mercoledì 25 novembre 2020

Quali sono le principali arti marziali giapponesi e in cosa differiscono tra loro

Dunque iniziamo:

Le arti dell'arco

Come ho già detto in altre risposte, l'arma preferita dai guerrieri giapponesi era l'arco wakyū (和弓), disponibile in una forma lunga (daikyū, 大弓) da usare a piedi e in una corta (hankyū, 半弓) da usare a cavallo. Per il momento mi soffermerò sulla prima.

La nascita dell'arco in Giappone risale a prima del 297, anno in cui ci giungono, da un testo cinese, le prime notizie arceria giapponese. In seguito si svilupparono molte scuole di tiro con l'arco, le più importanti delle quali sono la Takeda-ryū (武田流) e la Ogasawara-ryū (小笠原流).

Durante il periodo Edo la classe guerriera si trasformò presto in una classe di funzionari non più dediti alla guerra e i maggiori praticanti di arti marziali divennero i monaci. Fu così che il kyūjutsu (弓術) si trasformò nel kyūdō (弓道), disciplina dalla forte componente filosofica tuttora praticata.



I praticanti di questa disciplina indossano un keikogi bianco a maniche corte, un obi nero e una hakama dello stesso colore, oppure, per occasioni formali, si può indossare un kimono con hakama con la manica sinistra sfilata o legata in modo da non intralciare i movimenti. L'arciere indossa inoltre un guanto sulla mano sinistra che copre da tre a cinque dita (i principianti possono usarne uno che copre solo il pollice per allenarsi) e i principianti indossano anche una protezione per il pollice sulla mano destra. L'equipaggiamento consiste in un arco lungo e quattro frecce scoccate a gruppi di due.

In genere l'allenamento avviene contro un bersaglio di paglia a distanza ravvicinata per allenare la tecnica e contro bersagli del diametro di 36 cm (dalla distanza di 28 m) o di 158 cm (dalla distanza di 60 m) per allenare la mira.

Esiste anche una tradizione millenaria di tiro con l'arco montato, che veniva studiato nell'arte del kasagake (笠懸), tiro al cappello: il bersaglio tipico era infatti il cappello conico tipico della tradizione giapponese.



Di kasagake esistono vari tipi, differenziati in base a dimensione, numero e posizione dei bersagli: i principali e ancora oggi praticati sono il tōkasagake (遠笠懸), che consiste nel tirare a uno o tre bersagli di 55 cm posti a 11–23 m dalla pista, e il kokasagake (小笠懸), praticato in genere mentre si tornava dal primo colpendo uno o due bersagli di 24–48 cm di diametro posti in posizione bassa a 2,3 m dalla pista. Quando il tōkasagake era eseguito in una competizione veniva chiamato kuji kasagake (籤笠懸) mentre la pratica sacra di colpire animali consacrati a un santuario prendeva il nome di shinji kasagake (神事笠懸).

Alcune tradizioni prevedono di colpire ripetutamente un bersaglio: era il caso dello hyakuban kasagake (百番笠懸), dove si colpivano cento bersagli e del tanabata kasagake (七夕笠懸), dove un bersaglio viene colpito sette volte.

Oltre a queste tecniche ufficiali era diffusa la pratica ludica dello hasaimono (挟物), dove alcuni arcieri si sfidavano per colpire piccoli bersagli (per esempio un ventaglio) da un cavallo in corsa.

Anticamente, veniva praticata anche una forma di arcieria montata che aveva come bersaglio cani in corsa in un recinto, chiamata inuōmono (犬追物), fortunatamente caduta in disuso.

Un tipo molto particolare di tiro con l'arco a cavallo dalle importanti caratteristiche religiose è lo yabusame (流鏑馬), dove ogni arciere deve colpire tre bersagli posti consecutivamente lungo una pista lunga quantomeno 218 m.



Il profondo impatto che lo yabusame ebbe nella cultura guerriera giapponese può essere intuito pensando che l'etichetta giapponese discende dalle pratiche rituali della Ogasawara-ryū, una delle due scuole di yabusame insieme alla Takeda-ryū.

