lunedì 21 novembre 2011

Fitoterapia

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La fitoterapia, dal greco phytón (pianta) e therapéia (cura) è, in senso generale, quella pratica che prevede l'utilizzo di piante o estratti di piante per la cura delle malattie o per il mantenimento del benessere psicofisico. Il termine fitoterapia compare per la prima volta nel trattato di Lineamenti di fitoterapia del medico francese Henri Leclerc (1870-1955).

Definizione
Data l'antichità di questa pratica, che con tutta probabilità rappresenta il primo esempio di pratica terapeutica umana, e data la sua generalizzata distribuzione geografica, è impossibile dare una descrizione di essa in termini di un sistema terapeutico specifico (come ad esempio è possibile fare per l'omeopatia). Piuttosto è sensato dire che l'utilizzo terapeutico delle piante si ritrova in tutti i sistemi terapeutici umani, da quelli più antichi e basati su osservazione ed empirismo, a quelli più sofisticati e con livelli di complessità teorica elevata, fino alla moderna biomedicina. La medicina popolare si serve di rimedi fitoterapici da tempi immemorabili. Ippocrate citava il rimedio come terzo strumento del medico accanto al tocco e alla parola.
Dal punto di vista terminologico, limitandosi alla Unione europea, solo da pochi anni, e limitatamente alla Gran Bretagna, esiste una categoria professionale istituzionalizzata di fitoterapeuti, con percorso formativo universitario distinto da quello previsto per la biomedicina, e con protezione legale del nome. Negli altri stati membri della UE il termine fitoterapeuta non ha valore legale, e la fitoterapia non è una branca riconosciuta dalla biomedicina.
I medicinali fitoterapici non vanno confusi con i preparati erboristici in quanto, pur essendo quest'ultimi dotati a volte di proprietà farmacologiche, non sono medicinali per legge. Tanto meno va confusa fitoterapia con omeopatia sia perché sono due dottrine molto diverse sia perché, soprattutto, la prima ha principi scientifici ed efficacia dimostrata, la seconda invece è pseudoscienza senza risultati comprovati maggiori dell'effetto placebo.

Principi attivi
Le piante sono fra le principali fornitrici di sostanze medicamentose. Vanno considerate veri e propri produttori e contenitori dinamici di sostanze chimiche (Firenzuoli, 2009). Nella loro evoluzione esse hanno sviluppato innumerevoli metaboliti secondari che svolgono per la pianta varie funzioni ecologiche (repellenza, difesa dagli erbivori, lotta contro altre specie vegetali per il controllo delle risorse, difesa dai parassiti, attrazione degli impollinatori, ecc.). Questi stessi metaboliti secondari hanno mostrato importanti attività farmacologiche nell'uomo. Ecco una lista esemplificativa dei vari principi attivi:
  • fenoli semplici
  • polifenoli - tannini e flavonoidi
  • glicosidi (fenilpropanoidi, antrachinoni, glucosinolati, iridoidi, glicosidi cianogeniche)
  • terpeni
  • terpenoidi e saponine (fitosteroli, glicosidi cardioattive, triterpeni)
  • olii essenziali e resine
  • alcamidi
  • alcaloidi
Le attività che questi metaboliti possono esercitare sulla fisiologia umana sono molteplici e sarebbe impossibile riassumerle brevemente, tuttavia una lista sommaria comprenderebbe:
  • sostanze tossiche
  • sostanze con attività ormonoregolatrici
  • sostanze ad attività antimicrobica
    • battericidi
    • virostatici
    • fungicidi
  • sostanze lassative
  • sostanze antinfiammatorie
  • sostanze attive sul sistema nervoso centrale e periferico
  • sostanze antiossidanti
Le moderne preparazioni fitoterapiche sono ottenute a partire dal materiale vegetale, sia fresco che essiccato, tramite estrazioni con solventi e metodiche diverse: se il solvente è l'etanolo in percentuali diverse si parla di estratti idroalcolici, solitamente chiamati tinture madri (o, tinture officinali, o estratti fluidi); se il solvente è l'acqua si parla di infusi, decotti o macerati a freddo; se il solvente è un olio grasso si parla di oleoliti; l'estrazione con solventi diversi e non alimentari (esano, cloroformio, ecc.), che vengono poi eliminati, permette la preparazione di estratti molli e secchi. Alcune preparazioni sono costituite da estratti di singole piante, altri da combinazione di estratti da diverse piante. In particolare i medici hanno la possibilità non di preparare ma di prescrivere preparazioni vegetali che poi prepara il farmacista (medicinali galenici magistrali).
Le preparazioni in libera vendita devono sottostare a vari standard di tipo qualitativo, mentre gli standard di efficacia e tossicologici vengono applicati (nella UE) solo a quei preparati ai quali venga riconosciuto lo status di farmaci vegetali (herbal medicines). Per i preparati che non rientrano in questa categoria valgono le regolamentazioni dei singoli stati membri.

