martedì 22 dicembre 2015

Ganesha

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Presso la religione induista, Ganesha o Ganesh (Sanscrito गणेश IAST Gaṇeśa) è una delle rappresentazioni di Dio più conosciute e venerate; figlio primogenito di Shiva e Parvati, viene raffigurato con una testa di elefante provvista di una sola zanna, ventre pronunciato e quattro braccia, mentre cavalca o viene servito da un topo, suo veicolo. Spesso è rappresentato seduto, con una gamba sollevata da terra e ripiegata sull'altra, nella posizione della Lalitasana. Tipicamente, il suo nome è preceduto dal titolo di rispetto induista, Shri.
Il culto di Ganesha è molto diffuso, anche al di fuori dell'India; i devoti di Ganesha si chiamano Ganapatya.

Etimologia ed altri nomi

Formato dalle parole sanscrite gana e isha (signore), Ganesha significa letteralmente "Signore dei gana" dove gana può essere interpretato come "moltitudine", facendo assumere al nome il significato di "Signore di tutti gli esseri", ma con gana nella tradizione induista si possono intendere anche dei piccoli demoni deformi che corteggiano Śiva.
Ganesha viene a volte chiamato anche Vighnesvara, "Signore degli ostacoli", Vinayaka, "colui che rimuove" o anche Pillaiyar.



Simbologia

Come per ogni altra forma con la quale l'Induismo rappresenta Dio, inteso come l'aspetto personale di Brahman (detto anche Īśvara, il Signore), anche la figura di Ganesha è un archetipo carico di molteplici significati e simbolismi che esprimono uno stato di perfezione, e il modo per raggiungerla; Ganesha è infatti il simbolo di colui che ha scoperto la Divinità in se stesso.
Egli rappresenta il perfetto equilibrio tra energia maschile (Śiva) e femminile (Shakti), ovvero tra forza e dolcezza, tra potenza e bellezza; simboleggia inoltre la capacità discriminativa che permette di distinguere la verità dall'illusione, il reale dall'irreale.
Una descrizione di tutte le caratteristiche e gli attributi di Ganesha si può trovare nella Ganapati Upaniṣad (una Upaniṣad dedicata a Ganesha) del rishi Atharva, nella quale Ganesha è identificato con il Brahman e con Ātman. In questo inno, inoltre, è contenuto uno dei mantra più famosi associati a questa divinità: Om Gam Ganapataye Namah (lett. Mi arrendo a Te, Signore di tutti gli esseri).
Nei Veda si trova anche una delle più salmodiate preghiere attualmente attribuite a Ganesha, che costituisce l'inizio del Ganapati Prarthana:
Gaṇānāṃ tvā ganapatiṃ havāmahe kavim kavīnām upamaśravastamam
jyeṣṭarājam brahmaṇām brahmaṇas pata ā nah śṛṇvann ūtibhiḥ sīda sādanam
(Rig Veda 2.23.1)



Il Signore del Buon Auspicio

In termini generali, Ganesha è una divinità molto amata ed invocata, poiché è il Signore del buon auspicio che dona prosperità e fortuna, il Distruttore degli ostacoli di ordine materiale o spirituale; per questa ragione se ne invoca la grazia prima di iniziare una qualunque attività, come ad esempio un viaggio, un esame, un colloquio di lavoro, un affare, una cerimonia, o un qualsiasi evento importante. Per questo motivo è tradizione che tutte le sessioni di bhajan (canti devozionali) comincino con una invocazione a Ganesha, Signore del "buon inizio" dei canti.
È inoltre associato con il primo chakra, che rappresenta l'istinto di conservazione e sopravvivenza, la procreazione ed il benessere materiale.

Attributi corporei

Ogni elemento del corpo di Ganesha ha una sua valenza ed un suo proprio significato:
  • la testa d'elefante indica fedeltà, intelligenza e potere discriminante;
  • il fatto che abbia una sola zanna (e l'altra spezzata) indica la capacità di superare ogni dualismo;
  • le larghe orecchie denotano saggezza, capacità di ascolto e di riflessione sulle verità spirituali;
  • la proboscide ricurva sta ad indicare le potenzialità intellettive, che si manifestano nella facoltà di discriminazione tra reale ed irreale;
  • sulla fronte ha raffigurato il Tridente (simbolo di Śiva), che simboleggia il Tempo (passato, presente e futuro) ne attribuisce a Ganesha la padronanza;
  • il ventre obeso è tale poiché contiene infiniti universi, rappresenta inoltre l'equanimità, la capacità di assimilare qualsiasi esperienza con sereno distacco, senza scomporsi minimamente;
  • la gamba che poggia a terra e quella sollevata indicano l'atteggiamento che si dovrebbe assumere partecipando alla realtà materiale e a quella spirituale, ovvero la capacità di vivere nel mondo senza essere del mondo;
  • le quattro braccia di Ganesha rappresentano i quattro attributi interiori del corpo sottile, ovvero: mente, intelletto, ego, coscienza condizionata;
    • in una mano brandisce un'ascia, simbolo della recisione di tutti i desideri, apportatori di sofferenza;
    • nella seconda mano stringe un lazo, simbolo della forza che lega il devoto all'eterna beatitudine del Sé;
    • la terza mano, rivolta al devoto, è in un atto di benedizione (abhaya);
    • la quarta mano tiene un fiore di loto (padma), che simboleggia la più alta meta dell'evoluzione umana.



