martedì 20 giugno 2017

Combattimento

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Innanzi tutto dinenticatevi tutto quello che avete visto nei film di arti marziali, dove i protagonisti sono sempre stati rappresentati come atleti che saltano da un tetto a l’altro da una distanza di venti metri come se avessero poteri da super eroi, conoscendo alla perfezione tutte le arti del combattimento, affrontando da soli una moltitudine di persone o addirittura un esercito intero. Il praticante di arti marziali reale è molto diverso da quello visto nei film. Sicuramente deve conoscere molte tecniche di combattimento disarmato e non, deve essere agile e atletico, deve essere capace di cavarsela a combattere contro tre o più avversari.
Chiunque si trovi a lottare per la propria vita regredisce molto rapidamente a uno stato d’animo animalesco. È probabile che vi sia un momento di lucidità della durata di qualche secondo e, se si è ben allenati esso verrà automaticamente utilizzato per programmare l’offensiva. La realtà è che una persona dopo essere stata colpita e stordita da un assalitore smette di pensare, e così si stimola ad un punto tale che da questo momento in poi la lotta deve diventare istintiva. Per realizzare questa semplicità, il passo successivo consiste nell’accertarsi che il praticante sappia a quali zone bersaglio mirare e quali parti del corpo usare come armi, specialmente quelle più naturali, che comprendono il pugno, la mano aperta, la mano ad artiglio, i gomiti, le ginocchia e i piedi per sferrare calci. Al praticante si insegna come provocare il massimo danno nel colpire, spaccare, urtare e calciare contro punti vitali del corpo dell’avversario con pugni, gomiti e tutte le armi descritte prima. Gli viene insegnato anche come alzarsi in piedi, come cadere e rotolare, colpire e bloccare, come atterrare un avversario e come soffocarlo facendo perdergli i sensi. Le tecniche impiegate tengono conto della possibilità che uno possa trovarsi a cadere sulla schiena e debba utilizzare mani e piedi come ultima risorsa, in una situazione che lo vede in stato di inferiorità e prossimo all’esaurimento. Quando è possibile scegliere tra tecniche che richiedono uno sforzo notevole e altre più rapide, più semplici ed efficaci anche se meno sottili, si priviligeranno quest’ultime. Nella foga del vero scontro disarmato, l’economia dei movimenti è essenziale: perché rischiare con un calcio alto quando è sufficiente una ditata in un occhio? Non vi è alcun bisogno di perdere secondi preziosi per seguire una complessa serie di movimenti quando si può ottenere lo stesso risultato con una mossa fulminea.
Nell’autodifesa lo scontro senza armi è caratterizzato da due principi di base: la brevità e la semplicità. Dalla testa ai piedi, una persona può avere una varietà di strumenti per difendersi, i quali se impiegati con tecnica e potenza, possono rivelarsi decisivi per risolvere una situazione: egli però necessita anche di una profonda comprensione delle potenziali conseguenze dell’uso delle proprie armi naturali e deve perciò sapersene servire a seconda dei casi. Nel caso di una lite se possibile evitare colpi come gomitate alla testa poiché sarebbe un modo inopportuno per mettere al tappeto un ribelle, perché potrebbero ucciderlo. Ma se ne dovesse andare di mezzo la vostra vita, allora le tecniche di controllo hanno ben poco senso, quando un assalitore è impegnato con tutte le sue forze nel tentativo di uccidervi.

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