Il buddhismo cinese è il frutto
dell'intensa attività missionaria di importanti rappresentanti del
buddhismo dei Nikāya e del buddhismo Mahāyāna provenienti
dall'India e, soprattutto, dall'Asia Centrale in Cina e dei
contributi di maestri locali, che continueranno questa tradizione o
ne daranno nuove e cruciali interpretazioni. Apporti rilevanti
raggiunsero la Cina anche per via meridionale, fino al formarsi una
rete culturale estremamente importante nella storia dell'Asia e delle
civiltà influenzate dalla cultura cinese, come il Giappone, la Corea
e il Vietnam e alcuni regni sinizzati dell'Asia continentale.
Documenti storici influenzati da
leggende posteriori ma sostanzialmente attendibili parlano di una
prima introduzione del buddhismo in Cina nell'anno 64. L'apice
culturale del buddhismo cinese sarà sotto la dinastia Tang, mentre
in epoche posteriori si assisterà ad una certa decadenza dovuta alla
perdita del favore imperiale, all'interruzione dei contatti diretti
con l'India (dove il buddhismo si estinse), e ad un rinato interesse
per la filosofia e le religioni autoctone (confucianesimo, daoismo).
Le scuole buddhiste più importanti dell'epoca Tang sono la Tiāntái,
la Huāyán e la Zhēnyán. Di poco posteriore ed in seguito molto
influente, si deve ricordare la scuola Chán. Meno influente nella
storia del buddhismo cinese ma importante per i favori che riceverà
dalla corte fino all'ultima dinastia sarà il Lamaismo di origine
tibetana. Alcune di queste scuole sopravvivono in paesi di antica
influenza cinese, specialmente in Giappone.
Le scuole del buddhismo cinese
Le scuole del buddhismo cinese sono
tradizionalmente elencate come tredici (十三宗,
pinyin shísān zōng). All'elenco tradizionale va aggiunta la
scuola Sānjiē (三階教, la
scuola del "Tre Stadi") fondata nel VI secolo da Xìnxíng
(信行, 540-593). Questa scuola
verrà considerata eretica dall'imperatrice buddhista, della dinastia
Tang, Wǔ Zétiān (武則天,
regno: 690-705) e completamente annientata, nel 725, da un suo
successore, l'imperatore Xuánzōng (玄宗,
regno 712-56). Va tenuto presente che quando, di seguito, vengono
trattate le scuole (宗, zōng)
esse non vanno intese nel significato comune di luoghi o gruppi
contrapposti ad altri, piuttosto come lignaggi di insegnamenti o di
precetti (戒脈, jièmài).
Questo almeno fino all'epoca Tang, quando le contrapposizioni per
ottenere i favori imperiali o per dirimere le polemiche dottrinali,
irrigidiranno maggiormente tali tradizioni e le 'scuole' che ne
deriveranno.
La scuola Jùshè (倶舍宗, Jùshè zōng)
Inizialmente fu una scuola hīnayāna
fondata sulle dottrine esposte nell'Abhidharma-kośa-bhāsya
(Tesoro dell'Abhidharma, 阿毘達磨倶舍論本頌,
pinyin
Āpídámójùshèlùn běnsòng, è conservato nel Pítánbù),
composto nel V secolo dal sarvāstivāda Vasubandhu. Fu inglobata nel
753 dalla scuola Fǎxiāng, fondata da Xuánzàng (玄奘,
600-664) che diede di quest'opera una lettura mahāyāna cittamātra.
Nel 658, i monaci giapponesi Chitsū (智通,
VII secolo) e Chidatsu (智達,
VII secolo) allievi di Xuánzàng, ne trasferirono gli insegnamenti
in Giappone fondando la scuola Kusha.
La scuola Chéngshí (成實宗, Chéngshí zōng)
Fu fondata dagli allievi di Kumārajīva,
Sēngdǎo (僧導, 362–457) e
Sēngsōng (僧嵩,?-?), dopo
che il maestro ebbe tradotto lo Tattvasiddhi-śāstra (成實論
pinyin: Chéngshí lùn, giapp. Jōjitsuron, si
trova nel Lùnjíbù) di Harivarman, da cui prende il nome. Di
impronta madhyamaka, fece concorrenza alla scuola Sānlùn pur
conservando con questa delle precise differenze dottrinali. Declinò
alla fine del VII secolo, ma il monaco coreano Hyegwan (coreano 혜관,
cinese 慧灌 Huìguàn, giapp.