La zanna spezzata

La zanna spezzata di Ganesha, come si è visto, indica principalmente la capacità di superare o "spezzare" la dualità; tuttavia, questo è un simbolo che può assumere vari significati.
«Un elefante ha, di norma, due zanne. Anche la mente propone spesso due alternative: quella buona e quella cattiva, l'eccellente e l'espediente, il fatto e la fantasia che la porta fuori strada. Per fare qualsiasi cosa, la mente deve comunque diventare determinata. La testa di elefante del Signore Ganesha ha quindi una sola zanna per cui Egli è chiamato "Ekadantha", che significa "Colui che ha una sola zanna", per ricordare ad ognuno che si deve possedere la determinazione mentale.»
(Sathya Sai Baba)
Ci sono vari aneddoti che spiegano l'origine di questo particolare attributo (v. paragrafo Come si ruppe la zanna di Ganesha?).



Ganesha e il Topo

La cavalcatura di Ganesha è un piccolo topo (Mushika o Akhu), che rappresenta l'ego, la mente con tutti i suoi desideri, la bramosia dell'individuo; Ganesha, cavalcando il topo, diviene padrone (e non schiavo) di queste tendenze, indicando il potere che l'intelletto e la discriminazione hanno sulla mente. Inoltre il topo (per natura estremamente vorace), viene spesso raffigurato a fianco di un piatto di dolci, con lo sguardo rivolto a Ganesha mentre tiene un boccone stretto tra le zampe, come in attesa di un suo ordine; rappresenta la mente che è stata completamente assoggettata alla facoltà superiore dell'intelletto, la mente sottoposta ad un ferreo controllo, che fissa Ganesha e non si accosta al cibo se non ne riceve il permesso. C'è anche un altro significato di Akhu, l'astuzia del topo che accompagnata alla saggezza dell'elefante fa compiere grandi imprese e, inoltre, tanto l'elefante quanto il topo, passano dappertutto, quasi senza incontrare ostacoli: uno per via della sua mole e l'altro, per la sua minutezza. Ganesha, infatti, è colui che aiuta a superare gli ostacoli e viene venerato prima di iniziare qualsiasi impresa.


Sposato o celibe?

È interessante notare come, secondo la tradizione, Ganesha sia stato generato dalla Madre Parvati senza l'intervento del marito Śiva; infatti Śiva, essendo eterno (Sadashiva), non sentiva alcuna necessità di avere figli. Così Ganesha nacque dall'esclusivo desiderio femminile di Parvati di creare. Di conseguenza, la relazione di Ganesha con la propria madre è unica e speciale.
Questa devozione è la ragione per la quale la tradizione dell'India del sud lo rappresenta come celibe (v. l'aneddoto Devozione alla Madre). Si dice che Ganesha, ritenendo sua madre Parvati la donna più bella e perfetta dell'universo, abbia esclamato: "Portatemi una donna bella come lei ed io la sposerò".
Nell'India del nord, invece, Ganesha è spesso raffigurato sposato alle due figlie di Brahma: Buddhi (intelletto) e Siddhi (potere spirituale). In altre raffigurazioni le sue consorti sono: Sarasvathi (dea della cultura e dell'arte) e Lakshmi (dea della fortuna e della prosperità), a simboleggiare che queste qualità accompagnano sempre colui che ha scoperto la propria Divinità interiore.


Aneddoti mitologici

Come ottenne una testa di elefante?

L'articolata mitologia induista presenta tante storie che spiegano in che modo Ganesha ottenne una testa di elefante; spesso l'origine di questo particolare attributo si trova negli stessi aneddoti che riguardano la sua nascita.
Nelle storie in questione, inoltre, si raccontano anche varie ragioni che rivelano l'origine dell'enorme popolarità del suo culto.

Decapitato e rianimato da Śiva

La storia più conosciuta è probabilmente quella tratta dallo Śiva Purāṇa: una volta Madre Parvati volle fare un bagno nell'olio, ma sentendosi offesa per una precedente visita improvvisa di suo marito Śiva mentre si stava lavando, creò un ragazzo dalla farina di grano di cui si era cosparsa il corpo e gli chiese di fare la guardia davanti alla porta di casa, raccomandando di non far entrare in casa nessuno. In quel frangente Śiva tornò a casa e, trovando sulla porta uno sconosciuto che gli impediva di entrare, si arrabbiò e lo decapitò con il suo tridente. Parvati ne fu molto addolorata e Śiva, per consolarla, inviò le proprie schiere celesti (Gana) a trovare e prendere la testa di qualsiasi creatura avessero trovata addormentata con il capo rivolto a nord. Essi trovarono un elefante che dormiva in tal modo, e ne presero la testa; Śiva la attaccò al corpo del ragazzo, lo resuscitò e lo chiamò Ganapathi, o capo delle schiere celesti, concedendogli di essere adorato da chiunque fosse in procinto di iniziare una qualsiasi attività importante.

