giovedì 17 gennaio 2019

Gruppi sanguigni nella cultura giapponese

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I gruppi sanguigni nella cultura giapponese fanno parte di una credenza popolare secondo la quale questi siano profetici della personalità, temperamento e compatibilità con gli altri, della persona che li possieda, in modo simile a quanto succede con l'astrologia nella cultura occidentale. La credenza è estesa anche a altri paesi dell'Asia orientale come la Corea del sud.
Essenzialmente derivante dalle idee del razzismo scientifico, la credenza ha origine dalle pubblicazioni di Masahiko Nomi degli anni settanta. La comunità scientifica ha etichettato tale credenza come superstizione o pseudoscienza.

Storia

La scoperta del sistema di gruppi sanguigni AB0 è generalmente attribuita allo scienziato austriaco Karl Landsteiner. Gli studi etnologici mostrarono la differenza di distribuzione dei gruppi nel mondo (ad esempio le popolazioni asiatiche hanno una percentuale maggiore di persone con sangue di tipo B). Questo fatto fu usato dagli inglesi e dai primi nazisti come ulteriore dimostrazione della loro supremazia sulle altre razze. Questa teoria fu smontata prima che la Germania nazista invocasse leggi razziali come le leggi di Norimberga, dove la dicitura sangue tedesco indicava lignaggio ariano.
La teoria raggiunse il Giappone per la prima volta nel 1927, sul giornale scolastico Psychological Research nel foglio Lo studio del temperamento attraverso il gruppo sanguigno di Takeji Furukawa un professore di una scuola femminile di Tokyo. Sebbene mancassero fondamenti l'idea prese subito piede e il governo militare del tempo commissionò uno studio mirato a selezionare in questo modo dei soldati. In un altro studio, Furukawa comparò la distribuzione dei tipi di sangue tra due diversi gruppi etnici: i formosiani di Taiwan e gli ainu che vivevano nel nordest dell'Asia, specialmente in Hokkaidō. La motivazione per il suo studio pare derivi da una vicenda politica. Dopo l'occupazione giapponese di Taiwan in seguito alla vittoria giapponese sulla Cina nel 1895, gli abitanti resistettero tenacemente agli invasori. Le insurrezioni del 1930 e del 1931 uccisero centinaia di coloni giapponesi. Il proposito degli studi di Furukawa era di penetrare l'essenza delle caratteristiche razziali dei Taiwanesi, che recentemente si erano rivoltati e si erano comportati così crudelmente. Basandosi sulla scoperta che il 41,2% del campione dei Taiwanesi aveva sangue di tipo 0, egli presunse che lo spirito di ribellione era determinato geneticamente. Il ragionamento era supportato dal fatto che tra gli Ainu, il cui temperamento era sottomesso, solo il 23,8% aveva sangue di tipo 0. Per concludere, Furukawa suggerì che i Taiwanesi dovessero sposarsi di più con i giapponesi per ridurre il gruppo sanguigno di tipo 0.
Questa moda scemò negli anni trenta quando l'assenza di basi scientifiche apparve evidente, ma tornò in auge negli anni settanta quando Masahiko Nomi, giornalista televisivo senza alcuna conoscenza medica pubblicò un libro sull'argomento. Il lavoro di Nomi era aneddotico, non controllato e le sue conclusioni e la sua metodologia non furono chiare. A causa di questo il libro fu duramente attaccato dalla comunità psicologica giapponese, ciò nonostante divenne un fenomeno popolare.

Popolarità attuale

Il loro uso è simile a quello dei segni zodiacali occidentali, anche questi popolari in Giappone. Chiedere il gruppo sanguigno è un costume diffuso ed è spesso una sorpresa se uno straniero non conosce il proprio.
Molti idol, tarento e altre celebrità giapponesi includono il gruppo sanguigno nei loro profili, assieme ai loro hobby e segni zodiacali.
È comune tra gli autori di anime e manga indicare il gruppo sanguigno del personaggio e dare la personalità in corrispondenza del gruppo sanguigno. Anche di alcuni videogiochi si conosce il gruppo sanguino dei personaggi come nelle serie di Street Fighter, Metal Slug, Soulcalibur, Resident Evil, Guilty Gear e Dead or Alive in cui viene indicato nei manuali o all'interno del gioco stesso. Inoltre è usuale per altre serie di videogiochi come Gungriffon, Tekken, Animal Crossing, Super Robot Wars, Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty e Princess Maker consentire di scegliere il gruppo sanguigno nella modalità creazione.

martedì 15 gennaio 2019

Takeshi Naito

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Takeshi Naito (Shizuoka, 17 ottobre 1948) è un karateka e maestro di karate giapponese.
Cintura nera 8° dan, è arbitro internazionale ed insegnante.
Nel 1977, Invitato dal maestro Hiroshi Shirai, giunge in Italia stabilendosi a Milano dove risiede tuttora.

Biografia

  • 1964 - Inizia la pratica del karate
  • 1968 - diventa 1º dan
  • 1970 - Campione nazionale universitario
  • Dal 1973 al 1976 - Si è sempre qualificato nei primi posti nei campionati giapponesi
  • 1975 - Ha conseguito la qualifica di istruttore e di arbitro internazionale
  • 1977 - Ha conseguito la qualifica di maestro
  • 1996 - Diventa 8º dan
  • Ottimo esecutore di kata, massimo esponente in Italia e tra i massimi al mondo di kumite, il M° Takeshi Naito è stato fino al 2010 membro della Commissione Tecnica Nazionale FIKTA come responsabile settore kumite. Suoi allievi sono stati, tra gli altri, Nadia Ferluga (campionessa mondiale di kumite), Elio Giacobini (campione mondiale di kumite) e Silvio Campari (pluricampione di kumite sia italiano che europeo, che di fukugo sia italiano che europeo). Suo allievo anche Stefano De Bartolomeo (pluricampione mondiale, europeo e italiano sempre in kumite).
Dal 2004 il M° Naito è il responsabile della J.K.A. Italia, riuscendo a creare un gruppo di alto livello. Questo ha però creato attrito con la federazione FIKTA, determinando la fine del rapporto nel 2010.

Kojima Motoshige

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Kojima Motoshige (小島 職鎮; ... – ...) è stato un samurai giapponese del periodo Sengoku che servì il clan Uesugi.
Prima di entrare nel clan Uesugi è stato vassallo del clan Jinbō, ma fu esiliato perché sospettato di collaborare con clan nemici. Kojima cercò rifugio in un tempio nella provincia di Hida, ma quando il tempio fu dato alle fiamme nel 1560 fu costretto a muoversi nuovamente. Infine entrò nel clan Uesugi, e si suppone che sia stato lui ad assassinare Shiina Yasutane nel 1576 su ordine di Kenshin, come condizione per la sua integrazione.
Gli fu assegnato il castello di Toyama e si batté con gli Ikkō-ikki di Etchu nel 1572.
In seguito si schierò con il clan Oda ma perse comunque il castello.

lunedì 14 gennaio 2019

Inari

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Inari (稲荷), o anche Oinari, è il kami ("divinità") giapponese della fertilità, del riso, dell'agricoltura, delle volpi, dell'industria e del successo terreno. Inari è rappresentato come maschio, femmina o androgino e alle volte considerato come costituito da un collettivo di tre o cinque kami individuali, ed è una figura popolare sia nelle credenze shintoiste, che in quelle buddiste giapponesi. Le volpi di Inari o kitsune sono di un bianco candido e agiscono come sue messaggere.

