venerdì 12 gennaio 2018

Classificazione degli Stili di Wushu



Quello della classificazione degli stili è un problema annoso per gli studiosi delle arti marziali cinesi, infatti, la loro realtà ampia e variegata (si contano oltre 400 stili) rende difficile racchiuderli in schemi rigidi e teorici.
Nonostante questa difficoltà si sono individuati molti criteri di classificazione, di cui tre sono i principali:
1) Distinzione tra Neijia (Famiglia Interna) e Waijia (Famiglia Esterna).
2) Distinzione tra Stili del Nord e Stili del Sud.
3) Distinzione in tre grandi zone di diffusione.

1) Neijia e Waijia
La prima grande distinzione che presentiamo è quella tra Neijia, in altre parole gli stili interni, e Waijia, gli stili esterni.
Gli stili interni rispondono ai principi della Yin e dello Yang, dei 5 elementi e degli Otto Trigrammi, salvo poi ritrovare negli stili considerati esterni la rispondenza ai medesimi principi; gli stili esterni deriverebbero dalle ginnastiche insegnate da Damo.
Ciò determina un’altra ipotesi sull’utilizzo dei termini interno ed esterno, legata all’origine differente dei due sistemi, perché il Neijia viene fatto risalire, come pensiero filosofico, agli insegnamenti di Laozi, un cinese, da qui l’aggettivo interno; il Waijia, come ho già detto prima, viene fatto risalire a Damo (nome cinese di Bodidharma), un persiano o indiano, uno straniero, da qui il termine esterno .
In realtà non è assolutamente facile cogliere il significato profondo della differenza fra Waijia e Neijia.
In linea di massima si potrebbe affermare che le scuole di wushu Waijia o scuole esterne, si basano su di un lavoro fisicamente molto duro ed usano tecniche molto precise e ben definite. Attraverso il tipo di lavoro fisico che si usa nell’allenare questi stili si ottiene un rafforzamento dell’apparato osteo-articolare (spesso nell’esecuzione di posizioni basse e statiche) e di seguito dell’apparato muscolo-tendineo (esecuzione di gesti atletici in grande velocità). All’interno o per mezzo di queste azioni si arriva ad un uso razionale della respirazione (Qi), alla protezione dei principi vitali (Jing), alla condensazione dell’intenzione (Yi) e all’elevazione dello spirito (Shen) in un processo cosiddetto di “raffinazione delle tre energie” (Qi-Jing-Shen).
Nelle scuole di Wushu Neijia o scuole interne, questo processo è invertito. All’inizio della pratica si pone subito l’attenzione alla liberazione dello spirito “Shen” per poi dirigere l’intenzione “Yi”, mobilitare il principio vitale “Jing”, dirigere il respiro “Qi” ed infine rigenerare la forma corporea (Xing).
Si può quindi affermare che sia negli stili Neijia sia negli stili Waijia gli elementi fondamentali sono sempre i medesimi: ossa, muscoli, tendini, circolazione dei liquidi corporei vitali (Jing), respirazione (Qi), mente/spirito (Yi/Shen). Si può quindi anche affermare che i due metodi, con sistemi di lavoro diversi si propongono i medesimi scopi.
Il Neijia è spesso accostato a significati esoterici, forse a causa dei presunti legami che, pare, questi stili abbiano con la filosofia e la religione taoista. In realtà facendo riferimento a questi stili si parla di “forza interna” poiché la manifestazione della forza fisica esiste comunque come negli stili esterni ma è meno evidente, più profonda e flessibile e soprattutto è basata su di una coordinazione precisa tra l’atteggiamento mentale/spirituale e la struttura del corpo umano, una sorta di potenza psicofisica che scaturisce in modo fulmineo e devastante. L’esempio tipicamente usato per capire e spiegare questo fenomeno è quello dell’acqua e della sua forza intrinseca; basti pensare alla cedevolezza dell’acqua, in stato di quiete, e all’effetto che farebbe l’essere investito da un’onda alta tre metri.
Possiamo concludere affermando che quando parliamo di Neijia o di Waijia parliamo di due facce della stessa medaglia e nel gergo delle arti marziali è uso dire che “l’interno” necessita “dell’esterno” per manifestarsi e “l’esterno” necessita “dell’interno” per avere forza vitale.
Gli stili interni sono anche detti morbidi; quelli esterni sono anche detti duri: questo per sottolineare che nella pratica dei primi sarebbero quasi assenti le contrazioni muscolari massimali e nei secondi al contrario abbonderebbero.
Durante il periodo nazionalista (1927-1949) venne fondata l’Accademia Centrale di Guoshu di Nanchino che era divisa in due sezioni principali, una in cui venivano praticati i sistemi Neijia, detta Wudang, e l’altra in cui venivano praticati i sistemi Waijia, detta Shaolin. In questo modo si ribadisce il presunto collegamento al Taoismo da una parte ed al Buddismo dall’altra.
Wudang e Shaolin sono due famosi centri religiosi e per la pratica delle arti marziali: Shaolin è un tempio buddista sede dei famosi Monaci Guerrieri; Wudang è una montagna sacra Taoista, che ospita un complesso di templi.

Neijia  
Waijia
Interno
Esterno
Wudang
Shaolin
Taoismo
Buddismo
Setta Chuan Zhan
 
(rivelazione dell’insegnamento)
Setta Chan
 
(Zen in giapponese)
Morbido
Duro

Un’altra località importante nel panorama del wushu è la montagna Emei, luogo sacro per i buddisti ma che accoglie numerosi templi taoisti; gli stili di pugilato che vi si originano, a detta di coloro che li praticano, inglobano elementi Wudang/Neijia e Shaolin/Waijia. Probabilmente questo discorso è generalizzabile a tutti gli stili di Wushu tradizionale, infatti, nel passato fino all’epoca della dinastia Ming (1368-1644) tale divisione non esisteva; la distinzione comincia ad apparire in alcuni scritti della fine del 1600, in cui si afferma che nel 1500 appare nell’area di Ningbo e Wenzhou nel Sud-Est della Cina (più precisamente nella provincia dello Zhejiang) uno stile nuovo di Wushu detto Neijiaquan, che si faceva risalire al monaco taoista Zhang Sanfeng della Montagna Wudang.
Zhang avrebbe imparato il sistema Waijia a Shaolin e poi con il supporto di nuovi concetti, avrebbe creato questo nuovo stile. Una scuola che si dice erede di questo sistema esiste ancor oggi nel Sud, anche se si tende a credere che lo stile originario sia andato perduto.
Lo Xingyiquan, il Taijiquan e il Baguazhang sarebbero stati sviluppati in modi diversi ma cercando di riprodurre i concetti del Neijiaquan di Zhang Sanfeng. Nel 1882, per iniziativa di Cheng Tinghua, un maestro di Baguazhang, alcuni importanti maestri di quei tre stili cercarono di riunirli in una famiglia unica, cui assegnarono il nome Neijia.

