venerdì 28 febbraio 2020

Corso gratuito di wing chun



Il corso si propone come scopo principale di promuovere il sistema WING CHUN, le iscrizioni sono aperte tutto l’anno, ed è rivolto a tutti i soggetti interessati ad apprendere ed eventualmente divulgare il sistema stesso. Il corso sarà tenuto dal responsabile dell’associazione “Wing Chun Kuen” Raffaele.

Argomenti trattati
Siu Lim Tao (prima forma) contiene i principi del sistema.
Chum Kiu (seconda forma) ai principi già visti nella prima forma ne aggiunge di nuovi
Biu Jee (terza forma) contiene una serie di principi che completano il lavoro delle prime due forme
Mok Yan Jong (uomo di legno) corregge tutti gli errori che potrebbero essere commessi nel lavoro di acquisizione delle tecniche
Lok Dim Boon Kwun (forma del lungo palo) e Bat Cham Dao (forma dei doppi coltelli) sono le due armi tipiche del sistema, completano il programma
Chi sao training: tutti i principi appresi vengono sperimentati con uno sparring partner in modo armonico e dinamico. Ha sei livelli di studio a seconda dell'esperienza maturata dal praticante

NOTA BENE:
La pratica nella nostra associazione è consigliabile a chi nutre un sincero interesse per l'arte marziale tradizionale del kung fu e si sente di recepire il nostro messaggio evitandoci inutili sforzi divulgativi. Si richiede pertanto un impegno costante, che il responsabile del corso verificherà durante gli incontri.
per informazioni: Raffaele 3287112749


Presentazione del corso
Il sistema di kung fu cinese che pratichiamo, per noi, va molto al di là di un semplice studio, di un allenamento o di uno stile di vita è più corretto definirlo un sistema di vita integrato.
Praticare il sistema Wing Chun non vuol dire, come molti credono, essere pigri ed accettare passivamente ciò che succede, al contrario il suo studio e la sua pratica ci permettono di avvicinarci e di comprendere appieno il concetto di "Wu Wei", di azione senza azione, di azione corretta, non forzata (che non vuol dire "inazione").
Di conseguenza che i nostri futuri allievi sappiano fin da ora che non proponiamo una disciplina di combattimento più o meno orientale che promette "sicurezza ed efficacia" e "rapidità e semplicità di apprendimento". In realtà per ottenere qualcosa nel Wing Chun occorre sacrificio e dedizione, non ci sono scorciatoie né sconti. Quanto più elevato è l'obiettivo che si vuole raggiungere nell'Arte, tanto più devono essere elevati l'impegno e la fatica da profondere in essa.
Noi ci poniamo un obiettivo molto elevato e per questo seguiamo e diffondiamo la via della fatica. Anche per questo non svolgiamo corsi rivolti al grande pubblico: pratichiamo per l'Arte, intendiamo mantenere la tradizione cinese e formare istruttori (non semplici praticanti) di livello superiore che a loro volta formino istruttori secondo i medesimi principi.
Un discorso a parte meritano alcuni altri frequenti equivoci cui ci troviamo spesso a fare fronte per quanto riguarda il nostro sistema di kungfu.

* Il primo riguarda l'obiettivo del vero kungfu e le differenze con le altre Arti Marziali (non solo cinesi).
Bisogna subito chiarire che il kungfu (in generale) è innanzitutto un esercizio che si effettua con il duro lavoro sul corpo e sulla mente del praticante e con un confronto costante con il prossimo.
La stragrande maggioranza delle altre discipline da combattimento (specie quelle moderne) prevedono nel loro iter quasi esclusivamente lo scontro fisico, cosa che a nostro avviso è inutile. Inutile nel senso di non-utile perchè non produttivo. Scontrarsi costantemente provoca inevitabilmente dei danni. Confrontarsi fa crescere. Anche noi lavoriamo molto sul combattimento ma siamo più improntati alla crescita e alla trasmissione di valori ed esperienze e non alla trasmissione di tecniche, che al momento in cui si viene messi alla prova realmente si rivelano 99 volte su 100 inattuabili. Il vero combattimento è diverso e solo chi si allena sul serio lo comprende. E' un confronto tra esseri umani, di pensieri, di corpi, di menti, di esperienze.
Questo è lo spirito che ha reso i maestri del nostro sistema di kung fu così rispettati.
Il non capire questo spirito ha provocato l'attuale confusione di lineage e scuole nel mondo del Wing Chun moderno e l'apparente inefficacia e anacronismo di certe pratiche caratteristiche del sistema. 
Sono i praticanti attuali, deboli, anacronistici ed inefficaci, e non l'Arte in sè.
Per crescere e diventare efficaci nel sistema Wing Chun occorre "soltanto" allenarsi bene e con ferma determinazione secondo i principi tradizionali.