Rappresentazione

Inari è stato ritratto sia in forma maschile che femminile. Secondo la studiosa Karen Ann Smyers, le rappresentazioni più popolari sono quella di un uomo anziano che porta del riso, di una giovane dea del cibo e di un bodhisattva androgino. Non esiste un punto di vista teologico ortodosso, il genere sessuale delle sue rappresentazioni varia secondo le credenze personali. A causa della sua stretta associazione con le kitsune, Inari viene a volte ritratto come volpe, comunque sebbene questa credenza sia diffusa sia i sacerdoti shintoisti, che quelli buddisti, la scoraggiano. Inari può apparire anche in forma di serpente o drago e in un racconto della tradizione popolare appare a un uomo malvagio nella forma di un ragno mostruoso per insegnargli una lezione.
Inari viene a volte identificato con altre figure mitologiche. Alcuni studiosi suggeriscono che Inari sia la figura conosciuta nella mitologia giapponese come Uganomitama o l'Ōgetsu-Hime del Kojiki. Altri suggeriscono che Inari coincida con Toyouke. Alcuni ritengono Inari identico a ogni kami del grano.
L'aspetto femminile di Inari viene spesso identificato con Dakiniten, una divinità buddista, che deriva dalla trasformazione della divinità indiana dakini o con Benzaiten delle Sette Divinità della Fortuna. Dakiniten viene rappresentato come un boddhisatva maschile o androgino che cavalca una volpe bianca volante.
Inari viene spesso venerato come un collettivo di tre kami (Inari sanza); a volte nel periodo Kamakura questo numero veniva incrementato a cinque (Inari goza). Comunque l'identificazione di questi kami è variata nel tempo, secondo le registrazioni di Fushimi Inari, il più antico e forse principale santuario dedicato a Inari questi kami hanno incluso Izanagi, Izanami, Ninigi e Wakumusubi, in aggiunta alle divinità del cibo precedentemente menzionate. Presso la Fushimi Inari i cinque kami identificati oggigiorno sono Uganomitama, Sadahiko, Omiyanome, Tanaka e Shi. Comunque alla Takekoma Inari, il secondo più antico santuario di Inari, i tre kami sono Uganomitama, Ukemochi e Wakumusubi.
I principali simboli di Inari sono la volpe e il gioiello che esaudisce i desideri. Altri elementi associati a lui, e a volte alle sue kitsune, includono la falce, un fascio di steli o sacco di riso e una spada.

Storia

L'origine dell'adorazione di Inari è poco chiara. La prima registrazioni dei kanji usati oggigiorno per indicare il suo nome (e che significano "portare riso") compaiono nel Ruijū Kokushi nell'827. Altre serie di caratteri con la stessa lettura fonetica, la maggior parte delle quali contengono un riferimento al riso, erano in uso precedentemente e molti studiosi concordano che il nome "Inari" derivi da ine-nari ("coltivare riso"). L'adorazione di Inari è nota dal 711, data di fondazione del santuario della montagna Inari a Fushimi. Studiosi come Kazuo Higo ritengono che fosse stato adorato per secoli prima di questa data e suggeriscono che il clan Hata iniziò l'adorazione formale di Inari come kami dell'agricoltura alla fine del V secolo. Il nome Inari non compare nella mitologia giapponese classica.
Per il periodo Heian, l'adorazione di Inari iniziò a diffondersi. Nell'823 dopo che l'imperatore Saga offrì il tempio Tō-ji a Kūkai, fondatore della setta buddista Shingon, quest'ultimo scelse Inari come kami protettore residente. Nell'827 la corte concesse a Inari il quinto rango inferiore, che accrebbe ulteriormente la popolarità della divinità nella capitale. Il rango di Inari venne successivamente elevato e nel 942 l'imperatore Suzaku conferì a Inar il grado massimo in ringraziamento per aver soffocato le ribellioni. A quest'epoca il tempio di Fushimi Inari era tra i ventidue templi scelti dalla corte per ricevere l'alto onore del patronato imperiale. Il secondo tempio di Inari, Takekoma Inari, venne stabilito alla fine del IX secolo.
La popolarità di Inari continuò a crescere. Il tempio di Fushimi, sede di pellegrinaggio, ottenne grande fama quando divenne un sito di pellegrinaggio imperiale nel 1072. Per il 1338 si dice che il festival del santuario rivaleggiasse con quello del Gion Matsuri in splendore.
Nel 1468, durante la guerra Ōnin, l'intero tempio Fushimi venne bruciato. La ricostruzione richiese trent'anni ed il nuovo edificio venne consacrato nel 1499. Mentre il vecchio complesso era sede di tre kami in edifici separati, nel nuovo risiedevano cinque kami in un singolo edificio. Il nuovo tempio includeva, anche, per la prima volta, un tempio buddista ed il clero ereditario venne espanso per includere.
Nel periodo Edo, l'adorazione di Inari si diffuse in tutto il Giappone, diventato specialmente di rilievo a Edo. Smyers attribuisce questa diffusione al movimento dei daimyo ("signori feudali"). Per il XVI secolo Inari era diventato il patrono dei fabbri ferrai e il protettore dei guerrieri, per questo motivo molti castelli in Giappone contengono templi a lui dedicati. I daimyo portavano con sé le loro credenze quando si spostavano in un nuovo dominio. Il ruolo divino di Inari continuò a espandersi, sulla costa divenne il protettore dei pescatori, a Edo venne evocato per prevenire gli incendi. Dato che i suoi santuari si trovavano spesso vicino ai quartieri dei piaceri divenne il patrono di attori e prostitute. Iniziò a essere venerato come "Inari che soddisfa i desideri", una divinità della fortuna e prosperità, un detto comune a Osaka era Byō Kōbō, yoku Inari (Per la malattia [prega] Kōbō, per i desideri [prega] Inari). Ironicamente iniziò a essere venerato anche per avere una buona salute, gli vengono accreditate la cura di malattie come la tosse, mal di denti, ossa rotte e sifilide. Le donne pregarono Inari perché concedesse loro dei figli.
Nel 1868 un decreto governativo obbligò a separare le fedi buddiste e shintoiste e molti templi di Inari dovettero subire modifiche. Per esempio al tempio di Inara le strutture evidentemente buddiste furono abbattute. Comunque, nella popolazione la forma mista di adorazione continuò. Alcuni templi buddisti continuarono ad adorare Inari sostenendo di essere stati sempre devoti a una divinità buddista (spesso Dakiniten), che è stata percepita dalla gente comune come se fosse Inari.
Nel periodo Tokugawa, quando il denaro rimpiazzò il riso come misura della ricchezza in Giappone. Il ruolo di Inari come kami della prosperità terrena venne espanso per includere tutti gli aspetti della finanza, affari e industria. All'inizio del XVIII secolo i seguaci di Inari a Ginza coniavano monete, come offerta a Inari, su cui erano rappresentate due volpi ed i caratteri per "lunga vita" e "buona fortuna".