2) Stili del Nord e Stili del Sud
Un'altra grande distinzione è quella tra il Changquan (Pugilato Lungo) o Stili del Nord e il Nanquan (Pugilato del Sud) o Stili del Sud.
Essa corrisponde ad un’importante ripartizione culturale, etnica, linguistica e geografica che da secoli vuole la Cina divisa in due macroregioni separate tra loro dallo Changjiang (il Fiume Lungo, anche detto fiume azzurro), la Cina del Nord e la Cina del Sud.
Cina del Nord
Cina del Sud
Grano, Granturco, Sorgo, etc.
Riso
Temperatura minima annua –23°
Temperatura minima annua 9°
Lingua: Mandarino
Lingua: Cantonese
Territorio di praterie e desertico
Territorio con una florida vegetazione subtropicale

Poiché Wudang si trova a Sud e Shaolin a Nord dello Changjiang, si è teso ad identificare gli Stili Wudang con gli stili del Sud e gli Stili Shaolin con gli Stili del Nord; ciò porterebbe ad affermare che il Taijiquan, il Baguazhang e lo Xingyiquan siano stili del Sud, ma siccome sia per la loro origine che per la loro diffusione sono notoriamente stili del Nord quest’associazione viene automaticamente a cadere.
Si può affermare che la distinzione tra Stili del Nord/ Changquan e Stili del Sud/Nanquan è una ripartizione a cui possono essere sottoposti i sistemi Waijia/Shaolin.
Neijia/Wudang
Waijia/Shaolin
Xingyiquan
Changquan
Baguazhang
Nanquan
Taijiquan

Wudangquan

Liuhebafa

E’ assai facile riconoscere che negli Stili del Nord vi è un uso prevalente delle gambe e del movimento fluido, mentre negli Stili del Sud, al contrario, è prevalente l’uso delle braccia e delle posizioni statiche.
Questa differenziazione si presenta assai marcata e dovrebbe aver avuto origine, secondo alcune fonti, 200 anni or sono; ad essa si sono date spiegazioni legate ai diversi ambienti geografici ed urbanistici. Si dice che al Nord la presenza di praterie ha favorito la pratica più ampia del movimento, mentre al Sud la presenza di risaie e di abitazioni fluviali su chiatte ha favorito la ricerca della stabilità delle posizioni e ha disincentivato l’uso dei calci.

Changquan/Stili del Nord
Nanquan/Stili del Sud
Posizioni Basse ed Ampie
Posizioni StatichePrevalenza del Mabu e delle Tecniche di Braccia
Calci, Salti, tecniche acrobatiche
Pochi calci, in genere colpiscono all’altezza delle ginocchia.
Movimento fluido
Frequentissime contrazioni muscolari


Gli Stili del Sud o Nanquan fanno tutti riferimento nel loro mito delle origini alla distruzione di un Tempio Shaolin (probabilmente un sussidiario) per opera delle truppe imperiali Manciù, e si ritengono gli eredi dei monaci sopravvissuti a tale distruzione.
Questa storia rivela l’appartenenza di tali stili all’ambiente delle Società Segrete (Hui) che erano nate in funzione anti-mancese e che avevano l’esigenza di creare rapidamente una base militare, utilizzata anche per la raccolta di fondi tramite attività illecite.
Tra essi potete trovare:
l’Hongjiaquan o Hunggar Kuen (Pugilato della Famiglia Hong),
lo Yongchunquan o Wingchun (pugilato dell’eterna primavera),
Liujiaquan o Laugar Kuen (Pugilato della Famiglia Liu),
il Wumeihuaquan (Pugilato dei Cinque Fiori di Prugno),
il Gouquan (Pugilato del Cane),
il Wuzuquan (Pugilato dei Cinque Antenati), ecc....
Il Cailifoquan detto Choy Li Fut (Pugilato buddista della famiglia Caili), pur essendo stato fondato nel sud della Cina contiene molti elementi dei pugilati del Nord.
Lo Zhoujia detto Chowgar Kuen (Pugilato della famiglia Chow) è uno stile praticato dalla minoranza Khejia detta Hakka (famiglie ospiti), che fa risalire le proprie origini alla famiglia imperiale Ming e al tempio di Shaolin, ed è stato chiamato anche Tanglangquan Nanpai (Fazione del Sud della Mantide Religiosa).

Negli Stili del Nord troviamo una realtà più variegata perché i miti delle origini fanno riferimento a storie più antiche e differenti, nonostante l’epoca Ming sia quella che, per la maggior parte di essi, ha segnato il periodo di maggior diffusione.
Tra essi spiccano
il Bei Tanglangquan (Mantide Religiosa del Nord),
lo Huaquan,
il Bajiquan (Pugilato delle Otto Direzioni),
Chaquan,
Zhaquan,
Luohanquan (Pugilato dei Discepoli di Budda),
Yingzhaoquan (Pugilato dell’Artiglio dell’Aquila).
Anche il Meihuaquan (Pugilato del Fiore di Prugno) è solitamente inserito in questa categoria.

3) Area del Nord-Est, Area del Sud, Area del Sichuan.
Anche questa catalogazione segue un criterio geografico, che tiene conto delle tre maggiori aree di diffusione e di pratica del Wushu in Cina.
L’Area del Nord-Est comprende le Province di Hebei, Shandong, Jiangsu, Anhui ed Henan. L’Henan è la provincia dove si trovano il Tempio di Shaolin ed il Villaggio Chenjiagou.
L’Area del Sud comprende in particolare le Province di Fujian e Guangdong, due località dove si ipotizza potesse sorgere il Tempio Shaolin del Sud.
L’Area del Sichuan fa riferimento all’omonima provincia, dove si trova la Montagna Emei, di cui si è già parlato precedentemente.
Questa classificazione può essere intesa anche come una suddivisione che proviene dalle altre due, inserendo come terzo sistema quello Emei, che viene inteso come un punto di incontro tra le caratteristiche dei sistemi Wudang e i sistemi Shaolin, anche intesi come Stili del Sud e Stili del Nord, già confutato sopra.
Questa divisione è interessante proprio perché sottolinea le località che rivestono una certa importanza per il Wushu, ma non ne esaurisce certo l’elenco.

          Altre forme di classificazione

Rispetto alle tre aree geografiche individuate sopra, dobbiamo costatare che ci sono stili che non vi possono essere collocati ed inoltre presentiamo altri sistemi di classificazione insoliti.
Vi sono stili che hanno avuto la loro origine geografica nel Tibet (anche se oggi non vi sono più praticati): il Lamapai, un tipo di Baihequan, ecc.
Altri stili sono legati alle minoranze etniche (esistono in Cina più di cinquanta minoranze), tra cui una categoria importante è rappresentata dagli stili praticati dalla minoranza Hui (di religione Islamica), foltissimo gruppo di stili dell’area del Changquan: il Chaquan (pugilato della famiglia Cha), lo Zhaquan (pugilato della famiglia Zha), il Tantui (gambe rimbalzanti), ecc.
Moltissimi stili poi sono praticati dalle minoranze etniche che vivono prevalentemente nello Yunnan (Provincia che confina con il Vietnam, il Laos, la Cambogia e la Birmania).Tra questi riveste particolare interesse tra i praticanti di Meihuaquan, il Simenquan (Pugilato delle Quattro Porte) praticato da alcune delle minoranze, che ha molte somiglianze con il Pugilato del Fiore di Prugno, anche se invece che sui pali viene praticato attorno a delle buche. Alcuni stili prendono addirittura il nome di alcune di queste minoranze essendo caratteristici di una sola di esse: Miaoquan, Achangquan, Yaoquan, etc.
Un’altra minoranza importante è costituita nel sud dagli Kejia (detti Hacca), popolazione di etnia Han, che, protagonisti di una migrazione successiva, non si sono mai integrati con gli Han, che già vivevano in quella zona, anche perché in possesso di una forte identità culturale. Questa minoranza pratica uno stile particolare, che viene attribuito alla famiglia imperiale Ming e prende nomi diversi: Zhoujia detto Chowgar (pugilato della famiglia Zhou, che sarebbe il nome originario) Tanglang del Sud (che sarebbe invece un nome di comodo individuato per sfuggire alle persecuzioni mancesi).
Questo Tanglang è molto diverso da quello creato da Wang Lang nello Shandong e avrebbe poco dello stile imitativo della mantide, a cui invece appartiene il secondo.
Gli Stili Imitativi degli Animali attraversano trasversalmente tutte le altre categorie. In questi stili si imita solitamente la mimica degli animali. Vengono, ad esempio, inclusi in questo gruppo il Tanglangquan (pugilato della mantide), l’Hequan (Pugilato della Gru), il Gouquan (Pugilato del Cane), l’Yingzhaoquan (Pugilato dell’artiglio dell’aquila), l’Heihuquan (Pugilato della Tigre Nera), l’Houquan (pugilato della scimmia).
Altri casi particolari sono costituiti da stili che esistono sia al Nord sia al Sud, come per esempio il Longquan (Pugilato del Drago) che viene distinto in Stile del Drago del Sud e Stile del Drago del Nord.