* Il secondo riguarda la tendenza a studiare distintamente il wai gong (allenamento esterno) e il nei gong (allenamento interno) del Wing Chun.
I due aspetti non possono essere trattati separatamente perché, pur essendo distinti, sono profondamente legati tra loro e uno è indispensabile all'altro per la crescita completa e progressiva di ogni serio praticante. Nella pratica moderna di questo sistema in molte scuole l'aspetto spirituale e quello fisico sono profondamente separati e viene di solito considerato più importante lo sviluppo spirituale. Già questo è un errore perché in effetti la mente è veramente sana solo in un corpo veramente sano (molto difficile da spiegare agli allievi più "meditativi"). INVECE NEL WING CHUN QUESTA CONNESSIONE C'E'. Nel Wing Chun si cresce di pari passo nel corpo e nella mente cercando, per quanto possibile, di evitare squilibri in uno dei due sensi.

* Il terzo riguarda il termine "kung fu", da noi usato per descrivere la nostra attività ma che effettivamente non è molto usato nella Cina continentale, dove si preferiscono altre definizioni (Wu Shu, Wu Yi, Guo Shu, Quan Fa, Ji ji ecc...)
Gli ideogrammi che compongono le parole Kung fu (Gong fu con la traslitterazione Pinyin) sono due e rappresentano un uomo illustre, celebre per il grande livello di abilità raggiunto in un'attività (fu) che compie un lavoro utilizzando la propria forza (Gong), quindi possiamo tradurre Kung fu come "esercizio duro eseguito con abilità", oppure "lavoro pesante eseguito con maestria" o anche "lavoro duro eseguito per ottenere la massima abilità (ricordiamo che il Cinese non ha preposizioni e i complementi possono dipendere dal senso, nella lingua italiana accade l'opposto, sono i complementi a dare un senso alla frase), "impegnarsi a fondo per ottenere la massima abilità" o "senza il profondo impegno non si ottiene l'abilità" ecc…                                   Come risulta evidente i diversi significati ruotano tutti intorno allo stesso concetto. Questo è il Kung fu e questo cerchiamo di trasmettere ai nostri allievi con i metodi e le tecniche tradizionali di allenamento e di pratica che lo hanno reso famoso in Oriente. Nella società di oggi dedicarsi al Kung fu tradizionale rappresenta un ottimo mezzo per lo sviluppo e l'elevazione individuale attraverso il confronto costruttivo con il prossimo senza barriere sociali, ma soprattutto attraverso la lotta senza quartiere contro le proprie debolezze poiché, con la pratica assidua, si "lavora" unitamente e in modo completo sul corpo e sulla mente.          Questi sono i motivi per cui preferiamo il termine "kung fu" per descrivere ciò che facciamo.

