mercoledì 23 agosto 2017

Shamarpa

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Shamarpa (lett. "Quello (pa) dalla Corona (zhwa) Rossa (dmar)", conosciuto anche come Shamar Rinpoche, è il capo del lignaggio Shamarpa, il più importante tra i vari lignaggi della scuola Karma Kagyü del Buddhismo tibetano, dopo quello dei Karmapa.

Storia

Il primo Shamarpa, Khedrup Drakpa Senge (1283-1349), fu il discepolo principale del terzo Karmapa, Rangjung Dorje. Rangjung Dorje diede al discepolo la corona rosso-rubino ed il titolo di Shamarpa, stabilendo così, dopo quella del Karmapa stesso, la seconda linea di Lama reincarnati del Buddhismo tibetano (tulku). Questo fatto rappresentò il compimento della predizione del secondo Karmapa, Karma Pakshi, che affermò "I futuri Karmapa si manifesteranno in due forme". Quando il quarto Karmapa, Rolpe Dorje, restituì la corona rossa al secondo Shamarpa, ricordò la predizione di Karma Pakshi, affermando: "Tu sei una manifestazione, io sono l'altra. Perciò, noi abbiamo in egual misura la responsabilità di mantenere la continuità degli insegnamenti del lignaggio Kagyu".
Il 14° Shamarpa fu Mipham Chokyi Lodro, nato a Derge in Tibet nel 1952 e morto nel 2014 a Renchen in Germania. All'età di quattro anni, egli venne riconosciuto come Shamarpa da suo zio, il 16° Karmapa.
Dopo la morte del 16° Karmapa, avvenuta nel 1981, il 27 settembre 1992 il Situ Rinpoche, la guida spirituale dei Tai Situpa, terzo lignaggio più importante della scuola Kagyu, ha nominato 17° Karmapa Ogyen Trinley Dorje, mentre lo Shamar Rinpoche, capo degli Shamarpa, in conflitto con il Tai Situpa, ha investito della stessa carica Trinley Thaye Dorje il 17 marzo 1994. La controversia che si è creata, non si è tuttora risolta ed ha generato divisioni in seno al buddhismo tibetano.
Shamarpa è considerato la manifestazione del Buddha Amitabha. Tradizionalmente gli Shamarpa vengono associati al monastero di Yangpachen, vicino a Lhasa.

Il Lignaggio degli Shamarpa

  1. Khedrup Drakpa Senge, (1284-1349)
  2. Shamar Khachö Wangpo, (1350-1405)
  3. Shamar Chöpal Yeshe, (1406-1452)
  4. Shamar Chokyi Drakpa Yeshe Pal Zangpo, (1453-1526)
  5. Shamar Köncho Yenlak,(1526-1583)
  6. Shamar Mipan Chökyi Wangchuk,(1584-1629)
  7. Shamar Yeshe Nyinpo, (1631-1694)
  8. Palchen Chökyi Döndrup, (1695-1732)
  9. Könchog Geway Yungnay,(1733-1741)
  10. Mipam Chödrup Gyamtso,(1742-1793)
  11. (sconosciuto, costretto all'anonimato dai reggenti dell'11° Dalai Lama, Khendrup Gyatso, che tentarono di sottomettere la scuola Kagyu alla scuola Gelugpa)
  12. Tugsay Jamyang Rinpoche
  13. (un bambino che sopravvisse solo un anno)
  14. Mipham Chokyi Lodro, (1952 - 2014) morto il giorno 11 giugno 2014

martedì 22 agosto 2017

Il samurai

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“Se t'imbatti in gravi difficoltà o in situazioni incresciose, non è sufficiente dire a te stesso che non ne sei turbato. Devi spingerti ancora più avanti con audacia e rallegrartene, quasi dovessi superare una barriera. Come dice il motto: «Quando l'acqua sale, la barca si alza».”
(Yamamoto Tsunetomo)

Haramaki-dou

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La Haramaki-Dou o Haramaki-Dō (腹巻) è la una delle tipologie "classiche" di corazza giapponese, in uso prima dell'introduzione nel Sol Levante delle armi da fuoco occidentali.
Composta da un insieme di cuoio, metallo laccato e stoffa (fond. seta) in quantità variabili, veniva allacciata dietro la schiena del guerriero. Apparato difensivo leggero, veniva utilizzato per gli scontri appiedati.

lunedì 21 agosto 2017

Nunchaku

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Il nunchaku (in katakana: ヌンチャク, in cinese: 雙節棍, in pinyin: shuāng jié gùn) è un'arma tradizionale, di tipo contundente, diffusa in alcuni Paesi dell'Asia orientale, costituita da due corti bastoni uniti mediante una breve catena o corda.
Viene anche utilizzata in arti marziali come il Jeet Kune Do, il kung fu (il nome dell'arma in cinese è Shang Jie Gun), il jūjutsu (nel quale sono presenti Kata con le armi, tra cui lo stesso Nunchaku).

