martedì 29 novembre 2011

Tecniche di parata




Il karate differisce daI pugilato e dalle altre arti marziali nelle tecniche difensive. Molte di esse consentono di parare calci facendo uso delle braccia allo stesso modo delle gambe. Questa è una delle caratteristiche che lo rendono unico.
Tutte le parate vanno effettuate proprio sul nascere dell’attacco dell’avversario. Di conseguenza, è assolutamente necessario anticiparlo.
Occorre tenere sempre a mente le varie funzioni della parata:

1. Scoraggiare un ulteriore attacco.
L’impiego di una grande forza nella parata può scoraggiare l'avversario ad attaccare ancora, e in questo modo la parata stessa diviene un attacco.

2. Bloccare.
Il braccio o la gamba dell’avversario possono essere parate anche impiegando una forza relativamente trascurabile, sufficiente appena a deviarli.

3. Parare e attaccare.
E’ anche possibile parare e contrattaccare contemporaneamente.

4. Sbilanciare l’avversario con la parata.

5. Ritirarsi.
Parare e ritirarsi in una posizione più sicura finché non si presenti l’occasione per attaccare.


Per ottenere la massima efficacia nelle tecniche di parata, occorre padroneggiare i seguenti punti:
1. Direzione della forza.
E’ impossibile parare senza aver prima valutato attentamente la traiettoria dell’attacco. Deviare il pugno o il calcio parando rispettivamente: dal basso verso l’alto, se l’attacco è diretto al viso; dall’esterno verso l'interno e viceversa, se l’attacco è diretto al tronco; dall’alto verso il basso, spazzando via lateralmente, se l’attacco è diretto all’addome.

2. Rotazione dell’avambraccio e scelta del tempo.
Colpire semplicemente il braccio dell’avversario produce un risultato relativamente modesto. La rotazione dell’avambraccio con cui si para l’attacco, rende più efficace la parata, anche se la scelta del tempo rimane il fattore determinante.

3. Rotazione delle anche.
La rotazione delle anche è un fattore essenziale nelle parate come nelle tecniche di pugno.
Occorre parare e concludere la tecnica sempre con le anche, ritirando il braccio opposto contemporaneamente alla parata.

4. Posizione del gomito.
L’efficacia di una parata dipende dalla concentrazione di tutta la potenza del corpo nell'avambraccio al momento dell’impatto. Se il gomito tocca il corpo, la potenza che si può sviluppare è massima, ma la portata della parata può venire ridotta considerevolmente. Perciò, a seconda della situazione, il gomito non dovrebbe trovarsi né troppo lontano, né troppo vicino al corpo, inizialmente a una distanza corrispondente all’incirca alla larghezza di un pugno.

5. Posizione terminale di parata.
Spingere l'avambraccio oltre il punto in cui va effettuata la parata provoca una perdita di equilibrio, una diminuzione della contrazione dei muscoli dei fianchi, riduce il controllo del corpo e rende difficoltosa l’esecuzione delle tecniche successive. E’ necessario apprendere con cura le posizioni finali per le varie parate.

6. Parate e attacchi.
Oltre alla possibilità di scoraggiare ulteriori attacchi dell’avversario con una parata molto forte, vi sono numerose tecniche di parata che possono diventare altrettante tecniche d’attacco.

lunedì 28 novembre 2011

Stella del mattino

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La mazza chiodata, conosciuta anche come stella del mattino (in inglese morning star), goedendag e goupillon (Holy water sprinkler) è stata un'arma medievale consistente sostanzialmente in una mazza dotata di uno o più aculei.
Date le caratteristiche della prima guerra mondiale, in cui i soldati erano sovente costretti a combattere in corpo a corpo in spazi ristretti (le trincee), l'arma è stata ripresa anche durante la Grande Guerra.

Storia
La stella del mattino "classica" viene spesso rappresentata nell'arte medievale. Una di esse è ad esempio presente come armamento di un cavaliere o di un soldato nell'arazzo di Cesare del Museo di Storia di Berna, che rappresenta la battaglia condotta da Giulio Cesare contro il condottiero germanico Ariovisto.
Esso fa parte di alcuni arazzi tessuti a Tournai tra il 1465 e il 1470 e presi come bottino di guerra a Carlo il Temerario dopo una delle sue sconfitte durante la sua guerra contro gli svizzeri.
Nel poema Le Chevalier Délibéré scritto da Olivier de la Marche e pubblicato nel 1486, vi è un'incisione che rappresenta un cavaliere che porta una stella del mattino piuttosto semplice con aculei montati in modo asimmetrico e un mazzafrusto a una sola sfera di aculei (quest'ultimo noto come kettenmorgenstern).
Si pensa che nel medioevo la mazza chiodata in generale venisse usata per sfondare e disarticolare le armature dei nemici che poi venivano però "finiti" con le spade o i pugnali.

