domenica 18 marzo 2018

Tai chi chuan e difesa personale


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Quando si parla di difesa personale o di efficacia in combattimento risulta a volte difficile pensare al tai chi chuan, dato che questa disciplina affascina soprattutto per la lentezza di esecuzione e per l’armonia dei movimenti.
Uno degli scopi dell’arte del tai chi è appunto creare nel praticante armonia tra mente e corpo, ma non si deve dimenticare che comunque parliamo di una delle arti marziali interne più importanti.
Certamente le persone interessate esclusivamente alla difesa personale faranno bene ad avvicinarsi ad altri sistemi , dove dopo poche lezioni si è in grado di capire e apprendere in modo rudimentale qualche tecnica di pugno o di lotta . Si deve considerare però che questi corsi se ben strutturati, devono occuparsi anche della sfera emotiva , poiché in una situazione critica può accadere che un praticante di arti marziali , anche ben allenato abbia la peggio contro un teppista abituato alle risse, ciò accade soprattutto perchè i praticanti di arti marziali per il più delle volte si allenano con metodi sportivi, quindi sono spesso condizionati da etica morale e regole ben precise . Il malintenzionato aggressore non accetta nessuna regola e oltretutto agisce con grande determinazione e rapidità .
Spesso accade che una persona normale che si ritrovi in una situazione critica rimanga completamente bloccato o in uno stato di disorientamento, questo tempo anche se breve, darà all’aggressore un vantaggio notevole.
Non dobbiamo dimenticare che in queste situazioni di estrema tensione il cervello agisce in modo completamente diverso dal solito, ad esempio basta pensare a cosa succede quando camminando in montagna o in un prato all’improvviso incontriamo un serpente, nella maggior parte dei casi non ci preoccupiamo di analizzare in modo razionale la situazione, cioè non consultiamo un libro o analizziamo il rettile per capire se è veramente velenoso o innocuo, ma in modo istintivo e a volte senza nemmeno sapere cosa si sta facendo scappiamo o prendiamo a bastonate il malcapitato serpente.
In queste situazioni subentra quello che viene definito da molti studiosi e praticanti di arti marziali come cervello rettile, questa zona del cervello è considerata la più arcaica e si occupa prevalentemente della sopravvivenza dell’individuo. E’ quindi possibile secondo le teorie proposte dallo studioso Paul D. Mac Lean parlare di cervello triunico.
Brevemente è possibile riassumere queste tre are del cervello come :
1. cervello pensante, quella parte razionale di noi che continua a fare domande o ad analizzare ogni situazione in modo schematico, nell’uomo moderno è sicuramente prevalente, parlando di emisferi cerebrali, questa zona è collegata all’emisfero sinistro.

2. cervello emotivo si occupa prevalentemente delle emozioni e della memoria a lungo termine, tutto quello che viene appreso con le emozione e coi cinque sensi rimane profondamente impresso. Interviene sopratutto nella fase di innamoramento, gioia ,dispiacere, o in tutte quelle fasi in cui l’emotività prende il sopravvento.