Pericoli
L'uso di piante e dei loro derivati può essere utile nella terapia e nella prevenzione di molte malattie. Talvolta tuttavia si possono verificare anche "sfruttamenti promozionali" di piante ed erbe delle quali si vantano proprietà terapeutiche non documentate e delle quali talvolta si ignorano i possibili pericoli, ma fortunatamente esiste oggi in Italia una specifica regolamentazione dei prodotti naturali (Firenzuoli, 2009; Silano, 2006). L'equazione "naturale = benefico" è infatti spesso un semplice tranello atto ad abusare della credulità di alcune persone: anche i virus, difatti, sono naturali, come pure i funghi velenosi o la cicuta che Socrate fu costretto ad assumere.
Anche le interazioni con i farmaci tradizionali devono essere valutate con attenzione così come gli effetti collaterali, ampiamente descritte fin dal 1996 (Firenzuoli, Le insidie del Naturale) e poi successivamente approfondite (Firenzuoli, 2001, 2008). Attenzione va ad esempio posta al sistema enzimatico epatico ed intestinale P450 e alle sue varie isoforme, oltre che alla proteina di trasporto denominata P-gp (P.Campagna, 2008). In particolare oggi sappiamo che esistono molte piante che interagiscono con i farmaci, riducendone l'attività o al contrario aumentandone la tossicità, tutte situazioni che devono essere ben conosciute onde prevenire interazioni pericolose o al contrario sfruttarne tutte le sinergie (Firenzuoli, 2008).

Premesse fitoterapiche
Nel sistema sanitario italiano, la fitoterapia non esclude l'autoprescrizione, tanto che esistono fitoterapici da banco senza obbligo di ricetta medica dispensati dal farmacista in farmacia e parafarmacia (Silano, 2006). Per la prescrizione, che è un atto medico, occorrono:
  • la laurea in medicina e chirurgia, l'abilitazione all'esercizio professionale e l'iscrizione all'Ordine dei Medici;
  • anche se auspicabile, non è indispensabile una formazione specifica, come un master post-laurea, il quale tuttavia fornisce adeguate competenze circa la composizione delle piante, tecniche estrattive, conoscenze di galenica, e soprattutto l'acquisizione di competenze all'uso clinico delle piante medicinali.


domenica 20 novembre 2011

Scudo

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Lo scudo è un'arma bianca deputata alla protezione attiva del portatore, cioè volontariamente utilizzata per parare, in supporto ad altri eventuali accorgimenti difensivi (corazza, elmo, ecc.)
È costituito da una piastra di diverse forme e materiali imbracciata per difendersi attivamente dai colpi degli avversari.
Sebbene alcune popolazioni primitive lo utilizzino ancora, esso non è stato più utilizzato in guerra dall'introduzione delle armi da fuoco, capaci di perforare qualsiasi scudo che un uomo potesse portare con sé durante la battaglia, con il solo caso isolato del piccolo e pesante targe scozzese nel XVIII secolo, parzialmente efficace contro le armi dell'epoca. Oggigiorno esistono gli scudi antisommossa e gli scudi balistici, entrambi utilizzati in operazioni di polizia.

Materiali e forme degli scudi
Il primo materiale col quale venivano costruiti gli scudi fu il legno, al quale si aggiunsero in seguito i metalli, in genere acciaio e bronzo.
Le forme e le dimensioni degli scudi variarono notevolmente al variare delle strategie di attacco e di difesa degli eserciti (falange oplitica, falange macedone, testuggine, ecc.) che, a seconda dei casi, richiedevano scudi quadrati e di grandi dimensioni per creare una barriera quasi impenetrabile alle frecce, oppure leggeri e piccoli per i corpi dell'esercito che dovevano spostarsi velocemente, fino ad essere del tutto assenti per i corpi che restavano per lo più sempre nelle retrovie, come gli arcieri.
Lo scudo viene retto con delle maniglie o delle cinghie. Le cinghie per reggere lo scudo furono inventate dai Cari, popolazione dell'Asia Minore che, come mercenari, combatterono a fianco dei Troiani per la difesa della città nella guerra di Troia.