Śiva e Gajasura

Un'altra leggenda riguardante l'origine di Ganesha narra che, una volta, ci fosse un Asura (demone) dalle sembianze di elefante chiamato Gajasura, il quale eseguì una penitenza (o tāpas); Śiva, soddisfatto di questa austerità, decise di concedergli in dono qualsiasi cosa desiderasse. Il demone voleva che dal suo corpo si emanasse continuamente del fuoco, in modo che nessuno osasse avvicinarlo; il Signore glielo concesse. Gajasura proseguì la sua penitenza e Śiva, che gli appariva davanti di tanto in tanto, gli chiese nuovamente che cosa desiderasse; il demone rispose: "Io desidero che Tu risieda nel mio stomaco".
Śiva esaudì la richiesta e vi prese dimora. Infatti, Śiva è anche conosciuto come Bhola Shankara, poiché è una divinità facile da propiziare; quando è soddisfatto di un devoto gli concede qualunque cosa chieda, e questo a volte genera situazioni particolarmente intricate. Fu così che Parvati, sua moglie, lo cercò ovunque senza risultato; come ultima risorsa si recò dal proprio fratello Viṣṇu, chiedendogli di trovare suo marito. Egli, che conosce tutto, la rassicurò: "Non preoccuparti, cara sorella, tuo marito è Bhola Shankara e concede prontamente qualunque grazia il Suo devoto Gli chieda, senza prenderne in considerazione le conseguenze; per cui penso che si sia cacciato in qualche guaio. Scoprirò cosa è accaduto".
Allora Viṣṇu, l'onnisciente regista del gioco cosmico, inscenò una piccola commedia: tramutò Nandi (il toro di Śiva) in un toro danzatore e lo condusse al cospetto di Gajasura, assumendo nel contempo le sembianze di un suonatore di flauto. L'incantevole esecuzione del toro mandò in estasi il demone, il quale chiese al suonatore di flauto di esprimere un desiderio; il Viṣṇu musicante allora rispose: "Puoi darmi quello che ti chiedo?" Gajasura replicò: "Per chi mi hai preso? Io posso darti subito qualunque cosa tu chieda". Il suonatore quindi disse: "Se è così, libera dunque dal tuo stomaco Śiva che vi si trova". Gajasura capì allora come questi non fosse altri che Viṣṇu Stesso, l'unico che potesse conoscere quel segreto, così si gettò ai suoi piedi e, liberato Śiva, Gli chiese un ultimo dono: "Io sono stato benedetto da Te con molti doni; la mia ultima richiesta è che tutti mi ricordino adorando la mia testa quando sarò morto". Śiva condusse allora lì il proprio figlio, la cui testa venne sostituita con quella di Gajasura. Da allora, in India è viva la tradizione per cui qualunque iniziativa, per essere prospera, deve cominciare con l'adorazione di Ganesha; questo è il risultato del dono di Śiva a Gajasura.



Lo sguardo di Shani

Una storia poco celebre riguardante le origini di Ganesha si trova nel Brahma Vaivarta Purana: Śiva chiese a Parvati, la quale desiderava avere un figlio, di compiere un particolare sacrificio (punyaka vrata) per un anno, in modo da appagare Viṣṇu.
Dopo il completamento del sacrificio, il Signore Krishna promise a Parvati di incarnarsi come suo figlio, all'inizio di ogni kalpa o era cosmica. Così Krishna nacque come un bellissimo bambino, con grande gioia di Parvati che volle celebrare la miracolosa nascita. Tutti gli dèi e le dee si riunirono per gioire della nascita. Shani, figlio di Surya (il deva del sole), era presente ma si rifiutò di guardare il neonato; disturbata dal suo comportamento, Parvati gliene chiese la ragione, e Shani rispose che se avesse guardato il bambino lo avrebbe ferito. In seguito all'insistenza di Parvati, Shani volse lo sguardo e, non appena i suoi occhi si posarono sul neonato, la sua testa fu tagliata all'istante. Tutte le deità presenti si disperarono, per cui Viṣṇu si precipitò sulle rive del fiume Pushpabhadra e tornò con la testa di un giovane elefante, e la unì al corpo del bambino infondendogli nuova vita. Viṣṇu benedì il bambino, promettendogli che egli sarebbe stato adorato prima di qualunque altra deità, e che sarebbe stato il migliore tra gli yogi; allo stesso modo Śiva lo pose a capo delle sue truppe e lo benedì, affermando che qualsiasi ostacolo, di qualsiasi entità, sarebbe stato superato pregando Ganesha.

Come si ruppe la zanna di Ganesha?

Ci sono vari aneddoti che spiegano come Ganesha si spezzò una zanna.

Ganesha scriba

La prima parte del poema epico del Mahābhārata dichiara che il saggio Vyāsa chiese a Ganesha di trascrivere il poema sotto la sua dettatura; Ganesha acconsentì, ma solo alla condizione che Vyāsa avrebbe dovuto recitare il poema ininterrottamente, senza alcuna pausa. Il saggio, allora, pose a propria volta una ulteriore condizione: Ganesha avrebbe non solo dovuto scrivere, ma comprendere tutto ciò che udiva ancor prima di scriverlo. In questo modo Vyāsa avrebbe potuto riprendersi un poco dal suo continuo parlare, semplicemente recitando un verso difficile da capire. La dettatura cominciò, ma nella foga della scrittura il pennino di Ganesha si ruppe, così egli si spezzò una zanna e la usò come penna affinché la trascrizione potesse andare avanti senza interruzioni, così da permettergli di mantenere la parola data.

Ganesha e Parashurama

Un giorno Parashurama, un avatar di Viṣṇu, si recò a fare visita a Śiva, ma lungo la strada fu bloccato da Ganesha. Parashurama si scagliò contro di lui con la sua ascia, e Ganesha (sapendo che quell'ascia gli era stata donata da Śiva) acconsentì a farsi colpire, perdendo così una zanna che fu tagliata.