エカン, Ekan) ne trasferì,
nel 625, gli insegnamenti in Giappone che sono alla base della scuola
giapponese Jojitsu.
La scuola Lǜ (律宗, Lǜ zōng; anche 南山宗 Nánshān zōng)
Fondata nel VII secolo dal monaco
Dàoxuān (道安, 596-667) si
rifà essenzialmente al Cāturvargīya-vinaya (Quadruplici
regole della disciplina, 四分律
pinyin: Shìfēnlǜ,
giapp. Shibunritsu, è conservato nel Lǜbù) della
scuola Dharmaguptaka, tradotto in cinese nel 408 da Buddhayaśas (in
cinese 佛陀耶舍 Fótuóyéshè,
IV-V secolo) e da Zhú Fóniàn (竺佛念,
IV-V secolo).
L'attenzione rivolta da questa scuola a
questo vinaya e il fatto che venissero studiati anche gli
altri tre vinaya già tradotti in cinese in quell'epoca fu
emulato da tutte le altre scuole buddhiste cinesi, che presto
decisero di adottare il Cāturvargīya-vinaya come regola
monastica.
Nemmeno la traduzione del
Mūla-sarvāstivāda-vinaya-vibhaṅga (Vinaya
Mūlasarvāstivāda, 根本說一切有部毘奈耶
pinyin: Gēnběnshuōyīqièyǒubù pínàiyé, giapp.
Konpon setsuissaiubu binaya) portato in Cina e tradotto da
Yìjìng (義淨, 635-713)
nell'VIII secolo, cambierà questo tipo di scelta. Nel 754, il monaco
cinese Dàoxuān Lǜzōng (道安律宗,
702-760) trasferirà in Giappone le dottrine di questa scuola
fondando la scuola giapponese Ritsu.
La scuola Sānlùn (三論宗, Sānlùn zōng)
È la scuola dei Tre trattati (Sānlùn),
conservati nello Zhōngguānbù, ad impronta madhyamaka.
Tradizionalmente si ritiene sia stata fondata dall'allievo di
Kumārajīva, Sēngzhào (僧肇,
374-414) ma è attestato che egli non ebbe dei discepoli diretti.
Nacque comunque tra gli allievi del grande traduttore di Kucha.
Importante diffusore delle sue dottrine fu il monaco Jízàng (吉藏,
549-623). Venne progressivamente assorbita, durante la Dinastia Tang,
dalle scuole Tiāntái e Huāyán. Il monaco coreano Hyegwan la
diffuse in Giappone, nel 626, dove prese la denominazione Sanron.
La scuola Nièpán (涅槃宗, Nièpán zōng)
La scuola Nièpán è nata a seguito di
una controversia dottrinale determinata dalla prima traduzione in
cinese del Mahāyāna Mahāparinirvāṇa-sūtra (Sutra
mahāyāna del Grande passaggio al di là della sofferenza, 大般泥洹經
Dà bān níhuán jīng, giapp. Daihannionkyō,
conservato nel Nièpánbù, T.D. 376.12.853-900) operata da
Buddhabhadra e Fǎxián (法賢,
340-418) in 6 fascicoli nel 417. In questa prima traduzione veniva
adombrata la dottrina degli icchantika (一闡提,
yīchǎntí, giapp. issendai), una dottrina di origine
cittamātra che sosteneva la possibilità di esseri senzienti, gli
icchantika, a cui era preclusa per sempre l'"illuminazione".
Questa lettura del sutra e la conseguente dottrina fu subito
rigettata dal discepolo Kumārajīva, Dàoshēng (道生,
355 – 434) che, come il suo maestro, seguiva le dottrine
madhyamaka. Tale contrasto con Buddhabhadra e Fǎxián costrinse
Dàoshēng a lasciare Nanchino e a tornare sul Monte Lú da dove era
precedentemente partito. La scuola Nièpán si dedicava allo studio e
all'interpretazione di questo sutra, ma nel corso dei secoli fu
assorbita dalle scuole Tiāntái, Huāyán, Shèlùn e Fǎxiāng,
scomparendo definitivamente sotto la Dinastia Tang (618-907).
La scuola Dìlùn ( 地論宗, Dìlùn zōng)
È una scuola di origine cittamātra
che si fonda sul Daśabhūmikasūtra-śāstra o
Dasabhūmikabhāsya (十地經論
Shídì jīnglùn o anche Shidi lun 十地論,
o Dilun 地論, giapp.
