sabato 28 giugno 2025

Aikido: miti, realtà e la questione della cooperazione tra partner

 


Una delle convinzioni più diffuse – e allo stesso tempo più fraintese – riguardo all’Aikido è che le sue tecniche funzionino soltanto se entrambi i partner sono collaborativi e che, di conseguenza, l’arte marziale perda efficacia contro un avversario che resiste o contrasta attivamente. Questa idea, seppur popolare, non corrisponde alla realtà e contribuisce a un’immagine distorta di una disciplina che, in realtà, è ben più complessa e concreta di quanto molti immaginano.

In primo luogo, è importante sfatare il mito che l’Aikido sia una pratica priva di contatto reale o “non violenta” in senso stretto. Contrariamente a quanto si pensa, l’Aikido è un’arte marziale full contact: le tecniche sono progettate per essere efficaci anche contro una resistenza attiva e la loro applicazione può generare dolore intenso e persino lesioni, soprattutto se l’avversario non si “arrende” o non segue il movimento richiesto. La cooperazione tra partner, infatti, non è una condizione necessaria per la validità della tecnica, ma è essenziale in fase di allenamento per evitare infortuni.

Il vero problema, che spesso alimenta la critica nei confronti dell’Aikido, riguarda proprio il rischio di infortuni: se chi subisce la tecnica oppone resistenza o tenta di forzare la situazione, la pressione e le leve impiegate possono causare danni seri, che vanno da articolazioni slogate a fratture ossee. Non si tratta di un semplice “gioco di equilibrio”, ma di manipolazioni potenti e precise, capaci di rompere un gomito o dislocare una spalla, come nel caso della tecnica Shiho-Nage, o di provocare gravi traumi cervicali in tecniche come Irimi-Nage e Kubi-Nage.

Il principio dell’Aikido è, infatti, quello di “andare con il flusso” dell’energia e della forza dell’avversario per neutralizzarla senza ricorrere alla forza bruta, ma questo non significa che la tecnica si annulli davanti alla resistenza: anzi, più si resiste, più l’efficacia della leva e della pressione può trasformarsi in un danno reale e pericoloso per chi tenta di opporsi.

Questo aspetto contribuisce a creare una certa ambiguità nella percezione dell’Aikido, che spesso viene liquidato come arte “soft” o poco pratica nelle situazioni di combattimento reale. La realtà è invece che l’Aikido richiede grande precisione, tempismo e controllo, sia nel modo in cui si applicano le tecniche, sia nel modo in cui il partner – soprattutto in allenamento – deve “andare con il flusso” per evitare di farsi male. Questa complessità, e la necessità di un training attento e consapevole, spesso rende difficile trasmettere al grande pubblico la natura vera di questa disciplina.

L’idea che l’Aikido funzioni solo con partner cooperativi è un equivoco che danneggia la reputazione di quest’arte marziale. L’Aikido non è una pratica “gentile” o priva di contatto reale, ma un sistema di difesa e controllo che, se eseguito correttamente, è in grado di gestire la resistenza e di trasformarla in una tecnica efficace e potenzialmente molto pericolosa per l’avversario. Tuttavia, come in ogni arte marziale, l’allenamento sicuro e rispettoso è fondamentale per evitare infortuni e per sviluppare la padronanza necessaria a eseguire queste tecniche con successo anche contro un opponente attivo e determinato.

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