Storia

La storia del nunchaku è molto incerta e molte delle storie che lo riguardano non hanno trovato conferme ufficiali. Si dice che nel VII secolo la dinastia cinese Zui abbia inventato un'arma partendo dall'idea del morso dei cavalli. Quest'arma, chiamata in giapponese nunchakun, era formata da tre bastoni uniti insieme mediante una catena. Nel corso dei secoli l'arma venne modificata in un bastone snodato a due pezzi chiamato shuāng jié gùn, uno strumento agricolo usato per trebbiare il grano ed il riso, divenendo però allo stesso tempo un'arma non convenzionale semplice e di facile reperibilità, usata da contadini per autodifesa (come testimonianza europea dell'uso contadino di questo strumento, si veda il dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio intitolato il Paese della cuccagna).
Fra il XIII e il XIV secolo molti cinesi si stabilirono nelle vicine isole giapponesi di Ryūkyū, la più importante delle quali è Okinawa, e nella città di Kumemura fondarono una vera e propria scuola di arti marziali nella quale veniva insegnato a usare armi non convenzionali per difendersi. Fra queste armi c'era lo nunchakun e la popolazione di Okinawa, formata principalmente da contadini, non avendo possibilità di usare le costose armi dei samurai, salutò con entusiasmo la nuova arte marziale che usava strumenti semplici e di tutti i giorni: il kobudō. Il nunchakun venne leggermente modificato e il suo nome venne contratto in nunchaku.
La principale differenza fra lo shuāng jié gùn cinese e il nunchaku giapponese consiste nel fatto che il primo ha bastoni rotondi uniti da una catena, il secondo invece ha bastoni ottagonali uniti da una corda. Questo ha fatto sì che le tecniche riferite ai due attrezzi siano molto differenti fra di loro, sia per le differenze di forma sia perché la corda è meno resistente della catena.



Descrizione

Il nunchaku è formato dai kon, i due bastoni, le cui estremità si chiamano konto (la superiore) e kontei (l'inferiore), e da himo, la corda o la catena che li unisce. La lunghezza ideale dei due bastoni è rappresentata dalla lunghezza dell'avambraccio. Il diametro della base del bastone è di 2,5-3 centimetri, mentre l'estremità superiore si restringe a due centimetri.
La lunghezza della catena o della corda che unisce i due bastoni deve avere uguale larghezza del palmo della mano, ma deve avanzare un anello della catena, altrimenti diventa difficile il controllo dell'arma. Alcune tecniche di freestyle non possono essere applicate al nunchaku con la corda, in quanto l'attrito fra quest'ultima e il bordo interno dell'arma per un modesto periodo di tempo possono consumarla.
Esiste una variante a tre bastoni del nunchaku, chiamata san setsu-kon (in cinese: sān jié gùn).

Il successo cinematografico

Il primo film in cui appare il nunchaku è Dalla Cina con furore (Jing wu men, 1972) di Lo Wei, dove il famoso attore e artista marziale Bruce Lee usa con maestria quest'arma.
Bruce Lee supera se stesso nel film da lui diretto L'urlo di Chen terrorizza anche l'Occidente (Meng long guojiang, 1972) usando due nunchaku contemporaneamente. Torna a un nunchaku nel film seguente L'ultimo combattimento di Chen (The Game of Death, 1978) e in uno dei film più famosi I 3 dell'Operazione Drago (Enter the Dragon, 1973) di Robert Clouse.
La sua migliore esecuzione rimane però l'incompiuto The Game of Death: le scene comprendenti l'uso del nunchaku e le rispettive "scene tagliate" sono presenti nel documentario Bruce Lee: la leggenda (Bruce Lee: A Warrior's Journey, 2000).
Come parodia è degno di nota il film Private Eyes (Ban jin ba liang, 1976), in cui il regista e interprete Michael Hui usa due salami legati fra loro a mo' di nunchaku. La stessa scena viene ripresa, come citazione, da Sammo Hung in un episodio della sua serie televisiva Più forte ragazzi (Martial Law, 1998). Un'altra parodia dei nunchaku degna di nota è quella di Steve Oedekerk, regista e interprete di Kung Pow (2002), che usa due talpe legate fra di loro.
In una scena comica di Nati con la camicia un ninja, mentre cerca di intimorire Doug (Agente Mason) (Bud Spencer) eseguendo delle evoluzioni con il nunchaku, commette un errore e rischia di strozzarsi; segue un momento in cui il poliziotto finge preoccupazione, lo aiuta rimuovendogli l'arma dal collo, per poi atterrarlo con uno schiaffo.
Due nunchaku sono anche l'arma personale di Michelangelo, un membro delle Tartarughe Ninja.
In alcuni momenti del manga Ken il guerriero, il protagonista Kenshiro (il cui aspetto è stato ricalcato in parte su Bruce Lee) utilizza uno o due nunchaku.
Storm Shadow, personaggio della serie di giocattoli G.I. Joe: A Real American Hero, a volte viene ritratto con un paio di nunchaku in cartoni, film o linee di action figure.
Nella puntata Gli scherzi di Spencer di iCarly si vede Sam Puckett (Jennette McCurdy) che tira fuori dei nunchaku dalla borsa, dicendo di volerli tirare su Spencer, ma Carly (Miranda Cosgrave) le dice di rimetterli a posto.
Selphie Tilmitt, personaggio di Final Fantasy VIII brandisce un nunchaku. Anche Ryu Hayabusa, il personaggio della serie di videogiochi Ninja Gaiden può utilizzare i nunchaku con gran maestria.
Il nunchaku viene inoltre utilizzato come arma dal personaggio Maxi nella serie di videogiochi Solu Calibur e nel predecessore Soul Edge da Li Long.
Nel manga e nell'anime di Naruto il personaggio di Gai Maito utilizza come arma un nunchaku.
L'accessorio per la console Nintendo Wii Nunchuck, che si collega al telecomando Wiimote, prende il nome proprio dall'arma grazie alla loro somiglianza.
Nella puntata La prima classe della serie televisiva Chuck l'omonimo personaggio utilizza il nunchaku eseguendo varie evoluzioni, che poi si rivela inutile perché l'agente che lo voleva morto aveva già perso i sensi.