Tipi di scudi
Oltre al tipico scudo esistono:
Il dhal piccolo scudo rotondo indiano.
Lo scutum romano, uno scudo a torre di più ridotte dimensioni, in legno bordato di bronzo, con impugnatura orizzontale centrale in corrispondenza dell'umbone.
Lo scudo a mandorla, a forma di una punta di lancia, con la parte appuntita rivolta verso terra, è uno scudo che è stato utilizzato molto dai Normanni perché di grandi dimensioni, ma più leggero dello scutum.
L'oplon, grande scudo rotondo in bronzo con supporto ligneo, o in legno e cuoio capace di proteggere un uomo dalle cosce al collo, utilizzato nella falange oplitica, è da esso che deriva il termine oplita.
La pelta, scudo leggero a forma di mezzaluna usato dai fanti leggeri greci.
Il parma, un tipo di scudo rotondo o ellittico usato dall'esercito Romano.
Lo scudo scapezzato, con la forma di un triangolo con i due lati arrotondati e con la base verso l'alto.
Lo scudo francese, uno scudo scapezzato che sulla sommità si prolunga di altri due lati a creare un triangolo più piccolo opposto a quello che punta verso terra. Chiamato in questa maniera poiché comparso in Francia nel XV secolo.
Lo scudo a tre punte, uno scudo scapezzato che ha tre piccole punte che sporgono oltre la base della sua forma triangolare.
Lo scudo con capo a punta, uno scudo francese con una punta superiore molto più corta.
Il brocchiero un piccolo scudo rotondo, perlopiù in metallo, sebbene alcune immagini lasciano presupporre ne siano esistiti in legno. Contrariamente a quanto sostengono i giochi di ruolo, il boccoliere non è mai stato legato all'avambraccio "in modo da lasciare libere le mani". Iconografie storiche (per esempio il London Tower Fechtbuch (Manoscritto I-33)) mostrano chiaramente come il boccoliere venga impugnato anziché legato al braccio.
La rotella, scudo di legno tondo, coperto di cuoio o di stoffa o metallo, in alcuni casi convesso all'esterno; talvolta munita al centro, di un umbone. Era anche conosciuta col nome di Rondaccia o Rondaccio. La Rotella senza umbone era il tipico scudo italiano utilizzato nel medioevo.
Il rotellino da pugno, più piccolo della rotella e dotata di impugnatura a mano e non di attacchi per le braccia. Sovente erano dotati di rompispada, questa punta sporgendo dalle rotelle, serviva a deviare, fermare o anche a rompere la spada all'avversario.
Lo scudo antisommossa, uno scudo fatto in genere di materiale sintetico (Lexan) resistente agli urti ed ai tagli che nelle sue versioni più grandi se non è completamente trasparente possiede una larga finestrella, è utilizzato dalle forze di polizia per proteggersi da lanci di oggetti o da attacchi con armi bianche.
Il palvese, grande scudo a forma rettangolare o trapezoidale usato dalle fanterie durante il medioevo.
la caetra, scudo in vimini e ricoperto di cuoio usato in epoca romana.
Lo scudo balistico è un ampio scudo antiproiettile con una piccola feritoia, ovviamente in vetro antiproiettile per poter vedere oltre, utilizzato tipicamente dai corpi d'élite per avvicinarsi all'obiettivo.
La targa, piccolo scudo di forma rettangolare o trapezoidale e ondulato, da usare impugnato e normalmente utilizzato accompagnato alla spada da lato.




sabato 19 novembre 2011

Ryushin Shouchi Ryu

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Ryushin Shouchi Ryu (柳心照智流) è una scuola (Ryū) di Kobudo (arti marziali antiche) specializzata in iaijutsu (arte di sguainare la spada) e fondata da Kawabata Terutaka nel 2006. La sua origine risale a Tenshinsho Jigen Ryu, un ramo della tradizione Tenshin Shoden Katori Shinto Ryu. L'attuale caposcuola (Soke) della tradizione Ryushin Shouchi Ryu è Yahagi Kunikazu.