Una tradizione molto particolare di tiro con l'arco è il cosiddetto sihan-mato (四半的), il tiro con l'arco da seduti, praticato con un arco corto e completamente separato dalle altre scuole di tiro con l'arco giapponese.


Le arti della lancia

Oltre all'arco, i samurai usavano spessissimo lo yari () ossia la lancia. Le prime lance giapponesi erano costituita da un'asta su cui veniva infilata una punta metallica cava, in seguito si svilupparono lance con un codolo inserito nell'asta.

Per la sua facilità di costruzione e uso, la lancia si affermò presto sui campi di battaglia nipponici, diventando un segno distintivo della classe guerriera.

L'arte che studiava l'uso della lancia si chiamava sōjutsu (槍術) e prevedeva combattimenti sia individuali che in formazione, utilizzando soprattutto affondi e parate effettuate deviando i colpi avversari con l'asta. Si utilizzano molto posizioni basse e stabili, che, pur compromettendo in parte l'agilità, permettono di migliorare molto l'utilizzo della forza e l'equilibrio.


Molti samurai venivano rappresentati con una lancia in mano.


Molto recentemente (2015) è stata creata una versione più sportiva chiamata sōdō (槍道). Questa viene praticata con bastoni di legno dalla punta imbottita e un'armatura da kendō.

Molto più praticato è il naginatajutsu (薙刀術), l'arte del falcione, tipicamente riservata alle donne e usata per difendere la propria abitazione.



A metà del secolo scorso si tentò di modernizzarla (con scarsi risultati) in un'arte chiamata naginatadō (薙刀道). Nel secondo dopoguerra fu fatto, con successo, un secondo tentativo, e nacque così lo sport chiamato atashi naginata (新しいなぎなた), la nuova naginata, che non è considerato come una vera e propria arte marziale ma gode comunque di un discreto successo. Si utilizza un'armatura da kendō con l'aggiunta di gambali, visto che sono contemplati anche i colpi alle tibie.

Simile al naginatajutsu era il nagamakijutsu (長巻術), che utilizzava un'arma intermedia tra naginata e tachi (spada). Era molto difficile da usare, e per questo non ci sono mai stati tentativi di far rivivere quest'arte.


Un esempio di nagamaki.


Le arti della spada

Siamo dunque arrivati a quelle che potrebbero essere le arti più influenti nella cultura di massa: quanti di voi non anno mai sentito parlare delle spade giapponesi e dei miti (quasi sempre falsi) che circolano attorno ad esse?

La principale arte che riguarda l'utilizzo della spada giapponese è il kenjutsu (剣術), un'arte estremamente complessa che può occuparsi di duelli o combattimenti con molti avversari, in cui si utilizzano una o due spade (nel primo caso l'arma può essere lunga o corta, nel secondo si utilizzano una spada lunga e una corta). Uno dei maggiori esponenti di quest'arte fu Miyamoto Musashi, vissuto tra la fine del periodo Azuchi-Momoyama e l'inizio del periodo Edo. Questi fu forse il primo ad utilizzare due spade contemporaneamente e fondò la sua scuola (二天一流, Niten-ichiryū).


Due samurai combattono su un tetto.


Dopo la restaurazione Meiji, ci fu un impegno a livello nazionale per rendere il kenjutsu meno militare e fruibile da tutti. Nasce così il kendō (剣道). In questa disciplina, entrambi i combattenti indossano un'armatura di legno laccato e usano una spada di bambù. L'obiettivo è segnare due punti colpendo l'avversario in punti vitali o indispensabili per il combattimento con colpi di taglio (testa, busto, mani) o di affondo (gola). Quando si utilizzano due spade, quella lunga viene usata per attaccare e quella corta per difendere.



L'altra importantissima arte che insegnava ad utilizzare la spada era lo iaijutsu (居合術) o battōjutsu (抜刀術), che insegnava come estrarre la spada velocemente e colpire l'avversario in un solo movimento. Viene spesso praticato con lame affilate, e per questo non ci si allena nel combattimento uno contro uno, ma solo nel kata (sequenze di tecniche codificate).

Attualmente, quest'arte viene praticata nella sua forma competitiva e più filosofica, lo iaidō (居合道), pressoché identica tecnicamente alla sua arte madre.