Ganesha e la Luna

Si racconta che un giorno Ganesha, dopo aver ricevuto da moltissimi adoratori una gran quantità di dolci (Modak), per digerire meglio quell'impressionante mole di cibo, decise di fare una passeggiata; salì sul topo che utilizza come veicolo e partì. Era una notte magnifica e la Luna splendeva. All'improvviso spuntò un serpente che spaventò a morte il topo, il quale sussultando fece cadere il suo cavaliere. Il grosso stomaco di Ganesha venne schiacciato e, troppo pieno, scoppiò; tutti i dolci che aveva mangiato si sparsero attorno a lui. Tuttavia, egli era troppo intelligente per prendersela a causa di questo incidente, per cui senza perdere tempo in inutili lamentele, si preoccupò soltanto di risolvere al meglio la situazione: prese il serpente che aveva causato l'incidente e lo utilizzò come cintura per tenere chiuso il suo addome e bendare la ferita; e, soddisfatto, salì nuovamente sul topo e riprese il suo giro. Chandra, il deva della Luna, nel vedere la buffa scena scoppiò a ridere e si prese gioco di Ganesha; questi allora ritenne giusto punire il deva per la sua arroganza, quindi si spezzò una zanna e la lanciò contro la Luna spaccandone a metà il viso luminoso. Egli la maledisse, decretando che chiunque l'avesse guardata sarebbe stato perseguitato dalla sfortuna. Chandra, rendendosi conto del proprio errore, chiese perdono e pregò Ganesha di ritirare la maledizione; ma una maledizione non può essere revocata, soltanto attenuata, così Ganesha condannò la Luna a crescere e calare in intensità secondo cicli di 15 giorni, e stabilì che chiunque l'avesse guardata durante la festività di Vinayaka Chaturthi sarebbe stato colpito dalla sfortuna. Così, in certi momenti la luce della Luna si sarebbe spenta, per poi ricominciare poco a poco ad apparire; ma la sua faccia sarebbe rimasta intera soltanto per un brevissimo periodo di tempo, perché poi si sarebbe nuovamente "spaccata" fino a scomparire.

Ganesha, Capo delle Schiere Celesti

Una volta fu indetta una grande gara tra i Deva per scegliere tra essi il capo dei Gana (le truppe di semidèi al servizio di Śiva). I concorrenti avrebbero dovuto fare velocemente il giro del mondo e ritornare ai Piedi di Śiva. Gli Dei partirono sui propri veicoli, ed anche lo stesso Ganesha partecipò con entusiasmo alla gara; ma aveva una grossa corporatura, e per veicolo un topo. Naturalmente, procedeva con notevole lentezza e ciò gli era di grande svantaggio. Non aveva ancora fatto molta strada, quando gli apparve davanti il saggio Narada (figlio di Brahma), che gli chiese dove fosse diretto. Ganesha fu molto seccato e andò su tutte le furie, poiché era considerato infausto il fatto che, non appena s'iniziasse un viaggio, si incontrasse un Brahmino solitario. Nonostante Narada fosse il più grande dei bramini, figlio dello stesso Brahma, ciò rimaneva comunque di cattivo auspicio. Inoltre, non era considerato buon segno ricevere la domanda "Dove sei diretto?" quando ci si stava dirigendo da qualche parte; quindi Ganesha si sentì doppiamente sfortunato. Tuttavia, il grande brahmino riuscì a calmare la sua collera. Il figlio di Śiva gli raccontò il motivo della sua tristezza e il suo desiderio di vincere; Narada lo consolò, esortandolo a non disperarsi, e gli diede un consiglio:
"Così come un grande albero nasce da un singolo seme, il nome di Rama è il seme da cui si è sprigionato quell'immenso albero chiamato Universo. Perciò, scrivi per terra il nome "Rama", fai un giro intorno ad esso, e precipitati da Śiva a reclamare il tuo premio."
Ganesha tornò da suo padre, il quale gli chiese come avesse potuto fare così in fretta. Rispose, raccontandogli la storia ed il suggerimento di Narada; Śiva, soddisfatto della saggia risposta alla sua domanda, dichiarò vincitore suo figlio il quale da quel momento fu acclamato con il nome di Ganapati (Conduttore delle schiere celesti) e Vinayaka (Maestro di tutti).

L'appetito di Ganesha

Un aneddoto tratto dai Purana narra che il tesoriere di Svarga (il paradiso) e dio della ricchezza, Kubera, si recò un giorno sul monte Kailāśā per ricevere il darshan (la visione) di Śiva. Poiché era molto vanitoso, lo invitò ad una cena nella sua sfarzosa città, Alakapuri, in modo da potergli esibire tutte le sue ricchezze. Śiva sorrise e gli disse: "Non posso venire, ma puoi invitare mio figlio Ganesha. Ti avverto che è un vorace mangiatore!". Per nulla preoccupato, Kubera si sentiva pronto a soddisfare con la sua opulenza anche una fame insaziabile come quella di Ganesha. Prese con sé il piccolo figlio di Śiva e lo portò nella sua città; lì gli offrì un bagno cerimoniale e lo rivestì di abiti sontuosi. Dopo questi riti iniziali, iniziò il grande banchetto. Mentre la servitù di Kubera si impegnava al massimo per servire tutte le portate, il piccolo Ganesha si mise a mangiare, mangiare e mangiare... Il suo appetito non si arrestò neppure dopo aver divorato i piatti destinati agli altri ospiti; non c'era nemmeno il tempo di sostituire una portata all'altra, che Ganesha aveva già divorato tutto e, con segni di impazienza, attendeva nuovo cibo. Divorato tutto quanto era stato preparato, Ganesha prese a mangiare decorazioni, suppellettili, mobili, lampadari... Atterrito, Kubera si prostrò davanti al piccolo onnivoro e lo supplicò di risparmiargli il resto del palazzo.
"Ho fame. Se non mi dài altro da mangiare, divorerò anche te!", disse a Kubera. Questi, disperato, si precipitò sul monte Kailasa per chiedere a Śiva un rimedio urgente. Il Signore gli diede allora una manciata di riso abbrustolito, dicendo che quello l'avrebbe saziato; Ganesha aveva già ingurgitato quasi tutta la città, quando Kubera gli donò umilmente il riso. Con quel cibo, finalmente Ganesha si saziò e si calmò.