Templi e offerte

Inari è una divinità popolare con templi e santuari diffusi in praticamente tutto il Giappone. Secondo un'inchiesta del 1985 condotta dall'Associazione Nazionale dei Templi Shintoisti, 32.000 templi, più di un terzo dei templi shinto in Giappone - sono dedicati a Inari. Questa cifra include solo i templi Shinto con preti residenti a tempo pieno, se si considerano i piccoli templi a fianco delle strade o nei campi, quelli in case private o uffici corporativi, i piccoli templi senza preti residenti e i templi buddisti, il numero aumenterebbe perlomeno di un ordine di magnitudine.
L'ingresso a un tempio di Inari è di solito marcato da uno o più torii vermigli e da alcune statue di kitsune, spesso adornate, per rispetto dai fedeli, con rossi yodarekake ("bavagli votivi"). Il colore rosso è associato a Inari a causa della prevalenza del suo uso nei templi e Torii a lui dedicati. Il tempio principale è quello di Fushimi Inari a Fushimi, Kyoto, dove i sentieri che portano al tempio sono tutti marcati in questa maniera. Le statue di kitsune sono a volte prese per una forma di Inari e tipicamente vengono piazzate in coppie, che rappresentano un maschio e una femmina. Queste statue portano un oggetto simbolico in bocca o in una delle zampe anteriori, spesso un gioiello e una chiave, ma sono comuni anche un fascio di piante di riso, una pergamena o un cucciolo di volpe. Praticamente tutti i templi di Inari, non importa quanto piccoli, contengono almeno un paio di queste statue, di solito a fianco dell'altare o di fronte al santuario principale. Raramente le statue sono realistiche, tipicamente sono stilizzate e ritraggono un animale in forma seduta con la coda alzata e la punta voltata verso il davanti. Nonostante queste caratteristiche comuni, queste statue sono molto individualistiche e non ce ne sono due identiche.
Per compiacere e placare le kitsune messaggere vengono loro offerte nei templi, riso, sake e altri cibi, aspettandosi che a loro volta queste intercedano con Inari a favore del fedele. Un'offerta popolare è l'Inari-zushi, un tipo di sushi impacchettato con tofu fritto. Si ritiene che il tofu fritto sia uno dei cibi preferiti delle volpi e un rotolo di Inari-zushi ha angoli appuntiti che sembrano orecchie di volpi, rinforzando perciò l'associazione. Normalmente i preti non offrono cibo alla divinità, ma comunemente i negozi allineati lungo la strada che portano a un tempio di Inari vendono tofu fritto da offrire alla divinità. Vengono spesso offerte statue di volpi e nelle ricorrenze una volpe imbalsamata viene offerta al tempio. Precedentemente alcuni templi erano la casa di volpi vive che venivano venerate, ma non è più una pratica attuale.

Festival

Il tradizionale giorno festivo di Inari era il primo giorno del cavallo (il sesto giorno) del secondo mese (nigatsu no hatsuuma) del calendario lunisolare.
In alcuni luoghi del Kyūshū, il periodo di festa inizia cinque giorni prima della luna piena di novembre; occasionalmente viene esteso a una settimana completa. Questo viene accompagnato dal portare offerte di prodotti di riso a un tempio di Inari ogni giorno e dal ricevere o-mamori (amuleti protettivi). Il festival è particolarmente popolare nelle campagne nelle vicinanze di Nagasaki.

domenica 13 gennaio 2019

Antroterapia

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Per antroterapia s'intende una modalità di trattamento termale caratterizzato dalla permanenza della persona in ambienti, naturali o artificiali, aventi microclimi particolari che possono essere: caldi o freddi, secchi o umidi.
L'antroterapia con microclima caldo si caratterizza per l'uso di ambienti tali da scatenare una risposta diaforetica (sudorazione) nel paziente. Valutando il grado di umidità di queste zone si può operare in distinzione in ambienti caldo-umidi (comunemente definiti grotte) e caldo-secchi (altrimenti dette stufe).
Nel primo caso l'elevato tasso di umidità relativa (circa 90-95%) è dovuto alla presenza di sorgenti di acqua calde che possono avere differente composizione chimica. La saturazione di vapor acqueo dell'ambiente impedisce la normale traspirazione cutanea ed accentua la sensazione di caldo, scatenando una reazione di sudorazione. L'intervallo di temperatura che in queste zone viene utilizzato si situa tra i 31-32 ed i 41-43°C. Ciò è dovuto al fatto che la sudorazione inizia a comparire verso i 31°C. Temperature di 44-45°C, invece, sono difficilmente sopportate dalle persone per cui è bene non utilizzarle, pena un eccessivo stress termoregolatorio con possibilità di ripercussioni cardiovascolari.
Nelle stufe l'elevata temperatura è dovuta a condizioni geotermiche particolari (tipo fenditure o crepacci da cui arriva aria calda). Il clima secco che si trova in questi ambienti non determina ripercussioni a livello della traspirazione cutanea o dell'evaporazione del sudore per cui si possono raggiungere anche temperature di 70-75°C (ed in effetti l'intervallo di temperatura utilizzato varia tra i 50 ed i 70°C).
Generalmente nelle grotte i cicli terapeutici prevedono circa 15-20 soggiorni all'interno. La durata dei soggiorni è variabile a seconda della temperatura ambientale: con alte temperature la durata è di 15-20 minuti altrimenti si può anche arrivare a 50-60 minuti. Nelle stufe la permanenza dura circa 30-35 minuti.
Al termine di ogni soggiorno la persona viene sottoposta ad un massaggio o ad una doccia.
L'antroterapia con ambienti freddi va sotto il nome di speleoterapia e generalmente la temperatura è compresa tra 9 e 12°C. Il ricambio d'aria è tendenzialmente basso, altrimenti la permanenza in un ambiente già freddo potrebbe risultare poco tollerabile per le persone. Le grotte utilizzate per la speleoterapia presentano alcune caratteristiche particolari quali: pressione costante, ionizzazione aerea negativa, bassissima carica microbica e pollinica, assenza di luce e CO2 più elevata della norma. Ogni grotta, inoltre, presenta una aerosol naturale tipico dovuto alla tipologia dei minerali di cui essa è formata. Parte di queste condizioni, comunque, possono sussistere anche nelle grotte calde. L'ambiente speleoterapico può essere sia umido sia secco (tipo grotte formate da salgemma).
I meccanismi scatenati dall'antroterapia responsabili dell'effetto terapeutico non sono chiari. Negli ambienti caldi sembra che il fulcro principale derivi dallo stress termico cui l'organismo è sottoposto. Negli ambienti freddi, invece, sembra essere importante la purezza dell'aria.

venerdì 11 gennaio 2019

Apiterapia

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L'apiterapia è il trattamento delle malattie con prodotti raccolti, trasformati e secreti dalle api, e in particolare: polline, propoli, miele, pappa reale e veleno.
Nella medicina tradizionale le virtù del miele e della propoli sono note da tempi antichissimi. Negli ultimi decenni, studi scientifici hanno permesso di confermare e di meglio comprenderne le proprietà. Essendo recenti le tecniche di raccolta, è recente l'uso del polline e della pappa reale, ma molti studi hanno permesso di scoprirne le proprietà. Tra i nuovi aspetti terapeutici è particolarmente rilevante l'uso del veleno d'ape.