          Nuovo sistema di classificazione per le forme e gli stili “tradizionali”

Questo sistema di catalogazione moderno è stato definito dal “Canadian Martial Arts Games Committee”, una associazione di Wushu canadese, con la finalità di accorpare forme o stili tradizionali “dimostrativi” all’interno della medesima gara. Ci fornisce otto criteri di suddivisione, che tengono conto del tipo di movimento prevalente e dell’emissione della potenza.

1) Movimenti Morbidi e di Tipo Rilassato.
I movimenti sono lenti e continui senza fermate improvvise o interruzioni, la parte superiore e quella inferiore si spostano all’unisono, si enfatizza il movimento rilassato e naturale senza emissioni di potenza improvvise, dure o esplosive.
Fanno parte di questa categoria: Taijiquan stile Yang, Taijiquan stile Wu, Liuhebafaquan, etc.

2) Movimenti Morbidi con Occasionali Emissioni di Potenza Esplosiva.
Anche qui i movimenti sono lenti e continui, rilassati e naturali, ma con emissioni occasionali di potenza improvvisa, acuta o esplosiva.
Fanno parte di questa categoria: Taijiquan stile Chen, ecc.

3) Tipo di Movimento Morbido e Rapido.
I movimenti sono morbidi, rilassati e continui ma non lenti; si usano i passi per condurre il corpo con molte rotazioni; rare emissioni di potenza improvvisa, acuta, o esplosiva.
Fanno parte di questa categoria: Baguazhang, la forma veloce dello stile Yang di Taijiquan, la forma veloce dello stile Wu di Taijiquan, la forma dei Cinque Elementi Wudang Tai Yue, etc.

4) Uso Totale della Potenza Esplosiva.
Generalmente semplici con molte ripetizioni dei movimenti e poche variazioni; si pone enfasi sul dimostrare l’utilizzo di tutto il corpo per generare potenza acuta, improvvisa ed esplosiva.
Fanno parte di questa categoria: Xingyiquan, Liuhequan, Bajiquan, la seconda forma Paoquan (pugno a cannone) dello stile Chen di Taijiquan, certe forme di Shaolinquan.

5) Posizioni Alte e Colpi a Corto Raggio.
Le posizioni generalmente sono alte e ci si limita a cambiamenti delle tecniche della mano corte e veloci. L’enfasi è posta sui movimenti piccoli della parte superiore del corpo e sulle emissioni di potenza brevi ed acute. C’è generalmente meno utilizzo delle tecniche di gamba.
Fanno parte di questa categoria: Yongchunquan, Baihequan del Fujian, Tanglang Nanpai, Baimei, Longquan, etc.

6) Con Posizioni Basse e di Tipo Solido.
Le posizioni generalmente sono basse, ampie e solide; c’è una mescolanza di tecniche di mano lunghe e corte; l’enfasi è posta sui movimenti della parte superiore del corpo, larghi o lunghi oppure sulle emissioni di potenza dura.
Fanno parte di questa categoria: Hongjiaquan, Zhoujiaquan, Cailifoquan, etc.

7) Tipo che utilizza l’Attacco Mobile.
Uso mescolato di posizioni alte e basse con cambiamenti rapidi dei passi; uso sia di tecniche di braccia che di tecniche di gambe; si pone risalto sul girarsi, saltare, scivolare e avanzare di lato con grandi movimenti e con cambiamenti rapidi delle tecniche.
Fanno parte di questa categoria: molti stili Changquan, come Chaquan, Huaquan, Shaolinquan, Changquan, Tantui, Tongbeiquan, Piguaquan, Fanziquan, Mizongquan, Bei Tanglangquan, Yingzhaoquan, ecc.

8) Tipo che si Muove sul Terreno.
Si basano essenzialmente sui movimenti acrobatici di caduta, le proiezioni, i rotolamenti, le capriole ed i movimenti di combattimento a contatto diretto col terreno.
Fanno parte di questa categoria: Ditangquan (Pugilato delle cadute), Gouquan, Houquan e Zuiquan (Pugilato dell’ubriaco).

                

          Stile Tradizionale o Stile Moderno?


