domenica 1 giugno 2025

Taekwondo, Boxe e BJJ: una combinazione micidiale, ma non invincibile

Nel mondo sempre più ibrido delle arti marziali miste, la domanda non è più se una singola disciplina possa prevalere, ma quale combinazione di tecniche risulti più efficace in un contesto di combattimento totale. In questo senso, l’unione di Taekwondo, Boxe e Brazilian Jiu-Jitsu (BJJ) rappresenta una delle configurazioni più affilate ed esplosive, sulla carta e nella gabbia.

Ciascuna di queste discipline eccelle in un’area distinta del combattimento:

  • Taekwondo offre un arsenale di calci rapidi, acrobatici e imprevedibili, con un focus sull’agilità, il tempismo e l’esplosività. È particolarmente utile nella lunga distanza e nella creazione di angoli inusuali d’attacco.

  • Boxe aggiunge potenza, precisione e una struttura difensiva superiore nel gioco di mani. Offre inoltre una gestione dello spazio in corto raggio che il Taekwondo non contempla.

  • Brazilian Jiu-Jitsu, infine, domina la lotta a terra: sottomissioni, transizioni e controllo posizionale. Una cintura nera in BJJ è in grado di terminare un incontro da sotto, da sopra, o da qualsiasi posizione intermedia.

Combinati, questi stili coprono virtualmente ogni scenario: distanza lunga (Taekwondo), media e corta (Boxe), e a terra (BJJ). Ma come sempre, la teoria deve essere messa alla prova sul campo. E l’MMA, per sua natura, è la cartina tornasole definitiva.

Se esiste un esempio vivente di questa triade, è Anthony “Showtime” Pettis, ex campione dei pesi leggeri WEC e UFC. Cintura nera terzo dan di Taekwondo e cintura nera di Jiu-Jitsu brasiliano, Pettis ha affinato il suo striking con solide basi pugilistiche, creando uno stile spettacolare e, per un certo periodo, dominante.

Il suo celebre “Showtime Kick” contro Benson Henderson — un calcio alla testa in salto, spingendosi con i piedi sulla gabbia — resta uno dei momenti più iconici nella storia delle MMA. Ma Pettis non è stato solo un artista dello striking: ha finalizzato lo stesso Henderson con una leva al braccio, dimostrando che anche il suo grappling era di livello mondiale.

La sua carriera dimostra l’efficacia di questa combinazione. Pettis riusciva a colpire da ogni angolazione, gestire il ritmo con una boxe solida e, se portato a terra, trasformare una situazione difensiva in una vittoria.

Eppure, nemmeno Pettis è rimasto imbattuto. Diversi lottatori — soprattutto quelli con forti basi di wrestling americano, pressione costante e una buona difesa alle sottomissioni — sono riusciti a neutralizzarlo. Combattenti come Rafael dos Anjos e Clay Guida hanno esposto una debolezza strutturale: la difficoltà nel gestire avversari che non danno spazio, che annullano il gioco in piedi e impongono un ritmo incessante.

In altre parole, la triade Taekwondo–Boxe–BJJ è potente, ma non infallibile. Manca un elemento fondamentale: la lotta di controllo (wrestling), essenziale per dettare dove si combatte e quando. Senza la capacità di evitare o imporre un takedown, anche il miglior striking o il miglior jiu-jitsu possono essere vanificati.

La combinazione di Taekwondo, Boxe e BJJ funziona — e funziona bene. È letale contro avversari meno completi, spettacolare per il pubblico e tecnicamente soddisfacente per i puristi. Ma in uno sport dove la preparazione si fa sempre più specifica e le strategie si adattano a ogni stile, la versatilità è tanto importante quanto la specializzazione.

Pettis è stato una stella luminosa proprio perché ha saputo integrare queste tre dimensioni in un’identità unica. Ma anche lui ha trovato i suoi limiti contro avversari con approcci meno spettacolari ma più efficaci nel neutralizzare.

In ultima analisi, Taekwondo, Boxe e BJJ sono una base straordinaria. Aggiungervi un solido wrestling e una mentalità strategica può fare la differenza tra essere un combattente spettacolare... e diventare una leggenda.



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