martedì 20 febbraio 2018

Gongsun Zan

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Gongsun Zan, scritto anche Kungsun Tsan, nome di cortesia Bogui (... – 199), è stato un militare cinese vissuto durante gli ultimi giorni della Dinastia Han Orientale.

Biografia

I primi anni, la grande coalizione e le guerre civili

Compagno di studi di Liu Bei, e Lu Zhi, partecipò alla grande coalizione contro l'usurpatore Dong Zhuo. Dopo il collasso dell'alleanza, il clan più potente della Cina erano gli Yuan, divisi in due rami, quello del fratello maggiore Yuan Shao a nord, nella regione di Hebei, e quello del minore nelle pianure centrali, Yuan Shu: sfruttando un dissidio tra i due Boui si alleò con quest'ultimo e mando suo nipote a combattere sotto il generale di Yuan shu Sun Jian (la leggendaria Tigre di Jiangdong, padre di Sun Ce e Sun Qian, famosi capi dello stato di Wu, dei regni del sud), il nipote morì, e Gongsun Zan sfruttò questa morte per fare la guerra al fratello maggiore, contendendogli la regione di Hebei a nord del fiume Giallo. Per competere con le tribù nomadi che erano stanziate a nord della Grande Muraglia, proprio nella zona sotto il suo controllo, Bogui organizzò un'unità d'elite, che fungeva da avanguardia, composta da tiratori a cavallo, che montavano stalloni bianchi (sacri per i nomadi della steppa come i Wuhuan, o gli Xianbei, o gli Unni), questo reparto era chiamato "L'unità del cavallo bianco" o "dello stallone bianco" o i "volontari dello stallone bianco), i nomadi in virtù della sacralità del cavallo bianco per loro, appena avvistati questi arcieri a cavallo, fuggivano in preda al panico, o li evitavano.

La guerra con Yuan Shao

Al comando di Bogui c'erano valenti comandanti come Tian Kai, o Zhao Yun (che successivamente divenne una figura leggendaria di quest' epoca sotto il comando di Liu Bei, il compagno di studi di Bogui), ma forse per una strategia errata, o per sfortuna, non riuscì a piegare l'esercito di Yuan Shao (anch' esso composto da valenti comandanti e da unità d'elite).

La battaglia di Jieqiao

Il primo scontro tra i due avvenne sul fiume Qing, dove Bogui aveva posizionato la sua fanteria nella formazione a quadrato, con la cavalleria ai lati, e al centro la famosa unità dello stallone bianco. Le forze in campo grosso modo si equivalevano, e Yuan Shao (che a differenza di Gongsun Zan aveva un esercito composto in gran parte da fanteria) si schierò per la battaglia. L'avanguardia dell'esercito di quest'ultimo era composta dalla famosa "Avanguardia Suicida", un reparto d'assalto d'elite al comando del generale Qu Yi, composto da 800 fanti d'assalto, e mille balestrieri d'elite, dietro di loro c'era il resto della fanteria, comandata da Yuan Shao stesso. Osservando lo schieramento avversario Bogui ordinò alla cavalleria di caricare a fondo, con l'ordine di "spezzare la formazione nemica", ovvero mettere in fuga le prime linee col risultato di travolgere il resto dell'armata nemica. L' "Avanguardia Suicida" (chiamata così perché era sempre la prima ad entrare in contatto col nemico, con assalti furiosi e brutali, e spericolati soprattutto, spesso vincendo la battaglia ancora prima dell'arrivo del grosso dell'armata) aspettò che la cavalleria nemica arrivasse a pochi metri, e mentre i balestrieri lanciarono una nube di dardi, i fanti alzarono le lance, col risultato di falciare i cavalieri di Bogui, che perse anche il suo generale Yan Gang (le fonti dicono che mille teste furono raccolte dagli uomini di Yuan Shao). Fallita la carica, Bogui si ritirò e cercò di riposizionarsi in un luogo migliore, ma la sua retroguardia fu raggiunta al ponte Jie e massarata dalle truppe d'assalto di Qu Yi, e il suo accampamento fu catturato. Poco dopo però Yuan Shao fu sul punto di essere ucciso, e gli uomini di Bogui persero un'occasione d'oro quando egli avanzò con pochi balestrieri di scorta e si trovò sotto il fuoco nemico (i tiratori non sapendo di avere Yuan Shao sotto tiro, si ritirarono dopo poche salve,il tanto per farli allontanare). Questa battaglia segno il passo dell'avanzata di Gongsun Zan verso sud, nel cuore di Hebei, e diede il via alla controffensiva di Yuan Shao, che distruggerà definitivamente le forze del Clan di Bogui anni dopo, nel 199.

La battaglia di Yijing e la morte

Dopo qualche anno, e altre sconfitte unite ad una carestia nelle sue terre e nel suo esercito, Gongsun Zan optò per una politica più isolazionista (come altri signori della guerra o ufficiali del governo avevano fatto in quegli anni, e cioè creando un feudo, difenderlo, senza farsi coinvolgere nei conflitti per il potere delle pianure centrali). Decise allora di radunare tutti i suoi rifornimenti in un punto prestabilito, e organizzare un grande solido centro di resistenza per respingere l'assalto di Yuan Shao, e arrivare a strappare condizioni di pace onorevoli. Costruì una nuova capitale, Yiging, fortificandola, dove costruì molte grandi torri sulla sommità di colline dove i suoi generali e il suo seguito con la corte potessero vivere, c'erano dieci colline, le torri avevano porte di ferro, dove c'era molto grano immagazzinato per resistere all' assedio e vivere lontano dal resto del mondo. Facendo questo Bogui fece uscire i suoi eserciti fuori dalle loro fortezze dove combattevano, e loro credettero che l'unica opzione era dover combattere duramente, allora disertarono, uccidendo i propri generali e finirono per arrendersi a Yuan Shao, o furono massacrati. Yuan Shao assediò per molto tempo la città, fino al 198 senza successo. In quell' anno Bogui mandò suo figlio Gongsun Xu a chiedere aiuto ai banditi Heishan delle montagne, il suo piano era rompere l'assedio con la sua cavalleria ed unirsi ai briganti (resti dei turbanti gialli, che avevano costruito un loro stato sulle montagne, ed erano da sempre alleati di Bogui e nemici giurati di Yuan Shao), per poi attaccare Ji e tagliare la ritirare e le vie di comunicazione al nemico. Tuttavia Guan Jing lo avvertì che gli uomini erano lì solo per difendere se stessi e le famiglie, e non avrebbe seguitato a combattere se lui avesse abbandonato la fortezza con la cavalleria, quindi fu costretto ad accettare una strategia di logoramento, e resistere più del nemico, finché esso non avesse esaurito i rifornimenti, e fosse stato costretto alla ritirata. Nella primavera del 199 Gongsun Xu tornò con una nutrita armata di alleati Heisha, e suo padre concordò con lui un piano di attacco da dentro e fuori la fortezza, tuttavia il messaggero fu intercettato dai ricognitori nemici, e il piano fu svelato a Yuan Shao che preparò una contro-imboscata, sostituendosi alla cavalleria di suo figlio, e lanciando il segnale di attacco a Bogui che così cadde nella trappola, la sua cavalleria fu messa in fuga, e i nemici sfruttarono la vittoria costruendo dei tunnel che arrivavano fino al cuore della fortezza, il cui crollo causò la caduta di alcune torri; quando Gongsun Zan si accorse che i nemici erano penetrati in città, uccise la sua famiglia e si suicidò immolandosi. Gli uomini di Yuan presero la sua testa che fu mandata a Xuchang per testimoniare la vittoria. Guan Jing sentendosi in colpa quando capì che il suo consiglio aveva portato il suo signore alla sconfitta, caricò col suo cavallo contro l'esercito nemico morendo per raggiungerlo nell'aldilà. Anche Tian Kai e Gongsun Xu furono uccisi in battaglia, e gli alleati Heishan dispersi, almeno temporaneamente. La notizia della morte di Bogui raggiunse il suo amico e ex camerata Liu Bei, affliggendolo molto.

lunedì 19 febbraio 2018

Cixi

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L'imperatrice madre Cixi (慈禧太后, Cíxǐ tàihòu, Tze Hsi; Pechino, 29 novembre 1835 – Pechino, 15 novembre 1908) è stata una concubina dell'imperatore Xianfeng, madre dell'erede al trono e reggente dell'Impero, de facto, per 47 anni: ebbe una grande influenza sulle vicende dello Stato, dimostrando un forte e autoritario temperamento.
Imperatrice del palazzo occidentale e imperatrice madre dopo la nascita di Tongzhi, Cixi esercitò più volte la reggenza dell'impero cinese tra il 1861 ed il 1908, e in particolare:
  • 1861–1872 per suo figlio, l'imperatore minorenne Tongzhi, fino al raggiungimento della maturità;
  • 1875–1889 per suo nipote, il giovane imperatore Guangxu, fino al conseguimento della maggiore età;
  • 1898–1908, dopo aver fatto incarcerare il nipote Guangxu in seguito ad un colpo di Stato.
Esercitò la reggenza formalmente con l'imperatrice vedova Ci'an, seconda consorte di Xianfeng e imperatrice del palazzo orientale (1861-1881).
Cixi è spesso conosciuta in Occidente come imperatrice vedova (rango spettante, invece, a Ci'an, seconda moglie dell'imperatore defunto), mentre il titolo giusto era quello di imperatrice madre (generò l'unico figlio del sovrano), come tutti i testi citati certificano.

Biografia

Cixi fu, dunque, un'importante concubina dell'imperatore Xianfeng (咸丰皇帝). Non appena quest'ultimo morì nel 1861, Cixi e l'imperatrice vedova Ci'an (慈安太后) (1837-1881) divennero reggenti al posto del figlio bambino dell'imperatore. Le due imperatrici, consigliate dal fratello del defunto imperatore, mantennero tale incarico fino al 1873, quando l'imperatore Tongzhi (同治皇帝) raggiunse la maggiore età.
Appena due anni dopo però Tongzhi morì e Cixi violò la normale legge di successione nominando erede suo nipote di tre anni. Le due imperatrici continuarono quindi ad esercitare la reggenza fino alla morte di Ci'an, nel 1881, quando Cixi divenne di fatto sovrana della Cina.
Quando l'imperatore Guangxu (光绪皇帝), il nipote, raggiunse la maturità, Cixi si ritirò in campagna, mantenendosi però costantemente informata grazie ad una rete di spie. Dopo che la Cina fu sconfitta nella prima guerra sino-giapponese (1894-1895), Guangxu attuò molte riforme, che ebbero però vita breve (le cosiddette "riforme dei cento giorni"), in quanto Cixi organizzò un colpo di Stato e riprese il potere come reggente, confinando l'imperatore all'interno del palazzo.
L'anno seguente Cixi sostenne i promotori della rivolta dei Boxer, di stampo conservatore e antioccidentale. Quando le truppe straniere reagirono prendendo Pechino ed entrando addirittura nella Città Proibita, Cixi accettò le dure condizioni di pace. In seguito ella attuò le stesse riforme da lei precedentemente osteggiate e continuò a regnare, seppur con un potere decisamente indebolito, fino alla sua morte nel 1908. L'imperatore prigioniero Guangxu morì quando Cixi si trovava sul letto di morte, a quanto si dice per ordine dell'imperatrice.
Il potere effettivo di Cixi fu maggiore di quello di un'altra grande regina a lei contemporanea, la regina Vittoria. Cixi ebbe una fortissima influenza sugli affari di stato anche nei periodi rimanenti in cui non esercitò di diritto la reggenza, e fu di fatto imperatrice assoluta per 47 anni fino al 1908, anno della sua morte. Cixi è anche ricordata per il suo patrocinio delle arti tra cui l'opera, e per aver fondato il giardino zoologico di Pechino nel 1906.