Questa non è una catalogazione, ma una suddivisione che appartiene al linguaggio comune del Wushu e nel senso comune mette in opposizione il Wushu Moderno, la forma di Arte Marziale codificata in Cina Popolare a partire dagli anni ’50, e tutto ciò che era pre-esistente definendolo tradizionale. Se possiamo accettare ciò, dal punto di vista gergale, perché i termini così intesi sono ormai generalmente d’uso comune, possiamo anche accettare tale distinzione come corretta?
Il processo di modernizzazione nelle arti marziali, in genere, inizia a causa della introduzioni delle armi da fuoco e tale processo in Cina coincide grosso modo col periodo che va dalle “Guerre dell’oppio” (1839-1842 e 1856-1860) alla “Rivolta dei Boxer” (1898-1900).
Quali sono le caratteristiche di questa modernizzazione nel Wushu cinese? Proveremo a fornire alcune chiavi di lettura: gli stili moderni hanno una diffusione mondiale non più circoscritta a piccole realtà geografiche; le arti marziali diventano un aspetto marginale nelle strategie e nelle tecniche da guerra; queste pratiche vengono utilizzate per finalità sportive-agonistiche; si esce dall’ottica della “verità rivelata dai maestri di arti marziali”, cercando invece di capire i principi biomeccanici che regolano il movimento corporeo e le strategie dell’allenamento; la commercializzazione delle tecniche diventa di massa.
Dal 1800 ad oggi assistiamo alla nascita di stili come il Baguazhang, lo Yiquan, lo Ziranmen, ecc.; li consideriamo Moderni o Tradizionali? Il Taijiquan stile Yang codificato nel 1928 come pratica salutistica come lo consideriamo? Moderno o Tradizionale?
I Lianbuquan codificati dai maestri nazionalisti presso la accademia di Nanchino, uno dei quali ci è stato trasmesso da Zhang Zuyao, possono essere considerati Tradizionali?
Il culmine di questo processo viene raggiunto prima con l’istituzione del Guoshu (arte nazionale) e poi del Wushu Moderno.
E’ caratteristica comune di tutti gli Stati Centrali Totalitari quella di cercare di controllare e regolamentare tutte le realtà della vita civile, per dar vita ad un forte sentimento di unità ed a una immagine nazionale.
Ciò è appartenuto sia al Governo Nazionalista del 1928, che al Governo Popolare del 1949 ed ha investito anche la frastagliata realtà delle arti marziali cinesi.
In particolare il Guoshu è stato creato per incanalare nel sistema statale tutte quelle persone ed associazioni che potenzialmente avrebbero costituito dei focolai di ribellione, o delle società segrete, pronte a rovesciare il governo. Così, invece, i praticanti di arti marziali erano riconosciuti ed adulati dallo Stato, divenendo il braccio armato dello Stato stesso e dei possidenti terrieri che lo sostenevano. I tornei diventarono una valvola di sfogo che svolgeva varie funzioni: i praticanti esaurivano il loro istinto bellicoso, la popolazione assisteva alla grandiosità dell’arte nazionale (e quindi della Cina Nazionalista), si creava un collettore ufficiale per le scommesse, grande passione dei cinesi dell’epoca.
Quindi possiamo comprendere che l’utilizzo dispregiativo del termine “Moderno” fatto dai transfughi di Taiwan nei confronti del Wushu praticato nella Cina Popolare sia solamente una contrapposizione politica. I praticanti di Taiwan hanno sempre rivendicato il possesso dell’autenticità “Tradizionale” delle arti marziali, ma a tutt’oggi possiamo affermare che a Taiwan, tutt’al più, possiedono l’autenticità della tradizione del Guoshu, una riunione moderna di vari stili tradizionali, ben lontana, sia nella qualità sia nei numeri, dalla pratica riscontrabile nel Wushu della Cina Popolare.
Se è vero che nella Cina Popolare si possono trovare ancora oggi i veri stili tradizionali bisogna dire, però, che come contrappeso a tutto questo si pone l’ufficializzazione nel 1978 del cosiddetto “Wushu Moderno”, utilizzato più che altro a fini terapeutici e formativi, attraverso una reinterpretazione a livello psicofisico dell’attività marziale. In questo processo di “modernizzazione” viene coscientemente trascurato l’aspetto marziale dell’attività, giacché espressione ideologica di un passato politico in contrasto con i nuovi ideali del comunismo, pur evidenziando l’espressione sportiva vista come emblema di una millenaria eredità culturale di tutto il popolo cinese.

giovedì 11 gennaio 2018

LE ARTI MARZIALI NELLA TRADIZIONE GIAPPONESE

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Una Nazione che veniva nominata come “il Paese delle Alabarde” rappresenta il contributo e l’esperienza del Giappone, nella teoria come nella pratica, al combattimento con o senza armi; certamente il contributo giapponese è tra i più antichi, raffinati e durevoli che mai siano stati documentati. Al riguardo è sufficiente considerare la popolare attualità a livello mondiale che investe, fuori dal Giappone, il Karate, il Judo, il Kendo, lo Iaido, l’Aikido, il JuJutsu, il Kyudo. La lunga notte feudale del Giappone è tutta collegata alla sua esperienza ed attraversa un arco di tempo lungo oltre 700 anni, nel quale prende forma e vita il mitico BUJUTSU:
Bu: militare/marziale
Jutsu: tecnica, arte, metodo.
Il termine BUJUTSU, nella dottrina giapponese dell’Arte Marziale, rappresenta tutte quelle specializzazioni dell’arte del combattimento usate dal guerriero professionista e dai vari membri di altre classi sociali che praticavano un’arte del combattimento individuale. BUJUTSU è pertanto il termine collegato agli aspetti pratici, tecnici e strategici della arti, in quanto l’ideogramma di JUTSU è propriamente significato di “tecnica”. Nel primo Giappone feudale il predominio nelle Arti Marziali o della guerra è ad appannaggio del Bujutsu con le armi e che possiamo distinguere in maggiori, minori, collaterali; tutte si svilupperanno e si contrarranno nel corsi dei vari secoli ed in seguito alle alterne vicende dello Shogunato giapponese.

IL BUJUTSU SENZA ARMI
In progressione al consolidamento della classe guerriera come punto focale del potere politico in Giappone, molti metodi di combattimento senza armi vennero ideati ed applicati dai giapponesi divenendo aspetti importanti dell’addestramento del guerriero. Il metodo di combattimento senza armi rappresenta un modo sistematico ed ingegnoso di impiegare il corpo umano per raggiungere gli stessi fini strategici ottenibili con le armi. Fin dall’inizio della storia documentata questi metodi sembrano esistere. I maestri di BUJUTSU, i cui metodi di combattimento senz’armi cominciarono a comparire nelle dottrine delle Arti Marziali del XVI° secolo in poi, avevano ereditato un patrimonio di azioni e di tecniche (WAZA) dal passato; ad esso aggiunsero le loro variazioni ed innovazioni.

IL KARATE DO NELLA TRADIZIONE MARZIALE GIAPPONESE
La disciplina del KARATE è conosciuta universalmente come una disciplina tipicamente giapponese, ma ad onor del vero fu l’ultima, in termine assoluto di tempo a divenirlo e per altro non completamente. Il KARATE, come oggi viene da noi praticato, è il risultato di un processo tecnico iniziato ad OKINAWA ed indubbiamente proveniente dalla Cina. L’Arcipelago delle Ryu Kyu, di cui OKINAWA è l’isola maggiore, venne occupato dal clan giapponese dei Satsuma, della famiglia Shimazu, nel 1609 in inizio di era giapponese TOKUGAWA, ma mantenne di fatto una propria autonomia dovuta sicuramente alla troppa distanza dalla sede della famiglia Shimazu ed ancora di più da Edo, nuovo centro del potere dello shogunato Tokugawa. Va da sé che i commerci con la Cina continuarono ed anche l’amministrazione delle isole, a cura dei sovrani locali, continuò fino al 1879, quando il Re Sho Tai venne trasferito, in esilio, a Tokyo e le Ryu Kyu inglobate nella costituita Prefettura di Okinawa. Il combattimento senz’armi è una prerogativa di Okinawa, non solo dovuta agli scambi commerciali con la Cina, ma in considerazione che sull’isola vi era stabilita una folta comunità cinese, in particolare nel villaggio marinaro di Kume. Comunque le famiglie indigene di rango superiore già praticavano un metodo chiamato TI usato anche per elevarsi spiritualmente, il quale non venne mai reso pubblico e secondo alcuni vecchi maestri venne assorbito nel TODE o TUTI che significa "mano cinese". Naturalmente come nella maggior parte del’oriente asiatico, le trasmissioni sono state fatte oralmente e a questa regola non si è sottratto neppure il TODE, divenuto poi Ryu Kyu Kenpo Karate (Karate pugilato di Ryu Kyu) e Karate Jutsu (Kara = ideogramma che indica la dinastia cinese Tang, Te = mani, Jutsu = tecnica). I primi libri in materia di Karate, ricchi di empiriche notizie, appaiono agli inizi del 1900. Tutti i maestri di cui abbiamo notizie tengono contatti ed effettuano viaggi di studio in Cina, iniziando da Kanga SAKUGAWA (1728-1837) soprannominato Todei no Sakugawa: Sakugawa l’esperto dell’arte cinese del combattimento. Seppur già separato in metodi, che sono poi peculiarità del Karate, il Karate Jutsu inizia un suo percorso in coincidenza della certa evoluzione con i maestri Sokon Matsumura dello Shuri-Te e Kanryo Higahonna del Naha-Te. Da questi due studiosi prenderanno forma le tecniche e gli stili, che ovviamente modificati, giungeranno fino a noi. Tra il 1850 e il 1900 a OKINAWA sono tre i metodi praticati: lo Shuri-Te dal quale deriva probabilmente con alcune modifiche il Tomari-Te e il Naha-Te. I nomi sono rappresentativi dei villaggi o delle zone presso i quali si praticano queste arti di combattimento senz’armi. Da Matsumura e Higahonna deriveranno i maestri modificatori del Karate moderno. Del primo sarà erede Anku Itosu che con Chomo Hanashiro e Kentsu Yabu renderanno il Karate accessibile alle scuole di Okinawa, dando origine alla realizzazione di un Karate moderno, successivamente propagandato in Giappone da Gichin Funakoshi; del secondo sarà erede Chojun Miyagi, il fondatore del Goju Ryu. Gli elementi uniti della scuola di Itosu e Higahonna, ambedue a lungo studiati da Kenwa Mabuni, daranno origine ad opera dello stesso alla scuola Shito Ryu, così nominata dagli ideogrammi dei nomi dei due maestri. Saranno proprio Gichin Funakoshi, Chojun Miyagi, Kenwa Mabuni i traghettatori del Karate nel Dai Nippon ButokuKai e dell'avventura di questa “tecnica delle Ryu Kyu” nel Bushido moderno del Giappone.

