lunedì 30 luglio 2018

Dell'arte della guerra

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Dell'arte della guerra è un'opera di Niccolò Machiavelli scritta tra il 1519 e il 1520 e pubblicata l'anno seguente. Benché si tratti dell'unico lavoro storico-politico dell'autore pubblicato mentre questi era ancora in vita, è un libro meno letto e conosciuto del Principe o dei Discorsi, editi soltanto postumi.
L'opera, in forma di dialogo, è scritta con lo scopo, dichiarato in principio da Fabrizio Colonna (alter ego dello stesso Machiavelli):
«di onorare e premiare le virtù, non dispregiare la povertà, stimare i modi e gli ordini della disciplina militare, costringere i cittadini ad amare l'uno l'altro, a vivere sanza sètte, a stimare meno il privato che il pubblico»

Struttura

Dell'arte della guerra è diviso in sette libri preceduti da un proemio e composti da una serie di dialoghi tra Cosimo Rucellai, un amico di Machiavelli morto in giovane età, e Fabrizio Colonna, con altri patrizi e membri della recente Repubblica fiorentina. Quest'opera è dedicata a Lorenzo di Filippo Strozzi, patrizio fiorentino.
Fabrizio è affascinato dalle legioni romane dell'inizio della Repubblica e sostiene fortemente la possibilità di adattare quello stesso sistema alla Firenze rinascimentale.
Fabrizio domina le discussione con la sua conoscenza e saggezza. Gli altri personaggi fanno da semplici contraltari. I dialoghi, quindi, spesso si risolvono in monologhi di Fabrizio che indica come un esercito dovrebbe essere formato, allenato e organizzato.

Critiche

Critiche all'opera di Machiavelli non sono mancate. In molti per sottolineare il carattere poco pratico dell'opera si rifanno alle parole di Matteo Bandello a Giovanni dalle Bande Nere:
«Egli vi deveria sovvenir di quel giorno quando il nostro ingegnoso messer Niccolò Machiavelli sotto Milano volle far quell'ordinanza di fanti di cui egli molto innanzi nel suo libro de l'arte militare diffusamente aveva trattato [...] Messer Niccolò quel dì ci tenne al sole più di due ore a bada per ordinar tre mila fanti secondo quell'ordine che aveva scritto [...] Ora veggendo voi che messer Niccolò non era per fornirla così tosto, mi diceste: - Bandello, io vo' cavar tutti noi di fastidio e che andiamo a desinare. - E detto alora al Machiavelli che si ritirasse e lasciasse far a voi, in un batter d'occhio con l'aita dei tamburini ordinaste quella gente in vari modi e forme con ammirazione grandissima di chi vi si ritrovò»

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domenica 29 luglio 2018

Strategikon

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Lo Strategikon (in greco antico: Στρατηγικόν) è un manuale sulla guerra del VI secolo redatto dall'imperatore bizantino Maurizio; è soprattutto un manuale pratico, "un manuale piccolo ed elementare", secondo l'introduzione, "per coloro che si dedicano al comando militare". È ancora incerto chi sia il vero autore dello Strategikon: Maurizio potrebbe averlo solo iniziato e forse suo fratello o un generale della sua corte potrebbe essere il vero autore. Il testo fu scritto in greco, divenuto lingua ufficiale dell'impero romano d'oriente, sebbene numerosi termini adoperati siano chiaramente di derivazione latina.
Strategikon fu il tentativo di codificare le riforme militari promulgate dall'imperatore-soldato Maurizio. Queste riforme rimasero in vigore per 500 anni, fino all'XI secolo.
L'opera consiste in dodici capitoli o "libri" e si occupa di tutto ciò che riguarda l'organizzazione, l'addestramento ed il supporto per le truppe a cavallo. Include anche piani per reclutare una milizia di contadini in modo tale da sostituire le armate mercenarie. Di particolare importanza ed interesse etnografico è l'undicesimo libro, che descrive molti dei nemici di Bisanzio (Franchi, Longobardi, Avari, Persiani e Slavi). Lo Strategikon appartiene anche alla letteratura legale bizantina in quanto contiene la lista delle infrazioni militari e delle relative punizioni.
Lo Strategikon fu molto stimato negli ambienti militari come il primo, e solo, esempio di una sofisticata teoria dell'utilizzo combinato delle varie specialità fino alla seconda guerra mondiale.