Apiterapia e miele

Il miele è un prodotto alimentare naturale dalle notevoli proprietà organolettiche. È un alimento energetico, di rapida assimilazione, dal potere dolcificante superiore a quello dello zucchero (saccarosio). Contiene in media:
  • saccarosio: 5%
  • maltosio: 6%
  • glucosio: 30%
  • fruttosio: 40%
e inoltre acidi organici e oligoelementi. La sua composizione è tale che non vi si sviluppano microrganismi, per cui non richiede conservanti né pastorizzazione.
La medicina tradizionale attribuisce generalmente ai mieli provenienti da piante medicinali le stesse proprietà di quelle.
Recenti ricerche condotte all'università di Waikato in Nuova Zelanda hanno evidenziato le proprietà antibiotiche del miele proveniente da un arbusto detto localmente manuka (Leptospermum scoparium). Un enzima specifico in esso contenuto, denominato UMF (Unique Manuka Factor), produce periossido di idrogeno, un noto antisettico, ad un tenore 10 volte superiore a quello degli altri mieli. Questo miele è efficace contro batteri multiresistenti e sembra avere proprietà antinfiammatorie e cicatrizzanti.

Apiterapia e pappa reale

La pappa reale è indicata per combattere l'affaticamento, la debolezza, l'astenia, la neuroastenia, la depressione leggera, l'amenorrea e la dismenorrea.

Apiterapia e polline

Il polline è indicato per trattare le allergie stagionali, migliorare le prestazioni fisiche, migliorare la memoria nelle persone anziane.

Apiterapia e propoli

La propoli ha numerose indicazioni:
  • per via esterna:
    trattamento dell'herpes genitale, accelerazione della guarigione di piaghe della mucosa della bocca, prevenzione della carie e della placca dentaria, trattamento della gengivite;
  • per via interna:
    prevenzione e trattamento delle infezioni delle vie respiratorie, delle infezioni batteriche, virali e parassitarie (infezioni intestinali, vaginali e delle vie respiratorie).

Veleno d'ape

Il veleno d'ape è utilizzato per curare affezioni reumatiche, artriti croniche, certe malattie infiammatorie e la sclerosi a placche.
Il veleno è somministrato sulle zone da curare sia direttamente, attraverso punture d'ape, sia diluito, con l'aiuto di siringhe.
Va notato che, quando l'ape punge, il suo dardo resta conficcato nella pelle, e quando essa si ritira strappa via una parte dell'addome, e muore. Oggi si riesce ad estrarre il veleno dall'ape senza provocarne la morte.
Il veleno d'ape è contenuto anche in diverse preparazioni - creme, lozioni, compresse, gocce - utilizzate nel trattamento dell'artrite, delle infiammazioni dei tendini e delle articolazioni, e di affezioni cutanee.
L'"apipuntura" è una combinazione di trattamento con il veleno d'ape e di agopuntura. Viene utilizzata nel trattamento dell'epilessia, dell'incontinenza e dei disturbi artritici. Il veleno può essere somministrato sia per deposito nel punto dell'agopuntura, sia per immersione dell'ago stimolatore in una soluzione del medesimo.
Il veleno d'ape è anche un elemento fondamentale nell'arsenale delle sostanze utilizzate nelle terapie omeopatiche: con il nome di apis mellifica è generalmente prescritto in diluizione da 5 a 35 CH.

giovedì 10 gennaio 2019

Kunohe Masazane

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Kunohe Masazane (九戸政実; 1536 – 9 settembre 1582) è stato un samurai giapponese del periodo Sengoku appartenente al clan Nanbu.
Masazane fu un servitore del clan Nanbu a capo di un ramo che aveva la propria roccaforte nel castello di Kunohe.
Fu un coraggioso ed abile generale e contribuì alla vittoria del clan contro il clan Andō nell'area di Akita e del clan Shiba nella zona di Morioka. Come samurai del clan Nanbu la reputazione di Masazane era molto alta, quasi equivalente ai daimyō del clan. Masazane negli anni ampliò notevolmente il castello di Kunohe.
Quando Nanbu Nobunao rivendicò la guida del clan e giurò fedeltà a Toyotomi Hideyoshi nel 1590, Masazane iniziò una ribellione che venne repressa col sangue nel 1591 e dove sia lui che il fratello Sanechika trovarono la morte.

mercoledì 9 gennaio 2019

Aoyama Tadanari

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Aoyama Tadanari (青山 忠成; Okazaki, 6 settembre 1551 – 10 aprile 1613) è stato un militare e daimyō giapponese che ha servito lo shogunato Tokugawa dalla fine del periodo Sengoku fino ai primi anni del periodo Edo. Il quartiere di Aoyama a Tokyo è così chiamato perché sede di una delle sue magioni.

Biografia

Durante il periodo Sengoku il clan Aoyama regnava sul villaggio di Dōdo, nel distretto di Nukata della provincia di Mikawa (la moderna città di Okazaki nella prefettura di Aichi). Aoyama Tadakado, il padre di Tadanari, servì sia Matsudaira Hirotada che Tokugawa Ieyasu, e fu così che Tadanari entrò nelle grazie di Ieyasu. Quando Tadakado morì nel 1572 nella battaglia contro Takeda Shingen, Tadanari divenne il nuovo capofamiglia.
Come segno della fiducia in lui riposta, nel 1585 Ieyasu lo nominò a guardia del figlio Hidetada. Nel 1588 Tadanari accompagnò lo stesso Hidetada alla capitale dove venne fregiato da Toyotomi Hideyoshi del quinto rango inferiore di corte, il rango più basso della provincia di Hitachi. Nel 1590 Ieyasu promosse Tadanari a commissario di Edo facendogli dono di un appezzamento di terra del valore di 5.000 koku (a cui si aggiunsero 2.000 koku nel 1593). La leggenda vuole che, durante una battuta di caccia, Ieyasu gli ordinò di cavalcare verso ovest finché il suo cavallo non fosse stramazzato al suolo esausto; al suo ritorno Tadanari ricevette in dono l'intera area che riuscì a percorrere. La zona includeva il villaggio di Harajuku fino alle attuali Akasaka e Shibuya. Il quartiere di Aoyama è così chiamato proprio perché sede di una delle magioni di Tadanari.
Nel 1600 Tadanari si unì all'esercito di Hidetada nella battaglia di Sekigahara, ottenendo come ricompensa il rango di daimyō e un terreno del valore di 15.000 koku tra la provincia di Kazusa e quella di Shimōsa. Successivamente venne nominato magistrato dell'intera regione del Kantō. Con l'inizio del periodo Edo, fu pesantemente coinvolto nella rivolta contro lo shogunato al pari di Honda Masanobu e Naitō Kiyonari. Nel 1606 fu condannato insieme a Naitō agli arresti domiciliari, venendo però graziato poco dopo.