Storia
Ryushin Shouchi Ryu è un ramo della tradizione Tenshinsho Jigen Ryu, uno stile fondato da Tose Yosazaemon Osamune (十瀬 与三左衛門 長宗, c. 1540- c. 1600) durante il periodo (Era) Eiroku (1558-1570) specializzato in iai e kenjutsu. Tose era un samurai proprietario terriero della provincia di Hitachi. Compiuti i vent'anni si recò al tempio di Katori per studiare Tenshin Shoden Katori Shinto Ryu sotto la direzione del 3° soke, Iisaza Wakasa no Kami Morinobu. Dopo cinque anni di pratica, conseguì il menkyo Kaiden (abilitazione alla trasmissione), quindi proseguì la sua formazione al tempio di Kashima. È durante questo soggiorno che raggiunse l'illuminazione e ricevette da Takemikazuchi (divinità del tuono nella mitologia shintoista) una serie di tecniche attraverso un oracolo. Fu dopo questa divina rivelazione che fondò Tenshinsho Jigen Ryu, prendendo in prestito la parola "Tenshinsho" (unica e vera trasmissione di una delle divinità del tempio di Katori – Futsunushi) da Tenshin Shoden Katori Shinto Ryu e unendola a quella di Jigen "rivelazione onnipotente" che gli era stata ispirata dopo la sua esperienza mistica al tempio di Kashima. Si sarebbe quindi diretto a Satsuma dove avrebbe poi incontrato il suo futuro successore Kaneko Shinkuro Morisada (金子 新九郎 盛貞, c. 1520- c. 1585).
Il terzo soke, Terasaka Yakuro Masatsune (赤坂 弥九郎 政雅, 1567- 1594), fu iniziato allo studio della spada a 13 anni da Kaneko stesso, allo scopo di vendicare la morte di suo padre. Padroneggiò Tenshinsho Jigen Ryu all'età di 17 anni e riuscì a vendicare suo padre a 19. Poco tempo dopo, si trasferì a Kyoto per diventare monaco al tempio Soto Zen di Tennejo dove prese il nome buddista di Zenkitsu (善吉, anche scritto Zenkichi). Nel 1588, Togo Shigekata (東郷 重位, 1560- 1643) sarebbe diventato il migliore allievo di Zenkitsu dopo aver imperato tutto il repertorio tecnico della scuola in meno di un anno. Sarebbe quest'ultimo ad aver combinato Taisha Ryu (che aveva studiato prima presso il fondatore, Marume Kurandonosuke Tessai) e Tenshinsho Jigen Ryu per fondare Jigen Ryu. Secondo la tradizione, lo stile Tenshinsho Jigen Ryu sarebbe tenuto nascosto per ben 400 anni nelle scuole Jigen Ryu e Yakumaru Jigen Ryu; la sua trasmissione fu assicurata da una stirpe di Daï (successione di soke senza legami di sangue).
Tenshinsho Jigen Ryu conobbe un risveglio sotto il 27° soke, Ueno Yasayuki Genshin (上野 靖之 源心, 1913- 1972), quando costui ne riprese ufficialmente l'insegnamento ad Asakusa, Tokyo, fino alla sua morte nel 1972. Fu durante questo periodo che Kawabata Terutaka iniziò il suo studio della spada al Sogo Budo Shobukan, fondato nel 1963 da suo padre, sotto la supervisione di Ueno Yasuyuki Genshin. Dopo il decesso di quest'ultimo, Kawabata proseguì la sua pratica e si stabilì al Seiseikan ad Akabane, Tokyo, dove fondò nel 2006 Ryushin Jigen Ryu. Nel 2008, il migliore studente di Kawabata, Yahagi Kunikazu (矢作 訓一, b. April 5, 1948) diventò il secondo soke della scuola.
Nel 2011, Kawabata Terukata cambiò il nome originale in Ryushin shouchi Ryu per sottolineare uno degli obiettivi principali dello studio di questo stile cioè: coltivare la mente e fortificare il corpo attraverso una rigorosa pratica. Ryushin significa: "lo spirito del salice piangente", un albero che non perde mai le sue foglie, nemmeno in inverno, mentre Shouchi può essere tradotto con: "la saggezza illuminata". Uniti, il loro significato potrebbe essere: "istituire nel mondo una saggezza immutabile e impegnarsi ogni giorno a sviluppare un corpo ed una mente entrambe forti e flessibili".
Oggi, Ryushin Shouchi Ryu è praticato anche fuori del Giappone, in particolare, negli USA ed in Europa. Ogni anno, Yahagi Soke conduce seminari all'estero dove riceve una calorosa accoglienza da parte dei praticanti occidentali. La scuola partecipa ogni anno alle dimostrazioni dedicate al Kobudo (Kobudo Hono Embu Taikai) che si svolgono al tempio di Katori da più di 25 anni.


venerdì 18 novembre 2011

Koryu Uchinadi

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Koryu Uchinadi Kenpo-jutsu (Cinese tradizionale hanzi: 古流沖縄手拳法術 - traduzione: Scuola antica del Karate di Okinawa): è una sintesi ed una reinterpretazione contemporanea delle arti classiche di combattimento trasmesse ad Okinawa nell'ultimo periodo dell'antico Regno delle Ryukyu.

Fondamenti storici
Restaurato, ravvivato e sistematizzato da Patrick McCarthy, Hanshi 9º Dan, il lascito del Koryu Uchinadi Kenpo-jutsu può essere fatto risalire alle pratiche del quanfa (kenpo) cinese del Fujian del periodo Qing (1644-1911) che vennero introdotte e segretamente coltivate ad Okinawa durante l'ultima parte dell'antico Regno delle Ryukyu.
Originariamente ricercato per le sue applicazioni difensive brutalmente efficaci, il Koryu Uchinadi Kenpo-jutsu è basato sulle seguenti discipline del quanfa (kenpo cinese) del Fujian:
Hsing (Kata) i paradigmi difensivi originari cinesi;
Qinna (Torite) tecniche di presa e controllo utilizzate dalle forze dell'ordine locali;
Shuai jiao (Tegumi) un antico metodo di origine cinese basato sulla lotta corpo a corpo, praticata da ragazzi e giovani uomini;
Tigwa forma plebea di impatto percussivo importata nell'isola dal Regno del Siam
Buki-gwa; l'arte dell'uso delle armi. Queste pratiche vennero sintetizzate con le tecniche difensive locali e vennero costantemente reinterpretate nel tempo sia dalle autorità di polizia che da entusiasti praticanti.