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sabato 28 luglio 2018

L'arte della guerra

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L'arte della guerra (Sūnzǐ Bīngfǎ, 孫子兵法) è un trattato di strategia militare attribuito, a seguito di una tradizione orale lunga almeno due secoli, al generale Sunzi (in cinese: 孫子; pinyin: Sūnzǐ; Wade-Giles: Sun Tzu), vissuto in Cina probabilmente fra il VI e il V secolo a.C. Importante è stato il ritrovamento di un manoscritto in lingua originale scritto su un rotolo di bambù intorno al III secolo a.C.
Si tratta probabilmente del più antico testo di arte militare esistente (VI secolo a.C. circa). Sono tredici capitoli, ognuno dedicato ad un aspetto della guerra. Ebbe una grande influenza anche nella strategia militare europea. È un compendio i cui consigli si possono applicare, al pari di altre opere della cultura sino-giapponese, a molti aspetti della vita, oltre che alla strategia militare. Ad esempio all'economia e alla conduzione degli affari.
Il libro è tuttora usato per la conduzione e strategia di molte aziende di tutto il mondo. Infatti ciò che tratta non è solo la guerra in sé ma anche gli aspetti collaterali, che lo avvicinano molto alla ricerca operativa, branca della matematica sviluppatasi nel dopoguerra per risolvere problemi decisionali in guerra e poi spostata all'uso civile; da notare le affinità anche con la moderna teoria dei giochi.
Sembra poi che molti grandi personaggi del passato tra i quali Napoleone Bonaparte, Mao Zedong e il Generale Douglas MacArthur siano stati influenzati o abbiano tratto espressamente ispirazione dalla lettura di questo libro.
Unendone la lettura al complementare studio delle filosofie orientali, è possibile se non comprendere appieno, almeno intuire alcuni aspetti di culture le quali, per chi vi si accosta la prima volta, sembrano del tutto aliene.

Indice

  • I. Valutazioni di base (Ji)
  • II. Conduzione del conflitto (Zuozhan)
  • III. Pianificazione dell'attacco (Mougong)
  • IV. Disposizioni (Xing)
  • V. La forza (Shi)
  • VI. Vuoti e pieni (Xushi)
  • VII. Manovre di eserciti (Junzheng)
  • VIII. Le nove variabili (Jiubian)
  • IX. Muovere l'esercito (Xingjun)
  • X. Conformazione del terreno (Dixing)
  • XI. I nove terreni (Jiudi)
  • XII. Attacco col fuoco (Huogong)
  • XIII. L'uso delle spie (Yongjian)

Alcuni estratti

  • "Il più grande condottiero è colui che vince senza combattere"
  • "In ogni conflitto le manovre regolari portano allo scontro, e quelle imprevedibili alla vittoria"
  • "Combatti con metodi ortodossi, vinci con metodi straordinari"
  • "Se sei inattivo mostra movimento, se sei attivo mostrati immobile"
  • "Chi è prudente e aspetta con pazienza chi non lo è, sarà vittorioso"
  • "Quando ti muovi sii rapido come il vento, maestoso come la foresta, avido come il fuoco, incrollabile come la montagna"
  • "Conosci il nemico, conosci te stesso, mai sarà in dubbio il risultato di 100 battaglie"
  • "I Soldati vanno trattati innanzitutto con umanità, ma controllati con ferrea disciplina. Questa è la strada per la vittoria"
  • "Un risultato superiore consiste nel conquistare intero e intatto il paese nemico. Distruggerlo costituisce un risultato inferiore"
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venerdì 27 luglio 2018