Il termine battōdō (抜刀道), invece, indica una pratica completamente diversa, dove lo scopo è quello di tagliare un rotolo di tatami avvolto attorno a una canna di bambù, in modo da simulare la consistenza della carne e delle ossa umane. Questa tecnica deriva dall'antica pratica del tameshigiri (試し斬り), anche se quest'ultima serviva a stabilire la qualità di una spada, mentre la prima è un modo per perfezionare l'abilità dello spadaccino. L'obiettivo finale è arrivare a estrarre la spada e tagliare il bersaglio in un unico movimento fluido.



Al pugnale (短刀, tantō) e alla spada corta (脇差, wakizashi) era dedicata un'arte marziale chiamata tankenjutsu (短剣術), che si occupava di studiare queste armi quando usate singolarmente, utilizzando la mano libera per impedire i movimenti dell'avversario.

In epoca moderna, quest'arte è stata trasformata in una forma più sportiva chiamata tankendō (短剣道), che viene praticata con un'armatura simile a quella del kendō con un imbottitura in più sotto al braccio destro.


Le arti del bastone

Una delle ermi giapponesi più note è sicuramente il bastone. Se ne distinguono, in genere, cinque lunghezze diverse: bō (), lungo circa 180 cm, jō (), di circa 127 cm, hanbō (半棒), circa 90 cm, tanbō (短棒), circa 60 cm e yubibō (指棒), 20 cm. Di questi i primi tre avevano tutti un'arte dedicata.

Il bō veniva usato nel bōjutsu (棒術), un'arte che prevede movimenti ampi e circolari in modo da colpire con entrambe le estremità del bastone.



Al jō era dedicato il jōjutsu (杖術), inventato da Musō Gonnosuke Katsuyoshi dopo aver perso un combattimento contro Miyamoto Musashi, nel tentativo di trovare un'arte efficace contro la spada. In tempi recenti è nata una forma competitiva chiamata jōdō (杖道), dove ci si esibisce in kata a coppie alternando il ruolo dell'attaccante e del difensore.

Alcuni affermano che il creatore di quest'arte fu l'unico capace di sconfiggere Miyamoto Musashi in duello, tuttavia non ci sono fonti certe riguardanti un secondo duello tra i due al di fuori della tradizione orale della scuola. Altro punto a sfavore di questa ipotesi è che l'allenamento in quest'arte prevede il combattimento tra due bastoni e tra un bastone e una spada, mentre Musashi combatteva spesso con due spade contemporaneamente.



Infine, lo hanbō viene studiato nell'arte chiamata hanbōjutsu (半棒術), che in genere è parte di un programma più vasto.


Le arti del fucile e della baionetta

Quando i portoghesi introdussero i fucili in Giappone, nel periodo Muromachi, gli autoctoni lo perfezionarono fino a renderlo una delle armi da fuoco migliori del periodo, chiamata tanegashima teppō (種子島鉄砲), dal nome del luogo dove aveva avuto origine. Quest'arma andò a sostituire i vecchi cannoni basati sul modello cinese (鉄砲, teppō), oltre alle lance e agli archi. Fu dunque necessario sviluppare un'arte marziale che avesse lo scopo di minimizzare il tempo di ricarica e massimizzare la precisione. Questa nuova arte fu chiamata hōjutsu (砲術).



Più recentemente, il Giappone importò dall'occidente anche la baionetta (銃剣, jūken) e, utilizzando le vecchie tecniche dell'arte della lancia e riadattandole per la lunghezza e l'impugnatura dei fucili, nacque il jūkenjutsu (銃剣術), l'arte della baionetta. Dopo la seconda guerra mondiale, quest'arte fu bandita e in parte dimenticata, finché, quando nel 1953 l'occupazione alleata finì, l'arte fu riportata in vita sotto il nome di jūkendō (銃剣道), praticata con fucili di legno dalla punta imbottita e un'armatura da kendō con un ulteriore rinforzo per la spalla sinistra.


Altre arti marziali che usano armi

Oltre alle armi precedentemente menzionate, molto diffuse erano anche l'ascia, il mazzafrusto, il falcetto e varie armi da lancio.