LA NIPPONIZAZZIONE DEL KARATE
Il KarateJutsu arriva sul suolo giapponese, nella primavera del 1922, ad opera di Gichin Funakoshi in seguito alla organizzazione da parte del Ministero dell’Istruzione della prima Esibizione Nazionale Sportiva a Tokyo. Successivi tentativi dimostrativi si susseguirono anche ad opera di Chojun Miyagi e Kenwa Mabuni, dalla metà degli anni ’20, nell’infruttuoso tentativo di far ammettere il Karate nel Dai Nippon ButokuKai. Diversamente dal Kendo e dal Judo, il movimento del KarateJutsu mancava di una struttura, sia per la pratica formale come per quella competitiva, non era dotato di una uniforme e i suoi programmi di studio variavano enormemente da un maestro all’altro, non esistendo standard organizzativi per una valutazione dei diversi gradi di maturità. Questo KarateJutsu se paragonato al Kendo e al Judo restava, per i livelli giapponesi, una umile, rozza disciplina, priva per altro di una “identità”. Di fatto era esterno all’onnipresente concetto di Wa che nella società giapponese rappresenta il pilastro centrale su cui la società stessa si fonda. Negli anni venti e trenta del secolo scorso, il KarateJutsu fu oggetto di forti critiche da parte delle discipline del Budo giapponese, eredi del BUJUTSU feudale e anche di critiche xenofobe durante il primo, incerto periodo di transizione.

IL DAI NIPPON BUTOKUKAI
Venne fondato nell’Aprile del 1985 per disposizione del Governo giapponese, ma le sue radici affondano “nella lunga notte feudale”, in quanto fu l’Imperatore Kammu (781-805) che fece costruire il primo Butokuden – sala dei virtuosi della guerra –. Il compito del ButokuKai fu quello di uniformare i vari Ryu (stili), fino allora liberi da ogni regola, indirizzandoli all’interno dello Yamato-Kokoro(anima giapponese) per fortificare lo spirito nazionale. Per dare un indirizzo certo, tra il 1902 e il 1905, fu costituito un comitato per il rilascio dei:
BUDOMENJO – certificato di grado di Arte Marziale
SHIHAN-MENJO – licenza di insegnamento

I Ryu dovettero sottomettersi alle regole del Dai Nippon ButokuKai, il quale era sostenuto da notevoli risorse governative. Nel 1899 il nuovo Butokuden, nelle immediate vicinanze del Tempio Heian di Kyoto, vicino al Palazzo Imperiale, fu concesso al Dai Nippon ButokuKai con funzione di quartier generale. Nel 1906 grazie al contributo dell’imperatore fu inaugurato il Budo Semmon Gakko, una scuola militare che iniziò a dare importanza anche al valore dell’addestramento nel Budo per l’istruzione dei giovani. Nel 1911 venne aperta la Scuola Superiore Tecnica per le Arti Marziali, presso la quale vi insegnavano alcuni dei più famosi esperti di Arti Marziali giapponesi del XX° secolo. Viene fissato, per dare importanza allo scenario delle Arti Marziali giapponesi, di conferire gli antichi titoli di Hanshi, Kyoshi, Renshi, agli esperti autorizzati. Nel 1941 viene stilata una statistica del successo nelle singole discipline del Budo e l’anno successivo venne sottoposta alle autorità governative.

IL KARATE DO
La preoccupazione principale dal Dai Nippon ButokuKai non era focalizzata soltanto all’accertarsi che i maestri di Karate fossero pienamente qualificati a insegnare, ma anche sul fatto che essi stessi comprendessero realmente ciò che insegnavano. Un sistema Dan-Kyu (gradi inferiori e gradi superiori) sul tipo del Judo del Prof. Jigoro Kano, consentirono una apertura all’Istituzione marziale giapponese verso il KarateJutsu che con il concorso delle potenti forze nazionalistiche, abbinata al sentimento anticinese, portarono alla modifica dell’ideogramma cinese di KARA, sostituito dall’attuale “vuoto”, abbinandogli il suffisso DO. Nel dicembre 1933 il Dai Nippon ButokuKai ratificava il riconoscimento del Karate-Do (la via delle mani vuote) come moderno Budo giapponese. I nuovi ideogrammi proclamavano che la “tecnica” del Karate di Okinawa aveva attraversato i limiti fisici del corpo e poteva essere un vicolo attraverso cui trasfondere il principio nipponico di Wa (l’armonia). Il nuovo ideogramma di Karate-Do venne riconosciuto a Okinawa solo nel 1936. Nel 1935 Miyagi del Goju Ryu si presenta all’esame del Dai Nippon ButokuKai e viene diplomato Kyoshi, nel 1938 Otsuka e nel 1939 Funakoshi e Mabuni ottengo il titolo di Renshi. L’essere stata l’ultima tecnica ammessa al Budo giapponese, in pieno clima prebellico al termine del quale sarebbe stata la fine dell’egemonia del Dai Nippon ButokuKai, ha contribuito all’abbandono del progetto di un Karate-Do unificato nelle scelte della sua pratica, per consegnare alla storia odierna una disciplina ricca di interpretazioni eclettiche, a volte scriteriate, spesso facsimili fra loro e nel solo indirizzo del ricavo economico.

Tiaoyue

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Saltare (跳躍, 跳跃, tiàoyuè, T'iao Yueh) è un termine che nelle arti marziali cinesi si riferisce ad una parte del Jibengong (lavoro fondamentale). Come si evince dal nome stesso è l'insieme di tecniche basilari di utilizzo dei salti, in particolare dei calci e degli spostamenti in volo.