Devozione alla Madre

Una volta, da bambino, il piccolo Ganesha stava giocando con un gatto e inavvertitamente lo ferì. Quando tornò a casa, trovò la madre Parvati dolorante e ferita; le chiese come si fosse fatta male, ed ella rispose che la responsabilità non era di altri se non dello stesso Ganesha. Sorpreso, egli le domandò quando questo fosse successo. Parvati spiegò che, in quanto "Energia Divina" (o Shakti), Lei è immanente in tutti gli esseri; quando Ganesha ferì il gatto, anche Parvati fu ferita. Ganesha si rese conto che tutte le donne erano unicamente manifestazioni di sua Madre, e decise di non sposarsi. Fu così che rimase un Brahmachari, ovvero "celibe a vita"; ma d'altronde, non avendo desideri, Ganesha non sentiva alcuna necessità di avere delle mogli o dei figli.
Ganesha è anche definito Omkara o Aumkara, ovvero "avente la forma della Oṃ (o Aum)". Infatti, la forma del suo corpo ricalca il contorno della lettera sanscrita che indica il celeberrimo Bija Mantra; per questo Ganesha è considerato l'incarnazione del Cosmo intero, Colui che sta alla base di tutto ciò che è manifesto (Vishvadhara, Jagadoddhara).



I nomi di Ganesha

Come per tutte le altre Murti induiste, anche Ganesha è invocato attraverso innumerevoli appellativi che si riferiscono ai suoi attributi e caratteristiche.
Alcuni di essi:
  • Ganapathi, Conduttore delle schiere celesti (Gana)
  • Gananatha, Signore delle schiere celesti
  • Gananayaka, Maestro di tutti gli esseri
  • Omkaresha o Omkareshvara, Signore la cui forma è Oṃ
  • Gajavadana, Signore dalla testa di elefante
  • Gajanana, Signore dal volto di elefante
  • Vinayaka, Colui al di sopra del quale non esistono Maestri
  • Vighneshvara, Signore degli ostacoli
  • Vighna Vinashaka, Distruttore degli ostacoli
  • Vishvadhara o Jagadoddhara, Colui che regge l'Universo
  • Vishvanatha o Jagannatha, Signore dell'Universo
  • Mushika Vahana, Colui che cavalca il topo
  • Lambodhara, dal grosso ventre
  • Vakratunda, dalla proboscide ricurva
  • Ekadanta, dall'unica zanna
  • Shupakarna, dalle larghe orecchie
  • Pillaiyar

Un'altra murti molto amata è quella di Bala Gajanana o Bala Ganesha (lett. piccolo Ganesha o Ganesha bambino), in cui un giovanissimo Ganesha dalla piccola proboscide e dai grandi occhi viene raffigurato in braccio ai Genitori Divini, oppure mentre abbraccia dolcemente il Lingam, simbolo di Śiva.

I Festival ed il culto di Ganesha

Nell'India del sud, si festeggia un'importante festività in onore di Ganesha. Anche se è particolarmente popolare nello stato del Maharashtra, la si esegue in tutta l'India. Si celebra in dieci giorni, cominciando da Vinayaka Chaturti. Fu introdotta da Balgangadhar Tilak come mezzo per promuovere sentimenti nazionalistici quando l'India era occupata dagli Inglesi. Questo festival si celebra e culmina nel giorno di Ananta Chaturdashi quando la murti di Shri Ganesha è immersa nella più vicina riserva d'acqua: a Bombay la murti viene immersa nel Mare Arabico, a Pune nel fiume Mula-Mutha, mentre in varie città indiane del nord e dell'est, come Kolkata, le murti sono immerse nel sacro fiume Gange.
Le rappresentazioni di Ganesha si basano su simbolismi religiosi antichi migliaia di anni che culminano nella figura di una divinità dalla testa di elefante. In India le statue sono espressioni di significati simbolici e quindi non sono mai state spacciate come repliche esatte di una figura vivente. Ganesha non è visto come un'entità fisica, ma come un più elevato essere spirituale e le murti (rappresentazioni scultoree) hanno la funzione di simboleggiare la divinità come figura ideale. L'errore più comune per la concezione giudaico-cristiana occidentale è scambiare il concetto di murti con quello di idolo (culto ad oggetti fine agli oggetti di per sé stessi); c'è una profonda differenza tra i due, poiché presso la filosofia induista le murti sono punti di focalizzazione simbolica attraverso i quali è possibile raggiungere la Divinità. Per questa ragione si intraprende l'immersione delle murti di Ganesha nei fiumi più vicini, poiché questo simboleggia il fatto che esse permettono una comprensione solo temporanea di un Essere superiore; questa concezione è pertanto opposta a quella di idolo, che tradizionalmente indica il culto ad un oggetto per l'oggetto stesso, considerato divino.
Il culto di Ganesha in Giappone è stato datato all'anno 806.