L'ascia (, ono) possedeva anch'essa una sua arte, chiamata appunto onojutsu (斧術), fatta rivivere nel 2015 in un'arte sportiva che prevede unicamente kata (forme) chiamata onodō (斧道).

Il chigiriki (契木) era un particolare tipo di mazzafrusto giapponese che ha un manico particolarmente lungo, dove una delle due estremità è rinforzata da una punta di ferro mentre all'altra è fissata una catena fissa o estendibile con un peso liscio o con punte alla fine. Ad esso era dedicata l'arte chiamata chigirikijutsu (契木術), che non è mai esistita come arte autonoma, ma sempre come complemento ad altre scuole di arti marziali.

Ancora il cosiddetto kusarigama (鎖鎌) era un falcetto a doppio taglio a cui era legata una catena con un peso nell'estremità inferiore. Anche la sua arte marziale, il kusarigamajutsu (鎖鎌術), non è mai stata autonoma, sebbene abbia goduto di una certa diffusione.



Per finire, molto noti nell'immaginario popolare sono gli shuriken (手裏剣), armi da lancio a forma di coltello o, più raramente, di stella, arma tipica dei ninja. Sotto il nome di shurikenjutsu (手裏剣術) rientrano tutte le tecniche usate per lanciare questo tipo di armi ma anche pugnali e spade corte.

Un'arma molto importante nei campi di battaglia era anche il jitte (十手), una particolare mazza con una guardia ad uncino, spesso utilizzata in coppia con la spada, che veniva utilizzata per effettuare leve articolari, disarmare l'avversario e eventualmente rompere la sua arma. L'arte che lo studiava era il jittejutsu (十手術).



Arti marziali che non utilizzano armi

Sebbene alcune delle precedenti arti marziali siano abbastanza note, quelle più diffuse e conosciute in occidente sono le arti marziali dette "del corpo", ossia quelle che non prevedono armi, o che comunque le utilizzano in modo limitato o marginale. Le prime di queste arti, note complessivamente sotto il nome di jūjutsu (柔術), ossia l'arte flessibile, in riferimento all'abitudine di non contrapporsi mai alla forza dell'avversario, utilizzandola invece per eseguire proiezioni, strangolamenti o leve articolari. Il jūjutsu prevedrebbe, tra le altre cose, lo studio del koppō (骨法), il metodo dell'osso, che studia l'utilizzo di percosse e leve articolari allo scopo di rompere le ossa dell'avversario, e del kenpō (拳法), il metodo del pugno, ossia il pugilato, che comprende anche tecniche di calcio, gomito, ginocchio e testata.



Nel XX secolo, nel tentativo di rendere le arti marziali più adatte ad essere praticate anche da bambini e adolescenti, il maestro Kanō Jigorō iniziò a sviluppare una sua propria arte marziale, che permetteva anche a persone di piccola statura di affrontare avversari più pesanti e muscolosi, mediante l'utilizzo dell'equilibrio e delle proiezioni. Nasce così il jūdō (柔道), che godette da subito di grande successo e molto presto fu inserito nel programma di educazione fisica nelle scuole, insieme al kendō e al karate shōtōkan. A Kanō Jigorō dobbiamo anche l'invenzione della divisa tipica delle arti marziali, il keikogi, che consiste in un paio di pantaloni, lo zubon, e di una casacca, l'uwagi, da chiudere con il lembo sinistro sopra quello destro. Entrambi devono essere rigorosamente bianchi. Infine, l'uwagi è tenuto chiusa da una fusciacca, l'obi, che ha assunto anche il ruolo di marcatore dell'esperienza del praticante.



Sempre in questo periodo fu attivo il maestro Ueshiba Morihei. Questi, dopo un profondo studio del jūjutsu, in particolare della Daitō-ryū, sviluppò un proprio stile di combattimento con forti influenze mistiche: l'aikidō (合氣道). Quest'arte ha molte caratteristiche peculiari, tra cui i movimenti estremamente fluidi e la concentrazione sulla difesa e il raggiungimento di uno stato di pace. Il nome significa letteralmente "via dell'unione con l'energia che permea l'universo" a sottolineare il carattere mistico, filosofico e di autoperfezionamento di quest'arte.