Personaggi storici e contemporanei che hanno contribuito allo sviluppo del Koryu Uchinadi
Sakugawa Kanga (1733-1815)
Waixinzan
Iwah
Ason
Anan
Matsumora Kosaku (1829-1898)
Kojo Taite (1837-1917)
Aragaki Seisho (1840-1920)
Nakaima Norisato (1850-1927)
Xie Zhongxiang (1852-1930)
Higashionna Kanryo (1853-1917)
Zhou Zhihe (1874-1926)
Uechi Kambun (1877-1948)
Wu Xianhui (1886-1940)
Kyan Chotoku (1870-1945)
Motobu Chōki (1871-1944)
Tang Daiji (1887-1937)
Miao Xing (1881-1939)
Kiyoda Juhatsu (1886-1967)
Oshiro Chojo (1887-1935)
Hanashiro Chomo (1869-1945)
Richard Kim (1917-2001)
Kinjo Hiroshi (1919-2013)
Patrick McCarthy (1954)

Classificazione delle tecniche
Il Koryu Uchinadi Kenpo-jutsu include un'ampia gamma di abilità fisiche che consistono nel bloccare, calciare, colpire con i pugni [kihon-waza], manipolare le articolazioni e controllare gli arti (kansetsu-waza), limitare i movimenti dell'avversario (katame-waza), afferrare/premere i nervi e attaccare i tendini (tori-te waza), colpire i punti anatomicamente vulnerabili (kyusho-jutsu), limitare l'afflusso di sangue al cervello e aria ai polmoni (shime-waza), rompere l'equilibrio/proiettare (nage-waza), lottare a terra (ne-waza), uscire da prese e contrattaccare (gyaku-waza).

Pratica fisica e teoria
Il Koryu Uchinadi Kenpo-jutsu è caratterizzato da dinamiche corporee vibranti, efficaci ashisabaki (movimenti dei piedi) e taisabaki (movimenti del corpo), kata classici (forme) ed esercizi con un partner basati su applicazioni reali, conosciuti come tegumi futari-geiko.

Kata (Forme)
Il Kata rappresenta un fenomeno culturale del movimento umano che costituisce una sorta di catalogo dei "waza" (tecniche) individuali, collegati tra loro in sequenze geometriche per formare un riferimento specifico con lo scopo di preservare l'arte e facilitarne la trasmissione alle generazioni future.
Ci sono diciassette kata a mani vuote che vengono praticati oggi nel Koryu Uchinadi Kenpo-jutsu:
Sanchin - Tai Sabaki - Chokyu (Gekkisai) - Kume Hakutsuru - Yara Kusanku - Naihanchin (Tekki)- Nanshu - Happoren (Paipuren) - Nepai (Nipaipo) - Matsumura Bassai - Rakan-ken - Ryushan - Aragaki Niseishi (Nijushiho) - Aragaki Seisan - Aragaki Sochin - Aragaki Unshu - Wando (Wanduan)

Tegumi 手組 (letteralmente mani unite/cooperanti/afferranti, usato in esercizi a due persone)
Il Koryu Uchinadi Kenpo-jutsu enfatizza gli esercizi a due persone chiamati tegumi futari geiko (Te = mano o mani. Tra le diverse interpretazioni che possono essere attribuite al termine “gumi” ricordiamo unire, cooperare e afferrare. In questo contesto Tegumi si riferisce all'intrappolare e afferrare con le proprie mani. Futari-geiko significa pratica continuativa o esercizio fluido), quali principali forme di allenamento. Practiche di questo tipo includono la riproduzione di attacchi realistici, come strangolamenti, prese, ecc... e le corrispondenti difese sia da posizione eretta (tachi-waza) che da terra (ne-waza) con compagni che alternano il ruolo di attaccante e difensore. Attraverso la pratica dei tegumi, il praticante comprende i significati ed i principi dei movimenti e delle posizioni (composizioni difensive) integrati nei kata.
Quando pratica i tegumi il praticante applica diversi colpi e calci con i piedi, controlli, intrappolamenti, agganci e deflessioni con avambracci e mani, urti col corpo, lotta, blocco delle articolazioni e colpi ai punti vitali con le nocche o le dita in un "flusso continuativo" di movimenti usando brevi sequenze difensive estratte dai kata tradizionali. Concentrarsi su una sequenza limitata di movimenti consente al praticante di acquisire velocemente familiarità con la tecnica che diviene in breve un'azione riflessa. L'allenamento ai tegumi è molto importante poiché in una situazione reale di autodifesa l'esecuzione intuitiva ed automatica del gesto difensivo è un elemento vitale.