Alcuni elenchi

Nel Wushu Sportivo

Questi sono alcuni Tiaoyue che troviamo nel Wushu Sportivo:
Nei testi di Wushu comunemente vengono elencate le seguenti (citando le più comuni):

IDEOGRAMMI
Nome in Pinyin
Nome in italiano
1腾空飞脚 (腾騰飛腳)
téngkòng fēijiǎo
Piede volante che si libra nell'aria
2腾空双飞脚 (腾騰雙飛腳)
téngkòng shuāng fēijiǎo
Doppi piedi volanti che si librano nell'aria
3腾空摆莲 (腾騰擺蓮)
téngkòng bǎilián
Loto che oscilla librandosi nell'aria
4腾空蹬踢 (腾騰蹬踢)
téngkòng dēngtī
Calcio calpestato librandosi nell'aria
5腾空侧踹 (腾騰側踹)
téngkòng cèchuài
Stampare lateralmente librandosi nell'aria
6旋风脚 (旋風腳)
xuánfēngjiǎo
Piede che turbina vorticosamente librandosi nell'aria
7旋子
xuànzi
Turbine (questa tecnica è conosciuta come "Butterfly" o "Farfalla")
8侧空翻 (側空翻)
cè kōngfān
Salto mortale laterale (anche detto Ruota senza mani)
9大跃步前穿 (大躍步前穿)
dàyuèbù qiánchuān
Grande passo saltato che penetra in avanti

Scuola Chang

La seguente tabella fornisce esempi legati alla Scuola Chang con il loro omologo del Wushu Moderno:
Tiaoyue Wushu Sportivo
Tiaoyue Scuola Chang
1Piede volante che si libra nell'aria (腾騰飛腳, 腾空飞脚, téngkòng fēijiǎo, T'eng K'ong Fei Chiao)
calcio nove: due balzi di gamba (二起腿, 二起腿, èrqǐtuǐ, Ehr Ch'i T'ui)
2 Doppi piedi volanti che si librano nell'aria (腾騰雙飛腳, 腾空双飞脚, téngkòng shuāng fēijiǎo, T'eng K'ong Fei Chiao)
calcio quindici: Doppie gambe volanti (雙飛腿, 双飞腿, shuāng fēituǐ, Shuang Fei T'ui)
3Loto che oscilla librandosi nell'aria (腾騰擺蓮, 腾空摆莲, téngkòng bǎilián, T'eng K'ong Pai Lian)
calcio dodici: Gamba volante che oscilla verso l'esterno (飛外擺腿, 飞外摆腿, fēiwàibǎituǐ, Fei Wai Pai T'ui)
4Calcio calpestato librandosi nell'aria (腾騰蹬踢, 腾空蹬踢, téngkòng dēngtī, T'eng K'ong Teng T'i)
calcio nove: due balzi di gamba (二起腿, 二起腿, èrqǐtuǐ, Ehr Ch'i T'ui)
5Stampare lateralmente librandosi nell'aria (腾騰側踹, 腾空侧踹, téngkòng cèchuài, T'eng K'ong T'se Ch'uai)
calcio tredici: Gamba che scatta in volo (飛彈腿, 飞弹腿, fēitántuǐ, Fei T'an T'ui)
6Piede che turbina vorticosamente librandosi nell'aria (旋風腳, 旋风脚, xuánfēngjiǎo, Hsuan Feng Chiao)
calcio dieci: Gamba che turbina vorticosamente librandosi nell'aria (旋風腿, 旋风腿, xuánfēngtuǐ, Hsuan Feng T'ui)
7Turbine (旋子, 旋子, xuán zǐ, Hsuan Tsi)
assente
8Salto mortale laterale (側空翻, 侧空翻, cè kōngfān, T'se K'ong Fan)
assente
9Grande passo saltato che penetra in avanti (大躍步前穿, 大跃步前穿, dàyuèbù qiánchuān, Ta Yueh Pu Chian Ch'uan)
Repentino salto in avanti (箭步, 箭步, jiànbù, Chien Pu)



Nel Chuojiao

Questi alcune tecniche in salto del Chuojiao:
Tiaoyue Chuojiao
1Due piedi che saltano librandosi nell'aria (腾騰二蹦腳, 腾空二蹦脚, téngkòng èrbèngjiǎo, T'eng K'ong Ehr Peng Chiao) corrisponde a Tengkong Feijiao
2Piede volante che si libra nell'aria (腾騰飛腳, 腾空飞脚, téngkòng shuāng fēijiǎo, T'eng K'ong Fei Chiao) stranamente corrisponde a Xuanfengjiao
3Gamba del loto che oscilla librandosi nell'aria (腾騰擺蓮腿, 腾空摆莲腿, téngkòng bǎiliántuǐ, T'eng K'ong Pai Lian T'ui) corrisponde a Tengkong Bailian
4Gamba che scatta frontalmente incrociata librandosi nell'aria (腾騰十字前彈腿, 腾空十字前弹腿, téngkòng shízì qián tántuǐ, T'eng K'ong Shi Tzu Chian T'an T'ui) corrisponde a Tengkong Dengti
5Doppia rondine che vola (雙飛燕, 双飞燕, shuāngfēiyàn, Shuang Fei Yan) corrisponde a Tengkong Shuangfeijiao
6Turbine (旋子, 旋子, xuán zǐ, Hsuan Tsi) ha il medesimo nome
7Salto mortale laterale (側空翻, 侧空翻, cè kōngfān, T'se K'ong Fan) ha il medesimo nome



Nel Chaquan

Nel testo Chaquan i Tiaoyue sono semplicemente tecniche di spostamento, ma nell'elenco che segue, ripreso da quel libro, compaiono anche le tecniche di gamba in salto che vengono chiamate Feijiao (飞脚) .
Tiaoyue Chaquan
1Turbine (旋子, 旋子, xuán zǐ, Hsuan Tsi) ha il medesimo nome
2Saltare girando il corpo (翻身躍, 翻身跃, fānshēnyuè, Fan Shen Yueh) corrisponde a Dayuebu Qianchuan, ma con una torsione in volo che porta dalla parte opposta del senso di partenza
Feijiao Chaquan
1Un piede che batte (單拍腳, 单拍脚, dānpāijiǎo, Tan Pai Chiao) stranamente nei Tuifa c'è un nome identico per una tecnica non saltata
2Piede che batte obliquamente (斜拍腳, 斜拍脚, xié pāijiǎo, Hsieh Pai Chiao)
3Piede volante che si libra nell'aria (腾騰飛腳, 腾空飞脚, téngkòng fēijiǎo, T'eng K'ong Fei Chiao) ha lo stesso nome del Wushu Sportivo
4Piedi volanti concatenati che si librano nell'aria (腾騰連環飛腳, 腾空连环飞脚, téngkòng liánhuán fēijiǎo, T'eng K'ong Lian Huan Fei Chiao)

Zhang Wenguang fornisce un elenco di alcuni calci in volo che corrispondono esattamente a quelli del Wushu Sportivo, ma non potrebbe essere altrimenti, in quanto egli è il direttore dell'università di educazione Fisica di Pechino.

mercoledì 10 gennaio 2018

Rivolta dei Turbanti Gialli

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La rivolta dei Turbanti Gialli, anche nota come rivolta delle Sciarpe Gialle (黃巾之亂, 黄巾之乱, Huángjīn zhī luàn) fu una rivolta contadina che segnò il definitivo declino in Cina della dinastia Han, segnando poi l'inizio dell'epoca dei Tre Regni.

