deviare o forzare la spontaneità della
natura, non imporre la propria volontà sopra l'organizzazione del
mondo. I testi che più trattano questo aspetto sono il Daodejing ed
il Zuangzi. Si sottolinea quindi il raggiungimento di una quiete
interna, la ricerca di una libertà della mente e dello spirito nel
tentativo di raggiungere una unità con tutto l'universo.
Il vuoto come cardine
«Unire trenta raggi nel mozzo di una ruota,
nel non essere sta l'uso del
carro.
Plasmare l'argilla per farne un
vaso,
nel non essere sta l'uso del vaso.
Cesellare porte e finestre per
farne una casa,
nel non essere sta l'uso della
casa.
Quindi ciò che esiste determina
il vantaggio,
l'inesistente determina l'uso.»
|
|
Il non essere (wu), in questa
accezione, ha un significato ben diverso a quello cui siamo abituati
dalla dialettica greca (in particolare nei significati di Parmenide e
Gorgia). In questo contesto significa "non esserci determinato",
un vuoto determinato. L'essenza sta nel vuoto, spesso in cose a cui
non diamo importanza, come l'importanza non è riposta nelle quantità
di cose che abbiamo nella nostra dimora, bensì nel vuoto tra le
pareti.
La mancanza di talento
«Hui- tzu disse a Chuang-tzu:
Io ho un grande albero, La gente lo chiama ch'u. Il suo grande
tronco è schiacciato e gonfio ed una corda non riesce a cingerlo.
I suoi piccoli rami sono contorti e attorcigliati. [...] Ora tu
hai un grande albero e la sua inutilità ti affligge. Perché non
lo pianti nella landa dell'ampio nulla, la campagna dove non c'è
altro? Senza premeditazione nella non-azione ti appoggerai ad un
suo fianco e ti muoverai liberamente, dormendo e riposandoti sotto
i suoi rami: Quest'albero non patirà una morte prematura ad opera
di scure ed accetta. Nessuna creatura lo danneggerà poiché non è
qualcosa che possa essere utilizzato, per quale motivo potrebbe
mai soffrire?»
|
|
Dottrina (considerazioni ulteriori)
Il Dao
Il termine Dao è per noi occidentali
di difficile comprensione, mentre non pare essere così per un
orientale. Infatti il termine è intelleggibile e di uso comune sia
tra gli intellettuali che tra il più povero contadino. Pare che la
prima volta che sia stato utilizzato in Cina sia nel Chu Shing in cui
dice:
(EN)
«The
human mind is dangerous
its
selfship tendenciees lead to error and crime
and its affinity with Tao is
small.»
|
(IT)
«La
mente umana è pericolosa
le sue
tendenze interiori portano all'errore ed al misfatto
e la sua affinità con il
Tao è limitata.»
|
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Ancora in un passaggio del Ta Chuan (The Great Triteise):
«L'uomo buono lo scopre (il Tao) e lo chiama buono
Il saggio lo scopre e lo chiama
saggio
Il popolo ne fa uso giorno per
giorno e non ne sa nulla.
Non solo ognuno "sente il Tao con modalità proprie, ma
persino il Tao riflette il carattere della persona.»
|
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"Osservando le cose in modo
originario, non vi è differenza tra quella che fate, da una parte, e
quello che vi accade dall'altra. [...] Ecco ciò che è chiamato Tao
[...] Tao significa fondamentalmente via, corso: il corso della
natura." Tornare alla spontaneità. La ricerca del Dao è la
ricerca dell'essenziale, e in questo può essere vista come un
analogo più elaborato del cinismo greco. Tale fortissimo richiamo
all'essenzialità, al cosiddetto tronco grezzo, agli antichi,
richiede la difficile operazione di spogliarsi del superfluo e dei
preconcetti. Lo scopo è lasciar fluire l'originale liberando
la spontaneità, che non deve però essere scambiata con il lassismo.
