giovedì 28 settembre 2017

Ashikaga Yoshiteru

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Ashikaga Yoshiteru (足利 義輝; 31 marzo 1536 – 17 giugno 1565) è stato un militare giapponese. Figlio di Ashikaga Yoshiharu, fu il tredicesimo shōgun dello shogunato Ashikaga.

Shōgun fantoccio

Dopo che suo padre Yoshiharu fu costretto ad abdicare nel 1546 in seguito a un contrasto con il kanrei Hosokawa Harumoto, Yoshiteru divenne il nuovo Seii Taishōgun, sebbene solo un fantoccio del kanrei come lo era stato suo padre; aveva solo 11 anni al momento della sua investitura a Sakamoto, nella provincia di Omi, non lontano dalla capitale Kyōto.
Poco dopo la cerimonia di investitura suo padre Yoshiharu stipulò un accordo con Harumoto per ritornare a Kyōto, ma Miyoshi Nagayoshi ruppe la sua alleanza con Harumoto e si schierò con Hosokawa Ujitsuna, che scese in guerra con Harumoto e tenne lontani da Kyōto sia Yoshiteru sia Yoshiharu. Nel 1550, Yoshiharu morì prima di essere riuscito a entrare nella capitale e riprendere il suo posto.
Nel 1552, Yoshiteru strinse un patto con Nagayoshi per rientrare a Kyōto, ma dopo si alleò con Harumoto per combatterlo; con l'aiuto di Rokkaku Yoshikata, la guerra inizialmente volse a favore di Yoshiteru, ma questi fu comunque cacciato dalla capitale nel 1558 in un contrattacco. Nagayoshi non infierì sullo shōgun, e lo invitò invece a tornare a Kyōto a patto che accettasse di avere lui come ministro; in pratica Yoshiteru fu costretto a rivestire un ruolo meramente rappresentativo, mentre Nagayoshi amministrava lo shogunato.

Governo

Privo di potere politico, Yoshiteru riuscì comunque a guadagnarsi la stima dei samurai su un piano diplomatico, usando la sua influenza per ricomporre le pericolose tensioni tra alcuni daimyō particolarmente potenti, ad esempio tra Takeda Shingen e Uesugi Kenshin, tra Shimazu Takahisa e Otomo Yoshishige, e tra Mori Motonari e Amago Haruhisa. Yoshiteru è ritenuto dagli storici l'ultimo shōgun Ashikaga capace di imporsi sui daimyō provinciali, e tra gli altri Oda Nobunaga e Uesugi Kenshin si recarono a Kyōto per incontrarlo.
Yoshiteru seguì il codice di condotta dei samurai, e chiamò a Kyōto Kamiizumi Nobutsuna e Tsukahara Bokuden perché gli insegnassero il kenjutsu (la scherma con la katana); sembra che vari daimyō gli avessero donato una dozzina di preziosissime spade.

Caduta

Nel 1564, Nagayoshi morì di malattia, e Yoshiteru tentò di reimpadronirsi dell'autorità che gli spettava; tuttavia, Matsunaga Hisahide e tre membri del concilio del clan Miyoshi intendevano prendere il posto di Nagayoshi, e vista la resistenza dello shōgun si accordarono con Ashikaga Yoshihide, che in caso di loro vittoria sarebbe diventato un nuovo shōgun fantoccio.
Nel 1565, Hisahide e i Miyoshi, tra cui Yoshitsugu, assediarono la residenza di Yoshiteru (quella che sarebbe poi diventata il Castello Nijo); durante la battaglia che seguì, si dice che Yoshiteru abbia partecipato attivamente uccidendo un gran numero di nemici prima che la sua preziosa katana si spezzasse. Tuttavia, prima che le armate dei daimyō suoi alleati arrivassero in suo soccorso, le truppe di Yoshiteru furono sconfitte dai Miyoshi e lo shōgun fu ucciso. Secondo le cronache del padre gesuita Luis Frois, nel giorno della sua morte morì anche la madre di Yoshiteru, e il suo wakashu Odachidono, tredicenne, compì seppuku.
Dopo circa tre anni i Miyoshi nominarono suo cugino Yoshihide nuovo shōgun.


