Il phurba in sanscrito detto
Kīla, è un pugnale tibetano o nepalese, costituito da tre lame e da
un'impugnatura, sovente decorata, usato per i rituali, ma non per i
sacrifici. Il phurba è, molto spesso, impugnato da terrifiche
divinità buddhiste.
Etimologia
La maggior
parte delle conoscenze sul pugnale indiano, lo si deve alla cultura
tibetana. Studiosi come
F. A. Bischoff, Charles Hartman e Martin
Boord, hanno mostrato che la letteratura tibetana ritiene che la
parola sanscrita per il termine "
phurba" sia
"
kīlaya". Comunque, lo stesso Brood afferma che,
"
tutti i dizionari e opere in sanscrito concordano sul fatto
che la parola sia 'kīla' o 'kīlaya'.
La discrepanza è
dovuta all'uso indiscriminato, da parte dei tibetani, del singolare
dativo 'kīlaya'. Questa forma è comune nel semplice
saluto 'namo Vajrakīlaya', omaggio a
Vajrakīlaya, dal quale potrebbe avere avuto origine, data la
poca familiarità con il sanscrito, poiché il nome della divinità è
in realtà, Vajrakīlaya invece di Vajrakīla. Dovrebbe anche
essere notato che il termine (vajra)kīlaya si riscontra
frequentemente nei testi sanscriti, così come in quasi tutti i
kīlamantra, legittimamente usato come verbo, il cui significato è:
'pungere', 'trafiggere', 'Inchiodare', ecc."
Fabbricazione
e componenti
Il Phurba viene realizzato secondo
stili e materiali diversi. Essendo dotato principalmente di tre parti
distinte, pomo, manico e lama, i phurba sono spesso segmentati su
entrambi gli assi orizzontali e verticali, anche se si possono
trovare importanti eccezioni. Questa disposizione compositiva mette
in evidenza l'importanza numerologica e l'energia spirituale legata
ai valori numerici interi del tre e del nove. Questo pugnale inoltre
può essere costituito e costruito di diversi materiali, come legno,
metallo, argilla, osso, gemme, corno o in cristallo. I Kīla o Phurba
in legno sono preferiti dagli sciamani in quanto ritenuti conferire
benefici energetici e curativi. Come la maggior parte dei
tradizionali strumenti tibetani di metallo, vengono spesso realizzati
in ottone e ferro meteorico più specificatamente tectiti, aventi
spesso un alto contenuto di ferro. Il ferro meteorico era molto
apprezzato in tutta l'Himalaya, dove venne incluso in sofisticate
leghe polimetalliche, come la Panchaloha ad uso rituale. Il
pomo del Phurba viene intagliato per rappresentare diversi
simbolismi: più spesso con le tre facce della divinità Vajrakīla:
una gioiosa, una pacifica, una arrabbiata, oppure con uno degli otto
simboli fondamentali del buddhismo tibetano conosciuti come
Ashtamangala, ancora, con il volto della divinità, Ishtadevata,
conosciuta anche come Ydam, infine, tra le altre possibilità, con il
muso di un leone o con un modellino in scala di stupa. Il manico
viene spesso rappresentato con dei vajra, o con delle decorazioni
geometriche. Il pugnale in genere ha una forma triplice, comune sia
nel pomo che nella lama, solitamente formata da tre aspetti
triangolari o facce, che si congiungono in punta. Questi aspetti
rappresentano il potere della lama di trasformare le energie
negative, note come "tre veleni" o "radice
avvelena", in sanscrito, mula klesha: ignoranza,
desiderio/attaccamento e avversione/rabbia.
Uso rituale
Nel 2008 Cantwell e Mayer hanno
analizzato una serie di testi recuperati da diversi manoscritti
ritrovati nel sito di Dunhuang che descrivono l'utilizzo rituale del
Phurba. Secondo questi il pugnale è una delle variegate
rappresentazioni iconografiche di divini "attributi
simbolici" posseduti sia da divinità del Buddhismo
Vajrayana che da divinità Indù. Quando tale pugnale viene
consacrato, e associato per l'uso, la Kīla diviene manifestazione
del Nirmanakaya di Vajrakīlaya. Uno dei principali rituali con il
Kīla al fine di realizzare la sua "essenza-qualità"
consiste nel perforare la terra. Comune nelle tradizioni sciamaniche
himalayane, è il penetrare verticalmente in un paniere, in una
ciotola di riso, se il kīla è fatto di legno. Notare che i termini
impiegati per la divinità e per lo strumento sono intercambiabili.