Caratteristiche
La disciplina che pratichiamo può vantare una storia ormai centenaria, in essa tutto il corpo è considerato un'arma da affinare. Quindi si studieranno tecniche di pugno, palmo, gomito, testa, gamba, ginocchio, ma in effetti ogni parte del corpo deve essere addestrata allo scontro e non esistono colpi scartati ideologicamente a priori (e ci teniamo a sottolineare che in Cina è stato così per il 90% degli stili fino ad almeno gli inizi del '900). Citando le stesse parole che un nostro Maestro suole ripetere ai suoi allievi durante le sedute di allenamento; in combattimento anche lo sguardo deve sprizzare "Qi velenoso".
Anche le situazioni di lotta nelle quali possiamo trovarci coinvolti saranno le più svariate, così studiamo diffusamente il combattimento a terra, le proiezioni, le leve articolari, gli strangolamenti, le tecniche di blocco del sangue e del respiro, l'ubicazione dei punti vulnerabili e dei punti "vitali" e come colpirli nel modo e al tempo appropriati.
Non crederete veramente che i maestri del passato combattessero su un tappetino di gomma?
Avete mai provato anche solo ad eseguire una forma in pendenza o su terreno sconnesso? Bene, a noi non interessa la lotta in pantofole ma il combattimento reale contro qualsiasi avversario in qualunque circostanza (o forse in strada scegliete voi l'aggressore per categoria di peso?) e per questo ci alleniamo su qualsiasi terreno, in spazi ampi come in locali angusti, con ogni clima e soprattutto in situazioni di forte stress fisico ed emotivo.
Ma anche nel combattimento il percorso formativo non sarà solo fisico e non sarà solo "confronto", sarà una crescita completa a tutti gli effetti. Inizialmente si svilupperanno abilità ovvie, visibili, oggettive, che consistono nel coordinare i movimenti del corpo tra loro e con la volontà e il respiro per reagire in modo appropriato. Successivamente si svilupperanno le abilità nascoste, date principalmente dall'esperienza, che consistono nel rendere massimamente produttiva l'abilità ovvia fino a trascendere da essa. L'abilità ovvia è lineare ed è basata sul principio di azione e reazione. L'abilità nascosta è circolare ed è basata sul concetto di non-azione, cioè di azione appropriata, come precisato anche più sopra. Infine si sviluppa l'abilità trasformata, quando sugli aspetti materiali dell'azione prendono il sopravvento le capacità spirituali del praticante che proietta nell'azione stessa la propria volontà e il proprio spirito e li "mescola" ai movimenti in un tutto unico, diventando egli stesso espressione del sistema che personifica.
Dai programmi non manca certo l'uso delle armi tradizionali "esterne" al corpo, che aiutano i praticanti a completare la comprensione dei molti principi biofisici del movimento nel Wing Chun, ne irrobustiscono il corpo e gli arti e permettono di perfezionare lo studio dei percorsi e dell'emissione del Qi. Naturalmente, per non peccare di cieco anacronismo, occorre precisare che il contesto storico e culturale in cui lo studio di tali armi si è sviluppato era ben diverso da quello in cui vive oggi l'italiano medio, e di questo teniamo conto privilegiando le tecniche di coltello e bastone almeno nelle situazioni di combattimento.
Siamo felici di incontrare ragazzi e ragazze volenterosi che desiderano percorrere la nostra via e diffondere i nostri insegnamenti ma dobbiamo essere molto selettivi e intendiamo conoscere direttamente gli aspiranti prima di ammetterli a praticare. Infatti il rapporto diretto tra insegnante e allievo rappresenta per noi ancora un aspetto irrinunciabile della pratica e di conseguenza impartiamo lezioni solo individuali o al massimo rivolte a piccoli gruppi, secondo la disponibilità degli istruttori e degli allievi. Per motivi logistici le lezioni sono tenute dagli istruttori stessi e, solo eccezionalmente, dai Maestri. In base a quanto esposto risulta evidente come ogni allievo rappresenti per noi un investimento di migliaia di ore all'anno, pertanto chiediamo innanzitutto a chi vuol seguire la nostra via di essere volenteroso, determinato e costante.
Per accedere al nostro corso non è necessario aver già praticato altre Arti Marziali o avere il fisico di un culturista, ma occorre innanzitutto essere onesti e sinceri e saper accogliere gli insegnamenti con animo motivato e fiducioso; occorre poi non avere desideri di rivalsa o essere bellicosi, non sentire il bisogno di ottenere l'approvazione altrui per i meriti ottenuti o i risultati raggiunti, non voler giudicare ciò che non si conosce prima di "abbassarsi" a sperimentarlo e soprattutto bisogna rispettare gli insegnanti e i propri fratelli d'Arte.
Precisiamo però che le lezioni sono molto impegnative, fisicamente e mentalmente.
I corsi sono GRATUITI per tutti i tesserati, ma non crediate che la gratuità deterga il sudore lungo la via della pratica! Pratichiamo per lo sviluppo e la diffusione del sistema Wing Chun e per noi stessi, intendiamo mantenere la tradizione cinese e formare istruttori (non semplici praticanti) di livello superiore che a loro volta formino istruttori secondo i medesimi principi. Le nozioni dispensate nei corsi vanno sviluppate e praticate singolarmente e intensamente a casa propria. Il programma infatti è molto vasto e qualche ora settimanale non basta per apprenderlo.
Ecco perché il grosso dell'impegno è soprattutto personale e va molto al di là degli orari di incontro, coinvolgendo ore ed ore quotidiane. In ogni lezione non ci si allena, si apprende piuttosto come allenarsi e, fatto brevemente il punto sui progressi nel lavoro svolto a casa, si passa subito avanti. Non appena possibile svolgiamo comunque sedute di puro allenamento, sempre secondo la disponibilità degli istruttori e il più delle volte collettive.
Tecnicamente, il programma è diverso per ogni allievo, in quanto tiene conto delle personali inclinazioni ed esperienze, comunque segue per lo più il seguente filo conduttore:
- studio di tecniche tradizionali di condizionamento e di allenamento mentale e fisico mirate al raggiungimento del cosiddetto stato di "corpo gong fu", in cui ciascuno ha sviluppato le proprie potenzialità corporee per la massima coordinazione e capacità fisica (ovviamente gli esercizi sono diversi e dosati diversamente per ogni allievo).