Per comprendere quale sia la natura del
Dao bisogna evitare qualsiasi tipo di paragone con il Dio delle
religioni monoteiste. Il Dao non è un ente trascendente e dotato di
personalità. Il Dio che viene presentato dal daoismo è una sorta di
"Principio ordinatore unico ed immanente del mondo", non
troppo dissimile dall'Armonia di Pitagora, il Logos di Eraclito, lo
Shinto giapponese, il Dharma del buddismo.
Il termine Dio suona inappropriato, è
preferibile non farne uso, per evitare i parallelismi sopra citati.
Il termine "Dao", che come
sopraddetto è fondamentale in tutto il pensiero cinese, ha assunto
diversi significati nel tempo. I principali significati sono tre:
Il Principio, l'Eterno Assoluto,
la Fonte impersonale e trascendente di tutto ciò che esiste,
l'Essere eterno di Dio al di là del divenire del mondo.
La Via nella quale procede tutto
ciò che esiste nell'universo, il movimento e mutamento incessante
del mondo. Nel Daodejing questi due significati si trovano distinti
e precisati: Daodejing significa infatti il libro (jing) del
Principio (Dao) e della sua Azione (De, potere di azione del Dao da
cui nasce tutto ciò che esiste).
Il terzo significato riguarda la
capacità e la correttezza nel praticare una data arte, nel seguire
una certa via: il Dao del guerriero (l'abilità nelle arti
marziali), il Dao dell'amore (l'arte dei rapporti amorosi e
sessuali), il Dao del governo, della politica.
Ancora il Dao è alla base dell'ordine
naturale delle cose, la via operante del mondo quando l'uomo lo
lascia scorrere come è.
Il Dao è innominabile. In accordo al
Daodejing e con lo Zhuangzi, non si può citare il nome, ed esso non
può essere afferrato o delimitato.
Ma punti principali del Daoija sono:
La concentrazione interiore all'interno
di se stessi permette la quiete necessaria per sperimentare il Dao.
Esso consiste nel concentrare e unificare lo spirito (shen) e la
volontà (zhi) su questa esperienza, e di essere ricettivi e conforme
al fine di ricevere questo Dao. Da qui la pratica della
concentrazione sull'Uno (yi), visto in tutta la storia del daoismo.
Questa concentrazione significa liberarsi dai desideri, emozioni e
pregiudizi, rinunciando al sé concettuale, e non rimanere
intrappolato nelle preoccupazioni mondane. Il fine è ritornare alla
propria natura originale. Esso è legato ad una visione intuitiva del
mondo concepito come una unità.
De
De o virtù è il Dao realizzato nell'uomo «Nel flusso universale
e senza senso delle cose, a ciascuna compete un ruolo, come se si
seguisse un piano.»
«Senza nome è il principio
universale, quando ha nome è la Grande Madre di tutti gli
esseri.»