Giovinezza

Le recenti biografie di Cixi affermano di solito che era la figlia di Huizheng (惠征), un mandarino manciù di basso grado appartenente al clan dei Yehe-Nara (Yehonala) ed attivo nella provincia dello Shanxi prima e di Anhui dopo. Sua madre, la moglie principale di Huizheng, si chiamava Fuca ed apparteneva allo stesso clan manciù.
Per quanto riguarda il luogo esatto di nascita di Cixi, si suppone che abbia vissuto gran parte della sua giovinezza nell'Anhui, dopo un breve periodo nello Shanxi, per poi trasferirsi a Pechino tra il tredicesimo ed il quindicesimo anno d'età. Secondo i biografi, suo padre fu licenziato dai pubblici uffici nel 1853 (a quell'epoca Cixi era già una concubina all'interno della Città Proibita) a quanto pare per non aver resistito alla ribellione Taiping nella provincia di Anhui e per aver abbandonato il suo posto. Alcuni biografi sostengono addirittura che suo padre venne decapitato per la sua diserzione.
Negli ultimi 20 anni, grazie alla maggiore apertura della società cinese, sono emerse nuove storie. Partendo da dichiarazioni effettuate da famiglie di agricoltori che vivevano vicino alla città di Changzhi (长治) nello Shanxi, il direttore dell'Ufficio di cronache locali della città di Changzhi, Liu Qi (刘奇), ha diretto una ricerca decennale i cui esiti sono stati pubblicati nel 1999 in un libro dal titolo "Decifrando il mistero della giovinezza di Cixi" (《揭开慈禧童年之谜》). Basato su 38 elementi di prova raccolti dalle famiglie di agricoltori locali così come da documenti storici, il lavoro è un contributo clamoroso alla storia di Cixi che sfata anche molti luoghi comuni. La ricerca di Liu Qi è stata ciononostante accolta e ritenuta accurata da una parte significativa della comunità degli storici cinesi, ed ha ottenuto il premio dell'Istituto di Ricerca Artistica della Repubblica Popolare Cinese nel 1999.
In base alle scoperte di Liu Qi, Cixi nacque nel 1835 nel villaggio di Xipo (西坡村), ubicato all'interno della municipalità di Beicheng (北呈乡), nella provincia di Changzhi (长治县), che dipendeva dalla prefettura di Changzhi (长治市, allora nota come 潞安府 o prefettura di Lu'an) nella provincia dello Shanxi. Il villaggio di Xipo si trova a circa 20 km dal centro di Changzhi. Sempre secondo questo studio, Cixi nacque in una famiglia di contadini cinesi han, la famiglia Wang, e venne chiamata Xiaoqian (il suo nome completo fu quindi Wang Xiaoqian o 王小謙). Ella rimase presto orfana di madre, ed a causa dell'estrema povertà della famiglia la piccola Cixi venne venduta da suo padre all'età di quattro anni a Song Siyuan (宋四元), un contadino proveniente dal vicino paese di Shangqin (上秦村), nella municipalità di Haojiazhuang (郝家庄乡), nella provincia di Changzhi. La vendita di bambini era un fatto comune tra le famiglie indigenti della Cina del XIX secolo.
Nella famiglia Song, Cixi ottenne un nuovo nome, Ling'e, cosicché il suo nome completo divenne Song Ling'e (宋齡娥). Cixi visse con la famiglia Song fino all'adolescenza, finché un peggioramento delle condizioni economiche della famiglia indussero il padre adottivo Song Siyuan a vendere la bambina dodicenne al prefetto di Lu'an, il mandarino di nome Huizheng sopra menzionato. Huizheng acquistò la bambina per farne una serva domestica, ma ben presto la bellezza di Cixi lo indusse ad adottarla, diventando parte del clan Yehe-Nara. Cixi ottenne dalla nuova famiglia il nome di Yulan (玉蘭, "orchidea di giada", abbreviato in Lanr o 蘭兒, "orchidea"). Nelle occasioni formali divenne invece nota come Dama Yehenara.

Nomi

Cixi ebbe diversi nomi nei differenti periodi della sua vita, cosa che può ingenerare confusione (per non parlare del fatto che numerosi suoi biografi occidentali non conoscono il cinese e confondono a loro volta i nomi).
Il nome di Cixi alla nascita è tuttora ignoto (vedasi la sezione precedente). Al momento del suo ingresso nella Città Proibita, Cixi fu registrata come "Yehenara, figlia di Huizheng" (惠征). Fu quindi chiamata col nome del suo clan, gli Yehe-Nara, come era uso per le ragazze manciù. Cixi fu una donna molto riservata e raramente parlò della sua infanzia. Dopo essere salita al potere, l'intera sua vita precedente all'ingresso a palazzo divenne un tabù, cosicché ogni notizia riguardo al suo nome originale e alla sua giovinezza è andata perduta.
Quando entrò per la prima volta nella Città Proibita nel settembre 1851 (o giugno 1852, a seconda delle fonti), Cixi divenne una concubina di quinto grado (貴人) e le fu dato il nome Lan (, "orchidea"). Il suo nome completo fu quindi "concubina di quinto grado Lan" (蘭貴人).
Alla fine di dicembre 1854 o all'inizio di gennaio 1855 fu promossa a concubina di quarto grado () e il suo nome fu mutato in Yi (, "virtuosa"), cosicché il nome completo divenne "concubina di quarto grado Yi" (懿嬪). Il 27 aprile 1856 diede alla luce un figlio, l'unico discendente dell'imperatore Xianfeng (l'imperatrice consorte non era riuscita a generare un erede per l'imperatore), e fu immediatamente promossa a "concubina di terzo grado Yi" (懿妃). Nel febbraio 1857 fu elevata un'altra volta, a "concubina del secondo grado Yi" (懿貴妃).
Verso la fine di agosto del 1861, in seguito alla morte dell'imperatore Xianfeng, all'età di soli cinque anni il figlio di Cixi divenne l'imperatore Tongzhi (il suo regno iniziò ufficialmente nel 1862). Cixi ebbe il privilegio di essere nominata "santa madre imperatrice vedova" (聖母皇太后), pur non essendo stata l'imperatrice consorte quando l'imperatore Xianfeng era vivo, solo in quanto era la madre biologica dell'imperatore fanciullo Tongzhi. Le fu pure dato l'appellativo onorifico Cixi (徽號, "materna e fausta"). La precedente imperatrice consorte divenne invece "imperatrice madre imperatrice vedova" (母后皇太后), un titolo sovraordinato a Cixi, e le fu dato l'appellativo onorifico Ci'an ("materna e tranquillizzante"). Dato che Cixi dimorava nella parte occidentale della Città Proibita, venne chiamata popolarmente "imperatrice del palazzo occidentale", mentre Ci'an, che abitava la parte orientale, fu denominata "imperatrice del palazzo orientale".
A partire dal 1861, in numerose occasioni vennero attribuiti a Cixi nomi onorifici addizionali, come era consuetudine per gli imperatori e le imperatrici. Alla sua morte il suo nome ufficiale era "l'attuale santa madre imperatrice madre Cixi Duanyou Kangyi Zhaoyu Zhuangcheng Shougong Qinxian Chongxi dell'impero del Grande Qing" (大清國當今慈禧端佑康頤昭豫莊誠壽恭欽獻崇熙聖母皇太后), abbreviabile in "l'attuale santa madre imperatrice madre dell'impero del Grande Qing" (大清國當今聖母皇太后).
Allo stesso tempo, Cixi era altresì appellata come "venerabile Buddha" (老佛爺, letteralmente "Maestro vecchio Buddha"). Non si trattava di un titolo appositamente confezionato per lei, come spesso erroneamente sostenuto dai biografi occidentali, ma di un appellativo ufficiale utilizzato per tutti gli imperatori della dinastia Qing, che erano devoti buddhisti. Cixi amava essere trattata come se fosse un uomo, ed insistette affinché i suoi sottomessi le rivolgessero la parola usando parole riservate agli uomini. Quale sovrano di fatto della Cina era riverita nelle occasioni ufficiali e secondo il cerimoniale con la frase "lunga vita all'imperatrice vedova per diecimila anni", usata convenzionalmente solo per gli imperatori in quanto le imperatrici vedove normalmente dovevano accontentarsi di un augurio di "mille anni di lunga vita".
Alla sua morte nel 1908, a Cixi fu assegnato un nome postumo che fondeva i suoi nomi onorifici con altri nuovi appositamente creati per l'occasione: "imperatrice Xiaoqin Cixi Duanyou Kangyi Zhaoyu Zhuangcheng Shougong Qinxian Chongxi Peitian Xingsheng Xian" (孝欽慈禧端佑康頤昭豫莊誠壽恭欽獻崇熙配天興聖顯皇后), la cui forma abbreviata è "imperatrice Xiaoqin Xian" (孝欽顯皇后). Il nome per esteso è quello che ancora oggi è leggibile sulla tomba di Cixi.