La rinascita della popolarità

Recentemente, si è verificata una rinascita del culto di Ganesha e si è sviluppato un interesse sempre crescente verso questa divinità nel mondo occidentale, in seguito ad una "inondazione" di presunti miracoli: secondo la rivista Hinduism Today ed il libro Ganesha, Remover of Obstacles (di Manuela Dunn Mascetti), il 21 settembre 1995 le statue di Ganesha in India avrebbero cominciato spontaneamente a bere latte, ogni volta che un cucchiaio veniva posto davanti alla bocca di ogni statua per onorare il Dio-elefante. È riportato che il fenomeno si allargò e si verificò anche in altri luoghi, da New Delhi a New York, Canada, Mauritius, Kenya, Australia, Bangladesh, Malaysia, Regno Unito, Danimarca, Sri Lanka, Nepal, Hong Kong, Trinidad, Grenada e Italia. Questi avvenimenti furono considerati miracolosi da molte persone, e vennero interpretati come un ricordo della giocosità di Ganesha, del suo amore per i giochi e gli scherzi.

Ganesha nella cultura di massa

  • Nel noto cartone animato I Simpson, Ganesha è una delle divinità venerate dal negoziante indiano Apu con una statuetta nel suo market. Durante il matrimonio di Apu, Homer si traveste da Lord Ganesha per impedire le nozze, venendo però scoperto a causa della sua goffaggine (Tu non sei Ganesha, Ganesha è aggraziato!, esclamerà un ospite del matrimonio).
  • Ganesha è il nome di un personaggio della serie di videogiochi picchiaduro Bloody Roar, avente la capacità di assumere le sembianze di un elefante.
  • Ganesha è un personaggio giocabile nel MOBA Smite.

lunedì 21 dicembre 2015

Inawashiro Morikuni

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Inawashiro Morikuni (猪苗代 盛国; 1536 – ...) è stato un samurai giapponese del periodo Sengoku che servì il clan Date della provincia di Mutsu.
Morikuni era figlio di Inawashiro Morikiyo. Servì prima il clan Ashina del distretto di Aizu nella provincia di Mutsu e governava il castello di Inawashiro. Generale di grande abilità, fermò Date Masamune nel 1585 ad Habara durante la sua campagna contro il clan Ashina. Nel 1589, dopo delle dispute con Ashina Yoshihiro, Morikuni si avvicinò a Date Masamune grazie a Haneda Naokage (un servitore del clan Date). Morikuni si ribellò contro gli Ashina e si unì alla campagna di Masamune nel distretto di Aizu, che terminò con la definitiva sconfitta degli Ashina nella battaglia di Suriagehara e la successiva conquista del castello di Kurokawa. Masamune ricompensò Morikuni consentendogli di adottare lo stemma della famiglia Date.
Suo figlio maggiore morì poco dopo la caduta degli Ashina così Morikuni fu succeduto dal secondo figlio Inawashiro Munekuni.

domenica 20 dicembre 2015

Gichin Funakoshi

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Gichin Funakoshi (船越 義珍 Funakoshi Gichin; Shuri, 10 novembre 1868 – Tōkyō, 26 aprile 1957) è stato un karateka e maestro di karate giapponese.
Fu tra i più conosciuti e apprezzati maestri di arti marziali; fu il fondatore dello stile Shotokan.

Biografia

Gichin Funakoshi comincia la sua carriera di karateka, sotto la guida di uno dei più illustri maestri del tempo: Ankō Azato. La sua passione per il karate, comincia quando da piccolo, verso i 12 anni, va spesso a giocare dal figlio più grande di Azato, e si stupisce delle tecniche che il padre eseguiva in giardino. L'allenamento con il maestro era sempre durissimo e molto spesso si svolgeva di notte, al solo chiarore di una lanterna. Qui Azato insegna a Funakoshi tutti i segreti del karate con grande rigidità. I primi tempi Funakoshi doveva eseguire centinaia di volte il singolo kata o la singola tecnica, al fine di raggiungerne la perfezione. Funakoshi imparò numerosi kata da Kenwa Mabuni e mandò lo stesso figlio Gigō a studiare dal fondatore dello Shito-Ryu.
Funakoshi era molto legato alle tradizioni tanto che, malgrado la situazione economica della famiglia, vuole studiare medicina, ma tra le regole per entrare in accademia, c'è quella di tagliare la crocchia. La crocchia era molto importante all'epoca e così decide di lasciare medicina piuttosto che tagliarla. Comincia così un lavoro da insegnante alla scuola di Okinawa, e continuerà a farlo per oltre 30 anni.
Agli inizi del suo lavoro come insegnante, Funakoshi conosce Anko Itosu, amico di Azato, che acconsente ad insegnarli la pratica del karate, sempre sotto la guida di Azato. Le idee dei due maestri sono però piuttosto diverse, così come lo erano al tempo quelle di tutti gli altri maestri. Non esisteva infatti un sistema unificato di karate, ed ognuno personalizzava il proprio stile in base alle proprie esigenze.
Nel 1921 il principe ereditario giapponese, Hirohito, è in viaggio verso l'Europa e decide di far visita al piccolo distretto di Okinawa. Qui, durante la festa tenutasi per lui, incontra Funakoshi che esegue delle tecniche dimostrative. L'anno dopo, a Kyōto, è in corso un'esposizione di arti marziali ed educazione fisica e Funakoshi viene mandato per rappresentare l'isola. Incontra Jigoro Kano che lo invita a tenere una dimostrazione nel suo dojo a Tokyo. Kano è entusiasta dello stile mostratogli da Funakoshi, e rivestendo un importante carica all'interno del ministero dell'educazione, lo invita a rimanere per divulgare la sua arte. Funakoshi sentendo le parole di Kano, decide di rimanere a Tokyo per divulgare il karate.
I primi tempi risiede in una piccola camera, e fa il portinaio all'interno dello stesso palazzo. Il palazzo in questione è in realtà un pensionato per studenti, e quindi le possibilità di trovare allievi erano molte di più. Non riuscendo a vivere esclusivamente con lo stipendio di base, decide di chiedere in prestito una sala del palazzo inutilizzata e cominciare così i primi corsi di karate. All'inizio gli studenti sono molto pochi, ma nel giro di 2-3 anni, il numero aumenta considerevolmente, e si cominciano a creare molti club di karate, soprattutto fra le università. Nacque così il dojo Shotokan, costruito ad Okinawa, che significa "la casa nel fruscio della pineta": Shoto era infatti uno pseudonimo usato da Funakoshi quando, da giovane, scriveva poesie. Il dojo verrà distrutto nel corso della seconda guerra mondiale, e molti allievi moriranno. Nel dopoguerra però, alcuni degli allievi sopravvissuti tornano e ricostruiscono il dojo, così che Funakoshi possa ricominciare ad insegnare. In quegli anni Funakoshi scrive molti libri sulla filosofia del karate, ma il suo libro più importante sarà "Karate jutsu". Dopo la morte della moglie, torna a Tokyo all'età di 81 anni e scopre che molti suoi allievi lo aspettavano per conferirgli la carica di presidente delle Japan Karate Association: è il 1949. Agli inizi del 1951 però, cominciano a nascere le prime divergenze di opinioni all'interno della federazione e alcuni maestri la lasciano. Il numero degli allievi continua comunque ad aumentare. Gichin Funakoshi muore nell'aprile del 1957, all'età di 89 anni; sulla sua tomba fu scritto: "Il Karate non conosce primo attacco" (karate ni sente nashi).