Jūji kyō ron, T.D. 1522.26.123b-203b, è conservato nel
Yúqiébù) redatto da Vasubandhu nel IV secolo, fu tradotto
in cinese da Bodhiruci tra il 508 e il 512. Questo testo è un
commentario al Daśabhūmika-sūtra (十住經
Shízhù jīng, giapp. Jūjū kyō, Sutra delle
dieci terre, T.D. 286), che corrisponde a sua volta al trentunesimo
capitolo del Avataṃsakasūtra (華嚴經
Huāyánjīng, giapp. Kegon kyō, Sutra della
ghirlanda fiorita di Buddha). Influenzò la scuola Huāyán.
La scuola Chán (禪宗, Chán zōng)
Secondo alcune agiografie fu fondata
nel V secolo dal leggendario monaco indiano Bodhidharma. Abbiamo,
tuttavia, contezza di questa scuola solo a partire dal VII secolo
quando alcuni monaci di probabile origine Tiāntái si avviaro alla
sola pratica dello zuòchán (坐禪,
meditazione seduta, pratica di origine Tiāntái) secondo il metodo
del bìguān (壁觀 guardando
il muro) insegnato dal loro leggendario fondatore. Pare prediliggesse
il solo studio del Laṅkâvatārasūtra (Il Sutra della
discesa a Lanka, 楞伽經 pinyin
Lèngqiéjīng, giapp. Ryōgakyō, conservato nel
Jīngjíbù), sutra di origine cittamātra. Dopo la morte del
quinto patriarca Hóngrěn (弘忍,
601 - 674), secondo la tradizione più diffusa si suddivise in due
rami: quello settentrionale, fondato da Shénxiù (神秀,
606-706), e quello meridionale, fondato da Huìnéng (慧能,
638-713). Di questi due rami scolastici, solo il secondo è giunto a
noi. Dottrine e lignaggi della scuola Chán furono trasferiti in
Giappone dai monaci tendai Eisai (1141-1215) e Dōgen (1200-1253) che
fondarono rispettivamente le scuole Zen Rinzai e Zen Sōtō.
La scuola Shèlùn (攝論宗, Shèlùn zōng)
È una delle scuole buddhiste cinesi
più antiche. Si basa sullo studio e la interpretazione del
Mahāyāna-saṃgrahôpanibandhana o Mahāyāna
saparigraha-śāstra (Commentario sul sommario del Grande
veicolo, cin. 攝大乘論釋 Shè
dàshènglùn shì, T.D. 1595.31.152-271, conservato nello
Yúqiébù) un'opera di Vasubandhu tradotta in 14 fascicoli e
interpretata da Paramârtha (499-569) e che è a sua volta un
commentario del Mahāyāna-saṃgraha-śāstra (Sommario del
Grande veicolo, 攝大乘論 Shè
dàshèng lùn, T.D. 1593.31.112b-132c, conservato nello Yúqiébù)
opera di Asaṅga, tradotta in tre fascicoli sempre da Paramârtha.
Le dottrine di questa scuola sono di chiara derivazione cittamātra e
sono centrate sull'interpretazione dell'ālayavijñāna
(Coscienza fondamentale, 阿賴耶識
ālàiyé shì, giapp. araya shiki). Questa
scuola fu assorbita, nel 649, dalla scuola Fǎxiāng quando Xuánzàng
ritradusse il Mahāyāna-saṁgrahôpanibandhana con il titolo
攝大乘論本 (Shè
dàshènglùn běn) reinterpretandolo.
La scuola Tiāntái (天台宗, Tiāntái zōng)
Fondata da Zhìyǐ (智顗,
538-597) nel VI secolo, elenca tra i suoi patriarchi cinesi anche
Huìwén (慧文, V secolo) e
Huìsī (慧思, 515-577).
Si fonda sulla dottrina di origine
Madhyamaka della Triplice verità (yuánróng sāndì 圓融三諦)
e sullo yīniàn sānqiān (一念三千)
nonché sulle dottrine rivelate nel Sutra del Loto (sanscrito
Saddharmapundarīkasūtra, cin. 妙法蓮華經
Fǎhuā jīng o Miàofǎ Liánhuā Jīng, giapp.
Myōhō renge kyō o Hokkekyō, è conservato nel
Fǎhuābù).
È stata una delle scuole buddhiste
cinesi più importanti, nonché la prima ad elaborare un buddhismo
tipicamente cinese, influenzando anche le altre scuole segnatamente
il buddhismo Chán e quello della Terra Pura.