La strada verso il potere

La giovane Yehenara fu registrata dai suoi genitori presso la corte imperiale, come era richiesto per tutte le ragazze manciù dell'impero al fine di tenere elenchi di potenziali concubine per l'imperatore. Nel settembre 1851 (o giugno 1852, a seconda delle fonti) venne convocata presso la Città Proibita con altre conterranee per essere sottoposta ad una selezione di concubine per il nuovo imperatore Xianfeng, sotto la supervisione della concubina vedova Kangci (康慈皇貴太妃) (1812-1855).
La giovane Yehenara fu una delle poche ragazze selezionate da Kangci in quell'occasione. La concubina vedova Kangci era tra le concubine superstiti del defunto imperatore Daoguang la più alta in grado, e quindi la donna dallo status più elevato nell'intera Città Proibita. Era la madre ufficiale, ancorché non biologica, dell'imperatore Xianfeng. Nel 1840, alla morte della madre biologica di Xianfeng, l'imperatrice Xiaoquan Cheng (孝全成皇后), l'allora concubina di primo grado Jing (靜皇貴妃) aveva allevato il ragazzo di 8 anni, e quando nel 1850 (alla morte dell'imperatore Daoguang) quest'ultimo era divenuto l'imperatore Xianfeng, ella era diventata la concubina vedova Kangci. Perciò ella aveva l'incarico di selezionare l'imperatrice e le concubine dell'imperatore Xianfeng. La concubina vedova Kangci era anche la madre biologica del principe Gong (恭親王), che avrebbe svolto un ruolo importante negli anni a venire.
Il 27 aprile 1856 Yehenara, allora concubina del quarto grado Yi, diede alla luce un figlio, l'unico dell'imperatore Xianfeng, che divenne l'erede al trono e in seguito imperatore Tongzhi. Grazie a questo fausto evento lo status di Yehenara all'interno della Città Proibita cambiò drasticamente, e la concubina divenne la seconda donna in ordine di grado nel palazzo, seconda solamente all'imperatrice consorte (più tardi nota col nome di imperatrice vedova Ci'an).
Il 22 agosto 1861, all'indomani della seconda guerra dell'oppio, l'imperatore Xianfeng morì presso il palazzo di Rehe (熱河行宫) nel Jehol (ora Chengde), 230 km a nordest di Pechino, dove la corte imperiale si era ritirata. Il suo erede, il figlio della dama Yehenara, aveva allora solo cinque anni. Nonostante molti ritengano che Yehenara attuò un colpo di Stato per piazzare il proprio figlio sul trono, in realtà una tale operazione sarebbe stata troppo ardua da compiere a causa della complessità del cerimoniale della corte, e a maggior ragione se intrapresa da una donna. Inoltre, quando l'imperatore era sul letto di morte, per ordine dei suoi consiglieri - soprattutto Su Shun - non gli era permesso di vedere nessun altro all'infuori degli ufficiali.
Yehenara riuscì tuttavia ad entrare nelle stanze dell'imperatore portandosi dietro il figlio di pochi anni. Sperando che l'imperatore passasse a nominare il proprio erede (secondo la tradizione manciù il diritto a regnare sorgeva per investitura e non per primogenitura), Yehenara piazzò il figlio a lato del padre e chiese quale sarebbe stato il prossimo imperatore; l'imperatore morente nominò quindi prossimo imperatore il figlio e reggenti le due madri. Gli ufficiali udirono l'investitura a reggenti delle madri, ma Su Shun trattenne uno dei sigilli imperiali e diede l'altro alle imperatrici. Per i successivi mesi Su fu osteggiato dalle imperatrici, che erano consigliate dal principe Kung. Ad un certo punto Su ordinò la sospensione degli alimenti per gli appartamenti delle sovrane per quattro giorni, ma quando tutto fu passato le imperatrici lo fecero incarcerare e decapitare. Da questo momento Yehenara si fece chiamare imperatrice madre Cixi, diventando coreggente assieme all'imperatrice vedova Ci'an, quest'ultima molto meno politicamente coinvolta. Le due donne governarono letteralmente da dietro le quinte, in quanto il cerimoniale prevedeva che le reggenti, ambedue donne, presenziassero alle udienze imperiali dietro una tenda. Cixi governò da quel momento in poi la Cina per lunghi periodi dal 1861 al 1908.

La reggenza sotto Tongzhi

Per i successivi 47 anni fino alla sua morte nel 1908 Cixi assunse la reggenza dell'impero del Grande Qing, assieme alla coreggente Ci'an, prima durante la minore età dell'imperatore Tongzhi, poi durante la minore età dell'imperatore Guangxu in seguito alla prematura scomparsa di Tongzhi nel gennaio 1875. Nonostante Ci'an fosse in teoria sovraordinata a lei, Cixi fu l'effettiva governante della Cina. Ci'an intervenne raramente in questioni politiche, ma manifestò la sua volontà con interferenze nella politica di Cixi nel 1869. Il temutissimo grande eunuco della corte imperiale An Dehai (安德海), stretto confidente di Cixi e suo inviato nella Cina meridionale, imperversò nel frattempo per la provincia dello Shandong, estorcendo denaro dalla popolazione. La faccenda destò grande scalpore quando fu denunciata a corte dal governatore dello Shandong, e per ordine di Ci'an il grande eunuco fu giustiziato. L'esecuzione di quella che era stata la figura di maggior potere presso la corte imperiale fino a quel momento fu fortemente deprecata da Cixi. L'imperatrice aveva, però, un fedelissimo consigliere che colmò di onori e importanti cariche, il cugino, generale e statista Ronglu (1836-1903).
La maggioranza della popolazione cinese odierna considerava Cixi come una donna ambiziosa e assetata di potere, che teneva in pugno l'ingenua Ci'an governando di fatto come monarca assoluta. Tuttavia alcuni storici hanno scoperto una realtà molto differente, ossia che Cixi fu una donna intelligente e risoluta che fu sempre pronta a sacrificarsi per fronteggiare le complesse problematiche della Cina dell'epoca, mentre Ci'an avrebbe preferito indulgere in una vita di comodità e piaceri all'interno della Città Proibita, disinteressandosi delle responsabilità di governo. Come spesso accade, la verità probabilmente risiede nel mezzo di queste valutazioni antitetiche.

La conquista del potere assoluto

L'imperatrice vedova Ci'an morì improvvisamente l'8 aprile 1881 durante un'udienza a corte. Le voci secondo cui la sua improvvisa morte dopo una vita in perfetta salute fu dovuta ad avvelenamento da parte di Cixi sono sorte oltre 60 anni dopo l'evento. A quel tempo Cixi giaceva inoltre malata, con una patologia epatica che la costrinse a letto per due anni. Ad ogni modo la morte dell'imperatrice vedova Ci'an rese l'imperatrice Cixi unica reggente e unica titolare del potere assoluto.

La crisi con Guangxu

Il raggiungimento dei diciassette anni di età di Guangxu avrebbe determinato la decadenza di Cixi dai propri poteri. Il primo principe Chun tuttavia insistette che Cixi proseguisse con la reggenza.

Sguardo d'insieme sulla politica

Pur mirando ad un rafforzamento della Cina attraverso una debole e regionalizzata crescita industriale e militare, Cixi si oppose ad ogni tentativo di modernizzazione politica, mettendo in atto un colpo di Stato il 21 settembre 1898 per neutralizzare la cosiddetta "riforma dei cento giorni" intrapresa dall'imperatore Guangxu. Del pari si oppose alla creazione di un esercito e di una marina nazionali.
Il contributo di Cixi alla crescita cinese fu alquanto contraddittorio. Mentre sostenne la modernizzazione economica e militare, approvando la costruzione di ferrovie ed industrie ed incoraggiando l'uso di armi e tattiche occidentali, per il suo 60º compleanno (1895) fu anche capace di spendere in festeggiamenti l'astronomica cifra di 30 milioni di tael d'argento, che in teoria erano destinati alla costruzione di dieci nuove navi da guerra. Il fatto fu ancor più sconsiderato se si considera che nella prima guerra sino-giapponese del 1894 la marina cinese aveva appena perso gran parte del proprio naviglio da guerra e necessitava di rimpiazzi urgenti.
Nel 1900, il sostegno di Cixi allo sviluppo cinese fu posto nuovamente in discussione quando la rivolta antioccidentale dei Boxer scoppiò nel nord del paese. Mirando a preservare i valori cinesi tradizionali, Cixi sposò con un comunicato ufficiale la causa dei ribelli. La reazione occidentale non si fece attendere e nel giro di breve tempo un'alleanza di otto nazioni intraprese una spedizione in Cina, dove ebbe facilmente ragione del mal equipaggiato esercito cinese. Le truppe occidentali marciarono su Pechino ed entrarono addirittura nella Città Proibita, mentre Cixi fuggiva dalla città travestita da contadina. Le potenze europee imposero quindi un trattato umiliante alla Cina, ponendo le basi di una presenza militare internazionale nel paese e stabilendo un risarcimento di 67 milioni di sterline, che non fu mai del tutto pagato.
Cixi morì il 15 novembre 1908, un giorno dopo aver nominato Puyi nuovo imperatore della dinastia Qing.

La tomba di Cixi

L'imperatrice Cixi è stata sepolta tra le Tombe Qing orientali (清東陵), 125 km ad est di Pechino, nel complesso funerario di Dingdongling (定東陵, letteralmente "tombe ad est della tomba Dingling") assieme all'imperatrice vedova Ci'an. Più precisamente, Ci'an riposa nel Puxiangyu Dingdongling (普祥峪定東陵, letteralmente "tomba ad est della tomba Dingling nella valle del largo buon auspicio"), mentre Cixi fece costruire per sé il ben maggiore Putuoyu Dingdongling (菩陀峪定東陵) (letteralmente "tomba ad est della tomba Dingling nella valle di Putuo").
La tomba Dingling (letteralmente: la "tomba della quiete") è la tomba dell'imperatore Xianfeng, il marito di Ci'an e Cixi, che è ubicata effettivamente ad ovest del Dingdongling. La Valle di Putuo deve il suo nome al Monte Putuo, ai piedi del quale il Dingdongling è ubicato.
Cixi, insoddisfatta della sua tomba, ne ordinò la distruzione e riedificazione nel 1895. La nuova tomba è un imponente e lussuoso complesso di templi, porte e padiglioni ricoperti di foglie d'oro e di ornamenti pensili d'oro e di bronzo: un grande e decorato torrione rende solenne l'insieme.
Nel luglio 1928, la tomba di Cixi fu occupata dal signore della guerra e generale del Kuomintang Sun Dianying (孫殿英) e dal suo esercito, che spogliò sistematicamente il complesso dei suoi preziosi ornamenti. L'ingresso al sepolcro fu aperto con la dinamite e la tomba venne scoperchiata; la salma di Cixi (che si dice sia stata trovata intatta) fu rovesciata sul suolo e la tomba venne depredata di tutti i gioielli in essa contenuti, tra cui una grossa perla che - in ossequio alla tradizione cinese - era stata posta in bocca a Cixi per impedirne la decomposizione. Si dice che la grande perla sulla corona di Cixi sia stata regalata da Sun Dianying al leader del Kuomintang Chiang Kai-shek e che sia finita ad ornare le scarpe di gala della moglie di quest'ultimo, Soong May-ling.
Dopo il 1949 il complesso della tomba di Cixi è stato restaurato dalla Repubblica Popolare Cinese e rimane ancora oggi una delle più maestose tombe imperiali cinesi.