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(Daodejing)
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Qi, Yin e Yang
Nella religione Daoista all'origine è
il Qi, dinamismo primordiale, né spirito né materia, ed ogni
cosa è un aspetto di ciò. Nella sua forma primordiale il Dao è il
vuoto nulla, lo stato di non esistenza: da questo stato si divide
dando origine al Qi, il pneuma, il respiro, il quale si dividerà
nell'Yang e nello yin. Il Qi è una forma che si espande, dà vita al
mondo, non ha una esistenza individuabile al di là della forma che
prende. Esso è un principio di unità e di coerenza che unisce la
molteplicità tra loro. Questo soffio si differenza in un soffio puro
e leggero, lo Yang, ed in uno opaco e pesante, lo Yin. Il Dao ha
quindi provocato la creazione dell'universo, dando origine ai due
principi cosmici yin e yang, la natura dualistica di tutte le
manifestazioni del Dao stesso. La dualità, l'opposizione e
combinazione di questi due principi base è riscontrabile in ogni
elemento della natura: luce e oscurità, maschio e femmina, attività
e passività, movimento e staticità. Il dualismo è però pura
illusione, esso - in ultima ipotesi — non esiste, è solo una
codifica che l'uomo tende a porsi basandosi sull'esperienza
sensoriale. La filosofia religiosa daoista è quindi monistica
(«Preserva l'Uno dimorando nelle due anime: sei capace di non farle
separare?»). Il mutare delle cose è un continuo compenetrarsi e
vicendevole rigenerarsi di questo dualismo illusorio;
L'immortalità
È uno dei punti cruciali del daoismo e
denso di difficoltà e incomprensioni. Secondo Bokenkanp,
l'immortalità va pensata in modo differente dal senso con cui la
cultura occidentale la concepisce. In qualsiasi modo il massimo che
potevano aspirare "i legati al Dao" ovvero i santi (xian),
era di riapparire nella fasi (summenzionate) successive. In questa
ottica Bonekamp infatti preferisce parlare di longevità (longevity,
long life or "an existence equal with that of the sun and moon")
piuttosto che immortalità. Ancora gli immortali possono essere
pensati ad almeno tre livelli: nel primo sarebbero esseri terrestri
esistenti sul piano terrestre o legato alle cavern-heavens (ovvero
caverne sacre -nouminose- presenti su montagne incantate che
permetterebbero il passaggio alla realtà del Tao) nel secondo
significato descritto nel periodo Shangqing e Lingbao questi xian
avrebbero deposto il loro corpo corruttibile per passare ad un corpo
di materia stellare. Nel terzo significato sarebbero spazi interiori
raggiungibili tramite l'alchimia interiore. Ma quest'ultimo stadio è
probabilmente il più pregno: si tratterebbe di raggiungere realtà
più alte attraverso una purificazione morale, spirituale e
cognitiva, fino ad un punto che non sarebbe estinta dalla morte.
L'alchimia
Quando si parla di alchimia (in ambito
del daoismo) si intende la ricerca della immortalità. Più
specificatamente, secondo Arena l'alchimia daoista, anche quando ha
traguardi molto concreti, nasce spirituale. Solo se l'individuo ha
raggiunto certi livelli di crescita, le tecniche di meditazione sono
efficaci. Per raggiungere questi livelli è necessaria un'etica
rigorosa: l'amore universale è la migliore pratica. Il primo è
esteriore e riguarda la preparazione dell'elisir di immortalità.
Per dirla come Isabelle Robinet (che riprende inevitabilmente
anche il problema della differenza tra il daoismo come religione e
come filosofia) questo differenziarsi è persino un falso problema,
in quanto:
«queste tecniche erano
destinate [...] a portare all'estasi ed all'esperienza mistica.
[...] esse erano impiegate in tal senso ed [...] erano conosciute
da Zhuāngzǐ, che ad esse fa allusione [...]. Si potrebbe anche
aggiungere che, come criterio valido per stabilire ciò che fa
parte o no del daoismo, si potrebbe considerare la combinazione o
la cumulazione delle tecniche di immortalità e dello scopo ultimo
che porta all'esperienza, se non mistica, almeno religiosa.»
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(Isabelle
Robinet, Storia del Taoismo)
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Si possono distinguere due diverse
tradizioni dell'alchimia:
«Niente ha presa sul corpo
quando lo spirito non è turbato. Niente può nuocere al saggio,
avvolto nell'integrità della sua natura, protetto dalla libertà
del suo spirito.»
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(Lao Tze)
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Il Neidan può essere considerare
complementare al daoismo più liturgico che, in quel periodo, era
rappresentato dai Maestri del Cielo. L'alchimia interiore non cerca
di fabbricare un prodotto bensì è una tecnica di illuminazione.
Ancora più specificatamente abbiamo nel Neidan:
attenzione allo sviluppo mentale e
fisico, con la preminenza del primo
tendenza sincretica, a congiungere
buddismo e confucianesimo ad esercizi sul soffio, visualizzazioni...
impiego dei trigrammi de I Ching
- impiego di pratiche chimiche con prevalente valore
metaforico, piuttosto che operativo.