Un'arte estremamente particolare era il suieijutsu (水泳術), l'arte del nuoto e del combattimento in acqua. Questa tecnica insegnava anche a mangiare in acqua, nuotare per lunghe distanze a anche nuotare con indosso un'armatura.


Arti dello spionaggio

Tra tutte, l'arte marziale giapponese più influente nella cultura di massa è molto probabilmente il ninjutsu (忍術), arte di rubare, anche noto con il termine ninpō (忍法), tecnica del furto. Questa, più che un'arte vera e propria, era un termine ombrello usato per racchiudere tutte le scuole di arti marziali che comprendevano nel loro programma lo studio di tecniche di camuffamento, furto, spionaggio e omicidio.

Per ogni missione, un ninja doveva imparare il dialetto del luogo, il modo di parlare della classe sociale del suo personaggio, il modo di vestirsi degli abitanti del luogo, in modo da passare quanto più possibile inosservato.


Costume teatrale usato per rappresentare i ninja. Non avevano un vestiario particolare, si camuffavano in base al personaggio che dovevano interpretare.


Arti di polizia e arresto

Alla polizia dello shogunato Tokugawa veniva insegnata un'arte marziale chiamata toritejutsu (捕手術). Questa prevedeva lo studio dell'immobilizzazione di un prigioniero senza apportare danni permanenti.

Le armi principali usate dalla polizia dei Tokugawa erano lo tsukubō (突棒), il sodegarami (袖搦) e il sasumata (刺股).


Da sinistra, tsukubō, sodegarami e sasumata.


Il primo era un bastone con punta a T usato per tenere il prigioniero a distanza, il secondo aveva lo scopo di intrecciarsi alle maniche e ai vestiti di un fuggitivo intralciandone i movimenti e il terzo (ancora usato dalla polizia giapponese) aveva lo scopo di immobilizzare il prigioniero al suolo.

Strettamente correlata a questa era l'arte di legare le persone, chiamata hojōjutsu (捕縄術). La forma del nodo poteva cambiare in base all'estrazione sociale del prigioniero e al fatto che esso sia accusato o condannato.



Sumō

Merita un discorso a parte il sumō (相撲), che per molto tempo è stata l'unica forma di lotta sportiva in Giappone.

Questa forma di lotta prevede che due contendenti chiamati rikishi (力士) si spingano e si strattonino cercando di atterrare l'avversario o spingerlo fuori dall'anello (土俵, dohyō).

I rikishi indossano un indumento particolare chiamato mawashi (廻し), una fascia di seta (per i lottatori delle prime due divisioni) o di cotone (per tutti gli altri) lunga da 4,5 a 9 m e larga 45–60 cm, per un peso complessivo che può arrivare a 5 kg. Appese al mawashi vi sono un numero dispari di cordicelle chiamate sagari (下がり), che sono semirigide per i lottatori delle prime due categorie.



I lottatori competono in sei tornei annuali (本場所, honbasho), dove vengono suddivisi per categorie (sei in tutto, ne riparlerò fra poco) e competono in 15 (prime due categorie) o 7 (le altre quattro) incontri. I lottatori con un risultato vincente (勝ち越し, kachi-koshi) salirà nella classifica, mentre quelli con un record perdente (負け越し, make-koshi) molto probabilmente verranno degradati. Oltre a questi tornei, i lottatori competono in gare svolte in tutto il Giappone e a volte all'estero, senza alcuna importanza per la classifica.

La principale caratteristica è che non esistono categorie di peso, ma solo di esperienza. Così, un lottatore di "appena" 100 kg può trovarsi a combattere contro un lottatore di 200 (e se gioca bene le sue carte, può persino vincere).

Non bisogna farsi ingannare dalla stazza imponente dei rikishi: questi sono lottatori estremamente veloci e agili, e se nelle divisioni inferiori si può vincere usando unicamente spinte e strattoni, in testa alla classifica i combattimenti sono estremamente complessi e necessitano di un'abilità tecnica molto elevata.