Giudizio storico

L'opinione tradizionale è che Cixi fu una dispotica regnante che si aggrappò sempre più fermamente al potere imperiale man mano che questo declinava. Tre anni dopo la sua morte, la dinastia Qing fu rovesciata dalla rivoluzione Xinhai.
Tuttavia alcuni autori, come Sterling Seagrave nella sua biografia "The Dragon Lady", offrono una visione più positiva di Cixi, sostenendo che sia stata oggetto di malignità e che a ben vedere le sue azioni furono ragionevoli risposte ai problemi che in quel tempo la Cina stava affrontando. Un altro ritratto benigno può essere trovato nel romanzo storico di Anchee Min "Empress Orchid" (2004).
Il lavoro televisivo "Verso la Repubblica" (走向共和), prodotto dalla rete di stato cinese, ha rappresentato Cixi (seppure con alcune riserve) come una governante capace, fatto sensazionale nella storia dell'emittente della Repubblica Popolare Cinese, nonostante le idee di Cixi fossero pacificamente conservatrici. Nel considerare la sua nomea di despota va in ogni caso preso in considerazione che la tradizionale e diffusa mentalità confuciana di allora trattava con diffidenza le donne ed in particolare le donne dotate di potere (un trattamento non dissimile fu riservato all'imperatrice Wu della dinastia Tang).
Il romanzo "Imperial Woman" di Pearl S. Buck racconta la vita dell'imperatrice madre dal momento della sua selezione come concubina a poco prima della sua morte. Cixi è caratterizzata come una donna risoluta e motivata, alla difesa dei tradizionali modi di vita e di governo e in lotta con i cambiamenti introdotti dagli occidentali. Le azioni intraprese da Cixi per conto dei due imperatori bambini da lei cresciuti e le azioni di lei proprie sono tutte intese per il bene della sua gente e del suo paese.
Katherine Carl, una pittrice che trascorse dieci mesi a palazzo con l'imperatrice Cixi nel 1903 e che raffigurò quest'ultima per l'esposizione di St. Louis, scrisse un libro sulla sua esperienza ("With the Empress Dowager", pubblicato nel 1905). Nell'introduzione al libro, Carl racconta di aver scritto il libro perché "subito dopo essere tornata in America, avevo sentito e letto continuamente nei giornali asserzioni a me attribuite che in realtà non avevo mai pronunciato."
Nel suo libro Carl descrisse l'imperatrice Cixi come una donna gentile e premurosa. Cixi era furba, ma aveva una grande presenza, charme e una grazia nei movimenti che la rendevano "insolitamente attraente." Cixi adorava i cani ed aveva un canile curato da eunuchi nel Palazzo d'Estate, dove vivevano "alcuni magnifici esemplari di carlini pechinesi e una specie di skye terrier." Non amava i gatti, ed alcuni eunuchi che ne possedevano alcuni dovettero ingabbiarli per evitare che si avvicinassero all'imperatrice. Cixi apprezzava invece i fiori ed il personale del Palazzo d'Estate ornava costantemente le stanze e i cortili con fiori freschi recisi.
L'imperatrice amava la lealtà e la praticava con il suo seguito. Nel descrivere il personale di palazzo Carl scrive: "tra questi c'è una donna cinese che ha curato Sua Maestà attraverso una lunga infermità, per circa 25 anni, e le ha salvato la vita dandole da bere il suo latte materno. Sua Maestà, che non dimentica mai un favore, ha sempre tenuto questa donna a palazzo. Essendo cinese, le avevano fasciato i piedi. Sua Maestà, che non può sopportare di vederli neppure, glieli fece liberare e curare, fino a che ha ripreso a camminare comodamente. Sua Maestà ha educato il di lei figlio, che era un infante all'epoca della sua malattia ed al quale aveva sottratto un po' del nutrimento. Questo ragazzo è già segretario in un buon yamen (ufficio di governo)." Lo scritto dimostra l'autentico interesse della sovrana verso i suoi sottoposti.
Cixi amava stare in barca sul lago del Palazzo d'Estate, passeggiare (o meglio farsi portare in portantina dagli eunuchi) attraverso i giardini e prati del palazzo ed assistere a rappresentazioni liriche nell'opera del Palazzo d'Estate. Cixi fumava pipe ad acqua cinesi così come sigarette europee, attraverso un bocchino. A 69 anni d'età Cixi era in una forma sufficientemente buona al punto che durante una visita dell'opera di palazzo assieme a Carl ella "salì le ripide e difficili scale con maggior facilità e leggiadria di me, che eppure portavo comode scarpe europee, mentre lei doveva camminare sulla suola manciù di 15 centimetri come se fosse davvero sui trampoli."
Si dice che Cixi abbia inventato il gioco da tavola "Otto fate viaggiano sul mare", che è ancor oggi noto col nome di "scacchi delle otto fate".
Un film chiamato "Amante dell'ultima imperatrice" (慈禧秘密生活), girato nel 1995, si incentra sul suo cammino verso il governo dell'impero. Nel film di Bertolucci "L'ultimo imperatore" Cixi appare ormai anziana, sul letto di morte, quando incontra il piccolo erede Pu Yi, di soli tre anni. Alla sua morte le viene inserita in bocca una perla nera. Nel cartone francese "Gemelli nel segno del destino" Cixi, rappresentata come una tiranna desiderosa di conservare il potere, è l'antagonista principale della serie (seppur non interagisca mai con i protagonisti, il cui ruolo di persecutore è lasciato all'enuco Po Dung). Alla fine dell'opera, a seguito di una rivolta popolare, viene costretta a rifugiarsi nel Palazzo d'Estate, mentre il popolo occupa la Città Proibita.

domenica 18 febbraio 2018

Mogami Yoshiaki

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Mogami Yoshiaki (最上義光; 1 febbraio 1546 – 29 novembre 1614) è stato un daimyō giapponese del clan Mogami durante il periodo Sengoku.

Biografia

Mogami Yoshiaki fu il primo figlio di Mogami Yoshimori (最上義守) del clan Mogami e succedette al padre come daimyō di Dewa. Durante i primi anni si scontrò ripetutamente con i clan Date e Uesugi nelle zone di Shōnai e Semboku per espandere l'area di influenza del clan.
Quando venne al potere Toyotomi Hideyoshi, Yoshiaki si sottomise, ma divenne in seguito un sostenitore di Tokugawa Ieyasu dopo la morte di Hideyoshi. Era noto odiasse i Toyotomi poiché Hideyoshi ordinò l'esecuzione della figlia adolescente di Yoshiaki (Komahime) quando eliminò il nipote Toyotomi Hidetsugu, con il quale era impegnata la ragazza. Dopo di questi fatti mandò il suo secondo figlio, Iechika, come ostaggio ai Tokugawa e si avvicinò a Tokugawa Ieyasu.
Nel 1600 combatté contro Uesugi Kagekatsu, nemico dei Tokugawa, assieme a Date Masamune (suo nipote), un altro potente daimyō del lontano nord. Portò aiuto al clan Date nell'assedio di Shiroishi, e fu poi attaccato nel suo castello di Hataya. Più tardi quell'anno, Mogami e Date sostennero Ieyasu alla famosa battaglia di Sekigahara, dopo della quale il dominio dei Mogami fu ampliato a 520.000 koku come ricompensa della loro fedeltà.
Questo rese il dominio di Yamagata il quinto più grande nel Giappone dell'epoca, escludendo la terra dei Tokugawa.
Morì nel castello di Yamagata nel 1614. A Yamagata è presente il museo storico di Mogami Yoshiaki, appena fuori dalla grande porta orientale del castello di Yamagata, nella quale mostra il suo elmo, il bastone di comando di battaglia e gli altri attrezzi effettivamente utilizzò.

Eredità

Mogami Yoshiaki stabilì e costruì la città del castello, che divenne il fondamento della città di oggi Yamagata. Riuscì a controllare i "Tre Luoghi Difficili" sul fiume Mogami, rendendo più sicura la navigazione dal Mare del Giappone all'entroterra e portando la cultura di Kyōto e Osaka a Yamagata. I suoi progetti di costruzione delle dighe a Kitadaseki, Inabazeki e in altri luoghi assieme ad altre misure di controllo dell'irrigazione contribuirono a sviluppare le coltivazioni di riso nella pianura di Shōnai.




sabato 17 febbraio 2018

Minamoto no Yorimasa

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Minamoto no Yorimasa (源 頼政; 1104 – 20 giugno 1180) è stato un militare e poeta giapponese membro del clan Minamoto, conosciuto anche con il nome di Genzanmi (源三位) per la sua appartenenza al rango ju san-mi. È noto per aver guidato l'esercito nipponico durante la guerra Genpei (1180-1185), che vide contrapposti il clan Minamoto e il clan Taira. Fu il primo di cui si abbia traccia a mettere in pratica il rituale del seppuku, il suicidio praticato dai samurai per sfuggire ad una morte disonorevole per mano dei nemici.

Biografia

Yorimasa era discendente di Minamoto no Yorimitsu e apparteneva al gruppo Settsu Genji. Era un samurai che operava alla Corte Imperiale; era vicino ai Sekkan-ke che lo appoggiavano nelle sue attività nelle ex-province denominate Kinnai e avanzava di carriera col passare del tempo. Operava a Watanabe nella provincia di Setsu (attuale quartiere Chūō-ku di Osaka) come Ōchi Shōgo (guardia imperiale) presso la famiglia Watanabe, appartenente al gruppo Saga Genji. Minamoto no Yorimitsu, antenato di Yorimasa, era stato un illustre poeta che spesso interagiva con i Kuge (nobili). Anche i suoi figli furono coinvolti nella composizione dei waka. Yorimasa era uno di loro e più tardi pure lui sarebbe stato riconosciuto come celebre poeta.
I documenti storici riguardanti l’adolescenza di Yorimasa sono scarsi. Si sa che accompagnò il padre Nakamasa nel nuovo posto di lavoro quando fu nominato Governatore di Shimōsa, e che gli successe come capofamiglia durante l'era Hōen (1135–1140). Successivamente ottenne la carica di rokui no kurōdo (ciambellano imperiale) nel secondo anno dell’Era Hōen (1136). Nello stesso anno gli venne assegnato il titolo di ju go-i no ge (uno dei ranghi della nobiltà).
Yorimasa servì l’Imperatore Toba e la consorte di questi, Fujiwara no Nariko, conosciuta anche col nome di Bifukumon-in.

Ribellione di Hōgen e Heiji

Nel 1142 l'imperatore Toba, prima di ritirarsi, costrinse il figlio regnante Sutoku (1123-1142) ad abdicare in favore di Konoe, nono figlio avuto da una diversa consorte. Alla morte di Konoe nel 1155, Sutoku sperò venisse nominato successore il proprio figlio, ma l'anno seguente, alla morte dell'imperatore Toba, dovette scontrarsi con la pari ambizione del fratellastro Masahito, quartogenito di Toba. La disputa fra le due fazioni, conosciuta come Ribellione di Hōgen, non riguardò solo il possesso del trono, ma anche la presenza del governo del chiostro, una particolare forma di governo tipica in Giappone, grazie alla quale l'imperatore continuava a regnare e a mantenere inalterato il proprio potere, pur avendo abdicato.
Dalla Ribellione di Hōgen uscì vincitore Masahito che divenne imperatore il 23 agosto 1155 con il nome di Go-Shirakawa. Il 5 settembre 1158, Go-Shirakawa abdicò in favore del figlio Nijō, ma di fatto continuò a detenere il potere effettivo attraverso il governo del chiostro fino alla morte, avvenuta nel 1192. In questo periodo si alternarono gli imperatori (nominali) Nijō, Rokujō, Takakura, Antoku, e Go-Toba.
Alla fine degli anni cinquanta, durante il regno dell'imperatore Nijo (1143-1165), la situazione politica divenne estremamente confusa a causa di un nuovo conflitto che oppose i sostenitori dell'imperatore in carica, guidati dal principale dei consiglieri di Nijo, Fujiwara no Michinori, conosciuto anche come Shinzei, e quelli del padre di questi, Go-Shirakawa, guidati da Fujiwara no Nobuyori. Nel 1159 avvenne un colpo di stato, guidato da Taira no Kiyomori in opposizione al regime di Shinzei. Quest'ultimo venne ucciso e dopo la cosiddetta ribellione di Heiji (1159-1160) che vide opporsi i clan Taiga e dei Minamoto, salì al potere Taira no Kiyomori, un leader militare noto per aver stabilito il primo governo militare samuraico nella storia del Giappone.
Minamoto no Yorimasa, alleato dell'imperatrice consorte Bifukumon-in (moglie di Toba e madre di Konoe) aveva partecipato al colpo di stato sostenendo Taira no Kiyomori, inizialmente sostenitore di Nijo. Anche Minamoto no Mitsuyasu, consigliere dell'Imperatore Nijo, si schierò con Kiyomori. Quando Nijio fu sconfitto e costretto a fuggire dalla Residenza Imperiale per stabilirsi a Rokuhara, Kyoto, Yorimasa perse i privilegi di cui aveva goduto fino a quel momento.
Nell’anno precedente alla rivolta, il secondo anno dell’Era Kyūju (1155), Yorimasa adottò Minamoto no Nakaie (fratello maggiore di Kiso Yoshinaka), figlio maggiore di Minamoto no Yoshikata, che fu ucciso nella battaglia di Okura. L’anno successivo alla ribellione di Hōgen, nel 1157, il fratello più giovane di Yorimasa, Yoriyuki, venne improvvisamente accusato ed esiliato e, per questo motivo, si suicidò. In seguito, Yorimasa prese con sè Muneyori, Masatsuna, e Kanetsuna, figli di Yoriyuki.