- contemporaneamente studio delle pratiche di base del qigong.

- studio delle singole tecniche, delle forme e delle loro applicazioni.

Solo ora, se l'allievo supera queste prime fasi, è possibile passare allo studio e all'approfondimento mirato del sistema Wing Chun. A questo punto, se le nostre parole hanno risvegliato un seme nel vostro cuore e volete farlo germogliare con noi (o semplicemente volete saperne di più sulle nostre attività...) potete contattarci liberamente.


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Per qualunque comunicazione puoi sempre inviare una e-mail al nostro indirizzo di posta elettronica:
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E' senz'altro possibile venirci a trovare sia in sede a Bernareggio che a Milano. Un contatto diretto serve ovviamente a conoscere meglio la persona e le sue esigenze ed avere ulteriori e più dettagliate informazioni direttamente da noi. Il tutto, come sempre, senza alcuna spesa nè impegno. Siamo un'associazione seria e con una reale presenza (diffida sempre da chi non ha una sede) e ti garantiamo un contatto personale ed amichevole in ogni circostanza. Telefona per fissare l'appuntamento, e se per problemi di lavoro o altro non ci puoi raggiungere durante la settimana, su verifica di disponibilità possiamo anche vederci al Sabato o la Domenica.

giovedì 27 febbraio 2020

Kakizaki Kageie

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Kakizaki Kageie (柿崎 景家; 1513? – 1575) è stato un samurai del periodo Sengoku che servì il clan Uesugi della provincia di Echigo.
Fu uno dei generali più famosi e temuti di Uesugi Kenshin per la sua ferocia in battaglia e partecipò ad almeno tre battaglie di Kawanakajima. Nella battaglia più importante, la quarta, guidò l′avanguardia ed alcune fonti raccontano che fu lui ad uccidere Takeda Nobushige. Suo figlio, Kakizaki Haruie, fu mandato al castello di Odawara del clan Hōjō come ostaggio per suggellare l'alleanza con il clan Uesugi.
Per ragioni che non sono chiare Kenshin sospettò che complottasse con Oda Nobunaga contro di lui e ordinò la sua esecuzione pentendosene successivamente.