3. cervello rettile, si preoccupa prevalentemente della sopravvivenza e di soddisfare gli istinti primari, fame, sonno, riproduzione e sopravvivenza. Questa è la parte più antica del sistema e interviene escludendo automaticamente gli altri stadi. Il cervello rettile agisce in modo rapido e determinato senza emozioni, in caso di situazioni difficili dove la vita è in pericolo il cervello rettile deciderà prevalentemente per la fuga, senza problemi di orgoglio, destinati maggiormente al cervello emotivo, ma in caso di impossibilità alla fuga deciderà per l’attacco senza esitazioni e riserve.
Spesso si sente parlare del comportamento di alcune persone quando si sentono in pericolo, in queste situazione commettono gesti di cui loro stessi stentano a credere, in questa fase il cervello è in grado di integrarsi in modo eccellente al corpo e generare azioni con rapidità ed energia difficilmente riproducibili in una situazione normale.
Chiaramente nella società occidentale moderna il cervello pensante e in parte quello emotivo ha ottenuto un grande sopravvento sul cervello rettile. Fortunatamente le persone non si trovano più in situazioni critiche vissute nel passato, ma purtroppo ancora presenti in società poco sviluppate, come il dover cacciare per sopravvivere o combattere contro briganti che ti assaltano nel sonno. Certo ancora oggi siamo soggetti a certi rischi dovuti alla criminalità diffusa ma possiamo in parte contare sull’intervento delle forze dell’ordine .
Tuttavia se dovessimo sfortunatamente trovarci in una situazione reale di aggressione dove è messa a repentaglio la nostra vita e le possibilità di fuga sono escluse, avremo ancora una chance affidandoci alla parte più antica e istintiva di noi.
Discipline marziali come il Tai chi chuan ci insegnano a prendere coscienza di questi aspetti, grazie a particolari esercizi e a posture tipiche delle forme antiche è possibile attivare la parte istintiva del nostro cervello, questo oltre che ad essere fondamentale per la difesa personale sprigiona nel corpo una grande quantità di energia vitale (Qi) .
Diventa quindi fondamentale capire come attingere da questa enorme fonte di energia. Ciò è in parte possibile grazie alla pratica della forma con allineamenti strutturali corretti, estensione della colonna vertebrale e utilizzo del centro e della visione periferica. Si deve prestare molta attenzione a non eccedere con l’utilizzo di queste tecniche, si attinge da questa fonte di energia classificata come Qi yang solo quando necessario, ma si deve essere in grado di ritornare immediatamente in uno stato di quiete.
Nella Vecchia forma Yang  un esempio concreto di questa energia è dato dal Fa Jing, in questa fase, il corpo e la mente devono essere attraversati per un breve periodo da questa energia, se correttamente eseguito lascia una sensazione molto gradevole nel corpo del praticante, ma attenzione , eseguito in modo scorretto può creare sensazioni negative e in caso di continua ripetizione in modo errato si possono creare traumi al corpo, in particolare alla colonna vertebrale.
Come tutte le cose realmente efficaci sia dal punto di vista marziale che energetico se utilizzate in maniera scorretta possono creare esattamente l’opposto di quello per cui sono state studiate, ciò ci riporta come sempre alla suprema legge del Tao.

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sabato 17 marzo 2018

Wing Chun “Il Principio”


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Il wing chun è legato a tanti principi :
·         Rombo                       (passi  e  footwork)
·         Linea centrale           (difesa  e attacco)
·         Cunei                         (Tridimensionale, interni ed esterni)
che rendono quest’arte unica e particolare, in quanto rappresentata non da una tecnica… ma da  tanti principi.
Da aggiungersi a questi… ce ne sono altri 8, suddivisi in:

4 Principi di strategia e combattimento:

1.      se la strada e libera     ATTACCARE
2.      altrimenti cercare il     CONTATTO
3.      se indietreggia            SEGUIRE
4.      se è più forte              CEDERE
Cosa vuol dire?
1. se la strada e libera  ATTACCARE:
Il  (1°)  principio è semplice e viene normalmente eseguito in situazioni di difesa da strada, cioè come l’aggressore tenta di fare qualcosa facendo uso della cosiddetta SOLUZIONE UNIVERSALE  lanciarsi addosso seguendo una linea retta attaccando 
(arti superiori =pugni a catena) (arti inferiori =calcio frontale).
2. altrimenti cercare il CONTATTO:
Il (2°) principio invece, nasce dalla fase (1) quando la SOLUZIONE UNIVERSALE non ha dato esito positivo, cioè l’aggressore (artista marziale) si è difeso e quindi il wingchun man è costretto a cercare un contatto sia con le gambe che con le braccia, facendo ciò il wingchun man riesce a capire le intenzioni dell’aggressore, per dare in tempi brevissimi (reazioni istintive) una giusta risposta  a qualsiasi tipo di attacco.
Ma come avviene ciò?
Ciò diventa possibile perchè ci viene in aiuto il Chisao e chuigerk, che tramite il contatto: braccia e braccia dell’aggressore, gambe e gambe dell’aggressore; permette al wingchun man di adattare la  propria persona a qualsiasi spinta, pressione, attacco gli viene portato.