Ragioni della rivolta

L'imperatore Han Ling, sovrano dal 168 d.C., si era caratterizzato per la debolezza di carattere.
Assurto al trono ancora minorenne, venne posto sotto la reggenza della madre e, divenuto adulto, gli vennero affiancati, come consiglieri il gruppo dei dieci eunuchi, tra i quali il più eminente era Zhang Rang.
L'incapacità e la corruzione dell'una e degli altri, i quali assieme detenevano il potere reale, condussero il paese alla crisi.
Per guadagnarsi il favore dei governatori e per coprire le enormi spese che la loro vita dispendiosa a corte richiedeva, iniziarono a concedere a quelli titoli e cariche in cambio di danaro, aumentandone progressivamente il potere sino a renderne ereditarie le funzioni. In questo modo le province dell'impero cinese divennero de facto indipendenti, pur continuando ad omaggiare il potere centrale.
Questa indipendenza di fatto indusse numerosi signori locali a condurre autonome iniziative militari, spesso gli uni contro gli altri, generando uno stato di guerra a bassa intensità.
A questa situazione di anarchia e rapida feudalizzazione si affiancò una diffusa sensazione di disagio sociale tra i contadini, dovuta in larga parte a una serie prolungata di cattivi raccolti, causati da siccità, carestie e dall'indifferenza del governo centrale nei confronti del popolo.

Origine e acme della rivolta

Nel 184 d.C. centinaia di migliaia di contadini si ribellarono contro il potere centrale.
Il loro numero è stimato a 300 000 unità.
La rivolta, causata dal disagio sociale, ebbe per guida spirituale e militare Zhang Jiao, fondatore della setta religiosa Tàipíng (太平, letteralmente "Grande Pace") d'influenza taoista.
Questi predicò l'avvento di una nuova era, la perdita del mandato del cielo da parte della dinastia Han, che dunque andava deposta, e la creazione di una società ideale di stampo egualitario, da ottenersi mediante la violenza. In questo fu coadiuvato dai fratelli, Zhang Liang e Zhang Bao, che divennero i suoi più importanti generali.
I rivoltosi, "per farsi identificare dal Cielo", adottarono per divisa e simbolo delle bande color giallo fasciate attorno alla testa, indicate, a seconda dell'autore, come turbanti o sciarpe.
La rivolta si estese rapidamente in tutta la Cina.
I signori feudali, capendo e osservando come la rivolta era diretta in primo luogo contro di loro, considerati a ragione causa delle vessazioni subite dai contadini e visti come parte di un sistema che si voleva abbattere, si unirono e, agendo formalmente in nome dell'imperatore Ling, vinsero nel 185 d.C. i Turbanti Gialli, ma gl'ultimi centri dell'insurrezione furono definitivamente arginati qualche anno dopo.
Nella battaglia perirono tanto Zhang Jiao quanto i suoi fratelli.



Declino dei Turbanti Gialli

Privata delle sue guide spirituali, la rivolta perdette il carattere di priorità della politica cinese.
Si riteneva che i Turbanti Gialli non fossero più in grado di abbattere l'impero e le sue strutture.
Tuttavia la setta di Zhang Jiao continuava ad attirare decine di migliaia di proseliti e ampie zone rimanevano nelle loro mani.
In luogo di una campagna generale, come quella svoltasi nel 185 d.C., negli anni '80 e '90 del II secolo i signori locali condussero numerose campagne tra loro non coordinate e a portata locale.
Tra questi, nel 195 d.C. Cao Cao ottenne una notevole vittoria vincendo He Man, tra gli ultimi notevoli generali dei Turbanti Gialli.
Questi sopravvissero ancora, principalmente nella forma di estese e organizzate bande di banditi e briganti, tra cui è molto nota quella di Han Xian.
Nel 205 d.C. fu proprio Cao Cao a dare il colpo di grazia alla rivolta, ottenendo, nel corso della sua campagna nel nord della Cina contro gli eredi di Yuan Shao, la resa dei capi di queste bande, che si unirono al suo esercito.

martedì 9 gennaio 2018

Elite Banana





Elite Banana è una raffigurazione caricaturale di una banana, dotata di caratteristiche espressioni antropomorfe, ideata dall'azienda produttrice di giochi giapponese Banpresto. Nella cultura popolare giapponese, l'Elite Banana è considerata un accessorio fashion e viene raffigurata su gadget, magliette, accessori e giocattoli. Elite Banana non è mai comparso in televisione come personaggio animato, ne all'interno di serie a fumetti. Il suo scopo principale è quello di riflettere le emozioni umane, attraverso una grande varietà di espressioni facciali. Ad esempio, una Elite Banana potrebbe indossare una cravatta, essere in possesso di un cellulare ed avere un'espressione stressata, a rappresentare un direttore di un'azienda in un momento critico, oppure potrebbe essere vestita con abiti semplici e sorridere, come una giovane ragazzina intraprendente.
Le Elite Banana sono anche rappresentate come peluche, su catenine, massaggiatori elettronici, immagini o quaderni.

lunedì 8 gennaio 2018

Ie (diritto giapponese)

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Lo ie ( traducibile come "gruppo familiare") era l'unità di base del diritto giapponese fino alla fine della seconda guerra mondiale: gran parte delle questioni legali, civili e penali, vedevano coinvolgere le famiglie piuttosto che i loro singoli individui. Lo ie viene spesso associato al concetto di famiglia tradizionale in Giappone, laddove marito e moglie, con i loro figli e i parenti del marito, rappresentavano i componenti principali del gruppo familiare.
Il sistema venne abolito nel 1947 con la revisione del diritto di famiglia giapponese avvenuto sotto l'influenza delle autorità di occupazione degli Alleati, e la società giapponese iniziò la transizione verso un sistema di famiglie nucleari più "occidentale".

Caratteristiche

Lo ie era caratterizzato da un sistema patrialineare e da una rigida gerarchia strutturata in base all'età dei suoi membri, generalmente marito e moglie, i loro figli e i parenti del marito. Le responsabilità familiari avevano la precedenza sui desideri individuali, poiché la famiglia, piuttosto che l'individuo, era considerata l'elemento collante che garantiva la sopravvivenza all'interno del sistema sociale.
La peculiarità di tale sistema consisteva nella caratteristica essenziale, per ritenersi membri di una medesima famiglia, di abitare tutti all'interno della stessa casa. Il figlio maggiore era designato come erede della famiglia e, una volta completato il passaggio da padre a figlio delle proprietà, del nome e dei titoli, diveniva responsabile della cura e del sostentamento dei genitori. In caso di mancanza di eredi maschi, all'interno del nucleo familiare poteva rientrare anche il genero, o qualsiasi estraneo che avesse anche solo un minimo grado di parentela, al quale veniva dato il cognome della famiglia. Questo avveniva anche anche nel caso in cui i figli maschi non fossero ritenuti degni di perpetuare il nome di famiglia. I figli minori avevano la possibilità di formare famiglie autonome, che tuttavia rimanevano affiliate e subordinate (in base al grado di interdipendenza economica) a quella principale.

