martedì 14 marzo 2017

Tong-zi-gong

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Il Tong-zi-gong (童子功) o "kung-fu del fanciullo" rappresenta l'essenza dei migliori esercizi dello yoga, del kung-fu e del qi-gong, ed è considerato il kung-fu più mistico (metafisico) dello Shaolin. Insieme al Qi-gong, è la disciplina interiore preferita dai maestri Shaolin.
«La meta suprema consiste nel conservare la scioltezza del proprio corpo, perché il duro e il secco si rompono, il morbido e il malleabile sopravvivono.»
(Detto Shaolin)



Introduzione

La cultura dei monaci Shaolin comprende moltissime arti sviluppatesi nei secoli dagli insegnamenti del patriarca Damo (Bodhidharma). Le arti marziali terapeutiche, spirituali e religiose si dividono tra l'arte dello spirito (chan) e le arti marziali ed energetiche (quan). Un proverbio Shaolin afferma che queste due componenti della cultura costituiscono un'unica realtà:
«Chan-quan qi-i, "Le arti marziali Shaolin e la meditazione sono un'unica cosa.Sono nate insieme e una non può esistere senza l'altra"»



Alle arti esterne quan (dette hong) appartengono:
  • il kung-fu (detto anche Shaolin gang-quan-"pugno duro di Shaolin"),
  • qin-na (tecniche di cattura),
  • sanda o San-shou (combattimento libero),
  • kang-ji-gong (tecniche di potenziamento del corpo),
  • Shaolin shi-ba-wu-qi (le 18 armi classiche di Shaolin),
  • "tre gioielli di Damo": yijinjing (metodo di rafforzamento di tendini e muscoli), xi-sui-jing (metodo di purificazione del midollo e del cervello) e shi-pa-fa Luohan-quan (le diciotto tecniche della mano di Luohan).
Alle arti interne quan (dette kong) appartengono:
  • il Tong-zi-gong, (yoga Shaolin)
  • qi-gong (arte della respirazione)
  • rou-quan ( "pugno morbido" detto anche Shaolin taiji),
  • zuo-chan (meditazione).



Caratteristiche

Secondo la medicina Shaolin e l'ayurveda l'incurvamento della colonna vertebrale è da considerarsi come la prima causa del decadimento senile: gli esercizi del Tong-zi-gong hanno lo scopo di conservarne l'elasticità e di rigenerare l'equilibrio naturale per evitare inutili dispersioni energetiche. Laozi insegna:
«Alla nascita l'uomo è molle e debole, alla morte è duro e forte. Tutte le creature, l'erbe e le piante quando vivono sono molli e tenere quando muoiono sono aride e secche. Durezza e forza sono compagne della morte, mollezza e debolezza sono compagne della vita. Per questo chi si fa forte con le armi non vince. L'albero che è forte viene abbattuto. Quel che è forte e robusto sta in basso, quel che è molle e debole sta in alto



Il kung-fu Shaolin richiede un'elevata concentrazione d'energia nelle fibre muscolari, nei tendini e nelle cartilagini ed è dunque necessario praticarlo con rigorosa costanza, perché inserire una lunga pausa, causa la perdita delle nozioni e delle facoltà acquisite, esponendo le zone più fragili del corpo a possibili danni. Un proverbio Shaolin dice:
«Chi perde il kung-fu di un giorno perde il kung-fu di dieci giorni
L'anziano monaco Shi-Wan-Heng, detto il "maestro della flessibilità", che era stato iniziato alla pratica del Tong-zi-gong all'età di otto anni, afferma:
«Noi pratichiamo qi-gong soltanto a livello terapeutico, per mantenere il corpo in forma, e il Tong-zi-gong per mantenerlo elastico. Per quanto riguarda il "kung-fu del fanciullo", lo pratichiamo tra le cinque e le sette del mattino per un'ora o due, ma in ogni caso due volte al giorno, il mattino e la sera. Ovviamente, in caso di malattia, l'allenamento è sospeso, ma appena si guarisce ci si affretta a recuperarlo. Nel monastero sono in tanti a praticare il "kung-fu del fanciullo", è una peculiarità del nostro tempio Shaolin, poiché in nessun altro posto s'insegna questo tipo d'esercizi. La cosa più importante è che l'apprendistato inizi quanto più possibile in tenera età, iniziare a novanta anni sarebbe troppo tardi



Fonti

Il Tong-zi-gong è presentato ed illustrato nelle stele della Beilin ("Foresta di stele") e nelle sculture della sala Chui-pu tang (锤谱堂 "Sala dei manuali di combattimento") del tempio Shaolin.
Dal punto di vista letterario, il Tong-zi-gong è stato presentato nell'originale testo cinese "Shaolin Tong-zi-tu" (少林童子功圖)