martedì 8 gennaio 2019

Zhang Rang

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Zhang Rang (張讓) (135 – 189) è stato un eunuco cinese della tarda Dinastia Han, che servì l'Imperatore Ling di Han; era anche il leader dei Dieci Custodi Regolari (anche conosciuti come Dieci Eunuchi), un gruppo di eunuchi di corte con grande influenza nella corte imperiale di Han.
Il potere di Zhang Rang era tale che Han Ling, l'imperatore, si riferiva a lui come 'padre adottivo' e gli permetteva di occuparsi degli affari più importanti della corte. La gente e gli ufficiali, inclusi He Jin, Yuan Shao e Cao Cao, concordarono che il potere di Zhang Rang era troppo. Dopo la morte dell'imperatore Ling e la salita al trono di suo figlio Liu Bian nel 189, questi individui invasero la capitale con lo scopo di sconfiggere i Dieci Custodi, ma finì con la decapitazione di He Jin nel cortile del palazzo da parte dei Dieci Custodi. Zhang rapì l'imperatore e suo fratello, il futuro Imperatore Xian. Comunque, Zhang venne presto circondato da soldati nemici e così si gettò in un fiume, annegando.

lunedì 7 gennaio 2019

Jian

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Jian (, , jiàn, chien) è una spada dritta a doppio filo. Per Wu Bin, Li Xingdong e Yu Gongbao la spada è una delle quattro armi maggiori delle arti marziali cinesi ed è detta "Signore di Tutte le Armi”.

Storia

Wu Bin, Li Xingdong e Yu Gongbao raccontano che l'utilizzo del Jiàn compare nelle offerte sacrificali agli dei ed agli antenati. Durante il periodo degli stati combattenti divenne pratica comune. Yǐn Qiānhé elenca alcune famose spade leggendarie tra cui Mòyé (莫邪, 莫邪, Tài'ē, mo ye) , Tài'ē (太阿, 太阿, Mòyé, t'ai e) e Gānjiāng (干將, 干将, Gānjiāng , kan chiang). Nel libro Cronache dei Tre Regni (三国志, 三国志, sānguózhì, san kuo chi) si riferisce che Cao Pi dopo aver bevuto smodatamente discusse dell'arte della spada con Dèng Zhǎn (邓展), discussione che si trasformò in una dimostrazione di abilità con questa arma. Dài Zǐgāo 戴子高 racconta che c'era un grande cavaliere di Shāngshuǐ 商水 che si chiamava Lǐ Zǐqīng (李子靑) che un giorno fece vedere a Yán la propria maestria con la spada.

Aspetto

Duan Ping e Zheng Shouzhi descrivono le parti della spada:
  • 1) lama della spada (劍身, 剑身, jiànshēn , chien shen);
  • 2) tagli della spada (劍刃, 剑刃, jiànrèn, chien ren);
  • 3) spina dorsale della spada (劍脊, 剑脊, jjiànjí, chien chi);
  • 4) parte tagliente della spada (vicino alla punta) (劍鋒, 剑锋, jjiànfēng , chien feng);
  • 5) punta della spada (劍尖, 剑尖, jiànjiān , chien chien);
  • 6) testa della spada (劍首, 剑首, jiànshǒu , chien shou);
  • 7) impugnatura della spada (劍柄, 剑柄, jiànbǐng, chien ping);
  • 8) guardia della spada (劍格, 剑格, jiàngé, chien ke);
  • 9) frangia della spada (劍穗, 剑穗, jiànsuì, chien sui).

Jian Elemento Architettonico

Jian è anche l'elemento base, principale dell'architettura cinese, esso costituisce il vano, lo spazio delimitato da 4 colonne lignee su cui poggia il classico tetto a padiglione detto Tian.

domenica 6 gennaio 2019

Meditazione

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La meditazione (dal latino meditatio, riflessione) è, in generale, una pratica che si utilizza per raggiungere una maggiore padronanza delle attività della mente, in modo che essa smetta il suo usuale chiacchierio di sottofondo e divenga assolutamente acquietata, pacifica. Tradizionalmente per meditazione si intende la concentrazione della mente in un sol punto mentre, per contemplazione si intende la capacità di lasciar riposare la mente nel suo stato naturale, o talità. È una pratica volta quindi all'auto-realizzazione. Lo scopo religioso, spirituale, filosofico o il miglioramento delle condizioni psicofisiche nella meditazione sono una scelta prettamente personale.
Questa pratica, in forme differenti, è riconosciuta da molti secoli come parte integrante di tutte le principali tradizioni religiose. Nelle Upaniṣad, scritture sacre induiste compilate approssimativamente a partire dal IX - VIII secolo a.C., è presente il primo riferimento esplicito alla meditazione che sia giunto fino a noi, indicata con il termine sanscrito dhyāna (ध्यान).
Nell'ambito della psicosintesi è definita uno stato della coscienza che può essere ottenuto mediante l'indirizzamento volontario della nostra attenzione verso un determinato oggetto (meditazione riflessiva) o mediante la completa assenza di pensieri (meditazione recettiva).
Nella meditazione riflessiva l'oggetto della meditazione può essere qualsiasi cosa. In genere nella pratica vengono utilizzate visualizzazioni di elementi che riguardano il mondo interiore o di semplici oggetti, per raggiungere un maggiore stato di concentrazione e di ponderazione. Questo è un tipo di meditazione usato spesso dalla cultura occidentale.
La meditazione recettiva ha come scopo l'assenza di pensieri e permette alla mente di raggiungere un livello di "consapevolezza senza pensieri", ovvero libero dall'attività psichica dell'essere umano, talvolta caotica e confusionaria. È un tipo di meditazione tipica di numerose filosofie e religioni orientali. Entrambi richiedono fasi di concentrazione e la visualizzazione.

Religioni e filosofie orientali

Attraverso la dinamica del modo di operare della mente si può riuscire a riconoscere la distinzione tra un io egocentrico, che si identifica con l'essere io (nome) e l'Io (sé) in grado di osservare l'osservatore (oggettivizzare il soggetto). Questo metodo comporta quattro stati di coscienza:
  • vedo l'oggetto;
  • mi accorgo di vedere che vedo l'oggetto;
  • mi accorgo di vedere il vedere che vedo l'oggetto;
  • assorbimento in uno stato che supera la dualità soggetto/oggetto al di là dell'espressione e della comunicazione convenzionale.
Anche nello yoga lo stato raggiunto tramite la pratica della dhyana favorirebbe l'esperienza della "visione" e, ad un livello superiore, dell'illuminazione, ossia della rivelazione della divinità onnipresente. Nell'ambito dello Yoga, la meditazione è il 7º degli otto stadi indicati da Patanjali e si dice che la mente è nello stato di meditazione, dhyana, non sta meditando è la meditazione stessa, e mentre ci sono molte tecniche di concentrazione, dharana, non esiste una vera e propria tecnica di meditazione.
Nella pratica di Sahaja Yoga la meditazione è considerato uno stato d'essere che si manifesta come assenza di pensieri, chiamato consapevolezza senza pensieri, dove la mente smette il suo usuale chiacchierio di sottofondo e diventa assolutamente tranquilla.
Questo stato di "pura consapevolezza senza oggetto" può essere raggiunto anche con altri generi di pratiche meditative: ad esempio la Meditazione Trascendentale si basa sulla ripetizione mentale di un mantra. In ogni caso il termine "meditazione", com'è inteso normalmente nella lingua italiana, si rivela inadeguato a dare un'idea efficace di questo tipo di pratiche: un termine meno impreciso potrebbe essere contemplazione.