Eredità

Yoshiteru fu chiamato Kengo Shōgun (剣豪将軍 "lo shōgun dalla spada eroica") per la sua abilità con la katana e per la sua vicinanza agli ideali e alla cultura dei samurai; la sua morte tuttavia impedì tuttavia alla sua autorità di passare ai suoi successori, e lo shogunato cadde dopo soli otto anni dalla sua morte.
Si dice che poco prima di morire avesse composto il seguente waka: «La pioggia di maggio cade, e sono le mie lacrime o la nebbia che mi circondano? L'hototogisu (un uccello, ma i kanji significano "che non torna") prenda il mio nome e lo porti oltre le nubi» (五月雨は 露か涙か 不如帰, 我が名をあげよ 雲の上まで Samidare wa Tsuyu ka Namida ka Hototogisu, Waga na o ageyo Kumo no Ue made).


mercoledì 27 settembre 2017

Ofuda

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Gli ofuda (お札 o 御札 "carta venerabile"), talvolta chiamati shinpu (神符), sono un popolare tipo di gofu (護符), talismani distribuiti dai templi shintoisti; sono realizzati scrivendo il nome di un kami, di un tempio o di un rappresentante del kami su un pezzo di carta, legno, stoffa o metallo.
Si crede che un ofuda abbia il potere di infondere la protezione del dio, e viene generalmente apposto su una porta, una colonna o sul soffitto per proteggere la casa e i suoi abitanti. Può anche essere apposto in posti specifici, ad esempio in una cucina per prevenire dagli incendi. Inoltre può essere posto all'interno dell'altare privato (kamidana), nelle dimore che ne hanno uno.
Un ofuda molto popolare è quello distribuito dal tempio di Ise. Chiamato jingū-taima (神宮大麻) o semplicemente taima (大麻), un tempo era fatto di canapa, ma oggigiorno utilizza Ise washi (carta giapponese prodotta a Ise).
Talvolta l'ofuda viene chiuso in un sacchetto di stoffa decorata, nota come omamori (お守り); talismani di questo tipo ebbero origine nel buddhismo, ma sono diventati molto comuni anche nello shintoismo. Mentre un ofuda protegge tutta la famiglia, un omamori viene indossato dalla persona che intende ricevere protezione dalla divinità.
Nelle opere contemporanee, soprattutto manga e anime, gli ofuda compaiono come delle pergamene magiche, destinate non tanto alla protezione, quanto alla lotta contro spiriti malvagi (tipicamente yōkai); è generalmente un attributo di miko e maghi, per quanto occasionalmente compaiono nelle mani di monaci buddhisti, e in tal caso ad esservi scritto sopra è il testo di un sutra o di un mantra. Possono essere utilizzati per respingere demoni o per sigillarli in luoghi chiusi, ma l'esatta interpretazione varia a seconda dell'autore.

martedì 26 settembre 2017

Ashikaga Takauji

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Ashikaga Takauji (足利 尊氏; 1305 – 7 giugno 1358) è stato un militare giapponese. Nel 1338 ricevette il titolo di shōgun e iniziò lo shogunato Ashikaga; pose la sua capitale a Kyōto e governò dal suo palazzo di Muromachi (l'epoca prende perciò il nome di periodo Muromachi).
Takauji era un samurai della famiglia Ashikaga, discendente della linea Seiwa Genji e del clan Minamoto, perciò discendente dell'Imperatore Seiwa, e daimyō di Ashikaga, nella provincia di Shimotsuke (attuale prefettura di Tochigi); nel 1333 fu tra i generali inviati dallo shogunato Kamakura a Kyōto per sedare la rivolta Genko (元弘の乱) cominciata due anni prima.
Gradualmente deluso dallo shogunato, Takauji si alleò all'Imperatore Go-Daigo e a Kusunoki Masashige per espugnare Kyōto. Poco dopo, quando Nitta Yoshisada attaccò Kamakura e abbatté lo shogunato, l'Imperatore Go-Daigo divenne di fatto il nuovo governatore del Paese, e la sua corte di Kyōto divenne il centro del potere (restaurazione Kemmu). I clan samurai, però, non videro soddisfatte le proprie aspettative, in particolare il ritorno al sistema socio-politico che aveva caratterizzato il periodo Heian, e si dimostrarono sempre più delusi dalla ristabilita corte imperiale. Takauji cercò di convincere l'Imperatore a venire loro incontro ed evitare una ribellione, ma i suoi avvertimenti furono ignorati.
Nel 1335, Hōjō Tokiyuki, figlio del quattordicesimo shikken dello shogunato Kamakura Hōjō Takatoki, colse l'occasione per ristabilire, con una rivolta (ribellione di Nakasendai, Nakasendai no Ran), lo shogunato: Takauji soffocò la rivolta e occupò Kamakura, poi reclamò per sé il titolo di shōgun, e dichiarando di prendere le parti dei samurai cominciò a distribuire la terra tra i suoi seguaci senza il permesso della corte. Takauji proclamò la sua fedeltà alla corte imperiale, ma Go-Daigo inviò Nitta Yoshisada a riconquistare Kamakura. Nella battaglia di Hakone Take no Shita, Takauji sconfisse Yoshisada e marciò verso Kyōto, che inizialmente conquistò, ma fu poi costretto a riparare nell'isola di Kyūshū dalle forze riunite di Yoshisada e Masashige. Qui però Takauji si alleò con i clan samurai dell'isola e tornò a marciare verso Kyōto: nella battaglia di Minatogawa (o del fiume Minato), nel 1336, Takauji sconfisse Yoshisada e uccise Masashige, conquistando Kyōto una volta per tutte.
Dopo aver cacciato Go-Daigo dalla capitale, Takauji mise sul trono l'Imperatore Kōmyō, ma Go-Daigo ricostruì la sua corte a Yoshino, dando inizio al periodo Nanboku-chō ("delle corti del Nord e del Sud") che sarebbe durato per altri 60 anni.
La storia di Takauji, dalla ribellione di Genko allo stabilimento delle corti del Nord e del Sud, è raccontata nel Taiheiki, un'epica in 40 volumi del periodo Muromachi.