Regno Shu

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Il regno di Shu (o Shu Han 蜀漢, Shǔ Hàn) è stato uno dei Tre Regni e sorse verso il 220 d.C. nella parte occidentale della Cina, con capitale la città di Chengdu.
Tra i Tre Regni era il meno potente militarmente e anche il più recente: si era formato in seguito alla battaglia di Chi Bi. Nel Regno di Shu si unirono i lealisti, che volevano restaurare la gloria del tempo degli Han. Grande nemico di Shu era Wei, usurpatore della corona della Cina.
Durante la rivolta dei Turbanti Gialli condotta da Zhang Jiao, che imperversava nel paese con effetti devastanti, egli stipulò un patto con i leggendari guerrieri Guan Yu e Zhang Fei: i tre diventarono fratelli di sangue e giurarono di riportare in Cina ordine e pace. Si unirono così agli sforzi di altri nobili e militari, tra cui Cao Cao, Sun Jian, Yuan Shao per contrastare la rivolta in atto. Tuttavia, non appena ottenuta la vittoria su Zhang Jiao, il sempre maggiore prestigio e forza militare dei singoli signorotti portò gli stessi ad ingaggiare una lotta intestina per il predominio, con una progressiva diminuzione del potere della dinastia Han. Ne susseguì un lungo periodo di guerra civile, che vide la lenta caduta della famiglia reale e la formazione di tre nuovi regni: Wei, Wu e, appunto, Shu.
Il fondatore di questo regno fu il famoso Liu Bei, appartenente alla nobiltà ma di famiglia povera, noto a corte come lo "Zio Bei".
Il territorio di Shu era formato dalle province di Jing e Yi, in una regione montuosa della Cina. Dopo la Battaglia di Chi Bi Liu Bei prese il controllo di Jing sconfiggendo Han Xuan (208)e i suoi ufficiali. Successivamente Liu Bei attaccò Liu Zhang, sovrano di Yi. Il suo stratega Pang Tong conquistò il castello di Lou e Lou Feng Po, importantissime roccaforti strategiche, ma venne scambiato per Liu Bei ed assassinato da Zhang Ren. Liu Bei, malgrado la perdita di Pang Tong, continuò la sua avanzata verso Mian Zhou e Cheng Du, sconfiggendo più volte le truppe di Liu Zhang grazie anche al talento dei suoi ufficiali (tra cui Wei Yan, Guan Yu, Zhang Fei, Zhao Yun). Dopo la morte di Liu Zhang e la conquista di Yi, le truppe di Shu sedarono un tentativo di rivolta di Ma Chao e Ma Dai, ex ufficiali di Liu Zhang; dopo la ribellione entrarono a far parte dell'esercito Shu.
Shu prosperò a lungo, sconfisse più volte Wei (HanZhong) ma la sua prima grave sconfitta avvenne a Fanchen: Guan Yu, il miglior generale di Shu, venne ucciso e Shu venne sconfitto da Lu Xun a Yi Ling.
Dopo Yi LIng il potere passò a Liu Chan, figlio di Liu Bei, e Zhuge Liang, astuto stratega. Egli, sedate le tribù Nanman guidate da Meng Hou, iniziò una battaglia verso nord contro Wei; fece disertare Jiang Wei ed avanzò con successo, ma quando Sima Yi prese il controllo dell'esercito Wei la situazione cambiò bruscamente: Zhang He sconfisse Ma Su a Jie Ting e Zhuge Liang fu costretto ad ucciderlo. Nella battaglia di Wu Zhang, morì per malattia Zhuge Liang, causando una ritirata dell'esercito in territorio amico.
Dopo Wu Zhang il ruolo di Zhuge Liang fu preso da Jiang Wei, che insieme a Xiahou Ba (disertore di Wei) attaccò il nord, con scarso successo. Sima Yan passò all'offensiva e nel 262 Liu Chang si arrese all'esercito Wei che assediava Cheng Du. Jiang Wei fu ucciso poco dopo in battaglia e la dinastia Shu ebbe fine, così come il sogno di riportare al potere la dinastia Han.