3. se indietreggia  SEGUIRE:
Il  (3)  principio non è altro che il proseguio del (2)  la cosa ci insegna che nel caso in cui l’aggressore se ne fugga od indietreggia, il wingchun man lo segue come un ombra attaccandolo.

4. se è più forte CEDERE:
Il (4) principio invece è un pò più complesso perchè introduce il concetto di CEDEVOLEZZA che non và confusa con la PASSIVITA’. Ritornando alla fase (2) se l’aggressore è più forte di noi,  per poterci difendere dobbiamo cedere sempre attivamente e permettere all’aggressore di fargli fare ciò che vuole fare senza usare la forza, perchè il più debole avrebbe sempre la peggio in casi del genere, ma fortunatamente il wing chun insegna a non opporci alla forza con la forza, ma ad assorbire, svuotare le forze altrui. E’ ovvio che per poter applicare questo principio c’è dietro tutto un lavoro particolare di posture, bilanciamenti, stabilità, rotazioni, di gambe, tronco ed arti superiori.

4 Principi di forza.

1.      Liberarsi della propria forza
2.      Liberarsi della forza dell’avversario
3.      Sfruttare la forza dell’avversario
4.      Aggiungere la nostra energia
Liberarsi della propria forza: Il  (1) principio è il più complesso da effettuare in quanto presuppone uno stato mentale e fisico non proprio di noi occidentali, in quanto tutto ciò che facciamo ed usiamo per sentirci più macho, la forza bruta. Nel wing chun questo tipo di forma mentis la si deve abbandonare, cosa non semplice da fare; ecco allora che ci viene in soccorso lo studio delle forme (o kata in altri stili). Tramite lo studio di esse, l’essere umano impara a rilassarsi e quindi ad abbandonare nel tempo la forza.
Liberarsi della forza dell’avversario: Il  (2) principio è legato al (3) ed è simile al (4)  principio di strategia e combattimento .
3) Sfruttare la forza dell’avversario
4) Aggiungere la nostra energia
Dove il wingchun man oltre a CEDERE  impara a  Sfruttare la forza dell’avversario e a ritorcergliela contro (4) principio aggiungere la propria energia raddoppiata.
In conclusione quindi, tutti gli 8 principi sono collegati fra di loro e dipendono gli uni dagli altri vicendevolmente. Ma basta che uno dei punti venga sbagliato, che tutto crolla…  ecco perché c’è bisogno di molto tempo per comprendere, interiorizzare e padroneggiare questi principi.
Perche’ il WING CHUN non è un programma, non è una TECNICA, non è una METODICA DI ALLENAMENTO, ma è UN PRINCIPIO .


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venerdì 16 marzo 2018

L' ARTE DEL BASTONE






"... Si racconta che Gonnosuke si esercitasse continuamente, fino a quando ebbe perfezionato i dodici colpi e blocchi fondamentali (combinandoli in seguito in più di settanta tecniche avanzate), che costituiscono il patrimonio tecnico del jodo moderno...."