Cristianesimo

Nel Cattolicesimo la meditazione è una forma di preghiera interiore. Viene fatta in una chiesa o cappella, in presenza dell'Eucaristia, o in un ambiente privato, ed è strettamente legata al pensiero e alla riflessione sulla parola di Dio. Preferibilmente si fa di mattina presto, prima di ogni altra azione della giornata.
Nella sua forma più generale si sviluppa attraverso diversi passi successivi:
  • Inizia con la invocazione dello Spirito Santo perché sia luce interiore di colui che medita.
  • Si apre alla contemplazione di una scena evangelica o dalla lettura di un brano della Bibbia o di un altro libro che possa aiutare.
  • Approfondisce il significato dell'episodio o dell'insegnamento in questione. Lo fa attraverso il ragionamento e la ricerca di situazioni o passi biblici simili o correlati.
  • Si sofferma su qualche parola o immagine o concetto, "ruminandolo" interiormente.
  • Chiede a Dio la grazia di vivere il mistero che si è contemplato.
  • Fissa l'impegno di un qualche gesto da vivere durante la giornata, per trasformare in carità quello che si è contemplato.
  • Ringrazia il Signore per il dono della luce dell'alto.
Una forma particolare di meditazione è la lectio divina, che è una lettura orante di un passo biblico.

Islam

Il concetto di meditazione è espresso in arabo dal termine tafakkur, che va distinto da dhikr, meglio tradotto come "invocazione" o "memoria". Si può dire che il termine dhikr sia il ricordo di uno stato precedente, un modo di far riemergere qualcosa che, fortunatamente, non si è perso del tutto.
Comunque i due termini sono unificati nella pratica mistica dell'islam, perché è proprio grazie al dhikr Allah, l'invocazione del nome di Dio, che si raggiunge lo stato adeguato alla meditazione. Il dhikr come metodo spirituale di concentrazione è stato elaborato dai sufi.
Questa pratica, sorta ben presto nell'Islam e già sviluppata nei secoli IX e X, prevede la ripetizione di uno dei novantanove nomi di Dio o di formule sacre sotto la direzione di un maestro spirituale. Questo maestro, chiamato in arabo shaykh o anche murshid (guida) mentre in Iran e in India è detto pir, rende il metodo praticabile per i partecipanti al rito.
Dei vari tipi di shaykh, il più simile al pandit degli hindù è lo shaykh at-ta'lim, colui che conosce la dottrina.
L'invocazione del nome di Dio raggiunge livelli decisamente ossessivi e può essere pericolosa per chi non sia guidato in modo corretto e deve essere accompagnata dall'osservanza di una serie di riti. Se praticata senza vera adesione all'Islam, risulta tanto inefficace quanto pericolosa.

Sant Mat

Nel Surat Shabd Yoga vengono praticate parallelamente due tecniche di meditazione, una mirata alla visione della Luce Interiore e una mirata all'ascolto della Corrente Sonora (o Shabd). La prima pratica è sempre accompagnata dal Simran o ripetizione dei Nomi Divini, pratica del tutto analoga alla ripetizione di mantra nell'induismo o buddhismo o al dhikhr sufi. Viene raccomandato dal Guru di praticare perlomeno due ore al giorno di meditazione, e progressivamente aumentare.

Percorsi personali

Esistono molti percorsi personali che non sono all'interno di una religione o una filosofia e di cui la meditazione è strumento indispensabile per approfondire i lati oscuri di noi stessi. Molti si avvalgono di un maestro che permette loro di fare un cammino, un percorso che attraversa nuove realtà e che si lascia alle spalle vecchi mondi, in un procedere verso la maggiore consapevolezza di se stessi e della realtà.
Un aspetto fondamentale è la riduzione della sofferenza che insieme alla maggiore consapevolezza abbisognano di un maestro. A tal fine occorrerà conquistarsi un cammino e capacità di meditazione nella relazione con la figura di riferimento. È importante che il maestro non sia solo "padre"/"madre" ma una figura che possa essere lasciata per una nuova realtà affettiva.
In particolare la meditazione del Buddha Śākyamuni e di altri saggi (come Osho Rajneesh) non era ascritta a nessuna religione o filosofia ma seguiva un cammino personale.

Ricerche scientifiche

Parecchi studi condotti fin dal 1970 su una tecnica specifica, la Meditazione Trascendentale, hanno evidenziato la sua efficacia nella diminuzione di ansia e stress e nel miglioramento della salute. In seguito furono condotte altre ricerche e meta analisi coinvolgendo altri metodi di meditazione.
Nella loro analisi comparativa sugli studi scientifici sulla meditazione, pubblicato nel 2000 nell'International Journal of Psychotherapy, Perez-De-Albeniz e Holmes hanno identificato le seguenti componenti in comune con tutti i metodi meditativi:
  1. rilassamento
  2. concentrazione
  3. alterato stato di coscienza
  4. sospensione dei processi di pensiero logico e razionale
  5. presenza di una attitudine alla autocoscienza ed alla auto-osservazione.
Numerosissimi sono gli studi della comunità medica sugli effetti fisiologici della meditazione.
Il Dr. James Austin, neuropsicologo dell'Università del Colorado, ha indicato come la meditazione Zen possa modificare le connessioni nervose del cervello nel suo libro Zen and the Brain (Austin, 1999). Questo è stato confermato mediante risonanza magnetica funzionale sull'attività del cervello.
Recentemente uno studio scientifico americano pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, ha dimostrato effetti rilevanti della meditazione secondo il metodo Integrative body-mind training (tecnica nata in Cina negli anni '90) sul miglioramento delle condizioni di vita: la depressione si attenua, e le difese immunitarie si rinforzano. I ricercatori hanno verificato che il gruppo di studenti che avevano applicato avevano una concentrazione di cortisolo molto inferiore e una migliore risposta immunitaria rispetto al gruppo di controllo. Dai questionari è anche emerso che la meditazione aveva abbassato i livelli di rabbia, ansia, depressione e fatica. Il dottor Yi-Yuan Tang, il coordinatore della ricerca, ha così dedotto che i processi mentali, la consapevolezza e l'attenzione sono aspetti della vita che possono essere esercitati, esattamente come i muscoli.
In psicoterapia le tecniche di meditazione di mindfulness sono utilizzate per accrescere la consapevolezza dei pazienti e hanno svariate applicazioni, fra cui la prevenzione delle recidive depressive e il trattamento dei disturbi d'ansia.