domenica 20 agosto 2017

Kun'yomi

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La lettura kun o kun'yomi (訓読みlett. "lettura semantica") di un kanji, è quella derivata storicamente dal giapponese. In occasione della comparsa in Giappone della scrittura cinese, questa fu utilizzata per trascrivere la lingua giapponese. Infatti, i kanji sono ideogrammi: cioè trasportano una parola, non un suono. Questa lettura coesiste con la lettura on o on'yomi, quella derivata storicamente dal cinese.

Utilizzo

Utilizzare i caratteri cinesi per trascrivere la lingua giapponese ha posto grandi difficoltà, che si possono illustrare facilmente prendendo come esempio un kanji e adattandolo alla lingua italiana: il verbo "mangiare" in kanji è "" (tabe-), se questo equivalesse all'italiano "mangi-" allora dovremmo scrivere "are".
Una frase completa diventerebbe allora:
"Voglio are una mela."
Oppure:
"L'ho già ata."
Quando i giapponesi hanno importato la scrittura cinese, hanno applicato lo stesso principio. Il kanji è utilizzato per trascrivere la radice verbale (lettura kun) e altri caratteri permettono di scrivere la parte variabile del verbo. È per questo che spesso una parola costituita da un kanji e seguita da una lettera hiragana deve essere letta con questo tipo di lettura.

Esempi di lettura kun

Verbi

  • 食べる (たべる, taberu): mangiare,
  • 見る (みる, miru): vedere,
  • 来る (くる, kuru): venire;

Sostantivi

  • (みず, mizu): acqua;

Aggettivi

  • 新しい (あたらしい, atarashii): nuovo,
  • 高い (たかい, takai): alto.

sabato 19 agosto 2017

Tsushima Sadahei

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Sadahei Tsushima (Prefettura di Yamanashi Ken, 30 luglio 1899Mar del Plata, 20 marzo 1994) è stato un artista marziale giapponese. Considerato uno dei più grandi maestri di arti marziali del XX secolo, erede del grande patrimonio di Budo di Tenshin Ryu Jodo Ha e Shinden Fudo Ryu Dakentai Jutsu Tsushima Ha, e delle antiche conoscenze marziali della sua famiglia, Tsushima.

La vita

Il Sensei Sadahei Tsushima nacque in Giappone, il 30 luglio del 1899 in Iwakuni, Prefettura di Yamanashi Ken, conosciuta anticamente come la regione di Kai. Durante il periodo feudale Giapponese le antiche terre di Kai, attualmente Yamanashi, furono dominio del clan Takeda, e posto di operazione dei clan Ninja: Ninko Ryu, Kage Ryu e Koyo Ryu, fondati da quanto si dice, su richiesta del celebre Shingen Takeda, comandata da suo fratello Kunitsugo Takeda. Nel suo servizio come soccorritore durante il terremoto di Kanto, nel 1923, conosce un membro della Croce Rossa Argentina che gli parla del lontano paese sud-americano. Più tardi vedrà con i suoi occhi la strage causata in Giappone dalla Seconda Guerra Mondiale, ed il dopoguerra, quando le arti marziali furono abolite, specialmente le antiche arti di guerra; queste conoscenze causarono un gran cambiamento spirituale nell'anima del sensei Sadahei Tsushima.
I cambiamenti così significativi risultati dalla guerra, lo portarono ad essere un uomo ritroso, che trovò una gioia spirituale solo nella costante pratica delle ancestrali conoscenze marziali, con i membri della sua famiglia, che contava allora 5 figli, tra i quali risalta il suo primogenito, Sensei Yoshihiro Tsushima. Il Sensei Yoshihiro Tsushima prese prontamente la responsabilità di proteggere fisicamente e filosoficamente le conoscenze marziali della famiglia Tsushima, mentre, il Sokai Sadahei Tsushima si ritirò in un meritato riposo spirituale; ma ritornò da questo ritiro avendo saputo che sua figlia maggiore Tsushima Harumi, gli avrebbe dato un nipote (11 marzo del 1964). La nascita di Tsushima Nishi Isao in Wakayama Ken rinvigorì la sua anima e la interpretò come una rinascita dopo il temporale, come un nuovo inizio (Hontai). Sokai Sadahei Tsushima attese pazientemente fino a che il piccolo Isao compì i quattro anni per cominciare l'allenamento del piccolo Isao.