Alcuni studiosi ritengono che, per la maggior parte della cultura
sciamanica Nepalese, il Kīla sia collegato all'"albero del
mondo". Il pugnale viene inoltre utilizzato in un rituale
atto a consacrare un terreno alla preghiera. L'energia del Kīla,
infatti, è feroce, arrabbiata, acuta, penetrante, paralizzante.
Il simbolismo e l'Akasha
Il Kīla simbolicamente collega lo
spazio della conoscenza, in sanscrito, Akasha, con la terra,
creando un continuum energico. Il Kīla, in particolare quelli in
legno, sono utilizzati nei rituali di guarigione sciamanica, per
armonizzare l'energia della cura, e spesso fanno riferimento a due
Nāgas intrecciate sul manico, elementi che ricordano la figura di
Esculapio, del Caduceo, e di Hermes. Il pugnale rituale riporta
spesso immagini di Ashtamangala, di svastiche, e/o altri simboli
sacri tibetani, iconografie e/o motivi Tantrici o Indù. Come
strumento di esorcismo, il Kīla può essere impiegato per trattenere
sul posto demoni o forme pensiero, in modo che possano essere
riorientati e tramutati.
L'esoterismo del Phurba
Da un punto di vista esoterico, il Kīla
può servire per individuare e definire energie negative provenienti
dal flusso mentale di una forma-pensiero, compresa la forma-pensiero
generata da un gruppo. Il Kīla come rappresentazione iconografica è
direttamente correlata a Vajrakilaya, una divinità furiosa del
buddismo tibetano, che spesso è visto con la consorte di Diptacakra.
Questa divinità è incarnata nel Kīla come mezzo di distruzione,
nel senso di finalizzazione e quindi liberare violenza, odio e
aggressività, mentre il pomello possa essere impiegato nelle
benedizioni. Quindi il Kīla non viene materialmente considerata
un'arma, ma un mero complemento spirituale.
Il
Diamantine Dagger of emptiness
Il Kīla viene associato all'epiteto di "
Diamantine Dagger
of emptiness". La magia del Magical Dagger proviene
dall'effetto che l'oggetto materiale possiede sul regno dello
spirito. L'arte di maghi o lama tantrici risiede nella loro capacità
visionaria per comprendere l'energia spirituale dell'oggetto
materiale e volontariamente si concentrano in una determinata
direzione nell'uso tantrico del phurba: questo comprende la cura
della malattia, l'esorcismo, l'uccisione dei demoni, la meditazione,
le consacrazioni o puja, e le meteo-realizzazioni. La lama del Phurba
viene utilizzata anche per la distruzione delle potenze demoniache.
L'estremità superiore della phurba viene utilizzato dai maestri
tantra per le benedizioni.
Il guru scorpione
Nella biografia di Padmasambhava si
racconta di come il Maestro abbia ricevuto le Siddhi da un gigantesco
scorpione dotato di nove teste, diciotto pinze e ventisette occhi.
Questo Scorpione rivela da un testo scritto la presenza di un Kīla
da una finestra di pietra triangolare, nascosti sotto una roccia nel
cimitero. Come Padmasambhava legge questo testo realizza
spontaneamente la comprensione simbolica dello scorpione, rivelato
quale veicolo o yanas di realizzazione spirituale. Nella città
indiana di Rajgriha, al Maestro Padmasambhava viene attribuito il
titolo di "Guru Scorpione", e in una delle sue otto forme
di "Drago guru", "Drago Pema", "Loto
Irato", viene raffigurato con uno Scorpione nella sua mano
sinistra. Come emblema della trasmissione del "Kīla irato",
l'immagine dello scorpione ha assunto una forte significato simbolico
nel precoce sviluppo della Nyingma, l'antica scuola del buddismo
tibetano.