Ge Hong (esponente del waidan) anela ad
un uomo che sia appartato, distante, che si trovi bene ovunque, senza
però farsi coinvolgere, nulla può ostacolarlo... non muore, perché
l'oro ed il cinabro ne rinforzano la circolazione e la respirazione,
pure l'ombra non viene proiettata. Siamo ovviamente distantissimi
dalla non azione: si perdono certe profondità e si tende a passare
ad un esercizio più tecnico. Il passaggio dai primi maestri
all'alchimia ha un prezzo grave da pagare.
Simbologia
Ci sono parecchi simboli ed immagini
collegati al daoismo. Il simbolo principale è il Taijitu
(太極圖)
spesso accompagnato da otto trigrammi (bagua 八卦)
(道教
pinyin: bāguà; Wade–Giles: pakua; Pe̍h-ōe-jī:
pat-kòa)
Le controparti yin e yang sono
rispettivamente di colore nero (o blu) la parte yin e di colore
bianco (o rosso) la parte yang. Il simbolo si può trovare su
bandiere e loghi delle associazioni daoiste, nei templi e sugli abiti
dei chierici. Direttamente derivato dal Taijitu è il Tomoe,
diffusosi in particolare nello Shintoismo giapponese.
Magia
Se per un confuciano la magia era di
importanza molto inferiore rispetto alla virtù, non così era per il
daoismo. La magia, verosimilmente esito di una costola -lo
sciamanesimo- della sua natura originaria, decideva del destino.
Carattere aristocratico del daoismo
Ciò che lo caratterizzava il daoista,
rispetto l'uomo comune (che doveva rimanere come si trovava), era una
differenza di dote carismatica, che potremmo anche chiamare
differenza di evoluzione personale o di concordanza con il Dao).
Influenze
Influenze con il buddismo
Il buddismo, importato dall'India
promuove (come il Daoismo) l'armonia con la natura ma, il suo punto
focale è l'eradicazione della sofferenza nell'uomo, attraverso la
meditazione e l'illuminazione. La relativa vicinanza di temi rispetto
al buddhismo — pur nella sostanziale differenza di prospettive —
ha fatto sì che si creassero diverse forme di sincretismo fra le due
fedi, con condivisione e scambio di elementi religiosi e divinità.
Il che è avvenuto soprattutto sotto le dinastie Sui e Tang.
Il contatto del buddismo con la
tradizione daoista ha portato alla scuola del buddhismo Zen, diffusa
soprattutto in giappone.
Rapporti con il confucianesimo
«Il confucianesimo dunque,
rappresenta il lato pratico, sobrio, sociale della vita e del
carattere del popolo cinese, bilanciato, in questo senso, dal
taoismo, che rappresenta l'aspetto metafisico, artistico,
allegro.»
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Pur promuovendo una vita in armonia con
la natura, l'intento del Confucianesimo è di ordine, morale e
politico. I rapporti con il confucianesimo sono molto complessi. Le
due correnti di pensiero infatti scaturiscono da premesse molto
differenti:
il confucianesimo dà rilevanza
all'aspetto politico e sociale dell'uomo
il daoismo invero pone
l'attenzione al lato individuale, esistenziale, ed alla relazione
degli esseri con la Natura.
Ma la questione diviene via via più
complessa se possiamo leggere una netta avversione per Kǒngzǐ (più
noto come Confucio) e la sua corrente, in Zhuāngzǐ e Liezi ed al
contrario, trovarlo descritto come esempio massimo di maestro, in
alcuni filosofi neotaoisti (quali Wang Pi e Kuo Hsiang.