Metodologia di insegnamento Shaolin

Secondo il maestro Shi-Heng-Jun, della 35º generazione dei monaci guerrieri del tempio Shaolin, nella metodologia di insegnamento la flessibilità è di capitale importanza, perché più si è flessibili, più si può resistere al dolore e meglio si resiste al dolore, più rapidamente s'impara il kung-fu.
«Il Tong-zi-gong è in grado di trasformare un allievo scadente in uno studente particolarmente dotato che spicca tra i suoi pari, forte nel corpo e nello spirito, qualità che conserverà per tutta la vita.Se s'intraprende la pratica dello Shaolin kung-fu senza aver prima praticato il Tong-zi-gong, la qualità della tecnica andrà calando all'età di cinquanta o sessant'anni al massimo, mentre chi pratica il Tong-zi-gong conserva inalterata la propria agilità e abilità nel kung-fu



Lo Shaolin-Quan-Mi (testo classico Shaolin) aggiunge:
«“Il monaco sembrerà giovane e agile come un fanciullo, sebbene i suoi capelli siano bianchi come le piume di una gru. Il suo corpo sarà morbido come il broccato, leggero come una rondine e resistente come l'acciaio”»
Lo Shaolin Tong-zi-gong è composto da diciotto stili, che possiedono anche un valore marziale. Infatti se quest'arte viene portata alla perfezione, qualsiasi gesto può essere trasformato in un movimento di attacco e di difesa.
Lo Shaolin Tong-zi-gong possiede una grande varietà di esercizi con i relativi scopi, che includono:
  • 1) Esercizi esterni (Wai-dan);
  • 2) Esercizi interni (Nei-dan);
  • 3) Esercizi “morbidi” (Yin-rou), per migliorare la flessibilità;
  • 4) Esercizi “duri” (Yang-gang), per aumentare la forza e la resistenza
  • 5) Esercizi di carattere misto per migliorare la postura.
Gli esercizi interni servono a curare la salute degli organi e dei visceri (Zang-fu), a mantenere sani i sistemi dell'organismo (es. San-jiao) e a trattenere e conservare nel corpo l'energia interna (Qi), in modo da poter contrastare il decadimento fisico. Gli esercizi morbidi servono invece a sviluppare l'armonia nei movimenti e la bellezza estetica.



Livelli

Il Tong-zi-gong si divide in due livelli: di base e avanzato. Quello "di base" si concentra sulla mobilità e in particolare su varie forme di rotolamento e salto. Richiede una grande flessibilità dei tendini e delle giunture, perciò l'età migliore per praticarlo va dai cinque ai sei anni. Dopo averlo praticato per quattro anni, i bambini hanno fortificato le parti più fragili del loro corpo.
Il livello avanzato del Tong-zi-gong è simile a quello del qi-gong. Viene praticato con movimenti morbidi ed efficaci, che fanno raggiungere alle giunture il massimo grado di resistenza e flessibilità, premessa indispensabile per avere una postura perfetta e una grande potenza. Con la sua pratica assidua, si può arrivare a piegare le membra in angolazioni apparentemente impossibili.