Decano della famiglia Genji sotto il potere del clan Taira

Yorimasa era rimasto nella politica sotto l’amministrazione dei Taira e aveva occupato la posizione di Decano dei Genji (clan Minamoto). Nel 1167, secondo anno dell’Era Nin’an, venne promosso a ju shi-i no ge. Lavorò come Ōchi Shōgo (guardia imperiale) con Nakatsuna per tre generazioni: Imperatore Nijo, Imperatore Rokujō e Imperatore Takakura e, pure, per le forze armate di Go-Shirakawa. Nel 1177, terzo anno dell’Era Angen, quando una grande folla di gente dell'Enryaku-ji si oppose a Saikō, vassallo imperiale, Yorimasa intervenne insieme a Taira no Shigemori mobilitando le guardie del Palazzo Imperiale.
Yorimasa era un eccellente poeta e aveva legami con personaggi illustri nel mondo della letteratura come Fujiwara no Shunzei, Shun'e e Inpumon'in no Tayū. 59 delle sue più famose poesie furono raccolte nella collezione imperiale “Shika Wakashū”. Nei suoi ultimi anni compose molte poesie riguardanti il sistema ufficiale dei ranghi. Nel 1178, secondo anno dell’Era Jishō, fu promosso dal rango shō shi-i ge a quello di ju san-mi grazie alla raccomandazione di Kiyomori.
Secondo l’”Heike monogatari”, Kiyomori aveva completamente dimenticato che il rango di Yorimasa era stato per molto tempo quello di shō shi-i ge. Quando Yorimasa scrisse questa poesia:
のぼるべきたよりなき身は木の下に 椎(四位)をひろひて世をわたるかな 『平家物語』 巻第四 「鵺」
Noborubeki tayorinaki mi wa konoshita ni shī (Shii) wo hiro hite yo wo wataru ka na “Heike monogatari”, quarto volume “Nue”
«Non vi è alcuna possibilità per me di salire sull'albero. Allora, ci cammino intorno e raccolgo le dolci ghiande.»
Kiyomori si accorse del suo forte desiderio di essere elevato a ju san-mi e così lo promosse all’ambito rango. Kiyomori aveva fiducia in Yorimasa perché nel corso degli anni ebbe diversi riconoscimenti.
Anche nei documenti storici veri e propri, la sua promozione a ju san-mi era senza precedenti e, infatti, Kujō Kanezane ne parlò nel suo diario "Gyokuyō":' fatto del tutto insolito'. A quel tempo aveva 74 anni.
Nel novembre del 1179, terzo anno dell’Era Jishō, Yorimasa divenne un prete buddhista lasciando la tenuta e la famiglia al figlio Nakatsuna.

Battaglia di Uji

In questo periodo scoppiò un conflitto tra il regime dei Taira e il governo esercitato da Go-Shirakawa. Nel 1177, primo anno dell’Era Jishō, ebbe luogo la “Cospirazione Shishigatani” e di ciò fu sospettato Go-Shirakawa, imperatore che abdicò aderendo ad un ordine buddhista, ritenuto coinvolto nella ribellione. Poi, nel novembre del 1179, terzo anno dell’Era Jishō, Taira no Kiyomori, in disaccordo con l’imperatore abdicante, trasferì il suo esercito da Fukuhara-kyō a Kyoto, organizzò un colpo di stato, interruppe il regime di Go-Shirakawa e lo fece incarcerare. In seguito, nel febbraio del 1180, quarto anno dell’Era Jishō, Kiyomori costrinse l’Imperatore Takakura ad abdicare e a far salire al trono un bambino di tre anni, l’Imperatore Antoku, figlio dell'Imperatore Takakura e di Taira no Tokuko, figlia di Taira no Kiyomori.
Fu il Principe Mochihito (conosciuto col nome di Principe Takakura e Minamoto Mochimitsu), terzo figlio dell’Imperatore Go-Shirakawa, a non accettare molto volentieri le azioni di Kiyomori. Fu così che divenne il figlio adottivo di Hachijoin Akiko, sorella dell’imperatore abdicante (Go-Shirakawa), come unica possibilità di ottenere la corona, ma l’ascesa al trono dell’Imperatore Antoku vanificò tutte le sue speranze. Yorimasa, allora, studiò un piano per far rovesciare i Taira con l'aiuto del Principe Mochihito.
Secondo l’“Heike monogatari”, Yorimasa decise di schierarsi contro Kiyomori perché Taira no Munemori, terzo figlio di Kiyomori, lo aveva insultato riguardo a uno dei cavalli del figlio primogenito Nakatsuna. Per la sua forte determinazione di guerriero decise di ribellarsi contro i Taira e una notte fece visita al Principe Mochihito nella sua residenza per incoraggiarlo ad opporsi a Kiyomori. Esiste un’altra teoria che afferma che Yorimasa, il quale servì l’Imperatore Konoe e l’Imperatore Nijo, entrambi consanguinei dell’Imperatore Toba, come Ōchi Shōgo (guardia imperiale) per diverse generazioni, non accettò di buon grado come sovrano Takakura e Antoku, che non erano in linea diretta per l'ascesa al trono, e si oppose loro. Inoltre, sempre nell'opera letteraria “Heike monogatari”, in cui vengono chiarite le cause del piano di ribellione di Yorimasa insieme al Principe Mochihito, è scritto che, per il fatto di essersi ribellato il 21 maggio, si fece monaco buddhista al Tempio Mii-dera, che fosse terrorizzato dall'essere catturato dai Taira e che Mochihito cercò di fuggire.
Nell'aprile dello stesso anno, Yorimasa e il Principe Mochihito scrissero un messaggio a tutti i samurai del clan Minamoto e ai principali santuari religiosi e templi di tutto il paese per dichiarare guerra al clan Taira. Il messaggio fu inviato da Minamoto no Yukiie (decimo figlio di Minamoto no Tameyoshi). Però già nel mese di giugno, il loro piano di insorgere fu scoperto dai Taira che ordinarono ai Kebiishi (polizia imperiale) di arrestare Mochihito, ma loro non si accorsero che tra i poliziotti c’era pure Kanetsuna, figlio di Yorimasa. Ciò indicava che non si erano resi conto che Yorimasa era ancora coinvolto nella rivolta. Mochihito si rifugiò nel Tempio Mii-dera, formalmente chiamato Onjō-ji. Il 21 maggio il clan Taira assaltò il Templio Onjō-ji. Nell'attacco era coinvolto anche il team di Yorimasa. Quella notte, Yorimasa dette fuoco alla sua stessa abitazione ed entrò nel Templio Onjō-ji insieme ai suoi familiari, includendo Nakatsuna e Kanetsuna, per unirsi a Mochihito. Rivelarono chiaramente le loro intenzioni di opporsi ai Taira.
Il loro piano di insorgere prevedeva anche il coinvolgimento dei templi Enryaku-ji e Kōfuku-ji, oltre che quello di Onjō-ji. Tuttavia, l’Enryaku-ji prese una posizione neutrale. Nella notte del 25, allorché le forze ribelli sentirono il pericolo perfino nel Tempio Onjō-ji, Yorimasa si diresse verso il Kōfuku-ji, Nara, insieme al Principe Mochihito, ma quest’ultimo cadde da cavallo durante la ritirata finendo per fermarsi al Byōdō-in per riposare, che era lungo la strada. Fu lì che il grande esercito dei Taira attaccò.
Il giorno seguente la battaglia iniziò. Nonostante i monaci che vivevano nel tempio avessero distrutto il ponte che consentiva l'ingresso alla struttura, le forze del clan Taira riuscirono comunque a conquistarlo. Allora Yorimasa e i suoi guerrieri si barricarono nel Tempio Byōdō-in per contrastare gli attacchi del nemico in modo da permettere al Principe Mochihito di scappare, ma le milizie dei Taira erano di gran lunga più numerose di quelle di Minamoto no Yorimasa. Come risultato quest'ultimo perse la maggior parte dei suoi comandanti e soldati e alcuni dei suoi figli, tra cui Nakatsuna, Munetsuna e Kanetsuna, che morirono nel conflitto o si suicidarono. Alla fine Yorimasa si tolse la vita pure lui con la tecnica del seppuku, in quello che molti storici considerano il secondo caso registrato di suicidio di un samurai di fronte alla sconfitta, con l’assistenza di Watanabe no Tonau lasciandoci la sua “poesia della morte”. Aveva 77 anni. La suddetta poesia è la seguente:
埋もれ 木 の / 花 咲く こと も / な かり し に / 身 の なる 果て ぞ / 悲し かりける
umoregi no / hana saku koto mo / nakarishi ni / mi non naru odio zo / kanashikarikeru
«Come un vecchio albero
da cui si non raccolgono i fiori
triste è stata la mia vita
destinata a non portare alcun frutto»
Mochihito, che era riuscito a scappare, venne raggiunto e ucciso. L'alleanza tra Mochihito e Yorimasa fu un fallimento su tutti i fronti, le conseguenze del messaggio, scritto dal principe, suscitarono un grande scalpore. Infatti, Minamoto no Yoritomo, Minamoto no Yoshinaka e altri membri del clan Minamoto, insieme a molti templi, si unirono alla rivolta, che portò alla Guerra Genpei e alla successiva sconfitta e distruzione del clan Taira.
Minamoto no Hirotsuna, il figlio più giovane di Yorimasa, e Minamoto no Aritsuna e Minamoto no Naritsuna, figli di Nakatsuna, sopravvissero alla serie di scontri perché si trovavano nella provincia di Izu e si unirono all’esercito di Minamoto no Yoritomo che si scontrò con i Taira a Izu.

Carriera

※ Calendario basato su quello giapponese antico.
  • Secondo anno dell’Era Hōgen (1136)
    • 17 aprile: nominato Ciambellano.
    • 13 giugno: conferimento della carica di Jugoino-ge (uno dei ranghi della nobiltà).
  • Marzo del terzo anno dell’Era Ninpei (1153): concessione di entrare a far parte della corte di Fujiwara no Nariko, conosciuta anche col nome di Bifukumon-in.
  • 22 ottobre del secondo anno dell’Era Kyūju (1155): nominato Hyōgoryo, agente dell’Arsenale.
  • 2 ottobre del terzo anno dell’Era Hōgen (1158): permesso di accedere nella parte più interna della Corte Imperiale.
  • Quarto anno dell’Era Hōgen (1159):
    • 28 gennaio: avanzamento di rango nobiliare a Jūgoijō (stesso rango di quello precedente, ma con grado superiore) e ritiro dalla posizione di Hyōgoryo.
    • 10 dicembre del periodo Heiji: responsabile della provincia di Izu. Sconosciuta la data del suo ritiro.
  • 21 ottobre dell’Era Nin'an o Ninnan (1166): elevamento al rango nobiliare Shōgoige. Abbandono ufficiale della carica di Hyōgoryo, agente dell'Arsenale.
  • 30 gennaio del secondo anno dell’Era Nin'an, denominato anche Ninnan (1167): avanzamento ad altro rango della nobiltà: Jyushiige
  • 20 novembre del terzo anno dell’Era Nin'an (1168): elevamento al rango Jyushiijō (stesso rango del precedente, ma con grado superiore).
  • 14 gennaio del secondo anno dell’Era Kaō (1170): assegnatagli temporaneamente la carica di Signore dell’Ovest della capitale nipponica.
  • 9 dicembre dell’Era Jōan (1171): avanzamento del rango nobiliare a Shōshii. Abbandono della carica di Signore dell’Ovest della capitale.
  • 19 gennaio del terzo anno dell’Era Jōan (1173): nominato Governatore della provincia di Bingo.
  • 5 febbraio del secondo anno dell’Era Angen (1175): riottenuta la carica di Signore dell’Ovest della capitale giapponese continuando altresì ad essere Governatore della provincia di Bingo.
  • 25 dicembre del secondo anno dell’Era Jishō (1178): avanzamento ad altra carica nobiliare: Jyusanmi.
  • 28 novembre del terzo anno dell’Era Jishō (1179): divenuto monaco.
  • 26 maggio del quarto dell’Era Jishō (1180): giorno della sua morte. Nome buddista postumo: Rengeji Kenhō Sawayama no Yoriyuki.