sabato 19 dicembre 2015

Gaṅgā

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Gaṅgā (devanāgarī: गङ्गा, lett. "Colei che va veloce") è la divinità femminile induista che incarna il fiume Gange.

Le origini

In base ad una interpretazione, la Madre dei fiumi viveva un tempo in cielo, ma discese sulla terra, ai primordi dell'umanità, quando le forze del male dominavano, richiamata dalle preghiere dei fedeli, disperati per una aridità spaventosa. E da quel momento la dea ha attraversato l'India con le sue acque. Secondo una antica credenza i Gange sarebbero tre, perché oltre a quello fluviale, ve ne sarebbe uno sotterraneo e uno celeste nello spazio, che si uniscono a Benares.
Altre interpretazioni sulla nascita di Ganga narrano che quest'ultima sarebbe la personificazione delle acque sacre in Brahma oppure la nipote del re delle montagne Himavan.

Il culto

I devoti si recano una volta l'anno nei santuari sacri della dea per immergersi nelle acque purificatrici e vedersi graziati dieci peccati commessi nell'ultima loro vita e nelle ultime dieci esistenze. Alcuni cercano di trovare la morte dentro il fiume, perché questo evento può liberare l'individuo dal ciclo delle reincarnazioni.
Il compito di Ganga è di garantire ai fedeli la felicità, la ricchezza, la fertilità e la salute.

Iconografia

Nei canoni della arte indiana Ganga è rappresentata dall'immagine di una donna voluttuosa e dall'aspetto piacevole, che tiene nella sua mano un vaso. È accompagnata da un animale ibrido, il makara dal corpo di coccodrillo, e per il resto simile ad un pesce.

venerdì 18 dicembre 2015

Fu Zhensong

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Fu Zhensong (傅振嵩, Fù Zhènsōng; Mapo, 1881 – Canton, 1º maggio 1953) è stato un artista marziale cinese, soprannominato Jiannan (劍南, Jiànnán fu maestro di Taijiquan.
Originario del villaggio di Mapo (馬坡), Biyangxian (泌陽縣), nel territorio della città di Huaiqing (懷慶), nella provincia di Henan in Cina. È un celebre maestro di arti marziali cinesi esperto di vari stili soprattutto interni. Conosciuto come una delle "Cinque Tigri del Nord", è il fondatore lo stile Fu. Ha avuto un ruolo importante nel Zhongyang guoshu guan di Nanchino.

Biografia

Fu Zhensong nasce nel 1881. All'età di sedici anni entrò in una scuola di wushu dove seguì gli insegnamenti di Chen Yanxi (陳延禧), ottava generazione di Taijiquan della famiglia Chen, gli insegnamenti di Jia Qishan (賈岐山), un discepolo di Dong Haichuan nel Baguazhang.
Si racconta che all'età di 28 anni, Fu Zhensong difese il proprio villaggio dall'attacco di oltre 100 banditi affrontandoli con una lancia di ferro del peso di 8 chilogrammi e uccidendone il capo.
Nel 1911, Fu Zhensong iniziò a lavorare in un servizio di scorta e protezione dell'Henan. A 39 anni venne invitato dal generale Li Jinglin a servire come istruttore di wushu nell'esercito Beiyang. In seguito Fu Zhensong divenne capitano delle guardie del corpo ed insegnò arti marziali cinesi alle truppe di Zhang Zuolin. In quest'ultimo periodo si trovò a Pechino ed ebbe occasione di conoscere e confrontarsi con numerosi altri maestri.
Nel 1928 egli venne chiamato a partecipare al Zhongyang guoshu guan (中央國術館) di Nanchino. In seguito venne assunto come Capo Istruttore e come Vice Direttore al Liang guang guoshu guan (兩廣國術館). Nello stesso tempo, in questa area del Sud della Cina, Fu Zhensong insegnò alle truppe, all'Accademia di Polizia e all'Università Zhongshan.
Morì a Canton, Cina, 72 anni, nel 1953.

giovedì 17 dicembre 2015

Nodachi

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Una nodachi (野太刀) è una spada giapponese a due mani.