I 18 fondamentali

Il Tong-zi-gong presenta una sequenza (tao-lu) di base composta da diciotto esercizi, che costituiscono le porte dei rispettivi diciotto stili dedicati alla specifica tecnica da portare alla perfezione.
  1. Shuang-shou-he-shi (双手合十): posizione perfetta a mani giunte (dalla posizione yoga prarthanasana).
  2. Chu-zuo-lian-tai(初坐莲台): sedersi in meditazione su un trono di loto (dalla posizione yoga sukhasana).
  3. Zhao-tien-deng (朝天蹬): calcio ascendente nel cielo del mattino (dalla posizione yogautthita hasta padangusthasana).
  4. Zhuang-shang-gong (桩上功): esercizio d'equilibrio sui pali (dalla posizione yoga virabhadrasana).
  5. Dan-tui-zhang (单推掌): eseguire un affondo col palmo, in.
  6. Bao-fo-jiao (抱佛腳): Abbracciar i piedi di loto del signore Buddha (dalla posizione yoga pascimottanasana).
  7. Dao-li ar-zhi-Chan (倒立二指禅): meditazione su due dita (dalla posizione yoga adho-mukha-vriksasana).
  8. Luo-han shui-jiao (罗汉睡觉): La posizione di riposo del monaco (una variante della posizione yoga sayanasana).
  9. Qi-lou heng-cha (起落橫叉): cadere in spaccata frontale dopo un salto (dalla posizione yoga samakonasana).
  10. Tong-zi-bai Guanyin (童子拜观音): un giovane monaco offre i suoi omaggi al Buddha Guanyin (dalla posizione yoga vriksasana)
  11. Tong-zi-wo-Chan (童子臥禅): un giovane monaco si sdraia in meditazione (dalla posizione yogaviparita-padmasana).
  12. Xie-li cang-hua (叶里藏花): esercizio di sollevare le gambe ponendo i talloni davanti alla fronte (dalla posizione yoga estrema ganda bherundasana).
  13. Wan-tong-bai-fo (顽童拜佛): un giovane monaco offre i suoi omaggi al signore Buddha in una posizione difficile (variante in equilibrio della posizione yoga vatayanasana).
  14. Tou-dao-zai-bei (头倒载碑): esercizio di assumere la posizione eretta invertita (dalla posizione yoga sirsasana).
  15. Zhuang-shen dan-bi-fu-cheng (转身单臂伕撐): esercizio di sostenere la parte superiore del corpo su un solo braccio (dalla posizione yoga vasisthasana).
  16. Tie-quan-fu-hu (鉄拳伏虎): esercizio del pugno di ferro.
  17. Heng-cha-ce-wo (橫叉側臥): esercizio di sdraiarsi su una gamba in spaccata sagittale (dalla posizione yoga hanumanasana).
  18. Lian-hua pan-zuo (莲花盘坐): sedersi su un trono di loto (dalla posizione yoga padmasana)
L'esercizio 5 (Dao-li ar-zhi-Chan, o "meditazione su due dita") è una tecnica molto difficile, che richiede al monaco di sostenere l'intero peso del corpo con due sole dita di una mano. Richiede un controllo ascetico delle funzioni del corpo e secondo la tradizione orale Shaolin, i maestri ingiungono:
« “Sii moderato con il cibo e non gravare il tuo corpo con pesi inutili, dagli solo quello che richiede ed esercitati nel digiuno quando è indebolito, la tua mente sarà chiara quando il tuo corpo si sente bene e sarà debole quando il tuo corpo è malato, ma se sei in grado di concentrare la tua forza, sarai anche capace di portare su due sole dita l'intero peso del tuo corpo.”. »
L'esercizio massimizza la forza delle dita, che ben allenate possono diventare armi mortali.Una tecnica ancora più avanzata è lo yi-zhi-Chan ("meditazione su un dito") che richiede la capacità di sostenere tutto il peso del corpo su un solo dito. In tutti i tempi sono stati pochissimi i monaci in grado di adottare questa tecnica.Recentemente solo il maestro Shi-Hai-Dang, morto nel 1989, è riuscito a praticarla.

Effetti secondo la medicina tradizionale cinese

Secondo la medicina tradizionale cinese, l'esecuzione di questi esercizi, fin dall'infanzia, preserverebbe e raffinerebbe lo yuan-Qi ("energia sorgente") e manterrebbe il praticante giovane e in salute per tutta la vita.
Il Tong-zi-gong coniugherebbe il Qi del proprio corpo con l'energia della natura. Si basa soprattutto sull'armonizzazione del respiro (tiao-xi) e del movimento (tiao-shen) perché questo faciliterebbe la circolazione del sangue e l'espulsione delle sostanze tossiche dall'organismo: in questo modo il corpo umano si adatterebbe adeguatamente ai cambiamenti imposti dalle leggi della natura.
Secondo i suoi praticanti gli esercizi del tóng-zi-gōng sarebbero preziosi per la salute, in quanto influenzerebbero positivamente il metabolismo, renderebbero il fisico più elastico e migliorerebbero l'umore. La pratica per decenni del tóng-zi-gōng consentirebbe di frenare notevolmente l'orologio biologico della natura umana: a Shaolin non sarebbe difficile vedere vecchi maestri di ben oltre settant'anni che, grazie all'esercizio quotidiano del tóng-zi-gōng, sarebbero riusciti a mantenere la flessibilità di un corpo giovane.