sabato 5 gennaio 2019

Forma Chen di 19 posizioni

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La Chenshi shijiu shi taolu (piccola forma delle diciannove posizioni in cinese) è una forma del Taijiquan stile Chen definita nel 1995 dal Maestro Chen Xiaowang, rappresentante della 19ª generazione della famiglia che diede vita alla disciplina. Ha uno scopo prettamente didattico, tant'è che di norma è la prima ad essere appresa dai neofiti.
Le sue posizioni (17, più apertura e chiusura) sono divise in quattro sezioni e riprese da altre forme tradizionali:
  • Xin Jia Yi Lu (da cui prende Shang bu xie xing, Dao juan hong e Yeh ma fen zhong)
  • Xiao Jia Yi Lu (Shuang tui shou, Shan tong bei e Liu feng si bi)
  • Lao Jia Yi Lu (per le rimanenti).
Il ritmo di esecuzione riflette bene le caratteristiche tipiche dello stile Chen
  • alternanza tra movimenti duri e morbidi, con predominanza di quelli morbidi,
  • alternanza tra movimenti lenti e veloci, con predominanza di quelli lenti
  • le braccia guidate dal corpo nella gran parte di movimenti.
Così come per le altre, esistono tre metodi per svolgerla in riferimento all'altezza della postura assunta dall'atleta: alto, medio e basso. Può, inoltre, essere eseguita sia in modo "soft" sia con un atteggiamento più veloce e marziale, come se si affrontasse un avversario.
La forma si sviluppa lungo un asse lineare come segue:
Posizione Nome in cinese Nome in italiano Movimenti
prima sezione
1 yu bei shi preparazione 5
2 jin gang chu miao il guerriero di Budda esce dal tempio 7
3 lan zha yi allacciarsi la veste pigramente 4
4 shang bu xie xing passo in avanti con postura obliqua 9
5 shang san bu muovere tre passi in avanti 5
6 zuo yan shou hong quan ruotare, muovere le mani e sferrare un pugno a sinistra 2
7 liu feng si bi Sei sigilli e quattro chiusure (spingere con entrambe le mani) 4
seconda sezione
8 dao juan hong Indietreggiare ruotando le braccia 9
9 shan tong bei il lampo attraversa la schiena (girarsi di spalle) 3
10 you yan shou hong quan ruotare, muovere le mani e sferrare un pugno a destra 2
11 liu feng si bi Sei sigilli e quattro chiusure (spingere con entrambe le mani) 4
terza sezione
12 yun shou muovere le mani nelle nuvole 7
13 gao tan ma carezzare il cavallo 4
14 you deng yi gen scalciare con il tallone destro 5
15 zuo deng yi gen scalciare con il tallone sinistro 3
quarta sezione
16 ye ma fen zong dividere la criniera del cavallo selvaggio 7
17 yu nu chuan suo la ragazza di giada lavora alla spola 7
18 jin gang dao dui Il guerriero di Budda (Jin Gang) pesta il mortaio 4
19 shou shi conclusione 5

venerdì 4 gennaio 2019

Xu Huang

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Xu Huang (in lingua cinese 徐晃) (169 – 227) è stato un generale cinese durante il regno del signore della guerra Cao Cao e del suo successore, Cao Pi, durante la fine della Dinastia Han e i Tre Regni. È ricordato soprattutto per aver rotto l'assedio nella Battaglia di Fancheng (219).
Chen Shou, l'autore delle Cronache dei Tre Regni, considera Xu Huang tra i cinque generali del Regno di Wei, assieme a Zhang Liao, Yue Jin, Zhang He e Yu Jin.

Vita

Nato nella contea di Yang ((, oggi Hongdong, Shanxi) negli ultimi anni della Dinastia Han, Xu Huang lavorò in gioventù come ufficiale nell'amministrazione locale. Più tardi seguì il generale Yang Feng (楊奉) nella campagna militare contro l'Insurrezione dei Turbanti Gialli e fu nominato comandante della cavalleria (騎都尉).
Nel 196, dopo la morte del tirannico signore della guerra Dong Zhuo, Xu Huang e Yang Fen scortarono l'imperatore Xian da Chang'an a Luoyang, il quale da allora in poi cadde in rovina. Nello stesso anno, Cao Cao andò personalmente a Louyang per costringere l'imperatore a muovere verso Xuchang
Xu Huang allora suggerì a Yang Feng di entrare nelle forze armate di Cao Cao, ma Yang Feng non gli diede retta e inviò una truppa nel futile tentativo di respingere l'imperatore Xian. Cao Cao presto si vendicò e sconfisse Yang Feng, dopo di che Xu Huang si arrese a Cao Cao.
In seguito Xu Huang partecipò in ogni campagna maggiore di Cao Cao, incluse le offensive contro Lü Bu, Yuan Shao, Ma Chao, e Ta Dun (蹋頓). Xu Huang combatté bene in tutte, facendosi notare specialmente per la sua ingegnosità.
Durante la campagna contro l'erede di Yuan Shao nel 203, il difensore della città di Yiyang (易陽) inizialmente si arrese ma presto cambiò idea. Vedendo come si comportava, Xu Huang riconobbe i dubbi che turbavano il suo nemico e gli scrisse una lettera per persuaderlo ed incendiò la città. Il difensore fu sconfitto e Xu Huang conquistò la città senza spargimento di sangue.
Nel 215, Xu Huang si appostò nel Passo Yangping (陽平關) per difendere Hanzhong contro l'avanzata dell'esercito di Liu Bei, che tentava di troncare le rotte commerciali della città. Xu Huang si mosse in modo da colpire frontalmente l'esercito nemico. Molti soldati nemici caddero dal dirupo su sui combattevano di fronte al furioso attacco di Xu Huang e la città fu messa in sicurezza.
Il momento di maggior gloria nella carriera militare di Xu Huang avvenne nella Battaglia di Fangcheng, nel 219. Quando la città di Fangcheng (樊城), al giorno d'oggi un distretto di Xiangfan, Hubei, fu assediata dal generale nemico Guan Yu e i primi rinforzi inviati da Yu Jin furono sconfitti, Xu Huang fu inviato come un secondo rinforzo per aiutare e proteggere la città.
Sapendo che la maggior parte dei suoi soldati non avevano ricevuto un adeguato addestramento, Xu Huang non entrò direttamente nella battaglia ma si accampò dietro il nemico avendo così un effetto deterrente. Intanto, intanto ordinò ai suoi uomini di scavare trincee intorno alla città nemica di Yancheng (偃城) con l'idea di bloccare i rifornimenti alla città. I nemici furono così ingannati ed abbandonarono le loro posizioni. Xu Huang stabilì a Yan il suo punto d'appoggio.
In questo periodo arrivarono altri rinforzi coi quali l'esercito di Xu Huang attaccò l'accampamento di Guan Yu. Guan Yu inviò 5000 uomini a cavallo incontro all'esercito, ma furono sconfitte. Molti di questi soldati furono spinti nel vicino Fiume Han e annegati. L'assedio di Fangcheng fu rotto. Quando Cao Cao venne a conoscenza della vittoria, lodò Xu Huang e lo paragonò a Sun Tzu and Tian Rangju(田穰苴).
Quando Xu Huang fece ritorno, Cao Cao inviò sette li fuori dalla città per accoglierlo, dandogli pieno merito per la vittoria conseguita. Durante il ricevimento, i soldati di altri comandanti si spostarono in modo da dare modo a Cao Cao di vedere nel migliore dei modi, ma gli uomini di Xu Huang si fermarono ordinatamente in coda. Vedendo questo, Cao Cao lodò: "Il generale Xu ha veramente ereditato la classe di Zhou Yafu".
Dopo la morte di Cao Cao nel 220, Xu Huang continuò ad essere un uomo di fiducia del suo successore, Cao Pi. Divenne Generale del Diritto (右將軍) e marchese di Yangping (陽平侯). Quando Cao Rui subentrò a Cao Pi nel 227, inviò Xu Huang a difendere Xiangyang contro l'invasione del Regno di Wu. Xu Huang morì lo stesso anno di malattia, domandando una sepoltura in abiti non ufficiali. Gli fu dato il titolo postumo di marchese di Zhuang (壯侯), letteralmente "marchese robusto". Gli successo Xu Gai (徐該), che insieme ai discendenti di Xu Huang ereditò il titolo di marchese.