Marcel Granet segnala come i
"taoisti si segnalarono per il disprezzo dei doveri sociali,
per la cura della discipline tecniche e per una predilezione per
l'ontologia" a differenza degli ortodossi (confuciani) cui "le
speculazioni sulle cose interessavano poco, e solo uno sforzo di
cultura permetteva di praticare sinceramente il conformismo
indispensabile alla vita sociale".
Anche in Kang-Tsang-Tzu, daoista
dell'VIII secolo d.C., c'è il tentativo di portare nel daoismo
elementi confuciani, ad esempio nell'esercizio della pietà filiale,
e nella pratica dei riti e della musica.
Spesso il confucianesimo ha
rimproverato al daoismo un certo grado di egoismo in quanto il
daoismo sarebbe distante dall'agire sociale e ricercherebbe per lo
più la salvezza individuale.
Altra grande differenza è il Li
(ovvero l'attenzione al rituale) che era uno strumento fondamentale,
mentre erano considerati non importanti per i daoisti.
D'altra parte il confucianesimo riuscì
a liberarsi di tutti i residui orgiastici ed estatici.
Altra differenza tra daoismo e
confucianesimo riguarda il confronto con l'apparato burocratico dello
stato.
Per il daoista ideale è uno stato poco
burocratico ed ideali erano piccole comunità fondate sul modello
contadino, mentre per il confuciano, la burocrazia centralizzata
dello stato era preponderante. Ma ancora, mentre per il daoista il
sovrano doveva raggiungere l'unione mistica con il Dao per ben
governare, per il confuciano al sovrano bastava l'approvazione
celeste e la appropriazione di virtù etico sociali.
Rapporti con il legismo
Tale filosofia era priva di aspetti
religiosi e mistici e focalizzava i propri insegnamenti
sull'obbedienza alle leggi. Una sintesi tra alcuni elementi delle due
dottrine è presente in Kang-Tsang-Tzu.
Rapporti con la religione popolare cinese
Sia per un daoista che per un
confuciano, la religione popolare, sostanzialmente animistica, aveva
ben poco significato. Entrambe le filosofie cercavano un tipo di
redenzione, pur con percorsi ben diversi, ed entrambe le correnti
erano convinte che un governo ideale servisse molto più che le
pratiche religiose a tenere a debita distanza i "demoni".
Rapporti con il potere ed il popolo
Come scritto in precedenza, il daoismo
è più una pratica, piuttosto che una credenza. È una pratica di
caste sacerdotali gelose del loro insegnamento e della loro
elitarietà. Ancora importante è il legame con il potere centrale
presso la corte dell'imperatore. Ma qui i metodi dei maestri daosti
potevano cambiare da persona a persona e da scuola a scuola: "essi
vanno da una gestione saggia del ruolo di consigliere
dell'imperatore, al non intervento basato sul fatto che l'ordine si
instaura naturalmente se gli uomini non interferiscono, od ancora
alle grandi cerimonie propiziatorie." Altri daoisti si
rifiutarono di recarsi a corte alla chiamata dell'imperatore.
Altri, come i famosi sette saggi del
bosco di bambù 竹林七賢
si ritirarono ad una vita ai margini, per lo più
ubriachi. Questa propensione anarchica naturale nel daoismo, insieme
ai legami con larghi strati popolari, ha fatto sì che parecchie
ribellioni contro i poteri fossero guidati da daoisti (vedi ad
esempio quella delle "Cinque misure di riso", quella di Sue
En nel 399 d.C. e di Zhong Xiang nel XII secolo, oppure la rivolta
dei Boxer nel XX secolo).
Daoismo religioso
Come soprascritto il termine daoismo
religioso è fonte di contraddizione. Nonostante ciò è ancora
attualmente utilizzato. Esso convive spesso assieme alla Religione
popolare.