Storia

Il Tong-zi-gong trae origini dallo yoga della cultura dei Veda, che secondo la Bhagavad-Gita sarebbe stato introdotto da Krishna. I segreti dello yoga sarebbero poi affidati al discepolo di Shiva, Patañjali-muni, perché potessero essere divulgati a beneficio di tutti.
In seguito Buddha (483 a.C.) rifiutò tutto il corpo teologico vedico ma le tecniche dello yoga vedico, i mantra (suoni mistici) e i mudra (simboli) vennero assorbiti dal Buddhismo (prajna yoga).
Secondo la tradizione buddhista, nel 64 d.C. l'imperatore cinese Ming-Ti, della tarda dinastia Han, inviò dei messi in India per ottenere sutra e immagini buddhiste. In seguito numerosi patriarchi indiani (Kumarajiva, Bodhiruci, Paramartha) vennero invitati o inviati in Cina: tra questi vi fu Bodhidharma (483-537 o 561), 28º patriarca Buddhismo indiano, che vi giunse per predicare nel 515 e tra il 520 e il 527 si stabilì nel tempio Shaolin ai piedi della montagna del Song-Shan. Chiamato Damo dai discepoli cinesi, Bodhidharma fu ritenuto primo patriarca del Buddhismo Chán cinese: da lui sarebbe nato anche, secondo alcune tarde leggende, lo stile di combattimento di Shaolin.
Durante la "meditazione seduta" (zuo-chan), che Bodhidharma insegnava a praticare per sei ore al giorno, i suoi discepoli cadevano spesso vittime dell'intorpidimento fisico e della sonnolenza. Il patriarca avrebbe quindi ideato una serie di movimenti terapeutici basati sui precetti dei suoi maestri indiani, secondo i quali certi esercizi fisici e respiratori del raja-yoga e del prajna-yoga favorivano la triplice armonia tra mente, respiro e corpo, prevenendo le malattie, frenando le tendenze aggressive della natura umana ed elevando lo spirito: avrebbe chiamato questi esercizi Tong-zi-gong, o "kung-fu del fanciullo”.
Il kung-fu sarebbe stato praticato al tempio di Shaolin già da lungo tempo, per proteggere il monastero da ladri e banditi: Bodhidharma avrebbe arricchito le conoscenze marziali dei monaci, integrandole con l'etica morale e la metodica del kalari-payattu, basato su stili marziali che prendevano il nome di animali ed erano di provenienza vedica. Riteneva che le arti marziali dovessero essere praticate al fine di ottenere lo sviluppo armonico del corpo e della mente. Bodhidharma avrebbe insegnato ai suoi discepoli tre serie di esercizi formativi di origine indiana (dal bodhisattva Vajramukti):
  • astadasa-can o astadasa-vijaya (“diciotto sottomissioni” o “diciotto vittorie”), in cinese xiang shi-pa-Luohan-shou (“diciotto movimenti delle mani dei santi discepoli di Buddha");
  • pratima asthimaja-parissuddhi, in cinese xiang yi-jin-jing ("sutra sul condizionamento dei muscoli e dei tendini");
  • pratima snavas-jala-nidana Vijapiti, in cinese xiang xi-sui-jing ("sutra sul lavaggio del midollo osseo e del cervello").
Gli esercizi venivano suddivisi tra meditativi statici (jing-gong) e dinamici (dong-gong) e divennero il fondamento delle arti marziali che resero famoso il tempio di Shaolin.
Con il tempo i monaci del tempio di Shaolin resero queste tecniche un sofisticato sistema di autodifesa e si resero famosi anche combattendo per gli imperatori cinesi.
Nel periodo dell'imperatore 'Duan-Zong della dinastia Song, emersero molti maestri esperti nel Tong-zi-gong e nel qi-gong: tra questi il monaco Hong-Wen, che era inoltre esperto negli esercizi di qi-gong duro (ying-gong) e nell'esercizio di camminare sui pali di susino (mei-hua-zhang-gong) e che secondo la tradizione del tempio sarebbe stato in grado a ottanta anni di sostenere sulla testa un peso di cinquanta chili e di reggere una persona seduta sulle sue gambe tese. Anche il monaco Hui-Ju, vissuto nello stesso periodo, era un esperto anche di qin-gong (il qi-gong leggero) e si racconta che fosse in grado di camminare su un foglio di carta teso senza romperlo, di saltare ruscelli, di spegnere una candela e di ferire i nemici da una distanza di tre metri.
Quando era abate del tempio Fu-Yu (907-960) venne compilato lo Shaolin tóng-zi-gōng-Tu, che raffigurava il diagramma del Tong-zi-gong, composto di diciotto esercizi, le "porte segrete dei suoi diciotto stili".
Secondo la tradizione del tempio, negli ultimi anni della dinastia Ming il principe Fu e suo figlio Lou-yang erano infastiditi dall'opposizione dei monaci guerrieri alle loro scorrerie nell'Henan: li allontanarono con un pretesto, ma il loro tentativo di assalire il tempio venne impedito dai loro discepoli che vi erano rimasti, capeggiati da Tong-Deng.
Nel 1927 il generale Shi-You-San fece bruciare il monastero ed andarono distrutti i suoi archivi, compreso il testo originale dello Shaolin tóng-zi-gōng-Tu. Delle copie dei manoscritti originali furono messe in salvo dal monaco Yong-Xiang. Nel 1966 il tempio venne chiuso dalle Guardie Rosse, ma alcuni monaci conservarono in segreto le copie dei testi e rimasero a proteggere l'edificio, tra cui Shi-Wan-Heng. Un altro monaco, Shi-Hai-Deng (1902-1989) divenne discepolo di due monaci che si erano rifugiati nello Sichuan dopo l'incendio del 1927.
Dal 1992 monaci fanno conoscere il Tong-zi-gong tramite esibizioni internazionali in forma di spettacolo e sono stati oggetto di documentari televisivi.



