mercoledì 18 giugno 2025

Boxe vs MMA: perché i pugili non vincono nell’UFC (e viceversa)? Una falsa domanda che ignora il contesto



È un confronto che appassiona, divide, e spesso confonde: “Se i pugili sono così forti, perché nessuno ha mai vinto nell’UFC?” Una domanda che si ripresenta ciclicamente in forum, bar sportivi e talk show dedicati agli sport da combattimento. Ma è una domanda mal posta, che ignora i contorni reali della questione, travisando i dati e semplificando eccessivamente due discipline radicalmente diverse, sia nella tecnica che nell’economia.

Per capire il perché nessun pugile di alto profilo abbia mai vinto in UFC, bisogna prima chiarire una verità scomoda ma fondamentale: la boxe e le MMA sono sport diversi, con regole diverse, obiettivi diversi e competenze richieste radicalmente differenti. Un confronto diretto tra le due, senza tener conto del contesto, è tanto privo di senso quanto chiedersi perché un pilota di Formula 1 non vinca nella NASCAR, o perché un maratoneta non brilli in una gara di 100 metri piani.

I pugili d'élite, quelli veri, non hanno mai avuto motivo economico o strategico per entrare nell’UFC. Un pugile di alto livello come Canelo Álvarez può guadagnare oltre 15 milioni di dollari per un singolo incontro. Al contrario, il montepremi tipico di un atleta UFC oscilla tra i 30.000 e i 100.000 dollari a match, con bonus che raramente superano i 500.000 dollari anche per i main event. Il picco raggiunto, finora, è stato l’eccezione Mayweather–McGregor, una vera operazione di marketing, non un confronto sportivo equilibrato.

Chi sono, allora, i pugili che abbiamo visto entrare nella gabbia? Atleti a fine carriera, fuori forma, spesso in cerca disperata di un ultimo incasso. Il caso più noto è James Toney, ex campione del mondo, ma ormai 42enne, fuori peso e alle prese con seri problemi fiscali, quando decise di affrontare Randy Couture nel 2010. Il risultato fu disastroso e prevedibile: atterrato e sottomesso in pochi minuti.

Ma nessun pugile nel pieno della carriera, nessun campione in attività e a caccia di titoli veri, ha mai avuto interesse a mettersi alla prova in un’ottica così svantaggiosa. E la stessa cosa vale, con ruoli invertiti, per i lottatori MMA: basti vedere la prestazione di Conor McGregor contro Floyd Mayweather — dominato, nonostante la narrazione “epica” dei media.

A differenza della boxe, le arti marziali miste richiedono una combinazione multidisciplinare: striking, grappling, takedown, ground and pound, sottomissioni. Non basta avere un pugno potente o una buona difesa. Serve versatilità, capacità di leggere molteplici situazioni, adattarsi a scenari in rapida evoluzione. Ed è per questo che i fighter con background nel karate (come Lyoto Machida o Stephen “Wonderboy” Thompson), nel wrestling o nel jiu-jitsu brasiliano si sono dimostrati efficaci: hanno una formazione più ampia e flessibile.

Il pugile, per quanto dotato, è addestrato a combattere in piedi, con due soli strumenti: le mani. Niente calci, ginocchiate, gomitate, proiezioni, né tantomeno difesa da presa. Trasportare un pugile puro nella gabbia è come mettere un chirurgo del cuore a dirigere un reparto di neurochirurgia: sono entrambi medici, ma non fanno lo stesso mestiere.

Confrontare boxe e MMA è come confrontare discipline cugine ma non sovrapponibili. Vince il pugile sul ring, come ha dimostrato Mayweather con McGregor. Vince il lottatore nella gabbia, come ha dimostrato Couture con Toney. Nessuna delle due vittorie è “più legittima” dell’altra. Entrambe sono la logica conseguenza del contesto in cui sono avvenute.

Chiedersi perché un pugile non vince nell’UFC equivale a ignorare che gli sport da combattimento non sono intercambiabili. Serve rispetto per la specificità tecnica di ciascuno e consapevolezza che il talento, da solo, non basta a colmare una differenza di preparazione e di ambiente.

Il mito della “supremazia” tra boxe e MMA è un falso dilemma, alimentato da tifoserie più che da reali confronti sportivi. La verità è semplice: i pugili non vincono nell’UFC perché non è il loro sport, né hanno motivi concreti per provarci. Come i campioni UFC non dominano il ring di Las Vegas. Vince chi gioca in casa. E nel rispetto delle regole, non c'è nulla di più giusto di così.



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