I suoi manuali di meditazione sullo
zhǐguān (止觀) si
diffusero presso tutte le scuole. Annovera tra i suoi patriarchi
principali anche Guàndǐng (灌頂,
561-632), Zhànrán (湛然,
711-782) e Zhīlǐ (知禮,
960-1028).
Nell'805 il monaco giapponese Saichō
(最澄, 767-822) la introdurrà
in Giappone dove prenderà la denominazione Tendai.
La scuola Huāyán (華嚴宗, Huāyán zōng)
Scuola dell'"Ornamento fiorito",
una delle principali scuole del buddhismo cinese. Deve il suo nome
all'Avataṃsakasūtra (華嚴經,
pinyin Huāyánjīng, cor. Hwaŏm kyŏng, giapp. Kegon
kyō, Sutra della ghirlanda fiorita di Buddha, conservato nello
Huāyánbù), sutra considerato il più importante e completo
da questa scuola. Particolare riguardo era riservato all'ultimo
capitolo, il Gaṇḍavyūhasūtra (入法界品
pinyin: Rù fǎjiè pǐn, cor. Ip pŏpkye p'um,
giapp. Nyū hokkai bon, Capitolo sull'ingresso dentro il Regno
della Realtà). La dottrina di questa scuola verteva su una lettura
olistica e omnicentrica di tutta la Realtà. Primo patriarca e
fondatore fu il monaco Dùshùn
(杜順, 557-640, anche 法順
Fǎshùn) del monastero di Zhixiang (sui monti Zhōngnán 終南山
poco a sud di Chang'an). Altre personalità di questa scuola
sono il suo successore, Zhìyán (智嚴
602-668) e il suo allievo Fǎzàng (法藏,
643-712) che visse alla corte dell'imperatrice buddhista Wǔ Zétiān
(regno 690-705) della Dinastia Tang, grande sostenitrice di questa
scuola. Nel 740 il monaco coreano Simsang (심상,
cinese 審祥 Shěnxiáng,
giapp. シンショウ, Shinshō)
insegnò l'Avataṃsakasūtra e le dottrine della scuola
Huāyán in Giappone fondando di fatto la scuola giapponese Kegon.
La scuola Fǎxiāng (法相宗, Fǎxiāng zōng)
Denominata come scuola Wéishì
(唯識, "Sola
Rappresentazione"; dal sanscrito Vijñaptimātra) dai
suoi seguaci e Fǎxiāng (法相,
"Caratteristiche dei dharma) dai suoi oppositori, fu la
versione cinese della scuola indiana Cittamātra. Fu fondata da
Xuánzàng (玄奘, 600-664) al
suo ritorno dal suo lungo viaggio in India nel 645 e organizzata dal
suo allievo Kuījī (窺基,
632-682). Xuánzàng si era recato in India per recuperare dei testi
buddhisti da riportare in patria e, durante questo viaggio, si fermò
lungamente presso l'Università di Nālandā dove ricevette gli
insegnamenti direttamente dall'abate Silabhadra, a sua volta
discepolo diretto di Dharmapāla (VI secolo), un esegeta Cittamātra.
Testo fondamentale della scuola fu, infatti, il
Vijñaptimātratāsiddhi-śāstra (Trattato sulla
realizzazione del niente altro che conoscenza, 成唯識論
pinyin: Chéngwéishìlùn, giapp. Jōyuishikiron,
conservato nello Yúqiébù) opera fondamentale di Dharmapāla
tradotta da Xuánzàng (T.D. 1585.31.1a-59a) che poi è un
commentario al Triṃśikāvijñaptikārikā di Vasubandhu.
Nonostante la sua notorietà, la scuola non ebbe un largo seguito e
finì, nel corso degli anni, per essere in buona parte assorbita
dalla scuola Huāyán. Non sopravvisse alla persecuzione dell'845, ma
il pellegrino giapponese Dōshō (道昭,
629-700) riportò i suoi insegnamenti e i suoi lignaggi in Giappone
nel 653, fondando la scuola giapponese Hossō.
La scuola Jìngtǔ (淨土宗, Jìngtǔ zōng)
È una delle scuole buddhiste cinesi
dalle radici più antiche. Nel 402, sul Monte Lú, Huìyuan (慧遠,
334-416) compirà un rito facendo riferimento a uno dei testi
portanti di queste dottrine, il Pratyutpannasamādhi-sūtra.
Quindi la devozione del Buddha Amithaba
ha radici antiche in Cina, come del resto nella stessa India.