Filosofia morale e fondamenti spirituali
La pratica fisica e la teoria del Koryu Uchinadi Kenpo-jutsu fornisce la competenza tecnica necessaria ma non si esaurisce in questo. La missione principale della pratica fisica e della teoria è quella di fornire un percorso in cui promuovere la crescita umana e in cui i significati di ogni azione vengono analizzati nel contesto della loro totalità facendo in modo che il praticante si esprima, ascolti, assorba, risponda e, attraverso lo sforzo continuo, migliori se stesso. Il Koryu Uchinadi Kenpo-jutsu ci insegna che lo sviluppo interiore sviluppa l'umiltà, il rispetto e la tolleranza per tutte le cose ed è attraverso questo austero allenamento che il praticante impara come superare gli ostacoli e le difficoltà apparentemente insormontabili che la vita gli riserva, per poter vivere felicemente e senza conflitti.


giovedì 17 novembre 2011

Lorenzo Lamas

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Lorenzo Lamas, nome d'arte di Lorenzo Lamas y de Santos (Santa Monica, 20 gennaio 1958), è un attore, artista marziale e regista statunitense.

Biografia
Nasce in California, a Santa Monica, dagli attori Fernando Lamas e Arlene Dahl. Trascorre la sua infanzia sulla costa del Pacifico fino a quando, nel 1968, si trasferisce con la madre a New York: i genitori avevano divorziato quando aveva solo 2 anni. Dopo il diploma all'Admiral Farragut Academy nel 1975, ritorna nella natia California. Incoraggiato dal padre, entra nel Tony Barr's Film Actors Workshop, iniziando così la sua carriera cinematografica. Nel frattempo studia Taekwondo e già dal 1976 partecipa a trasmissioni televisive. Lamas ha una grande passione per le motociclette Harley-Davidson, tanto da averne una cospicua collezione, ed è cintura nera di Taekwondo WTF.
Mentre la sua vita professionale prospera già nel 1981, con la partecipazione alla serie televisiva Falcon Crest, la sua vita privata è alquanto burrascosa. Si sposa due volte in pochi anni: prima con l'attrice Victoria Hilbert, dal 1981 al 1983; successivamente con Michele Smith, dal 1983 al 1985, con la quale ha avuto due figli: AJ e Shayne. Il 25 gennaio 1989 sposa a Las Vegas Kathleen Kinmont, figlia della collega di set ed amica Abby Dalton che gliela presenta appena diciassettenne. Successivamente la moglie diventerà anche collega professionale. Il matrimonio con la Kinmont subisce però un duro colpo quando la collega di set Daphne Ashbrook, in Falcon Crest, accusa l'attore di essere il vero padre di suo figlio. I coniugi lavorano comunque alla successiva serie TV Renegade, finché nel 1993 divorziano definitivamente.
Dal 1996 al 2002 è stato sposato con Shauna Sand da cui ha avuto tre figlie: Alexandra Lynne (1997); Victoria (1999) e Isabella Lorenza (2001). In seguito è stato fidanzato, per un breve periodo, con la Playmate Barbara Moore. Dal 2011 è sposato con Shawna Craig. In seguito a questo matrimonio ha dichiarato alla stampa di voler cambiare il proprio cognome in Lamas-Craig, per evitare che l'attuale moglie Shawna avesse il nome completo da sposata molto simile, e sostanzialmente identico, alla precedente moglie Shauna, che ha mantenuto il cognome Lamas.
Con gli inizi degli anni novanta, dopo aver riscosso un discreto successo nell'ambiente televisivo, Lamas decide di affrontare anche il mondo del cinema. Già nel 1978 aveva avuto un piccolo ruolo nel musical Grease, di Randal Kleiser, ma per avere successo decide di sfruttare il genere d'azione che proprio in quegli anni stava fiorendo. Interpreta un detective in Snake Eater - vendetta a tutti i costi (1989), primo di una trilogia: poi seguito l'anno successivo da Il guerriero della strada e da un terzo episodio del 1992 inedito in Italia.
Sfruttando le sue discrete conoscenze di arti marziali, Lamas diventa protagonista di alcuni film del genere come Costretto a combattere (Night of the Warrior, 1991) o Impatto finale (Final Impact, 1992). Nel 1994 dirige il suo unico film, CIA II: Target Alexa, da lui anche interpretato al fianco dalla Kinmont. Le uniche altre sue regie consistono in alcuni episodi di Renegade. Col finire degli anni '90 Lamas abbandona il genere marziale per dedicarsi a generi più vari, anche se spesso d'azione. Lo scarso interesse del pubblico italiano verso un certo genere di film d'azione, ha fatto sì che non siano stati distribuiti i molti film interpretati da Lamas dal 2000 ad oggi.
Lamas ha anche preso parte alla soap-opera Beautiful, intepretando per più di 300 episodi il ruolo del pompiere Hector Ramirez.