lunedì 25 settembre 2017

Onmyōdō

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L'Onmyōdō (陰陽道 o In'yōdō, La via dello Yin e Yang) è nella cultura esoterica giapponese un misto di occultismo e di scienze naturali, sviluppato su una base della filosofia cinese, del Wu Xing (i cinque elementi) e dello Yin e yang, introdotta in Giappone all'inizio del VI secolo. Fu accettata come un sistema pratico di divinazione. Queste pratiche furono influenzate ulteriormente dal Taoismo, Buddhismo e dallo Shintoismo, evolvendosi nel sistema dell’onmyōdō all'incirca nel tardo VII secolo. L’Onmyōdō fu sotto il controllo del governo imperiale, e, più tardi, sotto quello della famiglia Tsuchimikado, fino a quando, nella metà del XIX secolo, le pratiche furono proibite perché considerate come superstizione.

Onmyōji

Gli Onmyōji (陰陽師 o In'yōji) sono i praticanti dell'onmyōdō, specialisti nelle arti magiche e nella divinazione.
Al tempo della massima diffusione del taoismo nel periodo Heian (794–1185) (periodo in cui vi era un assoluto monopolio di tale religione), gli Onmyōji erano i più alti dignitari di corte, venivano consultati prima dell'edificazione di importanti città per ottenere i massimi auspici possibili dalla loro ubicazione.
Si dice che possano evocare e controllare degli spiriti chiamati shikigami (o shikijin).
Fra i più celebri si ricorda Abe no Seimei (921–1005) a cui venne eretto un tempio dopo la sua morte.



domenica 24 settembre 2017

Si Ling

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I Siling (四霛, 四灵, sìlíng) sono le quattro bestie guardiane della mitologia cinese, note nell'onmyōdō giapponese col nome Shishin o Shijin (四神).
In cinese i Quattro Animali (Cinese:四象, pinyin: Sì Xiàng) sono quattro creature mitologiche nelle costellazioni cinesi. Ognuno dei Quattro Animali rappresenta un punto cardinale e una stagione dell'anno, associate alle direzioni del cielo, ognuno con le proprie caratteristiche e origini. Ad ognuno dei Quattro animali è stato attribuito un nome umano quando il Daoismo divenne popolare in Cina. Inoltre, vi è un quinto animale leggendario, (Cinese:黄龙, pinyin: Huáng-lóng), detto il Drago Giallo del Centro. La direzione cardinale associata a questo animale è appunto il "centro", e il suo elemento è la Terra. Ogni membro del Siling ha sette costellazioni ad esso associate — seishuku (星宿) nella tradizione giapponese —, e corrisponde ad uno dei cinque elementi della filosofia cinese; nella tradizione giapponese, influenzato da quella buddhista, Ōryū (Huánglóng) è quasi sempre assente.