Occorrerà tuttavia ancora un secolo perché si formi una scuola con
un suo corpus scritturale preciso, conservato nel Bǎojībù.
È con il monaco Tánluán (曇鸞,
476-572) che viene varata, infatti, la scuola Jìngtǔ che ha come
cuore della sua pratica spirituale la recitazione del nome di
Amitâbha Buddha (阿彌陀佛 Āmítuó
fó, cor. Amit'a pul, giapp. Amida butsu). La
semplicità di questa pratica consentirà a questa scuola di
diffondersi negli strati più popolari del popolo cinese, soprattutto
nelle campagne. Influenzerà direttamente la scuola Tiāntái che ne
ingloberà degli insegnamenti restituendole delle riflessioni
dottrinarie. E nel corso dei secoli anche le altre scuole buddhiste
verranno da lei influenzata. In particolare la scuola Chán che, nel
XVI secolo con il maestro Yúnqī Zhūhóng (雲棲袾宏,
1535-1615), incorporerà la recitazione del nome di Amitâbha Buddha
come pratica del gōng-àn (公案,
giapp. kōan).
È uno degli insegnamenti buddhisti più
diffusi e praticati oggi in Cina. Verrà trasferità in Giappone, nel
IX secolo, da Saichō, fondatore della scuola Tendai. E nel, XII
secolo, un monaco tendai di nome Hōnen (法然,
1133-1212), fonderà la scuola Jōdo che si rifà direttamente agli
insegnamenti della scuola cinese Jìngtǔ.
La scuola Zhēnyán (眞言宗, Zhēnyán zōng)
Scuola della "Vera parola",
di derivazione Vajrayāna, si diffuse attraverso due modalità,
quello dei traduttori e degli esegeti si rivolse alle classi colte,
mentre quello dei taumaturghi si rivolse essenzialmente, ma non solo,
al popolo delle campagne. Il primo testo 'tantricò di cui abbiamo
contezza è il Módēngqié jīng (摩登伽經,
sanscrito: Mātaṅga-sūtra, cor. 마등가
경, Madŭngga kyŏng, giapp. Matōga kyō,
Sutra della giovane Matanga) la cui prima traduzione si può far
risalire ad Ān Shìgāo (安世高,
II secolo) nel 170 (摩鄧女經 T.D.
551.14.895), mentre una seconda (摩登伽經,
T.D. 1300.21.399-410) è attribuibile ai monaci Kushan Zhú Lǜyán
(竺律炎, II-III secolo) e Zhī
Qiān (支謙, II-III secolo)
nel 230. In tale antico sutra vi è descritto, per la prima volta,
l'utilizzo di dhāraṇī (cin. 陀羅尼
tuóluóní, cor. t'arani, giapp. darani),
e mantra (cin. 眞言 zhēnyán,
cor. 진언, chinŏn,
giapp. shingon), tra cui il Gāyatrī proveniente dal
Ṛgveda. Per tramite di monaci dell'Asia centrale, come
Fótúchéng (佛圖澄, ?-348)
l'utilizzo di mantra e dhāraṇī fu diffuso, tuttavia, anche a
livello di corte nella Cina settentrionale durante le dinastie
barbare succedute alla dinastia Han. Nel IV secolo si affacciano
testi Vajrayāna più maturi, come il Mahāmāyūrī-vidyārājñī
(孔雀明王經 Kǒngquè
míngwáng jīng, cor. Kongjan myŏngwang kyŏng, giapp.
Kujaku myōō kyō, T.D. 986.19.477-479).
Ma occorre aspettare la traduzione, nel
724, del Mahāvairocanāsūtra da parte di Subhākarasiṃha
(善無畏, Shànwúwèi,
637-735) e Yīxíng (一行,
684-727) perché si possa parlare di uno sviluppo scolastico della
scuola Zhēnyán.
Nel 720 giungeranno in Cina altri due
maestri Vajrayāna, Vajrabodhi (金剛智,
Jīngāng Zhì, 671-741) e il suo discepolo Amoghavajra (不空金剛,
Bùkōng jīngāng, 705-754) con altre scritture. E sarà proprio
l'attività di Amoghavajra presso la Corte dell'imperatore della
dinastia Tang, Dàizōng (代宗,
conosciuto anche come Lǐ Yù, 李豫
regno: 762-779), a fare di questa scuola una delle principali
scuole buddhiste in grado di mettere in secondo piano il daoismo
rinascente. Nell'806, il pellegrino giapponese Kūkai (空海,
774-835) trasferirà insegnamenti e lignaggi Zhēnyán, ricevuti
direttamente dal settimo patriarca, Huìguǒ (惠果,
746-806), in Giappone dove fonderà la scuola Shingon.