Formazione

In questi mistici territori, dominati dal Monte Fujiyama, il giovane Sadahei Tsushima incomincia il suo ferreo allenamento nello Shinden Fudo Ryu, sotto l'attento controllo del suo consanguineo Tsushima Michihito, e da questo maestro acquisisce anche le antiche conoscenze Shinobi della Tenshin Jodo Tsushima Ryuha Ninpo, nella sua adolescenza è inviato a studiare l'innovativo Karate, nel quale riceve l'allenamento del Sensei Seichi Kanae. Nelle Ryu della sua famiglia ottiene conoscenze su Iaijutsu, (arte dell'estrarre della spada), Kenjutsu, (Katana), Bikenjutsu, (Shinobigatana / Ninjato / Chokuto), Naginata (Alabarda), Ono Jutsu (Ascia di Guerra), O-Tsuchi Jutsu, (Martelli da Combattimento), ed Hojojutsu, (Tecniche di Corda), così come altri Kuden trasmessi in forma orale con il concetto Ishin-den-shin, (dalla mia anima alla tua anima).

Gli ultimi giorni di Tsushima Sadahei

Passò la decade del '60 e, per consiglio di un amico che ostentava un'alta carica nella compagnia navale Daido-Kaiun Kabushiki Kaisha, la famiglia Nishi decide di emigrare verso la Repubblica l'Argentina, e il Sensei Sadahei decide accompagnarla, risiedendo nella città costiera di Mar de Plata, dove abitò insieme a sua moglie Kanae Kanami fino al suo decesso a Mar de Plata, molto lontano dal suo Yamanashi Ken natale. È così che il gran Sensei Tsushima "Oyamaneko" Sadahei cadde un 20 marzo del 1994, sapendo che la sua eredità riguardo alle antiche scienze marziali Ninja era trasmesso a suo figlio, Tsushima "Washi" Yoshishiro, e a suo nipote Tsushima Nishi "Sasori" Isao.

venerdì 18 agosto 2017

Zhuāngzǐ

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«Il re Wēi () di Chǔ () avendo sentito di lui, inviò dei messaggeri con doni invitandolo a Chǔ affinché ricoprisse l'incarico di Primo ministro. Zhuāngzǐ rise e rispose loro: "... Andatevene non mi corrompete... Preferisco la gioia della mia libera volontà"»
(Shǐjì (史記, Documenti storici), LXIII)



Zhuāngzǐ (莊子, 庄子, Zhuāngzǐ, Chuang-tzu; in lingua giapponese Sōshi; in lingua coreana 장자, in McCune-Reischauer: Changja, nella R.R.: Jangja; in lingua vietnamita Trang tử; 369 a.C. circa – 286 a.C. circa) è stato un filosofo e mistico cinese. Successivamente considerato tra i fondatori del Daoismo, per metonimia si indica con il suo nome anche il testo filosofico a lui attribuito.

La vita

I brevi cenni storici a nostra disposizione su Zhuāngzǐ derivano dal sessantatreesimo capitolo dello Shǐjì (史記, Documenti storici) opera dello storico Sīmǎ Qiān (司馬遷, 145-90 a.C.). Il suo nome era Zhuāng Zhōu (莊周), il termine collegato alla prima parte del suo nome, (), significa "maestro". Quindi il nome con cui è conosciuto: Zhuāngzǐ, maestro Zhuāng. Secondo Mǎ Xùlún (馬敘倫, 1884-1970) Zhuāngzí nacque nel 369 a.C. e morì nel 286 a.C. ma Guān Fēng (関锋) sostiene che:
«Date così precise non si possono provare. Permettono comunque di ritenere che Zhuāngzí sia vissuto approssimativamente in quel periodo.»
Così lo Shǐjì:
«Maestro Zhuāng (莊子) era originario della città (, chéng) di Méng () nello stato (guó) di Sòng (). Il suo nome personale era Zhōu (). Nella sua città natale era stato funzionario (, ) di una manifattura di lacca (漆园, qīyuán). Il re Huì di Liáng (梁惠) e il re Xuān di Qí (魏惠) erano suoi contemporanei [...]»
(Sīmǎ Qiān (司馬遷). Shǐjì (史記, Documenti storici), LXIII)



Zhuāngzǐ visse dunque durante il "Periodo dei regni combattenti", corrispondente alle "Cento scuole di pensiero" cinesi, e fu originario della città di Méng (, forse si riferisce all'attuale Shāngqiū, 商邱, nello Henan) allora situata nello Stato di Sòng (宋國), si trasferì quindi a Qīyuán (漆園) dove ricoprì una carica statale, oppure fu un funzionario di una manifattura della lacca sempre della città di Méng.
Sīmǎ Qiān nella sua opera aggiunse che Zhuāngzǐ fu un maestro dalle vastissime conoscenza e un dotto letterato con doti non comuni, critico della scuola confuciana e di quella fondata da Mòzǐ (墨子, 470-390 a.C.) non fu apprezzato dai suoi contemporanei, si negò qualsiasi carriera mondana e visse nell'oscurità seguendo solo la sua mente-cuore.