Arti marziali di Okinawa

Includo in questa lista le arti marziali di Okinawa solo per via della vicinanza geografica tra le Ryūkyū e l'arcipelago giapponese. Bisogna comunque considerare che le arti marziali di Okinawa sono nate dall'influenza cinese sulle tecniche di combattimento autoctone, e le influenze giapponesi sono tutte risalenti al secolo scorso.

L'insieme di tutte le tecniche che prevedono l'utilizzo di armi viene chiamato Okinawa kobudō (沖縄古武道). Quest'arte comprende lo studio di vari tipi di bastone (, bō, 半棒, hanbō, 短棒, tanbō, , eku, un remo da barca), tridente (, sai, e la sua variante inastata 貫手棒, nunti-bō), manganello (トンファー, tonfā), tirapugni (鉄甲, tekkō), falce (, kama), zappa (, kuwa), catena (スルチン, surujin), nunchaku (ヌンチャク, con la variante a tre bastoni 三節棍, sansetsukon) e del combattimento con coltello e scudo (ティンベーローチン, tinbē-rōchin). A causa del divieto di portare armi imposto dal dominio di Satsuma agli abitanti di Okinawa si nota la forte presenza di armi improprie di origine contadina.



Molto più famoso a livello internazionale è probabilmente il karate (空手), noto a Okinawa con il semplice nome di ti (). Il ti di Okinawa nasce con l'introduzione del kung-fu sull'isola, e nacquero inizialmente tre stili: Shuri-te, Tomari-te, Naha-te, che prendono il nome dalle principali città dell'isola dove questo era studiato.

La popolarità moderna del karate si deve soprattutto ai maestri Funakoshi Gichin, che portò il karate in Giappone e, su suggerimento del maestro Kanō Jigorō, adottò il keikogi bianco e le cinture colorate. La scuola di Funakoshi fu chiamata Shōtōkan (松濤館), ossia la scuola di Shōtō, il nome d'arte di Funakoshi. Dopo lo Shotokan nacquero moltissimi altri stili di karate Okinawa-giapponese, e attualmente questa è una delle arti marziali più studiate al mondo.



martedì 24 novembre 2020

Qual è la differenza tra judo e Brazilian Jiu-Jitsu?

 



Il judo deriva dal nipponico ju jitsu cosi' come il brazilian ju jitsu.

La differenza è che il judo è molto piu' limitato.

Non si puo' colpire l'avversario(detto uke);non si possono fare strangolamenti nella lotta in piedi;niente leve di nessun tipo,ma solo proiezioni;e che non mirino ad atterrare uke con il viso a terra;Una volta a terra niente percussioni,solo leve al gomito,immobilizzazioni e strangolamenti.

Il brazilian ju jitsu non ha tutte queste limitazioni e si limita a vietare calci alla testa quando l'avversario è a terra;vietate le dita negli occhi,negli orecchi,ai genitali e torsioni delle dita.

Nel corso del tempo il brazilian ju jitsu ha attinto molto da altri stili di lotta come il sambo(lotta russa) ed il cath(lotta americana) ed anche dal pancrazio(l'antica lotta dei gladiatori)presa a sua volta dai combattimenti che avevano luogo nell'arena sotto il presidio dell'impero romano.

lunedì 23 novembre 2020

Chi è il più grande lottatore di sumo, come peso e altezza, mai nato?

Ikuzuki Geitazaemon (1827-1850), coi suoi due metri e ventisette centimetri è stato il più alto lottatore di sumo della storia. Qua sotto una sua rappresentazione dell'epoca che rende bene le proporzioni rispetto ai già giganteschi colleghi.



A titolo di paragone, l'altezza media dei maschi giapponesi adulti vent'anni dopo la sua morte era ancora a un metro e sessanta, quindi immaginate la percezione dei suoi contemporanei.

sabato 21 novembre 2020

Consigli per un viaggio in Giappone durante la fioritura?

Di solito consiglio a tutti di evitare come la peste i mesi estivi e raccomando invece di venire verso la fine di marzo. Questo in parte perché i sakura fioriscono in quel periodo, ma anche perché ad aprile ci sono fiori dappertutto.

A Kamakura normalmente viene dedicato non più di un pomeriggio, ma questo è un errore che rasenta il sacrilegio. Kamakura merita una settimana. Non siete convinti?