La scuola Sānjiē (三階教, Sānjiē jiào)
Fu fondata dal monaco Xìnxíng (信行,
540-593) e si basava sulla "Dottrina delle tre fasi (三階,
sānjiē)" della predicazione del Buddha Śākyamuni:
- Periodo del vero Dharma (正法, pinyin: zhèngfǎ, giapponese: shōbō, sanscrito: sad-dharma): quando sono presenti gli insegnamenti del Buddha che vengono messi in pratica consentendo di realizzare l'"illuminazione". È il periodo, per questa scuola, del Veicolo unico (sanscrito: ekayāna, cin. 一乘 yīshèng, giapp. ichijō), dove è unica la dottrina e gli uomini sono di capacità superiore e in grado di comprenderla.
- Periodo del Dharma contraffatto (像法, pinyin: xiàngfǎ, giapponese: zōhō, sanscrito: saddharma-pratikṣepa): quando gli insegnamenti del Buddha sono presenti, alcuni li mettono in pratica ma nessuno riesce a realizzare l'"illuminazione". È il periodo dei Tre veicoli (sanscrito: triyāna, cin. 三乘 sānshèng, giapp. sanjō), quello degli śrāvaka (声闻), dei pratyekabuddha (缘觉) e dei bodhisattva (菩萨), dove la dottrina si differenzia a seconda delle differenti capacità umane. Ancora esistono esseri senzienti in grado di distinguere la verità dalle false dottrine.
- Periodo del Dharma finale (末法, pinyin: mòfǎ, giapponese: mappō, sanscrito: saddharma-vipralopa): quando gli insegnamenti del Buddha sono presenti, ma nessuno li mette in pratica e nessuno realizza l'"illuminazione". In questo periodo solo l'insegnamento denominato pǔfǎ (普法 giapp. fuhō, insegnamento universale) basato sulla verità universale di "tutta la Realtà come manifestazione del Dharmakāya (法身, fǎshēn, giapp. hōshin)" può essere compreso. È, infatti, un insegnamento adatto agli esseri dell'ultimo periodo che, "ciechi dalla nascita", non sono in grado di distinguere la Verità dalle false credenze.
Xìnxíng riteneva di vivere nel
periodo del Dharma finale e che solo il suo insegnamento fosse
corretto. Convinti assertori della natura di Buddha insita in ogni
essere, i monaci sānjiē non si raccoglievano in monasteri ma
erano itineranti e propagandavano ovunque la dottrina del maestro.
Presto raccolsero, sotto forma di donazioni, ingenti ricchezze. Anche
per questa ragione entrarono in conflitto con le altre scuole e con
il potere imperiale. L'imperatrice buddhista Wǔ Zétiān (武則天,
regno: 690-705) considerandosi essa stessa Jīnlún shèngshén
huángdì (金輪聖神皇帝,
Sacra sovrana della Ruota d'Oro), giunta per fondare un impero
buddhista mondiale non poteva certamente accettare di vivere in un
periodo di mòfǎ e quindi dichiarò eretica questa scuola.
L'imperatore Xuánzōng (玄宗,
regno 712-56) l'annientò completamente nel 725, incamerando nelle
casse imperiali le sue ricchezze.
Il buddhismo nella Cina di oggi
La condizione odierna del buddhismo
cinese all'interno della Repubblica popolare cinese risente dei
drammatici eventi accaduti in Cina nella seconda metà del secolo
scorso.
A partire dal 1949 e fino a tutto il
1976, il buddhismo in Cina ha sofferto tragiche persecuzioni e
distruzioni dovute all'ideologia anti-religiosa comunista del Governo
che in quegli anni era al potere. Da un periodo di pressante
controllo si è passati, nel corso della tragica esperienza della
Rivoluzione culturale, ad imprigionamenti di massa, assassinii e
distruzioni su larga scala di monasteri, templi e opere d'arte
religiosa.
Con la morte di Máo Zédōng (毛澤東,
1893-1976) e con la caduta della Banda dei quattro, eventi datati
all'autunno 1976, il clima nei confronti delle comunità buddhiste
cinesi si è fatto finalmente più favorevole.
Da quel momento il Partito Comunista di
Cina è stato più attento e rispettoso delle esigenze di queste
comunità religiose e cerca, tutt'oggi, di riparare alle persecuzioni
e alle distruzioni dei drammatici decenni della Rivoluzione
culturale.