L'opera

Il carattere cinese dào con il suo ordine di scrittura. Il carattere significa "via", ma anche "percorso". A partire dalla Dinastia Zhou orientale (770-256 a.C.) ha iniziato a significare la "via corretta" o la "via naturale". Ma anche "mostrare la via" quindi "insegnare", "metodo da seguire" e infine "dottrina". Nei Lúnyǔ (論語) di Confucio si dice che uno Stato "ha il se è ben governato" o anche che il "re dedica sé stesso al ". Da notare che il carattere si compone di (qiú "testa" quindi "principale") + una variante del carattere ( zhǐ nel significato arcaico di "piede") combinata con ( xíng, "percorrere"): quindi "incedere sul percorso principale".
Il testo daoista Zhuāngzǐ (莊子) prende il nome dal suo autore. Dal 742 d.C., quando l'imperatore daoista Xuánzōng (玄宗, conosciuto anche come Lǐ Lóngjī, 李隆基, regno: 712-56, appartenente alla Dinastia Tang) attribuì titoli onorifici ai maggiori testi daoisti, è conosciuto anche come Nán huā zhēn jīng (南華真經, Il Vero Classico della Fioritura Culturale del Sud) con allusione alla tradizione secondo cui Zhuāngzǐ fosse originario del Sud della Cina.
L'opera è composta da trentatré capitoli: i primi sette capitoli sono detti 內篇 (nèipiān, "capitoli interni"), i successivi quindici capitoli sono detti 外篇 (wàipiān, "capitoli esterni") mentre gli undici ultimi capitoli sono denominati come 杂篇 (zápiān, "capitoli misti").
La provenienza di questi capitoli non sembra essere unica e la loro allocazione in un unico testo è generalmente attribuita a una delle guide del movimento neodaoista Guō Xiàng (郭象, ?-312 d.C.).
L'analisi critica del testo ritiene generalmente che i primi testi siano più 'brillanti' ed esaurienti le dottrine riportate nell'opera, risultando inoltre i più antichi anche se, in quest'ultimo caso, non vi sono prove al riguardo. I restanti capitoli, anche se contengono dei brani altrettanto brillanti, risultano più 'verbosi' e, a volte, sembrano piuttosto essere dei 'commentari' dei capitoli nèipiān. Altri ancora, come il trentatreesimo, sono certamente opera di uno o più autori non antecedenti al periodo in cui visse Guō Xiàng.

Insegnamenti

Per trasmettere i suoi concetti, Zhuāngzǐ, utilizzava spesso degli aneddoti simili a storielle, affinché il messaggio fosse recepito meglio dall'ascoltatore. Zhuāngzǐ pensava infatti che se avesse parlato direttamente delle sue intenzioni, gli studenti non le avrebbero mai accettate perché generalmente nessuno vuole sentirsi dare dei consigli su come vivere la propria vita.
In generale, la filosofia di Zhuangzi è basata sul concetto della limitatezza della vita in confronto all'infinitezza della conoscenza. Usare il limitato per raggiungere l'illimitato, egli affermava, era impossibile. Il nostro linguaggio, cognizione, percezione, sono una prospettiva personale delle cose, per questo bisogna esitare prima di definire qualche conclusione come universalmente vera e valida. Il pensiero di Zhuangzi può essere considerato anche precursore del prospettivismo. Il suo pluralismo lo ha portato anche a dubitare delle basi degli argomenti pragmatici sino a mettere in discussione i presupposti che la vita sia positiva e la morte negativa. Un altro esempio è quello dell'inesistenza di uno standard universale di bellezza.
«Mao Qiang e Li Ji - due belle cortigiane - sono ciò che la gente considera bello,
ma se le vedessero dei pesci nuoterebbero in profondità,
se le vedessero degli uccelli volerebbero via,
se le vedessero dei cervi, galopperebbero lontano.
Tra questi quattro gruppi, chi è che conosce l'ideale universale di bellezza?
»
La filosofia di Zhuangzi fu molto influente nel Buddhismo cinese, specialmente Chán, che assimilò in particolare i suoi precetti sulla limitatezza del linguaggio umano e sull'importanza della spontaneità.