Basta pensare che è qui che è veramente nato lo Zen, con i Kamakura Gozan.

Qui sono nate la scuola Nichiren e la Jōdo. Qui sono stati creati ukiyo-e che tutti conoscono.

Qui si originano sia il primo, sia il secondo shogunato.



La prima settimana di aprile è tutta dedicata al Kamakura Matsuri, o Kamakura Festival. Arceria a cavallo, cerimonia del te, processione dei samurai, ecc. Tutto questo non è uno spettacolo per i turisti.



Consiglio quindi caldamente di andare a Kamakura durante la prima settimana di aprile per godere di quanto vedete nelle foto.








Poi c’è il fiore immortale, il loto.



Ah, dimenticavo. C’è anche questo. Alto quasi 12m, è considerato il più bello dei Buddha giapponesi.



Nel film "C'era una volta a Hollywood", Tarantino dipinge Bruce Lee come un arrogante vanaglorioso, il che ha offeso la figlia di Bruce. La rappresentazione di Lee nel film è caricaturale?

Trovo altamente ironico che la famiglia di Bruce Lee si stia lamentando del modo in cui Bruce è stato descritto in C'era una volta ad Hollywood, dopo aver tratto profitto da una rappresentazione assai più diffamatoria di uno degli avversari di Lee.



Nel film Dragon - La storia di Bruce Lee, basato sul libro di Linda Lee, l'artista marziale Wong Jack Man è praticamente descritto come un bullo, un codardo e un razzista. Ciò è veramente deplorevole considerato che per chiunque l'abbia conosciuto Wong era un uomo onorevole.



I. Il film Dragon racconta di come Wong, dopo aver perso un match contro Lee, gli sferra un vile attacco a sorpresa che lascia Bruce con la schiena rotta. Tale situazione non è mai avvenuta. Bruce Lee ebbe un infortunio alla schiena causato dal mancato riscaldamento prima di fare Good Morning (un esercizio per la schiena). Ma questo infortunio non aveva nulla a che fare con Wong Jack Man, tanto meno a causa di un colpo scorretto.

II: Nel suo libro, Linda Lee ha affermato che i maestri di arti marziali cinesi di San Francisco avevano inviato Wong in loro vece per sfidare suo marito e costringerlo a smettere di insegnare ai non cinesi. Questo non ha senso, considerando che Wong voleva a sua volta insegnare ai non cinesi. La lotta ebbe luogo a metà degli anni '60. I caucasici studiavano da anni le arti marziali cinesi a San Francisco. A Taiwan, l'americano Robert Smith studiò con molti maestri di alto livello negli anni '50, tra cui il notoriamente conservatore Shang Tung Ch'eng. I bianchi che studiavano il kung fu non erano un problema.



III. Lo scontro avvenne perché Bruce, durante una dimostrazione, lanciò una sfida aperta a qualsiasi artista marziale nell'area della Baia. Wong Jack Man insegnava kung fu part-time e serviva ai tavoli per avere un tetto sopra la testa. Accettò la sfida aperta di Bruce Lee per ottenere popolarità. Ancora una volta, nulla a che fare con la razza.




IV. Nel film, Wong è rappresentato come un combattente con i capelli lunghi e molto muscoloso. In realtà era un giovane uomo con un taglio di capelli molto pulito, sì più alto ma anche più leggero di 2 kg rispetto a Bruce Lee.




Linda Lee ha tratto grande profitto dal film Dragon, in cui viene descritto quello che era un onorevole insegnante di arti marziali come un razzista, bullo e codardo. Da tutto ciò che ho sentito, Quentin Tarantino è un fan di Bruce Lee. Così è anche l'attore Mike Moh, che ha interpretato Lee in C'era una volta ad Hollywood.



Nel film, lo stunt man Cliff Booth è rappresentato come una sorta di eroe di guerra alla Audie Murphy. La scena di combattimento che ha luogo nell'universo fittizio creato da Tarantino ha il solo scopo di dimostrare che Booth ha un repertorio davvero letale di capacità, e non diminuisce in alcun modo le abilità di Bruce Lee né rappresenta in maniera inaccurata il suo personaggio.


venerdì 20 novembre 2020

Come selezionare un ottimo maestro di arti marziali distinguendolo dai venditori di fumo?

