Il piccolo Adonis Johnson è un orfano senza nulla da perdere, violento con i suoi compagni di riformatorio e rinchiuso in se stesso.
Sua madre, infatti, è morta da poco e suo padre si è spento poco prima che nascesse. A strapparlo da una vita di miseria è Mary Anne Creed, moglie del compianto campione di pugilato Apollo Creed, la quale, accantonato il proprio orgoglio, decide di prendersi cura del figlio illegittimo di suo marito. Una volta cresciuto, Adonis continua a nascondere il suo vero cognome e coltiva un’unica passione: la boxe.
Sono queste le premesse di Creed, brillante spin-off della saga di Rocky, che segna il ritorno di Sylvester Stallone (anche tra i produttori) al fianco dello scolpito protagonista Michael B. Jordan. In America il film è già un successo con un incasso di 105 milioni di dollari, a fronte di un budget di 35 milioni. E su Rotten Tomatoes (sito internet indicatore dei gusti degli spettatori) ha registrato una percentuale di gradimento del 93% da parte di pubblico e critica.
Creed segna così un ritorno alle origini e, allo stesso tempo, detta un nuovo passo, più moderno e autoriale. A imprimere un valore aggiunto è la regia asciutta e profonda di Ryan Coogler, vincitore del Gran premio della giuria e del Premio del pubblico per un film drammatico al Sundance Film Festival 2013 con il suo film d’esordio Prossima fermata Fruitvale Station (interpretato sempre da Michael B. Jordan). Una regia matura, capace di lasciare il segno in emozionanti sequenze. Come la corsa di Creed verso la casa di Rocky, tra intese sequenze a rallentatore e una musica rap impreziosita da echi dell’iconica colonna sonora della saga. Sul ring, la macchina da presa danza attorno ai pugili, seguendo i loro movimenti anche con brevi piani sequenza che lasciano senza fiato lo spettatore.
Come nel primo Rocky, l’anello forte del film è soprattutto riconducibile a una solida sceneggiatura, con una cura particolare nella caratterizzazione dei personaggi. A partire dal giovane protagonista, consumato dalla rabbia (che esprime solo sul ring), bisognoso di una guida e incapace di perdonare il padre. Ma anche la figura di Rocky è tratteggiata con profonda delicatezza. L’ex campione di pugilato mantiene, infatti, la freschezza e la semplicità delle origini, amalgamandosi perfettamente con la storia di Adonis “Creed” Johnson. Sylvester Stallone regala una performance ricca di sfumature, che gli è valsa anche un Golden Globe come miglior attore non protagonista.
Il film rivela così una sorprendente ventata di aria fresca, distaccandosi dagli ultimi capitoli della saga di Rocky (più deboli rispetto ai primi capitoli) e allargando gli orizzonti di una storia che sembrava ormai giunta al capolinea. Creed è una storia commovente, anche di formazione, che non lascerà delusi sia gli appassionati della saga originale, sia chi cerca qualcosa di nuovo nel panorama cinematografico attuale.
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