Ruoli all'interno dello ie

Il sistema ie vedeva la presenza di marcati ruoli di genere all'interno del gruppo familiare, con l'uomo che si ergeva a capofamiglia dotato di potere decisionale quasi assoluto sugli altri membri della famiglia. La donna, per contro, aveva il dovere di onorare, più di quanto non facesse con i genitori, i propri suoceri, obbedire e servire il marito, mostrarsi accondiscendente e premurosa, e donare degli eredi alla propria casata. Questa totale sottomissione era la chiave di volta che teneva in piedi l'intero sistema governativo del Giappone e veniva considerato l'unico modo per dare pace e stabilità al Paese, benché fosse noto il totale sacrificio delle donne a questo tipo di gerarchia.

Matrimoni combinati

Nella famiglia tradizionale il matrimonio era visto come un importante collegamento tra le famiglie ed era fonte di grande preoccupazione in quanto la salvaguardia dell'identità dello ie aveva priorità assoluta, sicché il matrimonio combinato (見合い miai) era molto diffuso nel Giappone pre-bellico mentre i membri della giovane coppia avevano poca o nessuna voce in capitolo nell'organizzazione.
L'organizzazione del matrimonio era affidata a un mediatore specializzato che si assumeva l'onere e la responsabilità di comunicare ai genitori l'eventuale rifiuto o la conclusione positiva dell'accordo. Inoltre, i genitori avevano la facoltà di richiamare i figli presso la propria abitazione se non soddisfatti dell'esito del matrimonio. Tale pratica era diffusa soprattutto tra le classi sociali più alte, in quanto maggiormente attente a mantenere una certa reputazione.

Influenza sul moderno registro familiare

Dopo la seconda guerra mondiale le leggi su matrimonio, divorzio, successione ed eredità furono completamente riviste sotto l'influenza delle autorità di occupazione alleate, e la società giapponese iniziò una graduale transizione verso un sistema familiare più occidentalizzato. Vennero mantenuti comunque alcuni aspetti caratteristici del sistema ie, alcuni dei quali possono essere ritrovati all'interno del sistema koseki (戸籍), il registro familiare di norma in Giappone, che raccoglie tutte le informazioni su un determinato gruppo familiare e i cambiamenti che avvengono all'interno dello stesso nel corso degli anni.
Durante la compilazione del koseki è necessario indicare un capofamiglia. Benché sia concessa totale libertà di scelta, questa ricade solitamente sull'uomo (il 98% delle famiglie giapponesi nomina il marito come proprio capofamiglia). Per legge tutti i membri della famiglia devono portare il cognome del capofamiglia. Inoltre, la coppia sposata è tenuta a condividere lo stesso cognome, con uno dei due coniugi (di solito la moglie) che rinuncia al suo cognome per appropriarsi di quello del compagno. Solo raramente accade che sia il marito a prendere il cognome della moglie, quando questo viene designato dal suocero come successore ed erede della famiglia (ciò avviene soprattutto in ambito politico).
Pur essendo presenti sistemi di registro familiare simili anche in altre società, questo sistema è stato descritto come particolarmente severo in quanto esclude qualsiasi famiglia che non rientra nella struttura patrilineare incoraggiata dal koseki.

domenica 7 gennaio 2018

Tomoe Gozen

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Tomoe Gozen (巴 御前; 1157 – 1247) è stata una militare giapponese. Servitrice e probabile concubina del generale Minamoto no Yoshinaka, al fianco del quale combatté le sue battaglie, è l'unica guerriera (onnamusha o onna-bugeisha) descritta nella letteratura epica della tradizione samurai. L'appellativo "gozen" (御前) significa "onorevole", e può indicare che non fosse di nobili natali.

Heike monogatari

Non si hanno informazioni attendibili sulla sua vita, e la sua stessa storicità è dubbia. Compare per la prima volta nell'epica giapponese Heike monogatari, che racconta le gesta dei protagonisti della guerra Genpei che portò alla formazione dello shogunato di Kamakura.
«Con la sua pelle diafana, i lunghi capelli e il volto aggraziato, Tomoe era la più bella. Era anche un arciere forte e un soldato vigoroso, in sella o a piedi, adatta ad affrontare un demone o un dio, valeva quanto mille guerrieri. Aveva una tattica superba nel rompere le righe di cavalli selvaggi, non temeva le discese accidentate. Nelle prime fasi della battaglia, Yoshinaka la inviava come primo capitano in armatura pesante, con una grande spada e un potente arco. Al suo nome era associata maggiore gloria che a qualsiasi altro guerriero. E quando tutti erano ormai periti o scappati, lei era rimasta fra gli ultimi sette cavalieri.»
(in Jonathan Clements, "La storia segreta dei samurai")



Nonostante altre guerriere siano citate nello stesso Heike monogatari e nel Genpei jōsuiki, questa descrizione di Tomoe è un caso eccezionale nella letteratura samurai, che tende ad eroicizzare gli uomini. Nel romanzo, Yoshinaka, presagendo la sconfitta durante la battaglia di Awazu, le ordina di allontanarsi, in modo che «non sia mai detto che il signore di Kiso veda la fine al fianco di una donna»; Tomoe protesta ma alla fine obbedisce, e svanisce nella foresta dopo aver ucciso un cavaliere nemico sul suo tragitto.

Genpei jōsuiki

Il Genpei jōsuiki o Genpei seisuki presenta una versione diversa della battaglia di Awazu; Yoshinaka ordina a Tomoe di tornare nella sua terra a raccontare le sue gesta, in modo che la sua memoria sopravviva ai suoi nemici. Tuttavia, durante il tragitto Wada Yoshimori la scaglia giù dal cavallo con un tronco di pino, e prende Tomoe come sua concubina. Il figlio che avrà con lui sarà ucciso quando gli Hōjō decidono di sterminare il clan Wada, e Tomoe si farà monaca.

sabato 6 gennaio 2018

Shima Sakon

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Shima Sakon ((島 左近; 9 giugno 1540 – 21 ottobre 1600) conosciuto anche come Shima Kiyooki (島 清興), Shima Tomoyuki o Shima Katsutake , fu un samurai del periodo Sengoku.
Sakon inizialmente fu servitore del clan Tsutsui e assieme a Ukon Shigenobu erano conosciuti come la mano destra e sinistra di Tsutsui Junkei . Quando Junkei morì nel 1584 si ritirò, ma non per molto tempo.
Più tardi Sakon si unì alle forze di Ishida Mitsunari che gli offrì una offrì una ricompensa generosa. C'era un detto tra la gente dell'epoca: "Ishida Mitsunari non merita due cose, Shima Sakon e il castello di Sawayama".
Durante la battaglia di Sekigahara Shima servì come uno dei generali di rango superiore, comandando un'unitò di 1.000 uomini. Alcune fonti riportano che i suoi uomini fossero degli archibugieri e avesse dei cannoni nella sua posizione. Litigò poco prima della battaglia con Shimazu Yoshihiro quando quest'ultimo suggerì un attacco notturno a cui Shima si oppose.
Fu colpito da un uomo guidato dal figlio di Kuroda Kanbei, Nagamasa, assieme a due figli. Il suo destino rimane incerto poiché non fu ritrovato nel campo alla fine della battaglia.
Alcune fonti riportano che morì un mese dopo per le ferite oppure cercando di fuggire.