 



Posso dire alcune regole di base

  • Un campione del mondo non è necessariamente un buon insegnante e un buon insegnante non deve essere per forza un campione del mondo. Alfio, il maestro di Giorgio Petrosyan (che ha vinto praticamente tutto quello che poteva vincere nella kick boxing) non ha mai fatto un singolo match, eppure… non snobbare un maestro solo perchè non ha mai vinto il trofeo intercontinentale di questo e quello, forse è in grado di insegnare meglio di un campione del mondo

  • Un maestro fa fare le cose per gradi agli allievi. Se il primo giorno ti mette sul ring a tirare alla massima forza contro il più forte della palestra, non è un buon maestro

  • La preparazione fisica negli sport da combattimento è importantissima. Guardati attorno: se tutti i tuoi compagni di allenamento hanno la pancia, acciacchi ovunque o sono scheletrici, potrebbe non essere l'ambiente migliore

  • Per capire se i tuoi allenamenti stanno dando i loro frutti, confrontati con gente che fa lo stesso sport appena puoi o gareggia. Io ho fatto i guanti con un sacco di gente in varie palestre e non mi è mai capitato di sentirmi inferiore o fare figuracce, al massimo ho imparato qualcosa in più

  • Un insegnante che si allena con i suoi allievi appena può è un ottimo segno: significa che è appassionato a quello che fa e che sperimenta su se stesso gli esercizi e gli allenamenti che poi sottopone a te

  • Diffida dai maestri di arti marziali che passano il tempo a dirti che con il loro metodo potrai picchiare tutti e disarmare coltelli eccetera. Un buon maestro ti ricorda costantemente di non perdere tempo con le risse per strada e di pensare a combattere e allenarti

  • Un buon maestro ha un metodo. Un ottimo maestro ha un metodo ma non ha nessun problema a metterlo in discussione se si accorge che potrebbero esistere metodi di insegnamento migliori o più recenti

  • Soprattutto, un maestro serio ha dei titoli. E' iscritto a un albo o a una federazione, fai le tue ricerche (anche se molti, giustamente, appendono i diplomi in palestra)







giovedì 19 novembre 2020

I samurai come testavano le loro spade?

Il metodo più comune di testare le spade è usare una stuoia del tipo che copre i tatami. Arrotolata, ha una consistenza simile a quella del corpo umano.



Questo valeva anche in passato. Nel corso della storia sono poi stati usati ANCHE CADAVERI e occasionalmente criminali. Se vi sembra brutale, ricordatevi che in Europa si squartava (= tagliare in quarti) legando un cavallo a ciascun arto del condannato.


mercoledì 18 novembre 2020

La fenice esiste nella mitologia giapponese?

Hanno l'Houou (鳳凰 / ほ う お う) che è come una fenice ma in realtà proviene dalla mitologia cinese (Fenghuang) e rappresenta cose diverse come l'obbedienza e la giustizia.



È anche sulla loro banconota da 10000 yen.



Hanno anche Suzaku (す ざ く / 朱雀) un pavone vermiglio, che potrebbe essere facilmente scambiato per una fenice. Viene anch'esso dalla mitologia cinese come un uccello che rappresentava l'Imperatore, il cielo del sud e l'estate.



… .E la sua forma maschile, resa popolare da anime / manga.



Il concetto di fenice (フ ェ ニ ッ ク ス) esiste nel Giappone moderno, ma proviene dall'ovest.

Un famoso manga di Osamu Tezuka è stato anche chiamato "Firebird".



martedì 17 novembre 2020

Qual è il più bel proverbio che conoscete?

Ho sentito dire che i proverbi sono sentenze inaffidabili e superate, altro che saggezza dei popoli.



Infatti è facile trovare un proverbio che afferma una cosa ed un altro che dice l’esatto contrario.

Ad esempio “L’unione fa la forza” è specularmente opponibile a “Chi fa da sè fa per tre”.

Io, come dicevo, non sono mai riuscito a “smontare” questo: non so se sia il più bello, ma è dannatamente corretto.

Del senno di poi sono piene le fosse.