Innanzi tutto dinenticatevi tutto
quello che avete visto nei film di arti marziali, dove i protagonisti
sono sempre stati rappresentati come atleti che saltano da un tetto a
l’altro da una distanza di venti metri come se avessero poteri da
super eroi, conoscendo alla perfezione tutte le arti del
combattimento, affrontando da soli una moltitudine di persone o
addirittura un esercito intero. Il praticante di arti marziali reale
è molto diverso da quello visto nei film. Sicuramente deve conoscere
molte tecniche di combattimento disarmato e non, deve essere agile e
atletico, deve essere capace di cavarsela a combattere contro tre o
più avversari.
Chiunque si trovi a lottare per la
propria vita regredisce molto rapidamente a uno stato d’animo
animalesco. È probabile che vi sia un momento di lucidità della
durata di qualche secondo e, se si è ben allenati esso verrà
automaticamente utilizzato per programmare l’offensiva. La realtà
è che una persona dopo essere stata colpita e stordita da un
assalitore smette di pensare, e così si stimola ad un punto tale che
da questo momento in poi la lotta deve diventare istintiva. Per
realizzare questa semplicità, il passo successivo consiste
nell’accertarsi che il praticante sappia a quali zone bersaglio
mirare e quali parti del corpo usare come armi, specialmente quelle
più naturali, che comprendono il pugno, la mano aperta, la mano ad
artiglio, i gomiti, le ginocchia e i piedi per sferrare calci. Al
praticante si insegna come provocare il massimo danno nel colpire,
spaccare, urtare e calciare contro punti vitali del corpo
dell’avversario con pugni, gomiti e tutte le armi descritte prima.
Gli viene insegnato anche come alzarsi in piedi, come cadere e
rotolare, colpire e bloccare, come atterrare un avversario e come
soffocarlo facendo perdergli i sensi. Le tecniche impiegate tengono
conto della possibilità che uno possa trovarsi a cadere sulla
schiena e debba utilizzare mani e piedi come ultima risorsa, in una
situazione che lo vede in stato di inferiorità e prossimo
all’esaurimento. Quando è possibile scegliere tra tecniche che
richiedono uno sforzo notevole e altre più rapide, più semplici ed
efficaci anche se meno sottili, si priviligeranno quest’ultime.
Nella foga del vero scontro disarmato, l’economia dei movimenti è
essenziale: perché rischiare con un calcio alto quando è
sufficiente una ditata in un occhio? Non vi è alcun bisogno di
perdere secondi preziosi per seguire una complessa serie di movimenti
quando si può ottenere lo stesso risultato con una mossa fulminea.
Nell’autodifesa lo scontro senza armi è caratterizzato da due
principi di base: la brevità e la semplicità. Dalla testa ai piedi,
una persona può avere una varietà di strumenti per difendersi, i
quali se impiegati con tecnica e potenza, possono rivelarsi decisivi
per risolvere una situazione: egli però necessita anche di una
profonda comprensione delle potenziali conseguenze dell’uso delle
proprie armi naturali e deve perciò sapersene servire a seconda dei
casi. Nel caso di una lite se possibile evitare colpi come gomitate
alla testa poiché sarebbe un modo inopportuno per mettere al tappeto
un ribelle, perché potrebbero ucciderlo. Ma se ne dovesse andare di
mezzo la vostra vita, allora le tecniche di controllo hanno ben poco
senso, quando un assalitore è impegnato con tutte le sue forze nel
tentativo di uccidervi.
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