Quello che piace ai pesci

Questo ideale del soggettivismo e della relatività è trattato anche nell'episodio chiamato Quello che piace ai pesci (魚之樂, yúzhīlè):
«Zhuangzi e Huizi stavano passeggiando nei pressi della cascata di Hao quando Zhuangzi disse:
"Osserva come i pesci saltellano sull'acqua e poi si rituffano. Questo è ciò che ai pesci piace realmente!"
Huizi disse, "Tu non sei un pesce — come puoi sapere quello che piace ai pesci?"
Zhuangzi replicò, "Tu non sei me, quindi, come puoi sapere che io non so cosa piace ai pesci?"
Huizi, "Non sono te, e per questo non so di certo cosa tu sai.
D'altro canto, tu di certo non sei un pesce — quindi, questo prova che tu non sai cosa piace ai pesci!"
Zhuangzi disse, "Torniamo alla domanda originale, per favore.
Tu mi hai chiesto
come so cosa piace ai pesci — quindi, tu già sapevi che lo sapevo quando mi hai posto quella domanda.
Io lo sapevo semplicemente stando qui vicino all'Hao".
»

Sull'equivalenza di tutte le cose

Alcuni degli insegnamenti più celebri del Daoismo contenuti nello Zhuangzi si trovano in questo capitolo. All'origine dei mali dell'uomo risiederebbe il fatto che ciascuno scelga una posizione e rifiuti di vedere il contrario, essendo invece la realtà solo un'alternanza di contrari. Superare ogni personalismo ed utilizzare l'empatia per mettersi nei panni degli altri sarebbe dunque la sola salvezza dell'uomo illuminato.
«Come ha potuto il Tao oscurarsi al punto che vi debba essere distinzione tra il vero e il falso? Come ha potuto la parola offuscarsi al punto che vi debba essere distinzione tra l'affermazione e la negazione? Dove, dunque, il Tao non è? E quando, dunque, la parola non è plausibile? Il Tao è offuscato dalla parzialità. La parola è offuscata dall'eloquenza. (...) Si sostiene la teoria della vita, ma in realtà la vita è anche la morte e la morte è anche la vita. Il possibile è anche impossibile, e l'impossibile è anche possibile. (...) C'è davvero una distinzione tra l'altro e se stesso, o non c'è affatto? Che l'altro e se stesso cessino di opporsi, questo è il perno del Tao»

Il sogno di Zhuangzi

Un altro racconto molto significativo si trova nel capitolo Sull'Organizzazione delle Cose. Questa sezione, comunemente chiamata Zhuangzi sognò di essere una farfalla (莊周夢蝶 Zhuang Zhou meng die), racconta che una notte, Zhuangzi sognò di essere una farfalla che volava leggera e spensierata. Dopo essersi svegliato era confuso, si domandò come potesse determinare se era veramente Zhuangzi quando aveva appena finito di sognare di essere una farfalla o una farfalla che aveva appena iniziato a sognare di essere Zhuangzi. Ciò suggerisce molte domande sulla filosofia della mente, del linguaggio e sulla gnoseologia. Zhuangzi, mentre sognava, per la proprietà della condensazione, si vedeva farfalla, ma allo stesso tempo era anche essere umano. L'episodio ci fa pensare che esiste una dimensione dove gli opposti sembrano non esserci, dove i contorni non sono nitidi e un'altra dove bisogna dare i nomi alle cose affinché non ci si senta perduti. Il primo piano è quello del sogno e il secondo è quello della veglia. Il fatto che esista un piano di non distinzione, riesce a risolvere problemi come quello della paura della morte.

La morte della moglie di Zhuangzi

Un amico vuole andare a visitare Zhuangzi e porgergli il cordoglio per la morte di sua moglie. Quando arriva dentro la casa di Zhuangzi, lo trova sul pavimento intento a suonare un tamburo e cantare. L'amico, fervente confuciano, rimane scandalizzato perché non rispetta il rito del lutto e chiede a Zhuangzi perché si stia comportando così. Risponde che anche lui aveva avuto un periodo di lutto in cui era stato distrutto dal pianto, ma poi aveva compreso una cosa: c'era stato un periodo in cui la moglie non era nata ed era sotto forma di Qi (soffio vitale in circolo nell'universo), poi ha preso forma, ha vissuto la sua vita come moglie di Zhuangzi, è morta ed è ridiventata qi.
Zhuangzi quindi ha smesso di piangere, ha capito che non è una perdita definitiva, non perché abbia fatto un ragionamento logico o razionale, ma perché non ha sublimato le sue emozioni, è arrivato al culmine dell'angoscia ed esso ha generato il suo contrario: la calma, l'accettazione.

L'intagliatore Qing

Un sovrano aveva commissionato all'intagliatore Qing un piano in legno per campane entro quindici giorni. I primi giorni Qing sembra essersi dimenticato del tutto del compito, si dedica ad altre cose, digiuna, non si preoccupa del tempo che passa. Durante una passeggiata però ecco l'illuminazione: alla vista di un albero particolare Qing esclama di aver trovato il legno esatto e, tornato nel suo studio, conclude il suo compito in poco tempo. Il sovrano rimane esterrefatto dalla bellezza del supporto.
Questa storia esemplifica due concetti: wang (oblio) e shen (spirito). Qing è riuscito nel suo lavoro perché la sua mente ha dimenticato il lavoro stesso. L'oblio permette di imparare, perché se uno pensa troppo alle regole o al risultato finale, non riesce nel suo intento. Le regole comunque non si dimenticano, sono in un "serbatoio" a cui possiamo sempre attingere, uno spirito che si risveglia nel momento propizio. Esso è lo shen che è un inconscio collettivo che memorizza tutto anche se non ce ne accorgiamo. Un esempio pratico è quello del musicista: quando improvvisa non pensa a che scala sta suonando, a come si fa un certo accordo, ma esegue e basta attingendo dal bagaglio di conoscenze che aveva formato all'inizio della sua carriera.