Come ebbe a dire Isabelle Robinet:
«Le divinità taoiste sono
impersonali, [...] si moltiplicheranno man mano che il Taoismo
acquisterà un carattere più popolare, quando cioè santi locali
ed eroi leggendari vi saranno incorporati perduti nella massa»
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Max Weber sostiene anche:
«Gli dei e gli spiriti
erano esseri potenti. Nessun singolo dio od eroe divinizzato, e
nessuno spirito, per quanto potente, era però onnisciente od
onnipotente. La sobria saggezza dei confuciani constatava senza
pregiudizi, in caso di disgrazia di uomini pii, che "la
volontà di Dio è spesso instabile". Tutti questi esseri
sovrumani erano sì più forti dell'uomo, ma stavano molto più in
basso della suprema potenza celeste impersonale (ed anche al di
sotto di un ponteficie imperiale che godeva della grazia
celeste).»
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Ed aggiunge ancora che se poi si
dimostrava che uno spirito tutelare non era così forte da proteggere
gli uomini, nonostante i sacrifici fatti a lui, lo si abbandonava; e
ciò era fatto frequentemente. Nel 1455, ad esempio, l'imperatore
tenne una punizione ufficiale contro lo spirito del monte Tsai.
Conclusione: che cosa è il daoismo?
Come soprariportato il daoismo ha la vocazione ad essere
marginale. In particolare la Robinet sostiene il concetto che:
tutto
ciò che non cadeva nelle categorie della conoscenza ufficiale od
usciva dal quadro di riferimento di particolari tecniche, tutto ciò
che era altro senza essere buddista, era destinato ad essere daoista
Ancora di basilare importanza, suonano queste parole:
(EN)
«In the English-speaking
world in particular, the student in search of a clearer idea of
just what Daoism might be has not been helped by the recent
appearance of new "translations" of the Laozi
accomplished by those whose preparation for the task has been the
study of martial arts, by Western works of "oriental
mysticism," or by the proliferation of self-help manuals
confidently proclaiming the Dao of corporate negotiation and the
like.»
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(IT)
«Nel mondo anglosassone in
particolare, lo studioso che ricerca una più chiara idea di ciò
realmente è il daoismo, non è certo aiutato dall'apparire di
nuove traduzioni di LaoZi compiute da coloro la cui preparazione
per questo compito, è stato lo studio delle arti marziali, o da
lavori occidentali di misticismo orientale o dalla proliferazione
di manuali di auto-aiuto che si occupano del
Dao-del-negoziato-aziendale o temi simili.»
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Dopo di ciò: Il daoismo sia esso filosofico, religioso, religione
popolare.... ha alcune linee di pensiero sottostanti e comuni che
sono:
la nozione che tutti i fenomeni
siano legati tra loro in una rete infinita di forze che
interagiscono in un flusso infinito.
il concetto del primitivismo,
ovvero l'idea che la società e l'uomo starebbero meglio se
ritornassero allo stato di primitiva semplicità.
infine la convinzione per cui
alcuni uomini, tramite particolari regimi alimentari, mistici,
alchemici o sessuali, possano raggiungere un tipo di trascendenza
che si manifesta con la longevità l'invulnerabilità, il carisma e
la capacità di manipolare le forze circostanti.
Ma come ormai consuetudine «il vero
daoismo non può essere descritto».... per cui il Nei Yeh (composto
circa tra il 400 ed il 300 prima di Cristo) rigetta in pieno, tra le
altre, il primitivismo.
Alcuni aspetti sociologici generali della
religiosità cinese
Aspetti religiosi
Per comprendere alcune caratteristiche
della religiosità cinese è necessario considerare alcuni concetti
generali:
Approssimativamente si può sostenere
che la religione cinese abbia un punto cardine: l'assenza di
interessi puramente individuali; esprimendosi poi in due filoni
principali
un culto di stato ufficiale che
persegue gli interessi della comunità, ed in cui sono presenti
spiriti della natura fortemente spersonalizzati svuotati di tutti i
fattori emozionali, accompagnato dall'orgogliosa rinuncia
all'aldilà.
una religione popolare costituita
dal culto degli antenati al servizio del gruppo familiare stesso e
con la comparsa di divinità di funzione (che presiedevano quindi
alle varie attività umane);
Secondo Weber il culto ufficiale
(fortemente impersonale) era fondamentalmente incomprensibile per la
grande massa di contadini che, di conseguenza, si rivolsero alle
suddette divinità di funzione, ignorate invece dal potere centrale.