Antica quanto l'arte dell'arco e delle frecce, e forse ancora di più, era l'arte del bastone e di altri strumenti spuntati più o meno simili. Quest'arma, che per dimensioni e forma andava dalla tipica clava al modello allungato dell'asta di lancia, è vecchia quasi quanto I'umanità, e vi sono molti indizi che il bushi giapponese la conoscesse bene e vi si esercitasse assiduamente. Vi sono esemplari ben conservati di antiche clave di pietra (seki-bo) usate nei tempi pre-Yamato. Le clave di ferro (tetsu-bo), di tutte le forme e le dimensioni, erano famose nell'arte e nella letteratura giapponese, in particolare quella lunga clava di ferro (kanabo) con cui gli eroi leggendari si guadagnarono la reputazione sui campi di battaglia. Un intero arsenale di bastoni armati o appuntiti e di pali, generalmente di legno rafforzato di ferro, si sviluppò in concomitanza con l' arte del combattimento con la lancia, al punto che i confini tra le due arti diventarono a dir poco vaghi.
L' arte del bastone, in questa sede, è intesa come l' arte di usare il bastone moderno (e altre armi simili fatte di legno) come strumento per combattere. Era un'arte antica e nobile: il bastone era stato accettato persino nella dimora imperiale, sotto forma di una clava di legno (kirikobu) portata dai guardiani del palazzo.
In un certo senso, l'arte di usare come armi il bastone e simili strumenti di legno rappresenta la fase di transizione dai metodi di combattimento con le armi a quelli senz'armi. Il legno, naturale o levigato, e in tutte le forme possibili, ha sempre offerto all'uomo un mezzo per migliorare le sue capacità di combattente.
Se non il primo in senso assoluto, fu uno dei primi materiali che l'uomo usò per fabbricare armi mortali.
Nella dimensione giapponese dell'arte del combattimento, tuttavia, il legno (almeno durante l'èra feudale) non era il materiale primario usato per fabbricare armi: lo erano invece il ferro e l'acciaio. Tuttavia, costituiva una dimensione fertile, sebbene secondaria, le cui potenzialità strategiche vennero diligentemente esplorate, sviluppate e sistematizzate fino a quando cominciarono a prendere forma i vari metodi, ognuno dei quali era completo ed efficace in se stesso. poiché erano meno pericolosi nelle esercitazioni delle lame (spade, lance o pugnali), il bastone e le varie altre armi lignee venivano usati spesso nelle sale d'addestramento delle scuole di bujutsu in cui si insegnavano le tecniche del combattimento con la lancia e la spada. Con l'andare del tempo, questo uso collaterale delle armi di legno si sviluppò al punto che i guerrieri esperti potevano impegnarsi in veri combattimenti con il bastone o la spada lignea, anche per la difesa contro un attacco proditorio e potenzialmente letale, armato o disarmato. Perciò, impiegando copie lignee delle armi di ferro o d'acciaio, le possibilità di un risultato letale venivano ridotte al minimo e, se chi le usava era molto abile, venivano anzi del tutto annullate. Questo fatto contribuisce a spiegare la popolarità del bastone tra i membri di quelle classi sociali che detestavano l' idea di spargere il sangue dei loro simili. I sacerdoti, i monaci, i viaggiatori, la gente comune (persino i poeti) usavano il bastone ed altri strumenti di legno, molti dei quali vengono tuttora usati per scopi diversi. Persino i guerrieri partecipavano spesso a gare di abilità usando tali armi.
Secondo il dizionario, un bastone è un oggetto allungato, esistente in molte varietà. Nella dimensione specificamente militare della cultura giapponese, tuttavia, il bastone ed i similari strumenti di legno venivano usati principalmente per addestrare i bushi nelle tecniche che, nel combattimento vero, avrebbero comportato l'uso di una mortale lama d'acciaio. Troviamo quindi tante specializzazioni, nell'uso del bastone, quante erano quelle armate, poiché vi era un surrogato ligneo per quasi tutte le armi. E il rapporto tra il bastone e l' arma che rappresentava era cosi stretto che le tecniche e le strategie dell' uno erano in pratica indistinguibili da quelle dell'altra. Anzi, ogni scoperta nell' impiego dell'uno influenzava ben presto l'uso dell'altra, in uno scambio quasi simbiotico. Un lanciere sapeva usare il bastone con la stessa efficienza della lancia, uno spadaccino poteva impiegare il bastone 