Personaggi di rilievo di Shu

  • Liu Bei
  • Guan Yu
  • Zhang Fei
  • Zhuge Liang
  • Zhao Yun
  • Huang Zhong
  • Ma Chao
  • Ma Dai
  • Wei Yan
  • Jiang Wei
  • Zhang Yi
  • Yan Yan
  • Zhang Bao
  • Guan Ping
  • Guan Suo
  • Guan Xing
  • Wang Ping
  • Yue Ying
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giovedì 26 luglio 2018

Mawashi

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Il mawashi (廻し) è un particolare perizoma indossato dai rikishi, ovvero i lottatori di sumo, durante l'allenamento o la competizione. I lottatori di rango più elevato indossano una variazione del mawashi, il kesho-mawashi, come parte della cerimonia d'apertura della lotta, cerimonia che viene chiamata anche dohyōiri.

Mawashi

A seconda del rango dei lottatori, il mawashi può essere di vari colori e vari materiali. Il mawashi dei lottatori di rango più alto, ovvero i sekitori, è di solito in seta ed è lunga quasi dieci metri, larga sessanta centimetri e pesa dai tre ai sei chili. Viene avvolta molte volte intorno alla vita del lottatore e fermata con un grande nodo sulla schiena. Vengono poi inseriti dei piccoli drappi di seta indurita nella parte anteriore della mawashi (opposta quindi al nodo) come decorazione, chiamati sagari. Se queste decorazioni cadono durante la competizione, il gyoji, ovvero l'arbitro, le getterà fuori dal ring quanto prima possibile.
Talvolta il lottatore può indossare il mawashi in modo tale da mettere in difficoltà l'avversario. Può indossarlo senza stringerlo per rendere più difficile che l'avversario tiri il lottatore e lo spinga quindi fuori dal ring, o può stringerlo molto per evitare che l'avversario abbia una buona presa su di esso.
Molti lottatori sono superstiziosi e credono che il colore del mawashi influisca sulla fortuna; talvolta dopo un combattimento perso cambiano il colore del mawashi per la successiva competizione.
I lottatori di rango più alto durante gli allenamenti portano dei mawashi di cotone pesante. Le decorazioni (sagari) non vengono indossate durante l'allenamento.
Chi fa parte, invece, di gradi inferiori, indossa un mawashi nero di cotone, sia per l'allenamento sia per la competizione; vengono aggiunte delle sagari in cotone, ma non sono semi-rigide.
Chi pratica il sumo a livello amatoriale dovrebbe indossare dei mawashi bianchi di cotone.
Se un lottatore perde il Mawashi durante un combattimento viene automaticamente squalificato. Normalmente i lottatori di Sumo non hanno particolari problemi con la nudità. Spesso si vestono in luoghi pieni di gente, specialmente per i tornei all'aperto (tra l'altro non possono vestirsi da soli, hanno bisogno dell'aiuto di un'altra persona). Ma è per loro vietato perdere il Mawashi e rimanere completamente nudi sul dohyo durante un combattimento ufficiale. Tale regola è stata introdotta nel 1913 per adeguare il Sumo alle attitudini occidentali riguardo alla nudità e renderlo fruibile a un maggior numero di spettatori. Dal 1913 ad oggi è accaduto solo una volta, nel maggio 2000, che un lottatore perdesse il Mawashi durante un incontro e venisse automaticamente squalificato. Si è trattato del rikishi Asanokiri in un combattimento in diretta TV contro Chiyohakuho.
La necessità di istituire tale regola e di assegnarle una pena tanto severa fa capire che prima del 1913 avvenissero spesso combattimenti tra lottatori completamente nudi.