Non solo, ma la "intelligentzia" considerava eterodossa la
cosiddetta religione popolare (con esclusione del buddismo) che aveva
una considerazione a parte, manifestando invero un certo imbarazzo
nei suoi confronti pur sospendendo qualsiasi giudizio su questo
genere di approccio (in modo non dissimile a quanto accadeva nella
Grecia classica tra filosofia e religione).
Tipicamente cinese è anche il
sentimento per cui il mondo della natura e la società umana, siano
strettamente legati e solidali. Questo sentimento, secondo Marcel
Granet, per lo più solo emotivo all'inizio, diventò, col tempo,
fortemente dogmatico.
Fin dall'epoca feudale (all'incirca il
IX secolo a.C.) ed andando via via un poco attenuadosi, si
evidenzierà una grande scissione tra la vita dei contadini e quella
dei cittadini. Già sopra abbiamo menzionato come il potere centrale
si disinteresserà delle divinità di funzione, preferite invero dal
mondo contadino.
Indubbiamente questa scissione tra
daoismo "istituzionalizzato" e religione popolare è
rigida. Questi due momenti sono invece estremi in un costante
dialogare. Ad esempio nella moderna pratica nella regione meridionale
di Taiwan hanno molta importanza i medium tra l'uomo e la
divinità(Pregadio, vol 1 p. 145-46).
Legame con la regolazione delle acque
Secondo la teoria idraulica di Karl
August Wittfogel, il controllo delle acque viene considerato basilare
nella genesi di una civiltà. In Cina essa era intesa come necessità
di protezione contro le inondazioni ottenuto tramite la costruzione
di dighe, con una precisazione: nella Cina (per lo più
settentrionale ma in minor misura anche meridionale) non si percepiva
la necessità di avere canali per l'irrigazione, bensì il pericolo
era composto dall'ingrossamento delle acque.
Il fulcro portante di questo meccanismo
era l'immutabilità. I sovrani quindi, dovevano legittimarsi come
supremi, come "figli del cielo" (e se, per caso, vi fosse
stata una inondazione, il sovrano doveva rendere pubblica penitenza).
L'inviolabilità e l'uniformità del rituale magico, unito alle leggi
naturali, generava quell'unità (unità del dao) tramite l'elevazione
dell'atemporale e dell'immutabile a suprema potenza. La garanzia
dell'ordine (e quindi della stabilità delle acque) era conseguenza
di una potenza impersonale, estranea alla passione ed all'ira, che
donava tranquillità. Per il mondo cinese l'ordinamento della vita
sociale, sempre costante, era tutto. Per esempio, a partire dal
III secolo a. C. nelle rare invasioni (come ad esempio i mongoli del
XIII secolo), i sudditi cambiavano solo e semplicemente padrone, in
quanto la garanzia dell'ordine interno era garantito dalla
impersonalità del sovrano stesso.
Il cielo non parlava più e si rivelava
attraverso il governo terreno.
Dio
Il Dio delle religioni centroasiatiche
e mongoliche è, assieme al Sovrano, il garante dell'ordine
universale. Si tratta di un Dio distante: se non interviene l'uomo,
ancor meno interviene Lui.
La famiglia e la stirpe
Il concetto di stirpe ha una grande
importanza in Cina. Anticamente ( fino all'inizio del 900) la vita
sociale e le tradizioni erano organizzate intorno ad un antenato cui
era rivolta devozione. Per ogni stirpe esisteva un dio contadino
duplice, (ovvero la fusione di uno spirito della terra fecondo e lo
spirito del raccolto) ed uno spirito antenato. Con l'accrescersi dei
"principi" nel potere centrale essi divennero spiriti del
territorio del principe, fino a divenire un Dio personale sul tipo
del greco Zeus. Con l'ulteriore salita del potere centrale lo spirito
celeste assunse una impronta sempre più impersonale a differenza di
quanto avvenne in territorio mediorientale.