Leggende

Storie dell'Heike Monogatari

Romanzo: Heike monogatari
Nell’opera classica “Heike monogatari” è stata scritta una storia su un mostro chiamato Nue. Secondo questo racconto, l’Imperatore Konoe aveva incubi ogni notte che lo portarono ad ammalarsi. Per guarirlo, Minamoto no Yoshiie, nonché Minamoto no Yorimasa, capo del clan Genji, il quale portava con sé un arco, appena fuori dal palazzo imperiale gridò con tutta la potenza della sua voce: “Minamoto no Yoshiie, governatore di Mustu!”.
In attesa dell’arrivo di un valoroso samurai, fu scelto, all'interno del suo stesso clan, Yorimasa, guerriero dalle eroiche gesta militari. Nel cuore della notte proprio mentre Yorimasa proteggeva il giardino imperiale, da nord-est giunsero nuvoloni neri che portarono con sé il demone Nue, il cui aspetto era composto da diversi parti di animali: la testa di una scimmia, il corpo di un cane procione, le zampe di una tigre e la coda di un serpente. Yorimasa scagliando una freccia col suo arco, e con l’aiuto della katana del suo seguace Ino Hayata, fece cadere dal cielo il mostro. Una volta sconfitto, Yorimasa prese il suo corpo, lo fece in tanti pezzi, li ripose poi in una barca fatta di bambù e li gettò infine nel Mar del Giappone. In seguito a quel fatto l’imperatore si ristabilì in breve tempo.
La leggenda sostiene inoltre che a Yorimasa fu data dalla Corte Imperiale la “Shishiou”, una tachi, offertagli come ricompensa del suo coraggio per aver ucciso il mostro.

Luogo di sepoltura

Il luogo di sepoltura più conosciuto è situato nel Tempio Byōdō-in nella città di Uji (prefettura di Kyoto). Il 26 maggio, giorno della commemorazione di Yorimasa, si celebra la relativa cerimonia religiosa buddhista.
Ve ne sono altri come il Tempio Rengeji (Seki, prefettura di Gifu), dove è stata tramandata le leggenda di Ino Hayata, vassallo di Minamoto no Yorimasa, che seppellì la testa di Yorimasa nelle terre di Minamoto no Kuninao, suo zio. C’è anche il Tempio Yorimasa, situato a Koga nella prefettura di Ibaraki, dove è collocato il suo tumulo (altra leggenda riguardante il luogo dove possa essere sepolta la sua testa); è tradizione credere che il suo servitore, facente parte del clan Shimokobe, onori il padrone. Altra tomba di Yorimasa è posta a Kameoka nella prefettura di Kyoto. Inoltre, non è chiara la relazione stretta tra Yorimasa e la sua tomba collocata nel Tempio Choumyou-ji a Nishiwaki nella prefettura di Hyogo.

Templi scintoisti dedicati a Minamoto no Yorimasa

Ci sono diversi templi nelle province vicine a quella del Kantō. In generale sono dedicati a Minamoto no Yorimasa, come antenato del clan Ōkouchi (ex signore feudale).
  • Tempio Toyoki – città di Toyohashi, prefettura di Aichi
  • Tempio Yorimasa – città di Takasaki, prefettura di Gunma
  • Tempio Yorimasa - città di Koga, prefettura di Ibaraki
  • Tempio Yorimasa – città di Ryūgasaki, prefettura di Ibaraki

Templi in cui si prega Yorimasa

  • Tempio Honkō – città di Ichikawa, prefettura di Chiba

Albero genealogico

Pronipote di Minamoto no Yorimitsu, figlio primogenito di Minamoto no Nakamasa (secondo figlio di Minamoto no Yoritsuna, discendente del clan Minamoto). Appartenente alla ramificazione Tada, successione di Tada no Shō, e a quella di Settsu, prendendo in considerazione il rango, la carica di ufficiale e il fatto di essere il primogenito della famiglia.
  • Padre: Minamoto no Nakamasa – secondo figlio di Minamoto no Yoritsuna
  • Madre: figlia di Fijiwara Tomomi – originaria del rango nobiliare Fujiwara Nanke
  • Fratelli
    • Minamoto no Yoriyuki – fratello minore nato dalla stessa madre. Suicidatosi nel secondo anno dell’Era Hōgen (1157)
    • Minamoto no Mitsushige – Saburo Fukaso. In origine il vero nome era Minamoto no Mitsunobu (Mino Genji), ma successivamente fu adottato come figlio adottivo da Nakamasa.
    • Minamoto no Yasumasa – figlio adottivo di Ikeda Matsusada ereditando il cognome del clan Ikeda. Cambiamento del nome e cognome in Osamu Matsusei. Da bambino possedeva anche i seguenti nomi: Ki no Tomomitsu e Ki no Mochimasa.
    • Hōshōji Donomikawa – moglie di Fujiwara no Tadamichi. Poetessa.
    • Kōgōmiya Mino – dama di corte della principessa Reishi. Poetessa.
    • Moglie di Fujiwara no Tsunesada (carica di Chūnagon, cioè consigliere del secondo rango nella Corte Imperiale)
  • Mogli: Figlia di Minamoto no Masayori – originaria della linea di Minamoto no Mitsumasa, appartenente a Seiwa Genji (uno dei rami del clan Minamoto). Nella realtà la moglie di Yorimasa è la nipote di Masayori, non la figlia.
    • Minamoto no Nakatsuna – figlio legittimo di Yorimasa. Poeta. Morto insieme al padre nella Battaglia di Uji.
    • Nijōin no Sanuki – poetessa. Moglie di Fujiwara no Shigeyori, (componente del Ministero della Casa Imperiale), parte della famiglia Hamuroke.
  • Concubina: Ayame no Mae – luogo di nascita a Izunagaoka Kona. Originariamente era la moglie di Tobain. Ha avuto due figli con Yorimasa. Dopo la Ribellione di Heiji, fuggì nel distretto di Kamo in provincia di Aki dove si fece monaca e lì morì.
  • Madre biologica: sconosciuta
    • Minamoto no Yorikane – gokenin (samurai di basso livello presso lo shogunato Kamakura) con la carica di Ōuchi Shugo, difensore del Palazzo Imperiale.
    • Minamoto no Hirotsuna – figlio più giovane di Yorimasa. Gokenin (samurai di basso livello presso lo shogunato Kamakura).
    • Minamoto no Yoritaka – Ajari, maestro nel Buddhismo esoterico
    • Minamoto no Mikoto – Ajari, maestro nel Buddhismo esoterico
    • Figlia: moglie di Fujiwara no Takayasu, con la carica di Ukyou no daibu e componente della famiglia Shijyōke.
    • Figlia: moglie di Fujiwara no Kenjō, il quale fu nominato Taikōtaigōgū-ken daishin e appartenente al sottogruppo Kanjuji, ramo Hokke, uno dei principali del clan Fujiwara.
    • Figlia: moglie di Murakami Tsunenari – Ministro di Centro e componente della famiglia Shina no Murakami.
  • Figli adottivi
    • Minamoto no Kunimasa – figlio di Minamoto no Kuninao (zio). Discendente della famiglia Yamagata.
    • Minamoto no Muneyori – figlio di Minamoto no Yoriyuki (fratello minore). Discendente della famiglia Oguni.
    • Minamoto no Masatsuna – figlio di Minamoto no Yoriyuki (fratello minore).
    • Minamoto no Kanetsuna - figlio di Minamoto no Yoriyuki (fratello minore). Morto in battaglia insieme a Yorimasa nella Battaglia di Uji.
    • Minamoto no Nakaie – figlio legittimo di Minamoto no Yoshikata. Morto in battaglia insieme a Yorimasa nella Battaglia di Uji.
  • Cugini
    • Minamoto no Yukikuni – in successione del sottogruppo Tada del ramo Settsu, il quale apparteneva a quello del clan Minamoto.
    • Fujiwara no Akinori – figlia di Minamoto no Moriko (zia da parte di padre). Discendente del clan Uesugi
    • Fujiwara no Norisue – cugino da parte di madre.

Vassalli

Su Yorimasa si conoscono varie informazioni riguardanti i suoi vassalli. In una di queste si afferma che Yorimasa ebbe come quartiere generale un’area vicino a Watanabe nella provincia di Settsu (zone nei pressi dell’attuale Osaka, prefettura di Osaka), mentre la famiglia dello zio di Yorimasa ereditò il territorio di Tada no shō, il centro del ramo Settsu. Inoltre, è noto il fatto che il clan Watanabe, gruppo di samurai che si formarono nella stessa zona, a Watanabe, servì Minamoto no Yorimasa come la più importante famiglia di vassalli. Si è venuti a conoscenza altresì che il clan Shimokobe, che costruì la residenza Shimokobe-no-sho nel feudo Hachijo-in, nella provincia di Shimōsa, servì pure Yorimasa con la stessa qualifica.
Riguardo ai suoi rapporti con il clan Shimokobe, definito come una famiglia di samurai proveniente dalla parte orientale del Giappone, si ritiene che la relazione tra padrone e servitore fosse iniziata dalla fondazione di Shimokobe-no-sho dopo che Yorimasa si era recato nella provincia di Shimōsa insieme al padre Nakamasa nominato Shimōsa no Kami (Governatore della provincia di Shimōsa).