Così, a pochi anni dalla morte di Máo
Zédōng, dal 16 al 23 dicembre del 1980 l'Associazione buddhista
cinese (中国佛教协会,
Zhōngguó Fójiào Xiéhuì, fondata nel 1953, raccoglie
tutte le realtà buddhiste del Paese) poté convocare regolarmente, e
dopo decenni di assenza, la sua Quarta Assemblea con 254 delegati da
tutto il Paese, eleggendo Zhào Pùchū (赵朴初,
1907-2000) come presidente.
Dal 1981 la stessa Associazione ha
ripreso a diffondere la sua pubblicazione ufficiale, Fǎyīn
(法音, Voce del Dharma),
e ha potuto riaprire l'Istituto di studi buddhisti di Pechino.
Il 20 aprile 1983 finalmente il Governo
ha varato la "Risoluzione per le ordinazioni monacali" che
ha consentito di effettuare le ordinazioni monastiche in modo
regolare e non più segreto. La Quinta Assemblea dell'Associazione si
è svolta nella primavera del 1987, in quella occasione si è deciso
di fondare l'Istituto di Cultura buddhista cinese con una propria
biblioteca. Alla Sesta Assemblea, svoltasi nell'ottobre 1993, hanno
partecipato direttamente importanti responsabili politici del Governo
cinese e del Partito comunista. La Settima Assemblea, come la Sesta,
è stata indirizzata soprattutto a condurre l'Associazione in un
ambito "coerente" con le "politiche di unità
nazionale" promulgate dal Governo. Mentre nel 2003 si è svolto
regolarmente il cinquantenario dell'Associazione dei buddhisti
cinesi.
Se consideriamo che agli inizi degli
anni ottanta erano sopravvissuti solo circa 25 000 tra monaci e
monache, la cui quasi totalità aveva trascorso decenni nei campi di
rieducazione e di lavoro forzato del Partito Comunista di Cina, si
può considerare come estremamente positiva l'evoluzione da quegli
anni bui fatti di torture e imprigionamenti per il saṃgha cinese.
Le distruzioni dei monasteri e dei templi furono infatti drammatiche,
pochi i testi originali sopravvissuti, migliaia le esecuzioni.
Oggi sono principalmente quattro i
monasteri che hanno ripreso regolarmente la formazione dei monaci e
la loro ordinazione e si trovano a: Qīxiáshān (栖霞山)
nei pressi di Nanchino, Nántōng (南通),
Chéngdū (成都), Monte Pǔtuó
(普陀山) nei pressi di
Níngbō. Il buddhismo professato da questi monaci è quasi
dappertutto sincretico e amalgama dottrine originariamente diverse,
derivate soprattutto dalle scuole Chán, Zhēnyán e Jìngtǔ, unite
a principi razionalistici di stampo marxista, tesi a realizzare, in
questo mondo e attraverso il socialismo, la Terra pura, unendo la
pratica meditativa con il lavoro agricolo.
Nei monasteri vengono accuratamente
conservati e studiati tutti i testi tradizionali e i loro commentari
delle differenti scuole, considerati necessari alla formazione
monastica. Le statistiche indicano in circa 200 000 i monaci
esistenti oggi in Cina, di cui circa la metà (40 000 monaci e 60 000
monache) appartiene al cosiddetto "buddhismo Han" ovvero al
buddhismo di non derivazione lamaista ma autenticamente cinese. I
templi oggi funzionanti sono circa diecimila. Tutti questi dati
risultano, peraltro, in costante aumento. Come sempre più diffusi
sono i pellegrinaggi dei cittadini cinesi sui quattro monti sacri del
buddhismo cinese: Monte Wǔtái (五台山)
nello Shanxi, Monte Jǐuhuá (九華山)
nello Anhui, Monte Éméi (峨嵋山)
nel Sichuan, Monte Pǔtuó (普陀山)
nello Zhejiang.
Ogni anno circa 500 nuovi
studenti-monaci, in genere sono giovani diplomati, entrano a far
parte delle istituzioni formative buddhiste. I corsi di queste
istituzioni, della durata di due-quattro anni, riguardano la
meditazione, lo studio delle scritture buddhiste, la filosofia e una
lingua straniera. Alcuni studenti-monaci, terminato il corso,
continuano a studiare presso le facoltà universitarie di filosofia.