mercoledì 16 novembre 2011

Kyū

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Kyū è un termine giapponese utilizzato nelle arti marziali così come in altre pratiche tradizionali giapponesi come l'ikebana, il Go o la cerimonia del tè per evidenziare i differenti livelli di progresso di un debuttante prima di ottenere un grado dan.
Mentre il sistema dei gradi dan è simile in tutte le attività dove viene applicato, il sistema dei gradi kyū varia considerevolmente da un'attività all'altra. I kyū sono elencati in ordine decrescente, fino al primo kyū (shokyu), ultima tappa prima del primo dan (shodan), ma il numero dei gradi varia. Ci sono, ad esempio, più di trenta gradi kyū da passare per i giocatori di go, mentre le arti marziali ne contano tradizionalmente sei. Nella maggior parte dei casi, il conferimento dei gradi kyū si fa sotto la sola responsabilità dell'insegnante, senza dover riferire ad una autorità superiore come nel caso dei gradi dan. In alcune arti marziali, come il Jūdō o il karate, la maggior parte dei dojo mostrano visivamente la progressione di gradi kyū tramite il colore della cintura del Keikogi:
  • bianca (9º kyū)
  • gialla (8º kyū)
  • arancione (7º kyū)
  • verde (6º kyū)
  • blu (5º kyū)
  • viola o seconda blu (4º kyū)
  • prima marrone (3º kyū)
  • seconda marrone (2º kyū)
  • terza marrone (1º kyū)
Nel Karate il sistema di colorazione può risultare differente a seconda dello stile ed un'altra colorazione estremamente diffusa è la seguente:
  • All'inizio si indossa la cintura bianca, ma non lo si è: si deve sostenere poi l'esame per ottenerla.
  • Cintura bianca: 6º kyu, Shiro obi Rokukyu
  • Cintura gialla: 5º kyu, Kuro obi Gokyu
  • Cintura arancione (o rossa): 4º kyu, Daidaiiro obi (Aka obi) Yokyu
  • Cintura verde: 3º kyu, Midori obi Sankyu
  • Cintura blu: 2º kyu, Aoiro obi Nikyu
  • Cintura marrone: 1º kyu, Kuriiro obi Shokyu (rarissimamente Ichikyu)
In alcune scuole esistono anche colorazioni intermedie, ad esempio: bianca, bianco-gialla, gialla, gialla-arancione, arancione, ecc.
Esiste una ragione sui colori delle cinture:
  • il bianco è la purezza, l'inizio.
  • il giallo è il colore del seme che sta per germogliare, dell'atleta che si appresta a nascere e a crescere.
  • l'arancione è il colore del fuoco, dell'aggressività che deve essere temprata.
  • il verde è la crescita della pianta.
  • il blu è il cielo verso il quale si dirige la crescita.
  • il marrone è il colore della terra, al quale dobbiamo sempre rimanere saldamente attaccati.
  • il nero (vedi cinture Dan) è il colore delle tenebre, dei turbamenti, delle distrazioni dal quale, sia durante il nostro cammino che durante la continua evoluzione, siamo fuggiti e dovremo sempre respingere.
La pratica di impiegare cinture colorate è poco impiegata in aikidō, dove è essenzialmente usata nell'insegnamento della pratica ai bambini, mentre non è stata recepita nel kendō né in nessun altro budō.
In aikido, alcuni insegnanti legano il conseguimento dell'hakama a quella di un kyū particolare, in generale il 3°, 2° o il 1°. Non esistono, ciononostante, delle regole generali, queste scelte restano alla discrezione di ogni insegnante.


martedì 15 novembre 2011

Firangi

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La spada Firangi derivata il suo nome dal vocabole della Lingua Araba che indica i "Franchi", cioè gli occidentali. Si tratta di un tipo di spada utilizzata in India, costituita da una lama di fattura occidentale, o imitante le lame di fattura occidentale, montata su di un'elsa indiana.
Questo tipo di armi si diffuse nel sub-continente indiano dopo l'arrivo dei Portoghesi.

lunedì 14 novembre 2011

Topór

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Topór (Боевой топор in cirillico) è la parola che in lingua polacca e in lingua russa indica la scure d'arcione in particolare e l'ascia da battaglia in generale. Arma manesca di diretta derivazione orientale, quasi certamente basata su di un modello in uso alla cavalleria dei turchi ottomani, differisce dalla scure d'arcione occidentale per la conformazione della lama, la cui linea è ottimizzata per i colpi discendenti vibrati dal cavaliere in arcioni.

