Zhenniao o
Zhen
(鴆鳥
in Cinese) è il nome degli uccelli velenosi che si dice
abitassero quella che oggi è la Cina meridionale in tempi passati.
Appare in molti miti cinesi, poesie ed annali.
Lo Shan Hai Jing li descrive come
uccelli simili ad aquile, che abitano i monti nel sud della Cina. Lo
storico e poeta cinese Guo Pu, commentando lo Shan Hai Jing, descrive
lo Zhenniao come un uccello dall'addome viola, con penne dalla punta
verde, un lungo collo e un becco rosso scarlatto. La sua tossicità
deriva dalla sua abitudine di ingerire teste di vipere velenose. Il
maschio della specie prende il nome di "Sole Rotante"
(迴陽,huíyáng), mentre la
femmina quello di "Armonia dello Yin" (阴氳,yīnyūn).
Un'altra descrizione di questa creatura ci giunge dal Piya,
dizionario redatto durante la Dinastia Song: un uccello simile ad
un'oca, di color viola scuro e dotato di becco color rame della
lunghezza di 7-8 cun.
Sempre secondo il Piya, il suo intero
corpo, dalle vene alle piume sarebbe permeato da un veleno
potentissimo, lo "Zhendu" o "veleno dello Zhen",
in grado di uccidere al semplice contatto con la gola. Pare infatti
che molti omicidi venissero portati a termine facendo in modo che la
vittima bevesse liquore avvelenato con le sue piume. Si diceva anche
che la sua carne fosse velenosa ed emanasse un odore terribile e che
non fosse perciò commestibile. Inoltre i suoi escrementi erano
acidi, in grado di corrodere la roccia. Il Baopuzi, scritto dallo
studioso Ge Hong, cita come unica sostanza in grado di neutralizzare
lo Zhendu il corno di xiniu o di rinoceronte. Con i corni sarebbero
dovute essere fatte delle forcine, con le quali si sarebbe poi
mescolato il miscuglio contenente ol veleno, trasformandolo così in
un'innocua schiuma.
Oltre che nei sopracitati testi dello
Shan Hai Jing, del Piya e del Baopuzi, lo Zhenniao compare anche nel
Sancai Tuhui e su di una stampa su legno. Nei registri storici della
Cina antica i riferimenti allo Zhen compaiono più che altro sotto
forma di modo di dire ("Bere Zhen per placare la sete") o
nei paragoni con il veleno dell'Aconito. Il proverbio ammonisce chi
compie avventatamente le proprie azioni, senza pensare alle
conseguenze che esse potranno avere in futuro.
Sono frequenti nei resoconti cinesi
casi di avvelenamenti da Zhendu, ma siccome la parola Zhen finì per
indicare il veleno in senso generale è spesso difficile distinguere
gli avvelenamenti da Zhendu dagli altri. Varie fonti agiografiche
riportano che Wang Chuyi, discepolo di Wang Chongyang, fosse stato
immune al veleno e che egli fosse sopravvissuto all'assunzione di
liquore allo Zhendu.
Nell'epopea storica giapponese
Taiheiki, Ashikaga Takauji e il fratello Ashikaga Tadayoshi
costringono il principe Morinaga a bere Zhendu (Chin doku in
Giapponese). Anche Todayoshii fu in seguito avvelenato con Zhendu
dopo essere stato catturato.
L'ultimo avvistamento di Zhenniao
risale all'epoca della Dinastia Song, quando molti contadini Han si
stabilirono nei pressi di Guangdong e Guangxi, e si suppone che siano
stati sterminati tutti. Gli ornitologi cinesi hanno spesso teorizzato
che lo Zhen fosse simile al serpentario oppure al serpentario
crestato (presenti nell'area dei suoi avvistamenti) e che ottenesse
la sua tossicità ingerendo serpenti velenosi, in maniera simile a
quanto avviene con la rana freccia avvelenata, che ricava il proprio
veleno dagli insetti. Per questo motivo in alcuni libri illustrati
disegni di questi due uccelli sono usati come base per quelli dello
Zhenniao.
La scoperta dell'esistenza di uccelli
velenosi è recente, e perciò gli zoologi lo hanno considerato a
lungo come frutto dell'immaginazione umana. Tuttavia, nel 1992 venne
pubblicato un articolo su Science che riportava la scoperta della
tossicità delle piume del pitohui dichorus, riscontrata in seguito
anche in alcune specie affini che ricavano tutte il veleno dalle loro
prede. Un recente articolo in Cina ha riacceso il dibattito sulla sua
possibile esistenza.
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