Utilizzo nella Grande Guerra
La guerra di trincea che caratterizzò la prima guerra mondiale, evidenziò l'inadeguatezza e spesso la mancanza negli eserciti di armi adatte al combattimento corpo a corpo in spazi ristretti, quali erano le trincee. Inizialmente furono gli stessi soldati a sopperire a questa mancanza modificando manualmente pugnali di origine commerciale o baionette catturate al nemico.
Ben presto però, a tutti gli eserciti impegnati nel conflitto, furono distribuite armi d'ordinanza per gli assalti corpo a corpo, per lo più pugnali; e si vide inoltre l'uso di pugni di ferro, nonché, ovviamente, della mazza ferrata (da entrambi gli schieramenti tedeschi e austro-ungarici, inglesi e francesi), la quale non veniva più utilizzata da circa tre secoli.
In quel contesto, data l'assenza di armature, la mazza ferrata non fu usata alla maniera medievale ma piuttosto alla stregua di una clava.

Mazze ferrate e propaganda
All'epoca della Grande Guerra ci fu in Italia una enorme campagna anti austriaca incentrata sull'utilizzo, raffigurato come barbaro e infame, della mazza ferrata utilizzata per colpire e uccidere i soldati inermi colpiti dai gas. Ciò avvenne mediante cartoline, opuscoli, locandine e giornali allo scopo di "disumanizzare" il nemico, raffigurandolo spietato, sanguinario e crudele. Nulla di tutto ciò avvenne tra le altre nazioni di entrambi gli schieramenti, dove l'ampio uso in trincea delle mazze ferrate le fece considerare per quello che erano, armi comuni d'assalto e da difesa.

Usi recenti
Nella "cella della morte" della Risiera di San Sabba è stata rinvenuta una mazza ferrata adoperata per dare il colpo di grazia ai condannati.
Attualmente, la mazza ferrata viene ancora utilizzata ad esempio nella Giostra del monaco a Ferrara, unica giostra storica equestre con mazza ferrata, dove cavalieri a rappresentanza delle città di Este, Ferrara e Grottazzolina, devono colpire con la mazza ferrata il bersaglio, costituito da tre scudi in gesso di diversa grandezza, posti a circa tre metri d´altezza su una speciale "forca".


Tipologie
Armi medievali
La stella del mattino
La stella del mattino (morning star in inglese, Morgenstern in tedesco) era sostanzialmente una mazza dotata di aculei (o punte) metallici; generalmente con una punta più lunga all'apice, oltre ad un certo numero di aculei più piccoli tutto intorno alla testa dell'attrezzo. Veniva utilizzata sia in fanteria che in cavalleria, nel qual caso, spesso, era provvista di impugnatura più lunga. La mazza d'armi, arma tradizionale dei cavalieri, si sviluppò indipendentemente, divenendo un'arma completamente in metallo con una testa di varie forme, mentre la stella del mattino conservò i suoi caratteristici aculei, con una impugnatura generalmente in legno di varie misure (spesso nelle armi in uso alla fanteria arrivava a misurare anche 1,8 m (6'), allo scopo di facilitare la presa a due mani). Il suo utilizzo cominciò ad essere popolare all'inizio del XIV secolo, e il termine viene spesso applicato erroneamente al mazzafrusto (fléau d'armes in francese e kriegsflegel in tedesco), che consiste in un manico di legno su cui è fissata una catena terminante in una o più sfere metalliche o una barra di legno o metallo, che può avere anche aculei. Il peso della stella del mattino variava a seconda della lunghezza, del materiale usato e della grandezza della parte metallica. Poteva essere impugnata o anche lanciata.
Si pensa spesso che la stella del mattino fosse un'arma utilizzata dalla semplice milizia contadina, ma ciò non è corretto. Si distinguono infatti tre tipi dell'arma, distinti per qualità di lavorazione:
  • Il primo era di buona manifattura ed utilizzato dai soldati di professione, prodotto in serie da esperti artigiani per essere immagazzinato negli arsenali cittadini.
  • Il secondo, molto più semplice, veniva prodotto a mano dalle stesse milizie contadine, con legnami che essi stessi si procuravano (per questo motivo le foreste erano spesso indicate come "arsenali di Dio") e fornite di punte e aculei dei locali maniscalchi. L'impugnatura e la testa erano solitamente ricavate in un solo blocco, e talvolta venivano rinforzate con fasce metalliche.
  • Il terzo aveva uno scopo prettamente decorativo, spesso dotato di impugnatura corta e fatto interamente in metallo (un esempio del XVI secolo in acciaio, oro e argento è conservato nella Collezione Wallace di Londra).
Due notevoli esempi del tipo militare sono conservati nei musei di Vienna, entrambi del XVI secolo. Il primo misura 2.35 m (7' 9") di lunghezza, incluso l'aculeo principale che misura 54 cm (21"). La testa è costituita da un cilindro di legno fissato sull'impugnatura e rinforzato con fasce metalliche, con cinque punte metalliche disposte in maniera simmetrica. Il secondo esempio ha una testa metallica di fattura piuttosto complessa, con aculei a forma di V, montata su una impugnatura che misura poco meno di due metri di lunghezza. Una barra di acciaio ritorto connette l'impugnatura alla base dell'aculeo principale. Esistono anche 183 esemplari a Graz, prodotti in serie e forniti all'arsenale nel 1685. Sono comparabili per lunghezza agli esemplari già descritti ed hanno tre file di punte intorno alla testa. Nel tipo militare l'impugnatura lignea veniva generalmente rinforzata con fasce di metallo. Altri esemplari di queste armi sono conservati in Svizzera negli arsenali di Lucerna e Zurigo.