mercoledì 26 febbraio 2020

Pichangatti

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Il pichangatti è un'arma bianca originaria dell'India meridionale (diffusa principalmente nel Distretto di Kodagu). È un particolare coltello-pugnale a lama sostanzialmente dritta ad un solo filo. Il termine "pichangatti" in lingua tamil significa letteralmente "pugnale a mano". La lama, lunga circa 20 cm, è larga e piuttosto pesante; tende ad allargarsi verso la punta per poi restringersi con una forma a "clip point", simile a quella del bowie. L'impugnatura, che solitamente può essere costituita da due pezzi d'argento o di corno fissati al codolo, ha un pomolo rotondo e abbastanza sporgente ed è leggermente inclinata verso il lato tagliente della lama. Il fodero solitamente è dotato di un gancio nella parte superiore e di una catena, utile per attaccarvi l'arma. È in legno, spesso decorato, e presenta ornamenti d'ottone o d'argento. In alcuni esemplari di pregio sono presenti ornamenti d'oro.

martedì 25 febbraio 2020

Katsuya Miyahira

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Katsuya Miyahira (宮平 勝哉 Miyahira Katsuya; Nishihara, 8 agosto 1918 – 28 novembre 2010) è stato un artista marziale e karateka giapponese.

Biografia

Katsuya Miyahira nacque l'8 agosto 1918 a Nishihara nella prefettura di Okinawa dove le arti marziali sono sempre state popolari tra i residenti. Inizialmente imparò le arti marziali da suo padre, che si era laureato nella Scuola militare Toyama ed era abile nel kendō e nella ginnastica. Entrando nella scuola secondaria Miyahira iniziò a concentrarsi sul karate. Nel 1933 divenne studente presso il dojo di Chōsin Chibana, che si trovava a Nakijin Goten; lì fu soggetto all'influenza degli allievi anziani del dojo, come Kangi Shoya, Yasuyoshi Kamikosu, Tsuguyoshi Miyagi, Chozo Nakama e Shinji Tawada. Inoltre Miyahira studiò già karate anche alla scuola secondaria con Anbun Tokuda, che fu anche suo insegnante, e che gli insegnò che lo spirito delle arti marziali pone la gentilezza in mezzo al rigore. Sia Chibana che Tokuda sono stati tra i migliori studenti di Ankō Itosu, il maestro dello Shōrin-ryū. Ciò permise a Miyahira di imparare i kata tradizionali dello Shuri-te, sia nel dojo in città che a scuola.
Nel gennaio 1937 si addestrò con Motobu Chōki ma successivamente dovette interrompere la pratica del karate a causa della guerra. Venne infatti trasferito in Manciuria, dove lavorò come insegnante e dove insegnò difesa personale. Nel 1948, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, ottenne il grado di Shihan da Chibana e, in ottobre, aprì un dojo di karate nella sua città natale, Nishihara, con l'intenzione di formare i giovani ad essere persone forti che avrebbero potuto vivere attraverso le difficoltà di quel periodo. Miyahira impostò le regole del suo dojo come seguono:
  • Cercare di perfezionare il proprio carattere
  • Coltivare lo spirito di fare degli sforzi costanti
  • Ammonire il proprio ardore giovanile
  • Dare valore alle buone maniere
Chiamò il suo dojo Shōrin-ryū Shidōkan, la "Sala della via del guerriero", sperando di istruire i giovani che aspiravano a imparare la via del karate. Il nome Shido fu preso dai Dialoghi di Confucio, capitolo sette, verso sei, libro quarto del ventesimo volume:
  • Stabilisci nel tuo cuore di seguire sempre la via.
  • Rimani vicino al sole della virtù e non allontanarti.
  • Credi nel potere della benevolenza come supporto.
  • Prendi il piacere da queste abilità.
Dopo essersi trasferito a Naha, nel settembre 1952, continuò i suoi sforzi per diffondere lo Shuri-te, difatti visitò anche le Filippine per insegnare e diffondere il karate.
Nel 1956 Katsuya Miyahira costruì il dojo Shidōkan dietro casa sua nel quartiere di Tsuboya, e due anni dopo ricevette il titolo di Kyōshi dal Dai Nippon Butokukai. Nel 1967 gli venne attribuito il grado di 9° dan Hanshi e, due anni dopo, alla morte di Chibana , divenne presidente della Okinawa Shorin-ryu karate-do Association. Cercò di far crescere l'associazione, visitò le associazioni di Shorin Ryu Shidōkan brasiliana, argentina e nordamericana, per insegnare e diffondere il karate all'estero.
Nel giugno del 1974, Miyahira partecipò al primo Campionato del Mondo di karate e ricevette un premio per il suo servizio al karate. Quattro anni dopo venne premiato con il grado di 10° dan Hanshi. Nel 1982 divenne consigliere della Federazione giapponese di Karate e dedicò le sue energie per contribuire alla crescita del karate giapponese. Prese anche parte al Torneo internazionale di Arti marziali tra Cina e Giappone come leader del team giapponese, impegnandosi per la buona riuscita dello scambio.
Nella divisione karate del 42º Incontro di atletica nazionale nel 1987, la squadra di Okinawa, guidata da Miyahira, conquistò il primo posto e la vittoria fece guadagnare a Miyahira un premio speciale per il suo ottimo servizio, assegnatogli dall'Okinawa Amateur Sports Association.
Katsuya Miyahira morì di cancro il 28 novembre 2010, all'età di 92 anni.