(modellato cosi da seguire i contorni di una spada) con la precisione di una lama vera. Le tecniche (iutsu) ideate per l' impiego efficace di queste armi lignee, perciò, erano sostanzialmente identiche a quelle impiegate quando si usavano i loro equivalenti di ferro o d'acciaio. Tuttavia, ognuna si evolveva indipendentemente dalla disciplina cui era direttamente legata, e produceva una sua tradizione ed una sua letteratura.
La prima specializzazione, naturalmente, è rappresentata dall'arte del bastone lungo, che aveva le misure della lancia (hassaku-bo) o dell'alabarda (rokusha- ku-bo) .La seconda specializzazione è rappresentata dall' arte del bastone lungo e sottile, la cui lunghezza era quella della spada lunga (ja o bo) o della spada regolare (ham-bo). Un metodo particolare di usare il bastone lungo e sottile è quello che oggi viene praticato non tanto come un'arte di combattimento vero e proprio (jojutsu), quanto come disciplina d'integrazione, conosciuta come jodo. Viene praticata all'Università Waseda di Tokyo, e in altri dojo meno noti, in Giappone e alI'estero. Si dice che questo metodo particolare sia stato inventato dal grande spadaccino Muso Gonnosuke, approssimativamente quattrocento anni or sono, dopo uno scontro con spade di legno vinto dal famoso Miyamoto Musashi, il cui stile inimitabile di scherma era stato adottato dalla ryu Nito. Secondo la stessa tradizione, Gonnosuke si ritirò poi in un santuario shintoista e, dopo un lungo periodo di purificazione, di meditazione e di esercitazioni con il bastone, creò l'arte del jo fondendo le tecniche del combattimento con la lancia e la spada con quelle di altri metodi minori. Egli chiamò il suo stile ryu Shindo-Muso e si affrettò a sfidare di nuovo Musashi. Questa volta, il metodo di Gonnosuke gli permise di inscenare una difesa efficace, mentre penetrava nella guardia delle due spade di Musashi (juju-domai). Si racconta che Gonnosuke si esercitasse continuamente, fino a quando ebbe perfezionato i dodici colpi e blocchi fondamentali (combinandoli in seguito in più di settanta tecniche avanzate), che costituiscono il patrimonio tecnico del jodo moderno. Questi colpi basilari vengono solitamente praticati in forma di fluidi esercizi formali (kata) eseguiti da uno studente armato di una spada di legno (bokken) e dal suo avversario che usa il bastone lungo e sottile V'o). Questi kata includono colpi normali sferrati alle parti superiori del corpo, diritti (honto-uchi) e rovesci (gyaku-uchi) ; la risposta a un blocco (hiki-otoshi) ; gli affondi a mani scambiate (kaeshi-tsuki) e a mani rovesciate (gyakute-tsuki); la parata diritta (tsuke-hazushi) e la parata rotonda e bassa (maki-otoshi) ; la pressione con il corpo (kure-tsuke) ; la spinta con il corpo (kure-hanashi) e la rotazione del corpo (tai-atari); la parata e la parata di contro alla metà centrale del corpo (do-harai-uchi) e I'evasione rotante e parata di contro (tai-hazushi-uchi) .Lo studio del io porta solitamente chi lo pratica ad altre arti ed armi, come l'arte della clava pesante (tanfo), della falce con catena (kusari-gama), dello sguainare rapidamente la spada (iaido), nonché ai colpi del karate e del kempo e agli atterramenti nel judo e nell'aikido.
La terza specializzazione era l'arte del bastone ligneo (bokken), un bastone tagliato e foggiato secondo i contorni di una spada vera, spesso in modo cosi perfetto che il risultato diventava oggetto apprezzatissimo di, valore estetico. Quest'arte non viene ricordata con la frequenza che ci si potrebbe attendere, solo perché era legata tanto strettamente al kenjutsu che veniva in genere identificata con questo, o ad esso subordinata. Tuttavia molti duelli tra maestri di scuole diverse, tutti i tornei tra gli appartenenti a un clan, tutte le prove d' esame per conseguire un rango, e cosi via, comportavano l'uso del robusto bokken, che ogni bushi usava nel suo equipaggiamento per l'allenamento. In certi casi eccezionali, poteva addirittura sostituire il katana; per esempio, quando abili schermitori diventavano monaci itineranti od uomini di pace, e rifuggivano dall'idea di versare sangue umano, in qualunque circostanza. In tali casi, il bokken veniva usato principalmente come mezzo di difesa pura.


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