lunedì 13 marzo 2017

Zhanzhuang

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Il Palo Immobile (站樁, 站桩, zhànzhuāng, chan chuang), letteralmente "stare in piedi come un palo", è una tecnica comune a molti stili di arti marziali cinesi e di Qigong, sebbene praticata in maniere molto differenti tra loro. Il Wushu Cidian 武术词典 inserisce il Lavoro del Palo Immobile (站樁功, 站桩功, zhànzhuānggōng, chan chuang kung) tra gli Esercizi per Preservare la Salute (养生保健功, 养生保健功, yǎngshēngbǎojiàngōng , yang sheng pao chian kung). Per questo dizionario il Palo Immobile è uno degli esercizi interni tradizionali, che si esegue assumendo certe posture e mantenendole per un certo tempo.
Le posizioni nelle quali viene praticato il Zhanzhuang possono variare molto da uno stile ad un altro.

domenica 12 marzo 2017

Taolu

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Il taolu (in cinese 套路) è una serie di movimenti concatenati delle arti marziali cinesi, in italiano può essere reso come "forma" o "sequenza". Più specificatamente si tratta di una sequenza di tecniche prestabilite, sia di attacco che di difesa, atte a migliorare l'abilità tecnica, la coordinazione, la potenza, la velocità e la resistenza del praticante. In genere si tratta di una serie di azioni che sono ispirate al combattimento e ne sono un'astrazione. Possono essere definite anche come "combattimenti immaginari". Esistono anche taolu di tecniche di "liberata" e taolu di tecniche di "cadute", per allenare il praticante a sfuggire a prese (da parte di avversari) e ad attutire l'impatto con il suolo in caso di caduta.

Tipologie

Esistono diverse fattispecie di Taolu:
  • Tushou (a mano nuda);
  • Duilian (in coppia);
  • Bingxie (con le armi).
Nel Wushu moderno o sportivo, il Taolu è un insieme di categorie da gara che viene suddiviso, oltre che nelle categorie già citate, che coinvolgono anche gli stili preesistenti: in "moderni" o "codificati" che possono essere a loro volta "interni" o "esterni"; "dimostrativi" (di tradizionali, Chuantong Taolu). La divisione interni-esterni fa riferimento ad una classificazione molto diffusa delle arti marziali cinesi in Neijia e Waijia.





sabato 11 marzo 2017

Yijinjing

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Yijinjing (易筋经; in Wade-Giles I Chin Ching; traducibile come Classico del Cambiamento dei Tendini o dei Muscoli) è un termine delle arti marziali cinesi con cui viene indicato un manuale di esercizi di Qigong e l'insieme degli esercizi salutistici stessi descritti in quel testo.

Storia

Sull'origine dell'Yijinjing vengono tramandate molte storie. Quella più diffusa ne attribuisce la compilazione a Bodhidharma e ne fa un elemento basilare per la formazione dello Shaolinquan. Secondo questa leggenda Bodhidharma arrivò nel Tempio Shaolin e trovò i monaci in cattive condizioni di salute e di forma, perciò insegnò un sistema di esercizi detti Yijinjing per ovviare a queste condizioni. In seguito egli consegnò al suo successore Huike due testi: l'Yijinjing ed il Xisuijing (洗髓经, classico del lavaggio del midollo). Dei due solo il primo è giunto fino ai giorni nostri. Questa tradizione è ritenuta inattendibile da numerosi storici delle arti marziali cinesi, come Tang Hao, Xu Zhen e Matsuda Ryuchi. Questi storici hanno analizzato l'Yijinjing e basano la loro convinzione sulle incongruenze che compaiono nelle due introduzioni al testo, una attribuita a Li Jing, un generale dell'epoca della dinastia Tang, che l'avrebbe scritta nel 628, l'altra attribuita a Niu Gao, un generale dell'epoca della dinastia Song. Esattamente è l'introduzione di “Li Jing” che racconta che Bodhidharma ha fondato lo Shaolinquan e che riferisce che ciò accadeva il decimo anno del periodo Taihe dell'imperatore Xiaoming degli Wei del nord. In realtà il periodo Taihe è quello dell'imperatore Xiaowen e nel decimo anno di quel periodo (487) secondo le ricostruzioni storiche il Tempio Shaolin non esisteva e sarebbe stato edificato ben 10 anni dopo. Secondo Matsuda Ryuchi si può testimoniare sicuramente dell'esistenza dell'Yijinjing solo a partire dal 1827.
Matsuda spiega anche che non si trovano testi sullo Shaolinquan antecedenti al 1900 che attribuiscano questi esercizi a Bodhidharma. Lin Boyuan attribuisce l'Yijinjing al prete Taoista Zining nel 1624. Per alcuni l'Yijinjing sarebbe il risultato di una sintesi di due altri famosi esercizi di Qigong, il Shiba Luohan Shou ed il Baduanjin; secondo un'altra tradizione essi deriverebbero dal lavoro dei contadini nei campi.