Il Goedendag
Il Goedendag o Plancon era un'arma fiamminga descritta spesso come simile alla stella del mattino; era un'arma ad asta che combinava una lancia con una mazza. Il suo nome ha un significato sarcastico, poiché Goedendag è il termine olandese per "buona giornata". Fu usata con grande efficacia dalle truppe fiamminghe contro la Francia durante la Battaglia degli speroni d'oro, l'11 luglio 1302. Era un'arma di fanteria, formata da una grossa impugnatura di legno (di lunghezza variabile tra 1,2 e 1,8 m (4 - 6 piedi), che si allarga leggermente verso l'alto, sormontata da una punta di ferro. Viene rappresentato nei dipinti del cassettone di Courtrai Chest (che si trova presso il New College di Oxford, Inghilterra), utilizzato a fianco della lunga picca, detta geldon, dai fiamminghi contro i cavalieri francesi. Kelly DeVries in Medieval Military Technology afferma che la punta aveva lo scopo di disarcionare i cavalieri francesi, mentre la mazza doveva servire per colpire l'avversario a terra. Fu usata solo per un breve periodo, ed esclusivamente dalla fanteria fiamminga, prima di essere abbandonata agli inizi del quindicesimo secolo.

L'Holy water sprinkler
L'holy water sprinkler (letteralmente aspersore di acqua santa, per la sua rassomiglianza all'aspergillum utilizzato nella liturgia cattolica), o goupillon in francese, era una stella del mattino popolare nell'esercito inglese dal sedicesimo secolo e prodotta in serie da fabbri. Una di queste armi è presente nelle Armerie Reali ed è costituita da una testa di ferro con sei flange. L'impugnatura di legno è rinforzata con quattro fasce e la lunghezza totale dell'arma è di circa 1,90 m.
Il termine può essere utilizzato per descrivere un tipo di mazzafrusto. Invece di una sfera metallica alla fine della catena, aveva una cilindro metallico ricoperto di acuminate spine. Secondo la leggenda popolare, era l'arma favorita di Giovanni I di Boemia, che, essendo cieco, la utilizzava per colpire casualmente tutto intorno a sé.