I Cinque Elementi
Nome
Kanji
Hangŭl
Trasl. pinyin
Trasl. Hepburn
Trasl. McCune-Reischauer
Nome Umano
Punto cardinale
Stagione
Elemento
Drago Azzurro
青龍
청룡
Qīng Lóng
Seiryū
Chŏng Ryōng
Mang Zhang (孟章)
Est
Primavera
Acqua
Uccello Vermiglio
朱雀
주작
Zhū Què
Suzaku
Jū Jag
Ling Guang (陵光)
Sud
Estate
Fuoco
Tigre Bianca
白虎
백호
Bái Hǔ
Byakko
Bækhō
Jian Bing (監兵)
Ovest
Autunno
Vento
Tartaruga Nera
玄武
현무
Xuán Wǔ
Genbu
Hyŏn Mō
Zhi Ming (執明)
Nord
Inverno
Terra
Drago Giallo
黃龍
황룡
Huáng-lóng
Ōryū (Kirin)
Hwang Lyōng
-
Centro
-
-



Le bestie guardiane

Qīnglóng

Qīnglóng/Cānglóng (蒼龍, 青龍), giapponese Seiryū (青龍), coreano Chung Ryong (청룡); il drago blu Guardiano dell'Est. È associato alla primavera, i colori blu e verde (considerate sfumature di un solo colore), e l'elemento legno (in Giappone l'elemento buddhista acqua); sostiene e difende il Paese (controlla la pioggia, simbolo del potere imperiale). Spesso è accoppiato a Zhūqùe, perché entrambi rappresentano sia il conflitto sia la gioia del matrimonio. Sia in Cina sia in Giappone, il drago è simbolo dell'imperatore e la fenice dell'imperatrice.
Le sue sette seishuku sono:
  • Su Boshi
  • Ami Boshi
  • Tomo Boshi
  • Soi Boshi
  • Nakago Boshi
  • Ashitare Boshi
  • Mi Boshi

Zhūqùe

Zhūqùe (朱雀), giapponese Suzaku o Sujaku (朱雀), coreano Jujak (주작); l'uccello rosso Guardiano del Sud. È associata all'estate, il colore rosso, l'elemento fuoco (in Giappone lo stesso elemento buddhista). È simbolo di conoscenza, e natura rigogliosa; si manifesta solo in tempo di prosperità. Spesso è accoppiata a Qīnglóng come simbolo del matrimonio, soprattutto di quello imperiale.
In Giappone, la parola "Suzaku" significa "Uccello di fuoco"; nell'antico palazzo imperiale esisteva un cancello conosciuto come Suzakumon ("Porta dell'uccello rosso"). Sia in Cina sia in Giappone il mito della fenice rossa sfuma in quello dei fenghuang (鳳凰) — giapponese hōō (鳳凰), coreano bonghwang (봉황) — fenici "comuni".
Le sue sette seishuku sono:
  • Chichiri Boshi
  • Tamahome Boshi
  • Nuriko Boshi
  • Hotohori Boshi
  • Chiriko Boshi
  • Tasuki Boshi
  • Mitsukake Boshi

Báihǔ

Báihǔ (白虎), giapponese Byakko (白虎), coreano Baekho (백호); la tigre bianca (o "di giada") Guardiana dell'Ovest. È associata con l'autunno, il colore bianco, e l'elemento metallo (in Giappone l'elemento buddhista vento).
Quando in una tomba si pone del metallo, è una connessione cerimoniale con la tigre di giada; secondo gli Annali Cinesi di Wu e Yue, tre giorni dopo la sepoltura del re, l'essenza dell'elemento metallo prese le sembianze di una tigre di giada e si accucciò sulla tomba, divenendone la protettrice. La giada bianca era spesso usata per venerare il dio dell'Ovest, e prese il nome di 'giada della tigre'; per i cinesi la tigre era il re di tutti gli animali e signora delle montagne, così la giada della tigre era un ornamento riservato a comandanti di eserciti. In particolare la tigre maschio era dio della guerra, e proteggeva le armate dell'imperatore in battaglia, oltre che i demoni nella sua tomba.
Le sue sette seishuku sono:
  • Tokaki Boshi
  • Tatara Boshi
  • Ekie Boshi
  • Subaru Boshi
  • Amefuri Boshi
  • Toroki Boshi
  • Kagasuki Boshi