Traduzioni

Lo Zhuangzi è considerato portatore di una raffinata poetica, e in esso viene fatto sfoggio del linguaggio cinese in molte delle sue sfaccettature e in differenti modi. Questo ne fa un'opera estremamente difficile da tradurre. Vi sono molte traduzioni in inglese di tutti i trentatré capitoli dell'opera, e alcune traduzioni parziali dei soli primi sette capitoli (considerati di grande importanza dai sinologi per il loro contenuto filosofico e speculativo, e perché parrebbero costituire il nucleo originale dell'opera): tra di esse quelle che hanno avuto maggiore risonanza in ambito accademico e divulgativo sono state quella pioneristica di James Legge, quella dallo stile altamente poetico di Burton Watson, e la traduzione filologicamente autorevole a opera di A.C. Graham.




giovedì 17 agosto 2017

Bentō

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Il bentō (お弁当 obentō) è un vassoio contenitore con coperchio, di varie forme e materiali, adibito a servire un pasto, in singola porzione, preparato in casa o all'aperto. Si tratta di un oggetto comune nella cucina giapponese.

Composizione

Il bentō è un pranzo preconfezionato, solitamente consumato nella pausa pranzo. La scatola da bentō è dotata di divisori interni atti a separare cibi differenti e viene avvolta in un pezzo di carta, di tessuto o in borse speciali insieme alle bacchette ( hashi). Il bentō viene sempre confezionato in modo da creare un pacchettino esteticamente gradevole, studiando le combinazioni di colore dei cibi e la maniera di porli, coordinando bentō, bastoncini, cibo, tovaglietta e tutto il resto.
Le scatole bentō sono di vari materiali e dimensioni: possono essere di plastica usa e getta, di legno o metallo, semplici, stampate, decorate, oppure addirittura opere artistiche laccate e fatte a mano. Alcuni hanno uno scompartimento thermos, che contiene riso mantenuto caldo o miso, di solito utilizzato come bevanda per il pranzo al posto di acqua o tè.
Il bento contiene riso e contorni (おかず okazu), ovvero diverse specialità di pesce, carne, verdure, onigiri, tempura, verdure cotte o marinate, tōfu e altri cibi varianti a seconda della stagione.
I bentō possono essere personalizzati e molto elaborati. Nello stile kyaraben (キャラベン abbreviazione che sta per "bento dei personaggi"), ad esempio, il cibo viene decorato per apparire come i cartoni animati (anime), i fumetti (manga) o videogiochi giapponesi più popolari. Un altro stile per i bentō è l'oekakiben ("bentō-ritratto"), decorato per ritrarre persone, animali, edifici, monumenti o cose come fiori e piante. Vengono organizzate addirittura gare per competere nella realizzazione esteticamente più gradevole.
Il bentō viene dato ai bambini per portarlo a scuola ed agli adulti in ufficio, ma anche ai picnic ed alle feste, perciò deve essere comodo e pratico da mangiare, ad esempio porzionando i cibi in piccole parti. In Giappone il bentō assume anche valenze particolari e sentimentali. Spesso nei manga e negli anime le ragazze portano all'innamorato un bentō preparato in casa, come anche la moglie al marito.
Sebbene sia possibile trovare i bentō in moltissimi luoghi in tutto il Giappone (bentō shops (弁当屋 bentō-ya), discount e negozi di quartiere), è ancora comune per le massaie giapponesi spendere molto tempo ed energie per prepararlo per i propri mariti e figli.
I bentō sono molto diffusi anche nelle stazioni ferroviarie e in questo caso chiamati ekiben (駅弁). Essi variano da regione a regione e sono considerati un modo per promuovere le specialità e le tradizioni locali. Anche gli aeroporti offrono una versione analoga all'ekiben, chiamata soraben (空弁) ovvero bentō preparati con ricette di cucina locale, che possono essere consumati durante l'attesa o in volo.
Esistono contenitori simili al bentō nelle Filippine (detti Baon), Corea (Dosirak) Taiwan (Biadang) e India (Tiffin).

Etimologia

La parola "bento" deriva dal termine 便當 (biàndāng, conveniente), dialetto del Song del sud (Cina), poi portato in Giappone scritto col sistema ateji 便道, 辨道, e 辨當, mentre in shinjitai è scritto 弁当.