Armi della Grande Guerra
Mazze ferrate inglesi e tedesche
La prima apparizione delle mazze ferrate della Prima Guerra Mondiale avvenne sul fronte occidentale nelle mani degli inglesi, dove proprio il Royal Engineers (Genio militare), avviò per primo tra gli eserciti la produzione di tale arma.
Il genio inglese preferì adottare le mazze ferrate invece che i coltelli come negli altri eserciti, in quanto più efficaci nel corpo a corpo e nelle mischie in trincea, dove la mazza poteva essere usata "alla cieca" e mettendo in grado l'assalitore di tramortire o uccidere più soldati nemici.
Ma probabilmente vi fu anche un motivo pratico ed economico, infatti la produzione di una mazza era sicuramente più economica e veloce in confronto alla produzione di un buon pugnale, dimostrazione ne fu la "flanged knobkerrie" (mazza alettata) la cui testa in ferro era intercambiabile, rendendo il manico "multiuso", essendo progettato per ospitare una paletta o una piccola piccozza.
In linea di massima le mazze progettate dalla Royal Engineers erano lunghe circa 50 cm, in legno tornito con un rinforzo in ferro nella testa con cui si colpiva il nemico, con chiodi sfaccettati o rotondi.
Più complesse erano invece le mazze ferrate in dotazione all'esercito tedesco, analogamente a quelle dell'esercito austro-ungarico, erano di due tipi, flessibile con fusto a molla e testa cubica o ovoidale con punte, o di tipo rigido in legno con la testa cilindrica in ferro con chiodi o punte, molto più decorate delle mazze rigide inglesi.

Mazze ferrate austroungariche
Sul fronte italiano, le mazze ferrate apparvero per la prima volta sul Monte San Michele durante un attacco del 1º e del 17º reggimento della 20ª Divisione austriaca con i gas asfissianti il 29 giugno 1916. Da quel giorno, la propaganda italiana strumentalizzò moltissimo l'uso definito "barbaro" delle mazze ferrate da parte del nemico per dare il colpo di grazia ai nemici esanimi dai gas.
Il terreno di scontro italo-austriaco, modificò anche la progettazione delle mazze austriache, queste infatti erano spesso con fusto a molla, corte e leggere, senza punte e quindi adatte per essere infilate nei cinturoni, in modo da aumentarne maneggevolezza e diminuirne l'ingombro.



domenica 27 novembre 2011

Tegha

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La Tegha è un'arma bianca manesca del tipo spada tipica del Subcontinente indiano, con lama ricurva, tagliente sul lato convesso, ed impugnatura ad una mano. Rispetto alla Scimitarra indiana, il talwar, ha lama molto più massiccia e pesante poiché serve come spada da esecuzione.

Costruzione
Rispetto all'archetipo della scimitarra, la tegha presenta delle caratteristiche deviazioni, dovute sia alla sua derivazione dal talwar sia al suo utilizzo quale spada da esecuzione:
  • La lama, sempre realizzata in ottimo acciaio Wootz, è lunga, molto massiccia e marcatamente ricurva in prossimità della punta, con tagliente sul lato convesso e dorso solido, non presenta il contro-taglio caratteristico della scimitarra vera e propria (v. kilij);
  • L'impugnatura, interamente in metallo come tipico per le armi indiane, ricorda moltissimo quella del talwar o di altre spade prodotte nel subcontinente indiano, con piccola guardia a crociera dalla parte centrale massiccia, cuspidata o lavorata in fogge zoomorfe. Dalla guardia diparte un arco para-mano che si congiunge al pomolo, sempre massiccio, spesso in foggia di disco.


sabato 26 novembre 2011

Suwa Yorishige

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Yorishige Suwa (諏訪頼重; 1516 – 1544) è stato un samurai giapponese del periodo Sengoku guida del clan Suwa.
Fu sconfitto da Takeda Shingen e sua figlia Suwa Goryōnin (諏訪御料人) fu presa come concubina di Shingen. Fu la madre di Takeda Katsuyori, futura guida del clan.
Yorishige era figlio di Suwa Yoritaka e succedette al padre nel 1539. Governava l'area nel lago Suwa nella provincia dello Shinano. Nel 1540 i Suwa e i loro rivali del clan Takeda fecero pace e Yorishige sposò la sorella di Takeda Nobutora, Nene. L'estate seguente si unì a Nobutora e Murakami Yoshikiyo nell'attacco a Unno Munetsuna. Poco tempo dopo Nobutora fu esiliato dal Kai da suo figlio Harunobu e la pace stipulata iniziò a vacillare. Yorishige e Ogasawara Nagatoki invasero il Kai ma furono ricacciati indietro da Shingen. Nel 1542 i Takeda invasero improvvisamente lo Shinano e sconfissero un impreparato Yorishige sia a Uehara che a Kuwabara nel giro di due giorni. Yorishige fu portato nel Kai e confinato al Tokoji a Kōfu. Fu costretto a suicidarsi insieme al fratello Yoritakasu, anche se potrebbe essere stato ucciso.