Discendenti

  • Clan Shimotsuma
    Nella famiglia Shimotsuma sono presenti i discendenti dei figli maggiori: il figlio ed erede di Minamoto no Nakatsuna e il figlio e il successore di Minamoto no Munetsuka. Il clan Shimotsuma ha servito il Tempio Hongan-ji come la principale famiglia di vassallii e ha avuto un ruolo fondamentale nella rivolta contro la setta Ikko nell’epoca Sengoku; poi nel periodo Edo Shigetoshi Ikeda, uno dei discendenti del clan Shimotsuma, ha ottenuto dalla propria famiglia diecimila koku e conseguentemente divenne daimyō.
  • Clan Oikawa
    Oikawa Naritsuna, nipote di Yorimasa, è conosciuto come Izu-kanja Naritsuna o Saemon-no-jo Moritsuna, che è il fratello minore di Mianmoto no Munetsuna e di Minamoto no Aritsuna. Naritsuna era in possesso della villa padronale Oikawa a Kinosaki, distretto situato nella provincia di Tajima, e da quel momento ha cominciato a usare, come nome per il suo clan, Oikawa. Inoltre, anche Minamoto no Masatsugu, fratellastro di Minamoto no Nakatsuna (da parte di madre), da allora ha iniziato a utilizzare lo stesso nome Oikawa, quindi si sono formati due clan che avevano lo stesso nome.
  • Clan Ōta e Clan Kajiwara
    I discendenti del figlio più giovane di Minamoto no Hitrotsuna fanno parte del clan Ōta. Tra i discendenti Ōta si possono trovare Ōta Sukeie, nipote di Ōta Dōkan il quale ha servito la famiglia Ōgigayatsu Uesugii-ke, e suo figlio Ōta Sukeyori. Fra i figli di Sukeyori vi sono Ōta Sukeaki e Ōta Sukemasa. Sono presenti perfino: Ōta Ujisuke, primogenito di Ōta Sukemasa, e Kajiwara Masakage, secondogenito. Oltre a ciò, si aggiungono alla discendenza: Ōta Sukemoto, che divenne un Rōjū (funzionario governativo con il grado più alto) dello shogunato Edo, e Ōta Seizaemon, capo dei servitori del clan Mito.
  • Clan Ōkōchi
    Akitsuna, figlio di Minamoto no Kanetsuna (figlio adottivo di Minamoto no Yorimasa), ha iniziato a usare il nome Ōkōchi. Nel periodo Edo Matsudaira Nobutsuna ha preso il soprannome di Chie-Izu per il suo ingegno.
  • Clan Inoko
    I fratelli Inoko Hyōsuke e Inoko Kazutoki, comandanti militari, nell’epoca Sengoku hanno affermato di essere discendenti di Yorimasa.
  • Clan Baba
    Anche il clan Baba, che ha generato Baba Nobuharu, uno dei quattro saggi vassalli di Takeda Shingen della provincia di Kai, oggigiorno è diventata la prefettura di Yamanashi, pare che discenda da Yorimasa.

venerdì 16 febbraio 2018

Coniglio lunare

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Il coniglio lunare (in cinese 月兔, yuètù, in coreano 옥토끼, oktokki, in giapponese 月の兎 tsuki no usagi) è una creatura immaginaria presente nella mitologia e nel folklore di molti paesi dell'Estremo Oriente, ed in particolare di Cina, Corea e Giappone. Si tratta per l'appunto di un coniglio che vivrebbe sulla Luna. Deve la sua origine ad una pareidolia comune in Asia (ma non in Occidente) per la quale è possibile vedere, negli avvallamenti della faccia illuminata della Luna piena, la figura di un coniglio seduto sulle zampe posteriori a fianco di un pestello da cucina.
È una figura leggendaria molto presente nell'immaginario mitologico dell'Estremo Oriente, sebbene con alcune varianti: in Cina viene solitamente considerato un compagno della divinità lunare Chang'e, per la quale è incaricato di produrre l'elisir di lunga vita pestandone i componenti nel suo mortaio; nel folklore coreano e giapponese si limita invece a pestare il dolce di riso (in coreano tteok, in giapponese mochi) nel mortaio (in coreano 절구, jeolgu, in giapponese usu). In tutti i casi, il suo mito si ricollega ad una antica fiaba buddhista, la Śaśajâtaka.
In Cina viene anche chiamato coniglio di giada (玉兔, yùtù) o coniglio d'oro (金兔, jīntù), e la sua figura viene celebrata nella festività dedicata alla Luna e alla dea Chang'e, appunto la Festa della Luna (o Festa di metà autunno; 中秋節, 中秋节, Zhōngqiūjié).

Storia

La più antica testimonianza del mito del coniglio lunare risale al Periodo dei regni combattenti, nell'antica Cina, ed è presente nel Chu Ci (楚辭, 楚辞, Chǔcí), una raccolta di poesie cinesi composta durante la dinastia Han. In essa, viene menzionata la credenza per la quale sulla Luna, insieme ad un rospo, si troverebbe un coniglio occupato a sminuzzare nel suo pestello le erbe per l'immortalità. Una successiva menzione è riscontrabile nel Taiping yulan (太平御覽, Tàipíng Yùlǎn, letteralmente "Letture imperiali dell'epoca Taiping") della dinastia Song.

Leggenda

Nella mitologia, la ragione per cui un coniglio dovrebbe trovarsi sulla Luna è descritta nel Śaśajâtaka, una antica storia (in realtà una vera e propria favola, per gli standard occidentali) buddista, con intenti moralistici. In essa si narra di quattro amici animali, una scimmia, una lontra, uno sciacallo ed un coniglio che, nel giorno sacro buddista di Uposatha (dedicato alla carità e alla meditazione) decisero di cimentarsi in opere di bene. Avendo incontrato un anziano viandante, sfinito dalla fame, i quattro si diedero da fare per procacciargli del cibo; la scimmia, grazie alla sua agilità, riuscì ad arrampicarsi sugli alberi per cogliere della frutta; la lontra pescò del pesce e lo sciacallo, sbagliando, giunse a rubare cibo da una casa incustodita. Il coniglio invece, privo di particolari abilità, non riuscì a procurare altro che dell'erba. Triste ma determinato ad offrire comunque qualcosa al vecchio, il piccolo animale si gettò allora nel fuoco, donando le sue stesse carni al povero mendicante. Questi, tuttavia, si rivelò essere la divinità induista Śakra e, commosso dall'eroica virtù del coniglio, disegnò la sua immagine sulla superficie della Luna, perché fosse ricordata da tutti.
La leggenda, il cui intento è celebrare le qualità buddiste del sacrificio e della carità portata avanti ad ogni costo, è ben nota in Cina e in Giappone, ed è conosciuta anche in versioni diverse: una di esse, popolare in Cina, vuole che sia stata la divinità Ch'ang Ô a salvare la coraggiosa bestiola dalle fiamme e a portarla con sé sulla Luna. In altre varianti cambia il numero e la specie dei compagni del coniglio, che vengono riferiti come una scimmia ed una volpe nella raccolta giapponese Konjaku Monogatarishū, scritta durante il Periodo Heian e che colleziona antiche storie indiane, cinesi o giapponesi, o una volpe e un orso in altre versioni.



giovedì 15 febbraio 2018

Liu Yunqiao

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Liu Yunqiao, 劉雲樵, zi Xiaochen 笑尘, soprannominato "Xiaobawang" 小霸王 (1909 – 24 gennaio 1992), è stato un artista marziale cinese.
Liu Yunqiao è il nome in Pinyin. Egli è nato nel villaggio Beitoucun 北头村 dell'area di Cangxian nella provincia di Hebei nella Cina del Nord nel 1909 ed è morto nel 1992 a Taiwan.
Ha studiato fin da bambino Mizongyi 迷蹤藝 da Zhang Yaoting 張耀庭, anche detto Zhang Kuaitui 張快腿, che serviva come Guardia del Corpo la famiglia Liu. Sempre con lo stesso insegnante ha studiato Taizu Changquan 太祖長拳. Da Li Shuwen ha appreso il Bājíquán, il Piguazhang e la lancia.
In seguito ha viaggiato nello Shandong dove ha potuto imparare Liuhe Tanglangquan da Ding Zicheng e Baguazhang da Gong Baotian.
Entrato nell'esercito ha partecipato alla guerra antigiapponese e alla guerra civile contro i Comunisti. A causa dell'esito favorevole a questi ultimi è fuggito a Taiwan dove ha assunto l'incarico di istruttore di Wushu delle guardie del corpo di Chiang Kai-shek.
Fonda la rivista "Wutan Zazhi" 武坛杂志.

mercoledì 14 febbraio 2018

Ātman

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La parola Ātman (devanāgarī आत्म‍ ) o Atta (Pāli) si riferisce a un "Io" o "Sé". Viene anche tradotta come "anima" o "ego". Le parole ātman e atta derivano dalla radice Indo-Europea *ēt-men (respiro) e sono parenti dell'inglese antico æthm, del tedesco Atem, e del greco atmo


Primi significati del termine

Per quanto riguarda il significato più generale del termine, vedi la voce Ātman.
Tale termine compare per la prima nel Ṛgveda, la più antica raccolta degli inni vedici (XX-XV secolo a.C.) dove indica che l'essenza, il soffio vitale, di ogni cosa è identificabile nel Sole (Sūrya):
(SA)
«citraṃ devānām ud agād anīkaṃ cakṣur mitrasya varuṇasyāgneḥ āprā dyāvāpṛthivī antarikṣaṃ sūrya ātmā jagatas tasthuṣaś ca»
(IT)
«Si è alzato il volto luminoso degli Dei, l'occhio di Mitra, di Varuṇa, di Agni, ha colmato il cielo la terra e l'aria: il Sole (Sūrya) è il soffio vitale di ciò che è animato e di ciò che non è animato»
(Ṛgveda I, 115,1)
Esso trae il significato da varie radici an (respirare), at (andare) va (soffiare).
Nel Śatapatha Brāhmaṇa, uno dei commentari in prosa dei Veda probabilmente composti in un periodo compreso tra il X secolo l'VIII secolo a.C., questa descrizione come "essenza" e "soffio che dà la vita" propria del Ṛgveda viene interpretata come una unità, trascendente ed immanente al tempo stesso, di tutta la Realtà cosmica e in questo senso un analogo del Brahman, la formula sacrificale che genera e mantiene il Cosmo.
Le successive riflessioni degli Āraṇyaka, con l'importanza data alla «coscienza di Sé» (prajñātman), e poi delle Upaniṣad, intorno all'VII-IV secolo a.C., iniziano a delineare l'ātman come Sé individuale distinto eppure inscindibile dal Sé universale (Brahman).
Anche se il buddhismo è fondato sulla teoria del "non sé" Anatta, alcuni insegnamenti della scuola Mahāyāna sostengono l'esistenza di una realtà ultima di un atman [Sé], che viene identificato con l'essenziale, la natura ultima della mente (Dalai Lama). Questa dottrina è conosciuta anche come Tathagatagarbha.

La definizione di atman nel buddismo

Candrakirti contestualizza così l'Atman : "Atman è l'essenza delle cose che non dipendono da altri fenomeni, ma che possiedono una natura intrinseca non condizionata". La non esistenza di questo è Anatta - Mancanza di un sé permanente. La dottrina dell'Atman nei Vedanta e la teoria del Dharma nel buddismo, si escludono a vicenda. Il Vedanta tenta di stabilire un Atman come base di tutto, mentre il buddismo afferma che tutto nel mondo empirico è solo un flusso di Dharma che passano (processi impersonali ed evanescenti), che devono quindi essere definiti Anatta, cioè, senza un sé persistente, senza un'esistenza indipendente. Il significato della parola Attan (nominativo: Atta, sanscrito: atman, nominativo: atma) si divide in due gruppi: nell'uso quotidiano, Attan ("Sé") serve per denotare la propria persona, e ha la funzione di un pronome riflessivo. Questo utilizzo è, per esempio, illustrato nel capitolo 12 del Dhammapada. Come termine filosofico, Attan indica l'anima individuale come ipotizzato dai giainisti e altre scuole contemporanee, ma - al contrario - respinta dai buddisti. Questa anima individuale rappresenterebbe una monade spirituale immutabile, perfetta e beato per natura, anche se le sue qualità possono essere temporaneamente oscurate, a causa della sua caduta nel mondo materiale. Quindi il termine "sé" (atman) designa qualsiasi entità individuale, eterna e immutabile, in altre parole, ciò che la metafisica occidentale chiama "sostanza": "Qualcosa che esiste grazie a se stessa, non attraverso qualcosa d'altro, né è collegata a, o inerente a, qualcosa d'altro". Nell'uso filosofico buddhista, Attan è, quindi, qualsiasi entità di cui si può erroneamente supporre che esista indipendentemente da tutto il resto, e che esista in base esclusivamente alle proprie forze.