Storia
L'uso della scure d'arcione, ben documentato nella Persia degli Achemenidi (v. Sagaris) ancor prima che dei Parti o dei Sasanidi, fu una caratteristica tipica delle forze di cavalleria del Medioriente tanto nell'Antichità quanto nel Medioevo. Dalla Persia, la passione per la scure d'arcione si diffuse nelle terre dell'attuale Afghanistan, dell'Armenia e delle contrade più settentrionali del subcontinente indiano.
Nel Khanato di Bukhara (XVI-XVIII secolo), il tabarzin (vocabolo di lingua farsi indicante genericamente la scure da guerra, sia nella sua versione da fanteria che da cavalleria) era attributo precipuo del sovrano (khan).
La sistematica pressione delle popolazioni di etnia turca sulla Persia prima e sul Mar Nero poi concorsero a veicolare verso l'Europa l'uso dell'ascia d'armi. Nelle regioni baltiche, interessate dalla presenza di popolazioni germaniche use a servirsi in modo variegato della scure quale arma (Vichinghi e Variaghi), il miscuglio tra la tradizione orientale e quella occidentale portò allo sviluppo di una particolarissima tipologia di scure d'arcione che mantenne spesso le caratteristiche tipiche dell'ascia turco-persiana mescolandola a volte con elementi germanici: il topor.
La scure d'arcione russo-polacca ebbe larga diffusione presso le forze di cavalleria di quei potentati cristiani che avevano dovuto fare gioco-forza del soldato a cavallo il prototipo delle proprie forze armate onde contrastare i continui raid dei cavalieri turchi e tartari: la Confederazione Polacco-Lituana, la potente compagine statale sorta nel 1569 con la fusione del Granducato di Lituania e del Regno di Polonia, ed il Granducato di Moscovia, erede della Rus' di Kiev devastato dai Tataro-mongoli.
Rispetto alle altre tipologie di scuri d'arcione in uso presso gli eserciti dell'Europa occidentale, il topor restò in uso ancora in piena Età Moderna. La cavalleria russa e gli husaria polacco-lituani, tanto quanto i loro avversari turchi e tartari, continuarono a servirsi di armi bianche d'arcione ancora nel pieno XVII secolo, quando cioè la cavalleria occidentale aveva ormai pienamente adottato il modello "Spada-e-Pistola" codificato durante la Guerra dei Trent'Anni. Il topor con manico coperto di cuoio ed argento conservato presso l'Armeria del Cremlino di Mosca (riportato sotto in figura) è stato, a titolo di esempio, datato al Seicento.Il persistere della scure nella panoplia dei cavalieri dell'Europa orientale fu anzitutto dovuto ad un preciso bisogno pratico. In quelle contrade infatti l'uso di una corazza a maglia di ferro o a maglia di ferro laminata, sia da parte delle armate cristiane che da parte degli ottomani, perdurava ancora in piena Età barocca, quando cioè l'Europa occidentale copriva la sua cavalleria pesante (corazzieri e raitri) con solidi piastroni di metallo. I russi ed i polacco-lituani, tanto quanto i turco-tartari, erano quindi ancora nella condizione di dover ricorrere a scuri e mazze per liquidare il nemico negli scontri. Bisogna inoltre considerare che la scure, tanto quanto la mazza ferrata (bulava) aveva un significato simbolico enorme per le popolazioni slave e magiare tanto quanto per i turchi ed i persiani.
Il topor scomparve definitivamente dai campi di battaglia dell'Europa orientale solo al volgere del Settecento, con alcuni esemplari ancora prodotti nel XIX secolo.

Costruzione
Rispetto alla scure d'arcione occidentale, il topor aveva:
  • testa metallica massiccia ma di dimensioni più contenute. La lama di scure aveva bordo superiore quasi piatto, a volte discendente, ed il filo rivolto verso il basso. Alcuni esemplari, causa probabile influenza tedesca, avevano una lama simile a quella dell'ascia barbuta. Posteriormente alla lama, il topor poteva sviluppare un dente a forma di testa di martello, per intensificare la potenza del colpo all'impatto. Negli esemplari orientali, la testa dell'arma era realizzata in pregevole acciaio Damasco tipo Wootz;
  • manico in legno quasi sempre impreziosito da ghiere, lamine ed anelli di metallo, capaci al contempo di rinforzarlo ma molto diversi, nella linea, dalle stanghe metalliche normalmente utilizzate per irrobustire l'ascia d'armi anglo-francese. Gli esemplari da parata hanno manico in legno più sottile ed aggraziato, sontuosamente impreziosito.