Xuánwǔ

Xuánwǔ (玄武), giapponese Genbu (玄武), coreano Hyeonmu (현무); la tartaruga nera Guardiana del Nord. È associata all'inverno, il colore nero, e l'elemento acqua (in Giappone l'elemento buddhista terra); è anche simbolo di religiosità. È spesso rappresentata come una tartaruga con un serpente avvolto in spire sulla sua schiena.
In Giappone Genbu è descritto sempre in ascolto, saggio ed esperto degli insegnamenti del Buddha, e capace di predire il futuro. La tartaruga è simbolo di lunga vita e felicità; quando ha mille anni, è capace di parlare il linguaggio degli esseri umani. Il suo culto sopravvive attraverso la figura indianizzata di Myōken Bosatsu (妙見菩薩) ma spesso è assimilato alla sua controparte buddhista, più popolare, Tamonten (Vaisravana, versione buddhista del dio induista Kubera), il più potente degli Shitennō, i Quattro Re Celesti; la ragione può anche essere trovata nel significato negativo attribuito alla tartaruga dalla tradizione autoctona giapponese (il kanji per "tartaruga" significa anche "abuso" in giapponese).
La tartaruga è uno degli Emblemi Celesti, simbolo di longevità e saggezza; si dice che il suo guscio sia la cassaforte dell'universo. In particolare tartaruga e serpente insieme sono simbolo di longevità; si dice che la loro unione mise in pericolo l'universo stesso.
Le sue sette seishuku sono:
  • Hikitsu Boshi
  • Inami Boshi
  • Uruki Boshi
  • Tomite Boshi
  • Umiyame Boshi
  • Hatsui Boshi
  • Namame Boshi

Huánglóng

Huánglóng (黃龍), giapponese Ōryū (黄龍), coreano Hwangnyong (황룡); il drago giallo (o "d'oro") Guardiano del Centro è più simile a un serpente rispetto al drago azzurro. È associato al cambio delle stagioni, il colore giallo, e l'elemento terra. È generalmente ignorato in Giappone.



sabato 23 settembre 2017

Yamato Takeru

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Yamato Takeru (Yamato, 375 – Ise, 455) è stato un principe giapponese che, con le sue eroiche gesta, soffocò diverse rivolte contro il potere centrale del paese detenuto da suo padre, il sovrano del regno di Yamato.
I frammentari riferimenti storici che lo riguardano, mettono in dubbio la sua effettiva esistenza e ne fanno un personaggio leggendario, sebbene un principe pare esser realmente esistito con tale identità, durante quello che le antiche fonti giapponesi chiamano "Il periodo degli enigmi" nel IV secolo - V secolo d.C.
Secondo tali fonti, fu il figlio dell'imperatore Keikō, ed il padre dell'imperatore Chūai.
I riferimenti storici che lo riguardano sono contraddittori, ma la sua epopea, ampiamente riportata negli antichi testi di corte, fornisce un quadro originale su quelli che erano i rapporti di forza e gli schieramenti della corte di Yamato e dei clan delle altre province del Giappone.

La collocazione storica

Fondatore dello stato fu, secondo la tradizione, il leggendario imperatore Jimmu, discendente della dea del Sole, Amaterasu Omikami, che nel VII secolo a.C. condusse le sue armate alla vittoria che gli garantì il controllo della regione di Yamato.
Durante il periodo Kofun ("Degli Antichi Tumuli"), che va dal 250 d.C. al 538 d.C., si assiste al lento passaggio da una condizione di frammentazione politica, in cui regna l'anarchia e la lotta tra i vari regni tribali giapponesi, ad una progressiva unificazione politica del paese, ad opera del Regno di Yamato, sito nella parte centrale dell'isola di Honshū. L'affermazione definitiva degli Yamato avviene durante il periodo Asuka, dal 538 al 710 d.C., che segna l'uscita del paese dall'oscurità dei tempi antichi e la fioritura di una cultura moderna.

Il personaggio

Il principe Yamato Takeru rappresenta l'equivalente nipponico del cavaliere "senza macchia e senza paura" medioevale europeo. Il suo nome, che significa "Eroe del Giappone", può essere riferito ad altre personalità del paese, dove si stava passando dalla tradizione orale a quella scritta. Gli annali cinesi riportano come le prime iscrizioni in cinese furono inviate in Giappone nel 57 d.C. Gli annali giapponesi antichi Nihongi, fanno risalire alla fine del terzo secolo l'invio dei primi studenti giapponesi in Cina per apprendere la scrittura. Ma sarà nel VI secolo che avverrà una discreta diffusione dell'uso dei caratteri cinesi.
Alla fine del VI secolo, il buddhismo divenne religione di Stato in Giappone, ed iniziò un processo di sincretismo tra la nuova dottrina e quella tradizionale del paese, lo Shintoismo. Lo "Scin-to", letteralmente "Via degli Spiriti", si basa sulla tradizione mitologica giapponese che annovera innumerevoli personaggi a cavallo tra leggenda e realtà storica, come nel caso di Yamato Takeru e dei primi imperatori del paese.