La definizione di Anatta

Anattan (nominativo: anatta) è un sostantivo (sanscrito: Anatman) e significa "non-sé", nel senso di un ente che non è indipendente. Anatman significa "ciò che non è Anima (Sé o Spirito)," anche le scritture brahmaniche (fonti sanscrite) lo usano in questo senso. Il suo utilizzo frequente nel buddismo si spiega con la preferenza per le definizioni in negativo. Frasi come rupam anatta devono pertanto essere tradotti "gli aggregati del corpo sono un non-sé" o "non sono un'entità indipendente." La parola anatta è quindi qui tradotta con "non ha il carattere di un sé, non è indipendente, è priva di un sé (persistente), è priva di una sostanza (eterna)", ecc. Ciò è particolarmente evidente nel caso della parola anatta, che può essere sia un singolare sia un sostantivo plurale. Nella ben nota frase sabbe sankhara anicca - sabbe sankhara dukkha - sabbe dhamma anatta, "tutti i fattori dell'esistenza condizionata sono transitori, soggetti al dolore, tutti i fattori - condizionati e non condizionati (Nirvana incluso) - sono privi di un sé" si afferma che un Sé permanente non esiste, ne' nel mondo condizionato (che cade sotto i nostri sensi), ma nemmeno tra i dhamma non condizionati che non hanno avuto inizio e sono "senza morte". Perciò è detto: Ci sono tre insegnanti in tutto il mondo. Il primo Maestro insegna l'esistenza di un ego eterno che supera la morte: questo è l'Eternalismo, come ad esempio insegna il cristianesimo o l'induismo. Il secondo Maestro insegna che esiste un'entità temporanea che viene annientata con la morte: questa è la tesi materialista. Il terzo Maestro insegna che non esiste né un Sé eterno, né uno temporaneo: questo è il Buddha. Il Buddha insegna che, ciò che noi chiamiamo ego, il sé, l'anima, la personalità ecc., sono termini puramente convenzionali che non fanno riferimento ad alcuna reale entità indipendente. E insegna che dobbiamo individuare questo processo psicofisico di cui è sostanziata l'esistenza e notare come cambia in continuazione. Questa teoria della non esistenza di un "Io impermanente" costituisce l'essenza della dottrina del Buddha.

Tutto è in fiamme

Una volta che un certo Monaco avvicinò il Beato, gli chiese: "Venerabile Signore, cosa si dovrebbe conoscere e sperimentare, per abbandonare una visione errata, per eliminare ogni falsa idea di un Sé permanente, per superare tutti i processi creati dall'Io? - Bhikkhu, quando si conosce e si sperimenta che ogni contatto visivo dell'occhio con le forme è impermanente, che le sensazioni che sorgono dal contatto visivo sono impermanenti, si capisce l'idea che "Questo è mio", "Questo sono io" deve essere superata, eliminata e abbandonata completamente... Nel "Sutta del fuoco" il Buddha spiega estensivamente come l'intero apparato percettivo sia in fiamme: non solo l'occhio ma anche il suo oggetto, le forme e il processo di percezione con la conseguente sensazione causata dal contatto della forma con lo sguardo che la percepisce



I diversi concetti di "Sé"

Mentre i sutta attaccano decisamente la nozione di un Sé eterno e immutabile, "considerano una persona illuminata come uno il cui Sé empirico è altamente sviluppato." Chi possiede un grande sé ha una mente che non è alla mercé degli stimoli esterni o dei suoi propri stati d'animo, ma è intrisa di autocontrollo e di contenuto. La mente diventa senza confini, non limitata da un'auto-identificazione fallace. Al culmine del suo sentiero, l'Arahant, viene descritto come "uno che possiede un sé sviluppato" (bhāvit-Atto), che ha effettuato il processo di sviluppo personale e di fiducia in se stesso, fino a giungere alla perfezione. Un Arahant è descritto come "uno la cui mente è come un diamante":
  • La virtù, la saggezza, e le facoltà meditative e spirituali sono ben sviluppate
  • Il corpo è "sviluppato" e "costante"
  • La Mente è "sviluppata", "salda", "ben liberata" e priva di volontà malvagie
  • Di fronte agli oggetti dei sei sensi, è equanime, non si confonde, vede solo ciò che vede, e sente solo ciò che sente. Non fa proiezioni mentali e ha superato gli ostacoli come l'attaccamento, il desiderio, e l'avversione
  • I sei sensi sono "controllati" e ben "custoditi";
  • Esercita il pieno "auto-controllo" (atta-Danto) e possiede "un ben controllato sé" (attanā sudantena)
  • È "Illimitato, grande, profondo, incommensurabile, difficile da capire, un grande tesoro, sorto (come il) mare".

Il movimento Dhammakaya e i suoi insegnamenti in materia di non-sé

Nel corso degli ultimi decenni (almeno dal 1939), si è sviluppata in Thailandia un movimento di monaci e maestri di meditazione, chiamato "Dhammakaya". Il Movimento Dhammakaya insegna che è erroneo sussumere sotto la voce anatta (non-sé), il nirvana, che invece sarebbe il "vero sé" o Dhammakaya. Questo insegnamento è sorprendentemente simile a quello dei Tathagatagarbha sutra. Paul Williams spiega così il punto di vista di questo movimento: il Dhammakaya sostiene che si ottiene la realizzazione, quando la mente raggiunge il suo stato più puro, in un incondizionato "Corpo del Dhamma" (Dhammakaya) sotto forma di figura luminosa, radiosa e chiara, di un Buddha privo di tutte le contaminazioni e situato all'interno del corpo del meditante. Questo è il Nirvana o "vero Sé", che corrisponde appunto al Dhammakaya. Il buddismo Theravada rifiuta questo insegnamento e insiste sul non-sé come elemento universale. A fronte di questo, Phra Rajyanvisith del Movimento Dhammakaya (che non si considera Mahayana, ma un Theravāda riformato) sostiene che solo ciò che è composto è condizionato è non-sé - mentre il nirvana è assoluto e non condizionato, quindi possiede un Sé non dipendente e auto-consistente.

La visione dell'Atman nel buddhismo Mahayana

Nel buddhismo Mahāyāna, esiste una classe importante di sutra, generalmente conosciuta come Natura del Buddha (Tathagatagarbha), alcuni dei quali affermano che, in contrapposizione all'impermanente sé mondano dei cinque skandha (le componenti fisiche e mentali del nostro sé), esiste un sé eterno, vero, che non è altro che il Buddha stesso, nella sua natura ultima nirvanica. Questo è il "vero sé", presente in ogni essere, la personalità ideale, raggiungibile da tutti gli esseri a causa della loro potenzialità innata di liberarsi dai condizionamenti mondani. La natura del Buddha non rappresenta un sé sostanziale (atman), ma piuttosto rappresenta la potenzialità di realizzare la buddhità attraverso pratiche corrette. L'intenzione degli insegnamenti del Buddha è soteriologica, piuttosto che teorica.
Prima del periodo Tathagatagarbha, Mahāyāna la metafisica era stata dominata dagli insegnamenti sulla vacuità. Il linguaggio usato da questo approccio è principalmente negativa, e il modello Tathagatagarbha dei sutra può essere visto come un tentativo di utilizzare un linguaggio affermativo, per evitare che le persone venissero scoraggiate da una falsa impressione di nichilismo buddhista. Il maestro buddista zen, Sekkei Harada, parla di un vero Sé nelle sue spiegazioni del buddhismo Zen. Questo vero Sé si trova quando si "dimentica l'ego". La dottrina del "non-io" in realtà significa risveglio di un sé che è senza limiti: "Non-sé significa risvegliare un Sé che è così vasto e senza limiti che non può essere visto." Harada conclude le sue riflessioni sul buddhismo Zen, parlando della necessità di un incontro con il Vero Sé: ... nella nostra vita c'è solo una persona che dovete incontrare, quella persona è il Sé essenziale, il vero Sé. Finché non si soddisfa questo Sé, sarà impossibile trovare vera soddisfazione nel cuore... Nel Mahaparinirvana Sūtra Mahāyāna, il Buddha è raffigurato mentre dichiara che tutti gli esseri partecipano alla natura del Buddha. Tutti gli esseri senzienti avranno nei secoli futuri l'illuminazione più perfetta, vale a dire, la natura del Budda. Per tali ragioni, ho sempre proclamato che tutti gli esseri senzienti hanno la natura di Buddha.
Alcuni sutra buddisti e tantra Mahāyāna parlano affermativamente del sé. Per esempio, il Sutra Mahabheriharaka e il Srimala Sūtra dichiara in modo inequivocabile: "Quando gli esseri senzienti hanno fede nel Tathagata [Buddha] ...hanno la giusta visione. Perché così? Perché il Dharmakaya [natura ultima] del Tathagata ha la perfezione della permanenza, la perfezione del piacere, la perfezione del sé, la perfezione della purezza". Un primo tantra buddista, il Guhyasamaja Tantra, dichiara: "Il puro Sé, adorno di tutti gli ornamenti, brilla di una luce di diamante ardente ..."[27]
Secondo la teoria Mahāyāna, il vero sé del Buddha è infatti puro, vero e beato, e raggiungibile da chiunque sia nello stato di Mahaparinirvana. Inoltre, l'essenza di quel Buddha - il Buddha-dhatu "principio di Buddhità"), è presente in tutti gli esseri senzienti e viene descritto come "raggiante e luminoso". QuestoBuddha-dhatu è detto nel ]]Sutra del Nirvana]] - "increato, immutabile, l'essenza immortale di tutti gli esseri (svabhava), che non può mai essere danneggiata o distrutta"..

Il XIV Dalai Lama e "la Persona sottile"

Nel 2005, commentando il Libro tibetano dei morti, un testo del Tantra Yoga, il XIV Dalai Lama ha spiegato come questo Tantra individua sia una persona temporanea, sia un "Persona sottile", che lo collega con la Natura del Buddha. "Quando guardiamo l'interdipendenza dei componenti mentali e fisici, dal punto di vista del Tantra Yoga, emergono due concetti di persona. Uno è la persona "temporanea o autonoma", che è così come si esplicita nell'attimo, basata sul corpo grossolano o fisico e sulla mente condizionata - allo stesso tempo - c'è una Persona sottile o autonoma che dipende invece dal corpo sottile e dalla mente sottile. Questo corpo sottile e la mente sottile, sono visti come una sola entità che ha due aspetti. L'aspetto che ha la qualità della consapevolezza, in grado di riflettere - e quello che ha il potere della conoscenza. Questi due aspetti congiunti formano la mente sottile. Contemporaneamente si manifesta l'energia, la forza che spinge la mente verso il suo oggetto - questo è il corpo sottile o vento sottile. Queste due qualità inestricabilmente congiunte sono considerate, nel Tantra Yoga, come la natura ultima di una persona e sono identificate con la natura del Buddha, la natura essenziale o reale della mente."