lunedì 24 febbraio 2020

Katara (arma)

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Una katara, o katar (lingua Hindi कटार, "katara", lingua tamil கட்டாரி, "kaţţāri"), nota anche come suwaiya, jamadhar o pugnale Bundi, è un'arma bianca manesca del tipo spada corta (daga) originaria del subcontinente indiano ma diffusasi anche in altri paesi per la sua capacità di portare potenti e rapidi attacchi di punta. Arma precipua dei Rajput, consisteva di una solida lama immanicata su due stanghe collegate orizzontalmente dall'impugnatura.
Viene tuttora utilizzata in un'arte marziale indiana chiamata Kalari payat. Dalla katara sarebbe derivata un'altra peculiare arma indiana, il pata.

Precisazione onomastica
Il sostantivo "katara" viene utilizzato per indicare la daga a spinta indiana conseguentemente alla trascrizione del vocabolo di lingua hindi कटार eseguita dallo studioso britannico Egerton nel suo Indian and Oriental arms and armor (Londra, 1880). In epoca più recente lo studioso Pant, nel suo Indian arms and armour (Nuova Delhi, 1980) ha però suggerito che la trascrizione più corretta sia jamadhar, i.e. "dente della morte", parola composta delle radici sanscrite Yama, il dio della morte, e dadh, "dente".

Storia
La katara è una delle armi bianche più antiche e particolari della già particolarissima panoplia dei guerrieri del subcontinente indiano. Venne sviluppata per migliorare le capacità offensive del coltello-pugnale contro un avversario protetto da una solida corazza, nell'ottica di una scherma agile e acrobatica esercitata con due daghe da pugno o una katara e una spada (khanda nel caso dei Rajput), un modello di combattimento che può essere facilmente accostato al binomio spada-daga in uso nell'Italia del Rinascimento (v. Manosinistra e Spada da lato) o al daishō dei bushi giapponesi.
L'arma venne sviluppata dagli armaioli del Tamil Nadu, a quel tempo parte dell'Impero Vijayanagara (1336-1646), sull'altopiano del Deccan (India centrale) in epoca medievale e da lì si diffuse in tutto il subcontinente. Le forme tamil dell'arma presentavano una guardia a cocchia per proteggere il dorso della mano ma questa tipologia di "katara incappucciata" sparì nel XVII secolo.
La katara venne adottata dai guerrieri Rajput, Sikh e Moghul, divenendo rapidamente uno status symbol oltre che un'arma vera e propria. Nobili e magnati di queste etnie ostentavano la katara nelle loro apparizioni pubbliche, si facevano raffigurare con essa nei dipinti e, nel caso dei Moghul, se ne servivano anche per la caccia al cinghiale o, più raramente, alla tigre. Al tempo dell'Impero Maratha (1674-1818), le katara iniziarono ad essere realizzate riciclando la lama spezzata di spade più lunghe, anche di provenienza occidentale.
Durante l'occupazione britannica dell'India, le katara conobbero un notevole successo presso i collezionisti occidentali di reperti orientali. Conseguentemente, molti esemplari di quest'arma, spesso meramente decorativi e privi di efficacia bellica, vennero prodotti per il grande mercato coloniale. Questa moda venne confermata dai pregevoli esemplari con impugnatura rivestita da lamine in oro prodotti a Bundi (Rajasthan) per l'Expo 1851 al Crystal Palace di Londra che valsero alla katara la nomea di "Daga Bundi".