Kesho-mawashi

I sekitori (lottatori di alto rango) indossano un secondo mawashi, il kesho-mawashi, durante il cerimoniale di apertura della competizione. Il kesho-mawashi consta di una cintura con un pannello anteriore in seta, simile ad un grembiule con stampe colorate o con i loghi degli sponsor della competizione.
Nel periodo Edo si combatteva con un kesho-mawashi, normalmente sponsorizzato da un daimyo, ma col tempo sono diventati troppo ornamentali, tanto da impedire il combattimento vero e proprio; per questo motivo il kesho-mawashi e il mawashi hanno adesso delle funzioni diverse.

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mercoledì 25 luglio 2018

Ōkubo Tadachika

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Ōkubo Tadachika (大久保 忠隣; 1553 – 28 luglio 1628) è stato un daimyō del clan Ōkubo all'inizio del periodo Edo che governò il dominio di Odawara.
Ōkubo Tadachika era figlio di Ōkubo Tadayo, un vassallo ereditiero del clan Tokugawa di quella che è oggi la città di Okazaki. Divenne samurai all'età di undici anni, e raccolse la sua prima testa in battaglia a sedici. Servì in molte delle campagne del padre, incluse le battaglie di Anegawa (1570), Mikatagahara (1573), Nagashino (1575), Komaki e Nagakute (1584) e Odawara (1590). Era considerato come uno dei consulenti più esperti e fidati di Ieyasu, assieme a Honda Masanobu. Nel 1593 gli fu assegnato il ruolo di karō (samurai di rango elevato) con Tokugawa Hidetada. Con la morte del padre nel 1594, divenne il nuovo capo del clan Ōkubo, e daimyō di Odawara, i cui ricavi aumentarono a 65.000 koku. Durante la battaglia di Sekigahara le sue forze si unirono a quelle di Tokugawa Hidetada attraversando il Nakasendō ma arrivarono in ritardo alla battaglia a causa della resistenza di Sanada Masayuki al castello di Ueda, nella provincia di Shinano.
Nel 1610, dopo la creazione dello shogunato Tokugawa, divenne un rōjū (consigliere dello shogun). Quello fu un periodo di grandi intrighi politici, poiché Tokugawa Ieyasu si era ritirato a Sunpu, anche se continuava a manipolare i politici da dietro le quinte, aumentando i malumori di Hidedata e dei suoi servitori. Tadachika cadde in disgrazia dello shogunato in quello che fu poi chiamato l'incidente Ōkubo Nagayasu del 1614. I suoi domini furono confiscati, e gli fu riassegnato un piccolo ruolo come hatamoto da 5.000 koku nella provincia di Ōmi. Poco dopo, si ritirò dalla vita pubblica, è divenne un monaco buddista chiamato Keian Dohaku (渓庵道白).
A suo nipote Ōkubo Tadatomo fu riconsegnato il dominio di Odawara nel 1687.

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martedì 24 luglio 2018

Engishiki

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L'Engishiki (延喜式, letteralmente, Procedure dell'Engi Era) è un libro giapponese su leggi e costumi. La maggior parte dello scritto fu completato nel 927.

Storia

L'imperatore Daigo ne ordinò la compilazione nel 905. L'opera fu iniziata da Fujiwara no Tokihira ma subì una battuta d'arresto quando l'autore morì quattro anni dopo nel 909. Suo fratello Fujiwara no Tadahira riprese il lavoro nel 912, completandolo probabilmente nel 927.
Dopo un certo numero di revisioni, il lavoro venne usato come base per le riforme dal 967.

Contenuti

Il testo è costituito da 50 volumi ed è organizzato in sezioni:
  • volumi 1-10: Dipartimento della Religione
  • volumi 11-40: Dipartimento di Stato e Otto Ministri
  • volumi 41-49: Altri dipartimenti
  • volumi 50: Leggi miste
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