Yijinjing 12 figure

Dell'Yijinjing esistono moltissime varianti spesso differenti tra loro per numero di esercizi e per nomenclatura. Quello che segue è un Yijinjing in 12 figure. I nomi italiani sono presi da “Qi Gong” di Carlo Moiraghi ed i corrispettivi cinesi da “Zhongguo chuantong wushu shi”.
Nomi descritti in “Qi Gong” di Carlo Moiraghi
Corrispettivo in ideogrammi e Pinyin
1 Wei Tuo offre l'asta
韦参献杵第一式 Wei can xian chu diyi shi
2 Wei Tuo offre l'asta
韦参献杵第二式 Wei can xian chu dier shi
3 Wei Tuo offre l'asta
韦参献杵第三式 Wei can xian chu disan shi
4 Sostenere il cielo raccogliere le stelle
摘星换斗式 Zhai xing huan dou shi
5 Tirare a sé le code di nove buoi
倒拽九牛尾式 Dao zhuai jiu niuwei shi
6 Sfoderare gli artigli ed aprire le ali
击爪亮翅式 Ji zhao liangchi shi
7 Nove demoni sfoderano i pugnali
九鬼拔马刀式 Jiu gui ba madao shi
8 Sollevare 3 piatti da terra
三盘落地式 San pan luodi shi
9 Il drago azzurro allunga le zampe
青龙探爪式 Qinglong tan zhao shi
10 Tigre acquattata balza sulla preda
卧虎扑食式 Wohu pushi shi
11 Profondo inchino
打躬式 Dagong shi
12 Dimenare la coda
掉尾式 Diaowei shi





venerdì 10 marzo 2017

Taijitu

La versione più comune del Taijitu.



Il Taijitu (太極圖, 太极图, tàijítú, T'ai Chi T'u) è un famoso simbolo della cultura cinese e in particolare della religione taoista e filosofia confuciana. Rappresenta il concetto di yin e yang e l'unione dei due principi in opposizione. Il termine stesso Taijitu, si riferisce a tutti gli schemi e i diagrammi che rappresentano questi due principi. A differenza di come è percepito dal punto di vista occidentale ed in accordo col significato di Taiji, ovvero "trave maestra", grande importanza è data al centro del simbolo, che solitamente non è evidenziato, e cioè nel punto in cui gli opposti si uniscono.
Wu Jianquan, un famoso maestro di arti marziali cinesi, descrisse in questo modo il nome della pratica marziale Taijiquan all'inizio del XX secolo:
«Molte persone hanno offerto differenti analisi del termine Taijiquan. Alcuni hanno detto: "Taiji viene dall'equilibrio di yin e yang. In termini dell'arte di attacco e difesa, nel contesto dei mutamenti del pieno e del vuoto, una persona è, al proprio interno, costantemente latente e esteriormente inespressiva finché yin e yang non vengono divisi". Altri affermano: "In ogni istante il Taijiquan è basato su cerchi, sull'opposizione di principi, proprio come la figura del Taijitu. Quindi, è chiamato Taijiquan". Entrambe le spiegazioni sono valide, in particolare la seconda che risulta più chiara.»



giovedì 9 marzo 2017

Seppuku

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Seppuku (切腹) è un termine giapponese che indica un rituale per il suicidio in uso tra i samurai.
In Occidente viene usata più spesso la parola harakiri (腹切り). La motivazione di questa apparente discrepanza tra l'uso di seppuku e harakiri è chiarita qui di seguito.

Vocabolario ed etimologia

Il seppuku è anche conosciuto come harakiri (腹切り, "taglio del ventre") ed è scritto con lo stesso kanji di seppuku, ma in ordine inverso con un okurigana. In giapponese il termine più formale seppuku, una lettura cinese on'yomi, è usato di solito nella lingua scritta, mentre harakiri, una lettura kun'yomi, è utilizzato nella lingua parlata. Ross nota che:
«Di norma, si considera "hara-kiri" come un termine di uso volgare, ma si tratta di un malinteso. Hara-kiri è la lettura giapponese Kun-yomi dei caratteri; poiché divenne uso comune preferire la lettura cinese negli annunci ufficiali, negli scritti si impose l'uso del termine seppuku. Quindi, hara-kiri è un termine del registro parlato, mentre seppuku è un termine del registro scritto per indicare lo stesso atto.»
(Christopher Ross, Mishima's Sword, p.68)
La pratica di fare seppuku alla morte del proprio signore, nota come oibara (追腹 o 追い腹, il kun'yomi o lettura giapponese) o tsuifuku (追腹, lo on'yomi o lettura cinese), segue un rituale simile.