Il corso prevede anche un livello di formazione politica, ma non
risulta particolarmente "oneroso". Nel 1995 si è
provveduto alla ristampa integrale, in lingua cinese, del Canone
buddhista cinese e del Canone tibetano. I contatti tra il saṃgha
cinese e i saṃgha degli altri paesi sono costanti. In particolar
modo con il saṃgha thailandese e birmano del buddhismo Theravāda.
Nel giugno del 1993 il patriarca thailandese Nyanasamvara Suvaddhana
(1913-) ha compiuto una visita in Cina dove è stato accolto da
migliaia di monaci cinesi e dove ha compiuto, insieme a loro, dei
riti religiosi. Nell'agosto del 1995 una folta delegazione buddhista
cinese, invitata dalla comunità buddhista francese, ha visitato i
luoghi del Dharma di sette paesi europei.
Molto attiva è anche l'Associazione
buddhista sino-giapponese, tesa a far conoscere le tradizioni
religiose dei due paesi fortemente collegate sul piano storico.
L'Associazione buddhista cinese è, infine, molto attiva sul piano
caritatevole e sociale, finanziando la Croce rossa e varie attività
nei confronti dei cittadini più bisognosi. I cittadini cinesi stanno
riscoprendo in questi anni il valore religioso delle dottrine
buddhiste. Anche se non conoscono in modo approfondito tali dottrine
si impegnano sempre di più nella osservanza dei precetti religiosi e
delle pratiche devozionali. In occasione delle festività religiose i
templi si riempiono ormai di migliaia di fedeli i quali, oltre ad
accendere gli incensi, ascoltano i sermoni dei monaci e consumano
insieme dei pasti vegetariani in un'atmosfera di festività.
Il buddhismo a Taiwan e a Hong Kong
Il buddhismo a Taiwan ha subìto uno
sviluppo senza precedenti a partire dal 1949 quando migliaia tra
monaci e monache cinesi si riversarono nell'isola per sfuggire alle
persecuzioni delle truppe di Máo Zédōng.
Oggi sono circa diecimila i monaci
buddhisti presenti a Taiwan con quattromila tra templi e monasteri.
Un quarto dei 22 milioni di cinesi di Taiwan si dichiara apertamente
buddhista. I lignaggi e gli insegnamenti del buddhismo di Taiwan sono
gli stessi di quelli ereditati dalla Cina nazionalista e consistono
prevalentemente in lignaggi del buddhismo Chán, ma la caratteristica
del buddhismo taiwanese moderno è che ha deciso di eliminare i
confini tra le diverse scuole, unendo lignaggi e insegnamenti.
Il buddhismo taiwanese è noto a
livello internazionale per le sue attività missionarie e
caritatevoli. Tra queste ultime emerge la figura della monaca Cheng
Yen (證嚴法師, 1937-), detta
"Madre Teresa di Taiwan" per la sua intensa attività di
aiuto nei confronti dei malati e dei poveri. Nelle attività
missionarie va invece ricordato il monaco Hsing-yun (星雲大師,
1927-), fondatore del centro per le attività culturali e missionarie
Fokwangshan a Kaohsiung (高雄)
e promotore di circa settanta missioni in tutto il mondo tra cui il
tempio di Tempio di Hsi-lai (西來寺)
a Los Angeles. I buddhisti di Taiwan hanno fondato, il 9 novembre
2001 a Yung Ho (永和, Taipei),
il Museo mondiale delle religioni.
Anche il territorio di Hong Kong,
governato dal Regno Unito fino al 1997, fu luogo di rifugio per
centinaia di monaci buddhisti fuggiti dalla Cina comunista.
Soprattutto sull'Isola di Lantau (爛頭)
dove ancora oggi esistono circa sessanta templi.
Il saṃgha monastico di Hong Kong
conta oggi circa tremila persone, che con i fedeli laici attivi,
superano le ventimila unità, tutte aderenti alla Federazione
buddhista di Hong Kong (fondata nel 1945) che ha festeggiato il suo
cinquantenario il 9 maggio 1995. Tra i templi e i monasteri più
importanti nell'area di Hong Kong vanno citati: il monastero di
Bǎolián (寶蓮寺) sull'isola
di Lantau, il tempio dei Diecimila Buddha (萬佛寺)
a Shatin (沙田) e il tempio
della Foresta orientale (Dōnglínsì, 东林寺)
di Lowai. Il 29 dicembre 1993 è stata inaugurata una enorme statua
del Buddha (alta oltre i 26 metri) denominata 天壇大佛
(Tiān Tán Dà Fó) nel monastero di Bǎolián con una
grande partecipazione popolare.