Costruzione
Arma molto particolare, la katara si compone di:
  • Lama in acciaio Wootz, massiccia e triangolare, affilata su ambo i lati. In alcuni esemplari è più lunga, diritta e con profonde scanalature parallele ai bordi, o fiammeggiante ("lama flambard"). In altri la lama è ricurva, simile a una variante più massiccia del khanjar. I maratti (XVI-XVII secolo) ricorrevano spesso a lame di produzione occidentale, imbullonate a delle proiezioni dell'impugnatura, con punta rinforzata per sfondare la maglia ad anelli dei Moghul (v. sfondagiaco).
  • Impugnatura perpendicolare all'asse dell'arma, stretta ai lati dalle due stanghe di metallo che dipartono dal forte della lama e assicurano la katara all'avambraccio dell'utente. In alcuni esemplari, noti come "katare incappucciate", un'elsa a coppa proteggeva il pugno dell'utente. Alcune katara "di rappresentanza" di produzione Moghul avevano impugnatura interamente realizzata in giada (un esemplare di questo tipo è oggi conservato al Louvre di Parigi).
La katara veniva riposta in un fodero di legno, coperto di cuoio o stoffa e impreziosito da ghiere metalliche, assicurato al cinturone del portatore.
Come nella daga occidentale del Rinascimento, anche la katara indiana sviluppò modelli a più lame (solitamente tre), divaricabili in un tridente da pugno, atto a spezzare la lama avversaria o eviscerare il nemico già colpito, tramite pressione su di meccanismo celato nell'impugnatura, solitamente composto da un manico a doppia sezione che, richiuso su sé stesso, sbloccava le lame. Queste armi a lama multipla erano note come Suwayah. In alcuni esemplari, due lame erano assicurate, usa sopra l'altra, alla medesima impugnatura.
Parimenti, alcuni esemplari museali dell'arma presentano uno o più meccanismi di sparo assicurati alla guardia (una katara con due pistole a canna corta è oggi conservata presso il City Palace Museum di Jaipur).
Gli esemplari a lama corta erano spesso decorati, su ambo i lati del "forte", da immagini sacre (interessante in questo senso l'esemplare oggi conservato nel museo della Torre di Londra, cat. XXVID.62): il dio Vishnu, i banchetti di Krishna con il dio-scimmia Hanuman, il dio Shiva abbinato a suo figlio Ganesha, ecc.

Media
La foggia particolare della katara le ha valso un discreto successo nelle opere di finzione moderne, quali videogiochi, fumetti, ecc.:
  • Nel videogioco Final Fantasy VIII, il personaggio temporaneo Kiros usa come armi due katara, per errore tradotti in "katal".
  • Nel MMORPG Ragnarok Online è l'arma utilizzata dai personaggi di classe assassino.
  • Nel MMORPG Last Chaos è il nome di uno dei server di gioco.
  • Nel manga e anime Fullmetal Alchemist, il protagonista Edward Elric è solito trasformare il suo braccio metallico in una katara, anche se non viene mai chiamato in tal modo.
  • Nel manga Berserk, uno dei personaggi, Shilat, utilizza la katara come sua arma principale.
  • Nel film ispirato all'omonimo videogioco Prince of Persia, il personaggio "Cacciatore" utilizza una katara incorporato nel braccio al posto della mano.
  • Nel videogiochi della serie Soulcalibur il personaggio Voldo è solito usare diverse varianti della katara.
  • Nel videogioco Diablo II è la prima arma del personaggio assassino, utilizzabile solo da questo.
  • Nel manga e anime Tutor Hitman Reborn è l'arma utilizzata dal quinto Boss della Famiglia Vongola.
  • Nel multiplayer del videogioco Assassin's Creed: Revelations il personaggio "Sentinella" utilizza come arma primaria una katara a lama lunga.