La leggenda

Yamato (大和) era il nome dell'antica provincia i cui clan unificarono il paese. Per estensione l'intero regno assunse tale nome. Takeru (長ける) è un verbo che esprime il concetto di eccellere, essere superiore ed identifica l'eroe.
L'epopea di Yamato Takeru narra che fu un principe di nome Ousu, secondo di due gemelli figli dell'imperatore Keikō. Tale legame di parentela implica un problema di collocazione storica, essendo Keikō il semi-leggendario 12º sovrano di Yamato, che secondo i Nihongi visse tra il 71 d.C. ed il 130 d.C.), tre secoli prima del periodo descritto dai Nihongi per Takeru. L'altra antica fonte giapponese, i Kojiki, sono apparentemente più fedeli nel riportare la storia di Yamato Takeru, che viene collocata in un periodo diverso.
Il violento temperamento del giovane Takeru lo portò ad uccidere il fratello per aver mancato di rispetto al padre. Questi, spaventato, lo allontanò dalla corte dandogli il pericoloso incarico di combattere contro un regno che si trovava nell'ovest di Honshū, ed uno che si trovava in Kyūshū. Il clan dei Kumaso, che comandava in quest'ultimo regno, venne annientato da Takeru con uno stratagemma, si travestì da cameriera per infiltrarsi in un banchetto di corte ed uccidere i presenti. Con il grande stupore del padre, riuscì a sconfiggere tutti i potenti nemici, uno dei quali, ammirato dalle sue doti di guerriero, gli assegnò il nome Yamato Takeru.
L'imperatore non lo voleva a corte e, al ritorno dall'impresa, gli assegnò un altro duro incarico, sottomettere le popolazioni ribelli Emishi, storicamente collegate ai tuttora esistenti Ainu, che si erano sollevate nei territori ad est. Lungo il tragitto incontrò la zia Yamato, sacerdotessa del tempio di Ise che, mossa a compassione, gli consegnò la leggendaria spada Kusanagi-no-tsurugi, appartenuta al Kami delle Tempeste Susanoo, fratello della grande Dea del Sole Amaterasu. Dopo aver perso la moglie Ototachibanahime durante una tempesta, si scontrò a più riprese coi ribelli e riportò l'ordine nella provincia ottenendo nuovi successi.
Sulla strada del ritorno, offese il Kami del monte Ibuki, le cui maledizioni gli procurarono una grave malattia e la morte, che avvenne nell'antica provincia di Ise, l'odierna prefettura di Mie, nel quarantatreesimo anno del regno di Keikō. Una statua che lo raffigura, a ricordo del funesto evento, è stata collocata sulla sommità del monte Ibuki.
I suoi averi e la spada vennero dapprima custoditi dalla moglie, ed in seguito vennero trasferiti nel santuario Atsuta, lui dedicato, sito nell'odierna città di Nagoya. Tale santuario è tuttora uno dei più venerati del Giappone. Secondo la leggenda, dopo la morte Yamato Takeru si trasformò in un uccello bianco e volò via. Le sue spoglie sono custodite nel mausoleo del piviere bianco, che si trova a Ise.

Discrepanze dei riferimenti storici

Gli eventi narrati nella leggenda di Yamato Takeru sono contenuti negli antichi testi giapponesi dell'VIII secolo d.C., noti come Kojiki e Nihonshoki. Il periodo in cui viene ambientata l'intera leggenda, dalla descrizione della casa regnante alla morte dell'eroe, è compreso in un arco di circa centotrent'anni, tra il 370 d.C. ed il 500 d.C.. Sicuramente non poté un singolo uomo pacificare l'intero paese. Il processo di unità nazionale richiese alcuni secoli. Viene collocata attorno al 480 d.C. l'espansione giapponese a danno dei nativi indigeni Ainu, che vennero spinti a settentrione, proprio come narra la leggenda di Yamato Takeru.
Si può ipotizzare che possa essere stato uno degli strateghi più abili al servizio dell'imperatore Ingyō, che regnò tra il 411 d.C. ed il 453 d.C.. A riprova della inaffidabile cronologia delle battaglie, l'arco temporale degli avvenimenti trasfigurati nella leggenda dell'eroe è di circa ottant'anni, compresi tra il 375 d.C. ed il 455 d.C., troppi per una persona dedita all'arte della guerra che - considerati gli elevati rischi - difficilmente raggiungeva i cinquant'anni d'età.