Negli anni ’60, Muhammad Ali non fu soltanto un campione dei pesi massimi: fu un’icona di dominio assoluto, la cui supremazia sul ring è paragonabile a pochi altri periodi nella storia della boxe. Se si considera esclusivamente la sua prima carriera, Ali si colloca con autorità tra i primi 3-5 pesi massimi di tutti i tempi, e non è azzardato sostenerlo come il numero uno assoluto.
Ali fu il secondo olimpionico medaglia d’oro nella storia a conquistare il titolo indiscusso dei pesi massimi, un traguardo raggiunto da appena sette atleti nell’era moderna della boxe. Durante la sua prima carriera, chiusa nel 1967 per il lungo esilio causato dal rifiuto di servire nell’esercito statunitense, Ali registrò un impressionante score di 29 vittorie e nessuna sconfitta, con ben 23 knockout, pari a un tasso di KO del 79,3%. Difese con successo il titolo in nove occasioni e sconfisse tre campioni indiscussi, fra cui l’incontrastato gigante Sonny Liston, il peso massimo più temuto di quell’epoca.
L’esclusività del suo primato emerge da un dato cruciale: Ali è l’unico pugile nella storia ad aver conquistato il titolo indiscusso dei pesi massimi due volte senza mai perderlo sul ring. Inoltre, sarebbe stato il secondo uomo a riconquistare un titolo indiscusso, un’impresa che testimonia il suo talento e la sua tenacia fuori dal comune.
La qualità della concorrenza affrontata da Ali negli anni ’60 è straordinaria. Il campione batté infatti 18 avversari che, nel corso della loro carriera, furono classificati tra i migliori pugili della loro epoca. Questo numero è superiore a quello affrontato da leggende come Mike Tyson, George Foreman, Larry Holmes e Lennox Lewis, confermando che Ali non solo era imbattuto, ma lo era contro una concorrenza eccezionalmente qualificata.
Zora Folley, uno dei suoi più temuti avversari, testimoniò dopo il loro incontro del 1967: «Ali è il più grande combattente di tutti i tempi. Il suo stile è unico e rivoluzionario; nessun pugile del passato o presente può tenere il suo ritmo. La sua velocità, le sue mosse imprevedibili, la capacità di colpire da posizioni impossibili… tutto questo lo rende insuperabile». Queste parole non sono soltanto un tributo personale, ma un riconoscimento del contributo tecnico che Ali ha apportato all’arte pugilistica.
Quando si confrontano le carriere di altri grandi campioni, emerge chiaramente la straordinarietà del regno di Ali negli anni ’60:
Rocky Marciano affrontò 13 pugili classificati nella sua carriera; Ali ne affrontò 18 solo nel decennio.
Mike Tyson, nel complesso della carriera, affrontò 25 avversari classificati, Ali 18 solo negli anni ’60.
Lennox Lewis affrontò 22 avversari classificati, Ali li superò in percentuale di confronti di alto livello.
Questi dati non lasciano dubbi: il percorso di Ali fu più impegnativo e qualitativamente superiore rispetto a quello di molti altri campioni di spicco.
L’eredità di Muhammad Ali negli anni ’60 è quella di un atleta che non solo dominò il pugilato, ma ne rivoluzionò lo stile e il significato. Il suo record imbattuto, la qualità degli avversari sconfitti e la sua capacità di riconquistare e mantenere il titolo indiscusso senza mai soccombere sul ring lo consacrano senza riserve tra i più grandi, se non il più grande, campione dei pesi massimi di tutti i tempi. La sua prima carriera da sola, infatti, è sufficiente a farlo entrare nella leggenda eterna del pugilato mondiale.
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