Anche la famiglia aveva (in epoca
feudale) una vita particolare, essa era identità sostanziale,
generalmente isolata, si scambiava coi vicini in due momenti
particolari ovvero:
ad ogni generazione metà dei
figli del medesimo sesso andavano a sposarsi in un paese vicino, in
cambio di un lotto di figli de medesimo sesso;
in primavera con grandi feste
sessuali in cui avvenivano scambi tra gruppi diversi e rompevano la
monotonia della vita contadina.
Assenza di una casta guerriera
Il carattere tipicamente pacificato
verso l'esterno dell'impero cinese, dopo una prima fase
militaristica, non ha permesso la "scalata del potere" al
cavaliere addestrato alle armi. Gli dei guerrieri non salirono mai
l'Olimpo. Gli imperatori compivano l'aratura, mai si trattava di
principi cavallereschi. È noto che in epoca storica solo un generale
vittorioso sia stato proclamato imperatore dall'esercito (ovvero Wang
Mang intorno all'anno 1).
Rapporti con la religione popolare
La religione costituita era di ben
scarso interesse per il mistico cinese (si pensi a Laozi) oppure per
Kǒngzǐ (latinizzazione di Confucio), entrambe le correnti però la
accettavano. Si dice in Cina che "il Cielo è uno e la Terra
molteplice". Ciò starebbe a significare che il Cielo era
unitario in quanto oggetto del culto del sovrano, mentre i culti
contadini si rifacevano a multiple divinità agrarie'.
Predominio della lingua scritta
La tipica scrittura cinese, ovvero
l'ideogramma, a differenza della scrittura alfabetica, era orientata
principalmente alla vista e non all'udito. Secondo Max Weber questa
caratteristica diede alla letteratura cinese un'impronta intuitiva a
discapito del pensiero sistematico e della retorica. Il letterato
quindi "trovava rifugio" nella bellezza dell'ideogramma,
mentre il parlare rimase solo un affare della parte povera della
popolazione. Una grande antitesi con la grecità per cui il dialogo
(Logos) era tutto.
Conclusione
In Cina l'antico ordinamento sociale
era intoccabile. Il cielo era custode della stabilità. "La
garanzia della tranquillità e dell'ordine interno era offerto nel
migliore dei modi, da una potenza qualificata nella sua impersonalità
[...] alla quale dovevano rimanere estranee la passione e soprattutto
l'ira".
I due principali paradigmi della
religiosità cinese sono: il culto di stato ufficiale che serviva gli
interessi della comunità e il culto degli antenati che serviva agli
interessi del gruppo familiare
Gli interessi personali in entrambe le linee religiose erano
impensabili. "Il cielo, la potenza celeste impersonale non parla
agli uomini, si rivela attraverso il modo del governo terreno e
quindi nell'ordine stabile della natura e della tradizione, che è
parte dell'ordine cosmico."
«In luogo di un dio
creatore sopramondano si considerava come essere ultimo e supremo
un essere sopradivino, impersonale, sempre identico a se stesso,
eterno nel tempo, che rappresentava al tempo stesso la validità
intemporale di ordinamenti eterni. La potenza celeste "non
parlava" agli uomini si rivelala loro attraverso l modo del
governo terreno, e quindi nell'ordine stabile della natura e della
tradizione, che era parte dell'ordine cosmico, nonché, come
ovunque attraverso ciò che accadeva agli uomini.»
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In ultimo:
«l'assenza di un Dio
personale, che disponesse a piacere di tutto ciò che è
creaturale, [..precludeva..] la via verso un'etica ascetica
orientata in base all'antitesi tra Dio e la creatura»
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