Romanzo dei Tre Regni

Il Romanzo dei Tre Regni è un romanzo storico scritto da Luo Guanzhong ed è una novellizzazione dei fatti avvenuti prima e durante il periodo dei Tre Regni. Xu Huang appare per la prima volta nel trediceismo capitolo, dove presta servizio a Yang Feng, un ufficiale militare nella capitale Chang'an. Insieme scortano l'imperatore Xian a Luoyang dopo la morte di Dong Zhuo, che teneva l'imperatore in ostaggio.
Quando Cao Cao arriva a Louyang per andare a prendere l'imperatore a Xuchang, Yang Feng manda Xu Huang a dissuaderlo. Vedendo il formidabile Xu Huang sul suo cavallo, Cao Cao conosce quest'uomo straordinario. Il signore della guerra mandò la sua guardia del corpo ed uno dei più fieri guerrieri, Xu Chu, a duellare col nemico.
Nessuno dei due poté avere un vantaggio sull'altro anche dopo cinquanta attacchi, e Cao Cao fu sorpreso dell'abilità di Xu Huang. Non volendo che nessuno dei due si facesse del male, Cao Cao chiamò Xu Chu alla ritirata. Venuto a conoscenza che il suo signore voleva reclutare Xu Huang, Man Chong, un suddito di Cao Cao e concittadino di Xu Huang, si ovffrì volontario per convincere Xu Huang a disertare.
Quella notte, Man Chong si travestì come un soldato comune e spiò nella tenda di Xu Huang. Dopo qualche tentativo di persuasione, Xu Huang cedette. Man Chong gli propose di uccidere Yang Feng per suggellare la diserzione. Comunque, Xu Huang fu onesto e rifiutò di uccidere il suo ex superiore.
Nel libro Xu Huang incontra la sua fine fuori Xincheng (新城), dove viene colpito in fronte da Meng Da dalle mura della città. I suoi uomini lo riportano immediatamente al campo, dove il medico rimuove la freccia e tenta di curarlo, ma alla fine il generale muore a notte fonda. Nel romanzo muore a cinquantanove anni, ma questo dato non è supportato da fonti storiche. Xu Huang è anche popolarmente considerato come uno dei più grandi generali di Cao Cao, al fianco di Zhang Liao, Yue Jin, Xiahou Dun.

Riferimenti attuali

Una serie televisiva in 84 episodi mandata in onda dalla Mantdarin TV e molti anime basati sul Romanzo dei Tre Regni vennero messi in onda nello stesso periodo, e Xu Huang fu spesso ritratto come un coraggioso, leale e affidabile servo di Wei.
Distante da questa visione, Koei, la casa produttrice di videogiochi giapponese ha utilizzato la figura di Xu Huang in alcuni videogiochi di strategia come Romance of the Three Kingdoms e la serie Dynasty Warriors.



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giovedì 3 gennaio 2019

Zhī Qiān

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Zhī Qiān (支謙, Wade-Giles: Chih-ch'ien, giapponese: Shi Ken; Luoyang, II secolo – Nanchino, III secolo) fu un monaco buddhista kushan, traduttore di testi dal sanscrito al cinese.
Zhī Qiān fu uno studioso poliglotta (le Cronache monastiche attestano che parlava sei lingue), di origini Kushan, discendente di una famiglia che si era stabilita in Cina verso la meta del I secolo a Luoyang (capitale della Dinastia Han Orientali, 25-220). Nel 220, Luoyang divenne la capitale del Regno di Wei (220-265), uno dei Tre regni in cui era suddivisa la Cina dopo il crollo della dinastia imperiale. Così Zhiqian si trasferisce, pochi anni dopo e con tutta la famiglia, a Nanchino, capitale del regno di Wu (222-280). A Nanchino Zhi Qian iniziò la sua opera di traduzione. Nel Canone buddhista cinese gli vengono attribuite circa 50 traduzioni. Le più importanti riguardano:
  • Aṣṭasāhasrikāprajñāpāramitāsūtra (Sutra della saggezza trascendente in ottomila stanze, 大明度經, pinyin: Dàmíngdù jīng, giapp. Daimyōdo kyō), tradotto da Lokaksema nel II secolo ma poi tradotto nuovamente da Zhiqian nel 225 (T.D. 225, è conservato nel Bōrěbù).
  • Vimalakīrtinirdeśasūtra (L'insegnamento di Vimalakirti, 維摩詰經 pinyin Weimojie jing, T.D. 474.14.519-536) in due fascicoli è conservato nel Jīngjíbù.
  • Sukhāvatī-vyūha-sūtra (Sutra della vita infinita, 無量壽經, pinyin Wúliángshòu jīng, giapp. Muryōju kyō), conservato nel Bǎojībù, diverrà uno dei tre testi fondamentali delle scuole della Terra Pura.
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mercoledì 2 gennaio 2019

Man Chong

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Man Chong (... – 243 circa) è stato un ufficiale e stratega cinese del periodo dei Tre Regni.
Con Cáo Cāo fin dall'inizio, Man Chong ebbe ruoli importantissimi nelle campagne di Cáo Cāo. Molti suoi interventi si conclusero positivamente, dandogli gloria e potere. Nella formazione dell'Impero di Wei ricordiamo che Man Chong fece disertare Xu Huang e lo fece schierare con Cáo Cāo, anche se in seguito Xu Huang rifiuterà di uccidere il suo ex superiore. Nella Battaglia di Guandu protesse Yan Jin dagli attacchi del generale di Yuan Shao Wen Chou, che aveva sconfitto sia Xu Huang che Zhang Liao (verrà fermato e ucciso da Guan Yu). Combatté anche a Chi Bi. Il miglior momento di gloria di Man Chong venne nel 219, quando Guan Yu marciò con l'esercito Shu su Fanchen. Man Chong, ufficiale del comandante Cao Ren, suggerì al suo superiore tattiche geniali che fermarono e respinsero Guan Yu fino alla sua disfatta. Venne spesso lodato da Cáo Cāo per la sua bravura e per la sua intelligenza.


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martedì 1 gennaio 2019

Namioka Tomokazu

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Kitabatake Tomokazu (浪岡具運; 1532 – 1562) fu un daimyō giapponese del periodo Sengoku appartenente al clan Namioka.
Tomokazu fu capo del clan Namioka. Spendendo le energie del clan per la restaurazione di templi e santuari portò i suoi servitori a ribellarsi e fu ucciso da uno zio. Con la sua morte iniziò il declino del clan.


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