La tradizione

Il seppuku veniva eseguito, secondo un rituale rigidamente codificato, come espiazione di una colpa commessa o come mezzo per sfuggire ad una morte disonorevole per mano dei nemici. Un elemento fondamentale per la comprensione di questo rituale è il seguente: si riteneva che il ventre fosse la sede dell'anima, e pertanto il significato simbolico era quello di mostrare agli astanti la propria anima priva di colpe in tutta la sua purezza.
Il primo atto di seppuku di cui si abbia traccia fu compiuto da Minamoto no Yorimasa durante la battaglia di Uji nel 1180.
Alcune volte praticato volontariamente per svariati motivi, durante il periodo Edo (1603 – 1867) divenne una condanna a morte che non comportava disonore. Infatti il condannato, vista la sua posizione nella casta militare, non veniva giustiziato ma invitato o costretto a togliersi da solo la vita praticandosi con un pugnale una ferita profonda all'addome di una gravità tale da provocarne la morte.

Il rituale

Il taglio doveva essere eseguito da sinistra verso destra e poi verso l'alto. La posizione doveva essere quella classica giapponese detta seiza cioè in ginocchio con le punte dei piedi rivolte all'indietro; ciò aveva anche la funzione d'impedire che il corpo cadesse all'indietro, infatti il guerriero doveva morire sempre cadendo onorevolmente in avanti. Per preservare ancora di più l'onore del samurai, un fidato compagno, chiamato kaishakunin, previa promessa all'amico, decapitava il samurai appena egli si era inferto la ferita all'addome, per fare in modo che il dolore non gli sfigurasse il volto.
La decapitazione (kaishaku) richiedeva eccezionale abilità e infatti il kaishakunin era l'amico più abile nel maneggio della spada. Un errore derivante da poca abilità o emozione avrebbe infatti causato notevoli ulteriori sofferenze.
Il più noto caso di seppuku collettivo è quello dei "Quarantasette Rōnin", celebrato nel dramma Chushingura, mentre il più recente è quello dello scrittore Yukio Mishima avvenuto nel 1970. In quest'ultimo caso il kaishakunin Masakatsu Morita, in preda all'emozione, sbagliò ripetutamente il colpo di grazia. Intervenne quindi Hiroyasu Koga che decapitò lo scrittore.
Una delle descrizioni più accurate di un seppuku è quella contenuta nel libro Tales of old Japan (1871) di Algernon Bertram Mitford, ripresa in seguito da Inazo Nitobe nel suo libro Bushidō, l'anima del Giappone (1899). Mitford fu testimone oculare del seppuku eseguito da Taki Zenzaburo, un samurai che, nel febbraio 1868, aveva dato l'ordine di sparare sugli stranieri a Kobe e, assuntasi la completa responsabilità del fatto, si era dato la morte con l'antico rituale. La testimonianza è di particolare interesse proprio perché resa da un occidentale che descrive una cerimonia, così lontana dalla sua cultura, con grande realismo.
Anche all'interno di un libro di Mishima, Cavalli in fuga, sono contenute numerose descrizioni di seppuku compiute da alcuni samurai che tentano una insurrezione per restaurare l'ordine tradizionale in Giappone e reintegrare nella pienezza del proprio potere l'Imperatore.
Nel 1889, con la costituzione Meiji, venne abolito come forma di punizione. Un caso celebre fu quello dell'anziano ex-daimyō Nogi Maresuke che si suicidò nel 1912 alla notizia della morte dell'imperatore. Casi di seppuku si ebbero al termine della seconda guerra mondiale tra quegli ufficiali, spesso provenienti dalla casta dei samurai, che non accettarono la resa del Giappone.
Con il nome di Jigai, il seppuku era previsto, nella tradizione della casta dei samurai, anche per le donne; in questo caso il taglio non avveniva al ventre bensì alla gola dopo essersi legate i piedi per non assumere posizioni scomposte durante l'agonia. Anche di ciò è presente una descrizione nel citato libro di Mishima, Cavalli in fuga.
L'arma usata poteva essere il tantō (coltello), anche se più spesso, soprattutto sul campo di battaglia, la scelta ricadeva sul wakizashi, detto anche guardiano dell'onore, la seconda lama (più corta) che era portata di diritto dai soli samurai.