Storia

Le origini del bentō risalgono al tardo periodo Kamakura (1185-1333), quando fu inventato il riso chiamato hoshi-ii ( pasto essiccato), che può essere mangiato così oppure bollito in acqua e poi trasportato in piccole sacche. Nel periodo Azuchi-Momoyama (1568-1600) si cominciarono a realizzare scatole di legno laccato e il bentō veniva mangiato durante un hanami o un tè.
Nel periodo Edo (1603-1867) la cultura del bento si diffuse raffinandosi. I viaggiatori ed i turisti si portavano dietro un semplice koshibentō (腰弁当, bento a cintura), che consisteva in molti onigiri avvolti con foglie di bambù o in scatole di bambù intrecciato. Uno degli stili di bentō più popolari è chiamato makuno-uchi bentō ("bento tra gli atti"), inventato proprio in questo periodo. Coloro che andavano a vedere le opere del genere Nō e Kabuki mangiavano soprattutto bento preparati nella pausa tra due atti.
Molti libri di cucina furono pubblicati con spiegazioni su come cucinare, impacchettare e preparare bentō per occasioni come hanami e hinamatsuri.
Nel periodo Meiji (1868-1912) venne venduto il primo ekibentō o ekiben (駅弁当 "bento della stazione dei treni"). Ci sono molte documenti che pretendono di identificare il luogo dove per la prima volta è stato venduto un ekibentō, ma si ritiene comunemente che l'episodio sia avvenuto il 16 giugno 1885 alla stazione di Utsunomiya: il pasto conteneva due onigiri ed un piatto di yakuan avvolto in foglie di bambù.
Siccome molte scuole non provvedevano al pranzo, studenti ed insegnanti portavano il bento da casa, così come facevano molti lavoratori. In questo periodo si cominciò a vendere un bento stile europeo, con panini.
Nel periodo Taishō (1912-1926) fecero la loro comparsa i bentō in alluminio, considerati un lusso visto il loro aspetto simile all'argento e la semplicità d'uso. Inoltre, poiché le differenze sociali erano molto diffuse in questo periodo, a seguito del boom delle esportazioni durante la prima guerra mondiale e delle carestie di cereali nella regione Tōhoku, vi furono provvedimenti per abolire nelle scuole la pratica del bentō, che spesso rifletteva la ricchezza dello studente. Dopo la seconda guerra mondiale la pratica di portare il bentō a scuola declinò gradualmente e fu rimpiazzata da cibo fornito dalle scuole stesse a studenti ed insegnanti.
Il bentō tornò popolare negli anni ottanta, con l'aiuto dei forni a microonde e la diffusione dei convenience store. Inoltre l'alto prezzo delle scatole di legno e metallo favorirono l'utilizzo di scatole in plastica. Dagli anni duemila c'è stato un ritorno del bentō fatto in casa, pratica ormai comune nelle scuole giapponesi e che inizia a diffondersi sporadicamente anche in altri Paesi. I bentō fatti in casa sono talvolta avvolti in furoshiki, che funge sia da borsa che da sottopiatto.

Tipi di bentō

  • Makunōchi bentō (幕の内弁当) è uno stile classico di bentō con riso, ume sottaceto (umeboshi), una fetta di salmone alla griglia, un uovo in camicia, ecc.
  • Noriben (海苔弁 bentō d'alghe) è il bentō più semplice, con riso bollito avvolto in alghe nori, imbevute nella salsa di soia.
  • Sake bentō (鮭弁当 bentō al salmone) è un semplice bentō con salmone alla griglia come piatto base.
  • Shidashi bentō (仕出し弁当) è preparato nei ristoranti e consegnato durante il pranzo, è spesso mangiato in occasioni speciali come feste o funerali.
  • Hinomaru bentō (日の丸弁当) è il nome per un bentō formato da riso bianco con al centro un umeboshi, senza altre pietanze insieme. Il nome deriva da Hinomaru, la bandiera giapponese, che ha uno sfondo bianco con un cerchio rosso al centro. L'origine dell'hinomaru bentō è attribuita all'niziativa di una studentessa della prefettura di Hiroshima nel 1937, dove questo pasto veniva consumato ogni lunedì dagli studenti in segno di solidarietà con le truppe stanziate in Cina. Dal 1939 questo tipo di bentō si diffuse in tutto il Paese e negli anni a seguire divenne un simbolo dell'unità nazionale e della mobilitazione bellica.
  • Hokaben (他弁 "altro" bentō) si riferisce ad ogni tipo di bentō comprato nei negozi da asporto. Il termine si è iniziato a diffondere negli anni '80 del XX secolo, soprattutto tra i giovani.
  • Hayaben (早弁) è un bentō mangiato prima di pranzo, quando si sa che si avrà un pasto poco dopo. Il termine deriva da hayai (早い) che significa "presto".
  • Chūka bentō (中華弁当), bento contenente cibo cinese, come involtini primavera, pollo fritto, ecc. Tipico della stazione di Nagano.
  • Sanshoku bentō (三色弁当 bentō dai tre colori), composto da tre sezioni separate contenenti: pollo e riso; sushi su riso; vari ingredienti come gamberi, polpette di pesce, ecc. su riso. Tipico della stazione di Hakata, nella prefettura di Fukuoka.