Casi famosi

Una lista di persone che hanno effettuato un seppuku, in ordine cronologico
  • Minamoto no Tametomo (1139–1170)
  • Minamoto no Yorimasa (1106–1180)
  • Minamoto no Yoshitsune (1159–1189)
  • Ashikaga Mochiuji (1398–1439)
  • Azai Nagamasa (1545–1573)
  • Oda Nobunaga (1534–1582)
  • Takeda Katsuyori (1546–1582)
  • Shibata Katsuie (1522–1583)
  • Hōjō Ujimasa (1538–1590)
  • Sen no Rikyū (1522–1591)
  • Torii Mototada (1539–1600)
  • Quarantasei delle Quarantasette Ronin (1703)
  • Watanabe Kazan (1793–1841)
  • Tanaka Shinbei (1832–1863)
  • Takechi Hanpeita (1829–1865)
  • Yamanami Keisuke (1833–1865)
  • Byakkotai (gruppo di giovani samurai) (1868)
  • Saigō Takamori (1828–1877)
  • Nogi Maresuke (1849–1912) e Nogi Shizuko (1859–1912)
  • Chujiro Hayashi (1879–1940)
  • Kunio Nakagawa (1898–1944)
  • Korechika Anami (1887–1945)
  • Takijirō Ōnishi (1891–1945)
  • Isamu Chō (1895–1945)
  • Mitsuru Ushijima (1887–1945)
  • Yukio Mishima (1925–1970)
  • Isao Inokuma (1938–2001)

mercoledì 8 marzo 2017

Shifu

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Shifu (師傅 o anche 師父 (semplificato: 师傅, 师父); Pinyin: shīfu, Cantonese: si fu) è un termine cinese per indicare un maestro (o insegnante). Il carattere (semplificato: ) significa “insegnante” mentre i caratteri e significano rispettivamente “tutore” e “padre”. Entrambi questi caratteri sono pronunciati allo stesso modo in Mandarino ed in Cantonese creando spesso ambiguità.
Il termine shifu sembra essere una variante locale utilizzata prevalentemente nel Sud della Cina. In putonghua shifu è un appellativo informale usato anche per rivolgersi a persone non conosciute, in genere uomini. Il termine è inoltre utilizzato come titolo per persone che svolgono lavori manuali e di manutenzione (ad esempio un meccanico) come a voler mostrare una sorta di rispetto da parte del parlante verso l'abilità acquisita in un certo campo dall'interlocutore (notare che in questo caso parliamo del termine shīfu scritto 師傅). Un caso analogo si riscontra anche in italiano quando, con un'espressione dialettale, ci si appella a qualcuno (similmente a sopra) chiamandolo informalmente "capo" o "dottore".
Generalmente invece, professionisti impegnati in carriere più erudite quali quella di dottore, avvocato, eccetera, vengono molto di rado chiamati shifu. Stesso discorso per professori ed insegnanti accademici in generale. Per tutti questi casi, eccetto che per professioni con un titolo specifico come ad esempio dottore in medicina, si usa spesso il termine 老師 lǎoshī, insegnante (pronuncia Cantonese lou si).

Utilizzo del termine Shifu nelle arti marziali

Tradizionalmente, nelle arti marziali cinesi, il termine era utilizzato per manifestare rispetto nei confronti del proprio maestro. Il suo uso indicava come il rapporto tra maestro ed allievo fosse considerato molto simile al rapporto tra padre e figlio (non a caso infatti qui si parla di shifu scritto 师父, con il carattere , di padre).
C'è da dire, tuttavia, che in putonghua e specie nella Cina del nord, il termine usato per rivolgersi al proprio insegnante di arti marziali è lo stesso usato per rivolgersi a qualsiasi altro maestro di un'altra disciplina, ovvero 老師 lǎoshī.
Uno studente di arti marziali si può rivolgere al proprio insegnante usando il termine shifu solo dopo essere stato "accettato formalmente" da quest'ultimo ed esserne quindi divenuto un discepolo. L'espressione "accettato formalmente" sta ad indicare che si è svolta una cerimonia molto importante tra insegnante ed allievo nota col nome di 拜師, Baishi (semplificato: 拜师). Tramite questa cerimonia lo studente viene accettato dal maestro come suo discepolo e ne diventa quindi un allievo diretto (徒弟, túdì) entrando così a far parte della genealogia dello stile praticato. Di conseguenza, se in futuro il discepolo in questione deciderà di insegnare tale disciplina ed accetterà degli allievi diretti, diventerà per questi ultimi uno shifu dando via ad un nuovo ciclo, e così via.
Per quanto concerne il panorama delle arti marziali cinesi in Italia dunque, se ci si vuole appellare al proprio insegnante usando un termine cinese, sarebbe corretto usare lǎoshī. Inoltre, nel caso che la cerimonia bàishī non sia conosciuta e quindi tantomeno praticata, nell'ambito di tali arti marziali sarebbe meglio eliminare o quantomeno limitare l'uso del termine shifu (o sifu) così da evitare ogni possibile ambiguità e talvolta l'uso di un termine che risulta di fatto scorretto.