Nome

Il suo nome si traduce approssimativamente come "spada da campo" ma il vocabolo nodachi è utilizzato spesso nelle fonti storiche con la stessa funzione di ōdachi che significa "grande spada". L'uso originario del termine è invece riferito a qualunque tipo di grande spada da battaglia (daitō), incluso il tachi.

Caratteristiche

Una nodachi ha il medesimo disegno e aspetto generale di una tachi, ma è considerevolmente più lunga, in quanto può raggiungere una lunghezza che varia solitamente da 1,4 m a 1,8 m circa. Molte nodachi presentano una tsuka, o impugnatura, molto più lunga rispetto alla katana semplice, e per questo appaiono esteticamente sproporzionate, tuttavia una nodachi ottimale dovrebbe presentare un rapporto kissaki/tsuka di 4/1. Le nodachi sono state utilizzate sui campi di battaglia dalla fanteria per contrastare la cavalleria.



mercoledì 16 dicembre 2015

Gigō Funakoshi

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Gigō Funakoshi (1906 – 1945) è stato un karateka giapponese.
Fu il terzo figlio di Gichin Funakoshi (il fondatore del karate stile Shōtōkan) ed è generalmente riconosciuto come l'iniziatore del karate moderno.

Lo sviluppo del karate moderno

Sebbene mancato in giovane età (appena quarantenne, nella primavera del 1945), Gigō Funakoshi, (Yoshitaka in Giapponese) ebbe una vasta influenza nella evoluzione in senso moderno del karate stile shotokan.
Mentre suo padre fu responsabile della trasformazione del karate da tecnica di combattimento ad arte marziale filosofica (intesa come Dō, via, cammino, in lingua giapponese), Gigō fu il responsabile dello sviluppo di una tecnica di karate che i giapponesi separarono definitivamente dalle arti marziali di Okinawa, trasformandola e dandole una caratterizzazione tipicamente nipponica.

martedì 15 dicembre 2015

Kenji Hatanaka

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Kenji Hatanaka (畑中 健二 Hatanaka Kenji; Prefettura di Kyoto, 28 marzo 1923 – Tokyo, 15 agosto 1945) è stato un militare giapponese, maggiore dell'esercito imperiale.

Biografia

È stato uno degli autori del tentativo di colpo di Stato militare che, nella notte tra il 14 e il 15 agosto 1945, aveva come scopo di impedire all'Imperatore Hirohito di annunciare l'accettazione da parte del Giappone delle condizioni assunte alla conferenza alleata di Potsdam e la conseguente resa del Giappone. A seguito del fallimento del suo piano, si suicidò insieme agli altri cospiratori con un colpo di pistola alla testa davanti al Palazzo Imperiale.

lunedì 14 dicembre 2015

Hayashi Hidesada

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Hayashi Hidesada (林 秀貞; ... – 21 novembre 1580) è stato un samurai giapponese del periodo Sengoku che servì il clan Oda. È conosciuto anche come Michikatsu (通勝). Il suo titolo di corte fu Sado no Kami..

Biografia

La famiglia Hayashi, un ramo del clan Inaba, era originaria del villagio di Oki nel distretto Kasugai dellea provincia di Owari. Michikatsu, nato nei primi decenni del XVI° secolo, servì il clan Oda, prima con Oda Nobuhide, e poi con il giovane Oda Nobunaga nel momento della sua assegnazione del castello di Nagoya. Hidesada era il principale Karō (ufficiale samurai di alto rango); assieme a Hirate Masahide servì come guardia di Nobunaga. Nel 1546 assisté Nobunaga alla cerimonia genpuku (cerimonia in cui si celebra la maggiore età).
Dopo la morte di Nobuhide nel 1551, Hidesada si preoccupò per il comportamento eccentrico di Nobunaga, e supportò segretamente Oda Nobuyuki, fratello di Nobunaga, come successore del clan. Nel 1555 Nobunaga uccise Oda Nobutomo e catturò il castello di Kiyosu; Hidesada fu messo a difesa del castello di Nagoya. Nobunaga unì l'intero clan Oda sconfiggendo tutti i contendenti, e prese il controllo della provincia di Owari. Tuttavia, Hidesada era ancora profondamente insoddisfatto di Nobunaga. Nel 1556, assieme a Hidesada, Shibata Katsuie raccolse truppe per cacciare Nobunaga e sostituirlo con Oda Nobuyuki. Vennero sconfitti nella battaglia di Inō ed una tregua temporanea fu mediata da Nobunaga, che non voleva continuare una lotta avrebbe potuto portare ad un'invasione di daimyō vicini. Hidesada e Katsuie furono entrambi graziati e mantennero le loro posizioni nel clan Oda. Due anni più tardi, Nobuyuki tramò ancora contro Nobunaga e questa volta fu ucciso.
Nel novembre 1575 dopo che Nobunaga decise di ritirarsi per mettere Oda Nobutada come capo del clan, Hidesada fu incaricato di prendersi cura di Nobutada. Nel mese di agosto 1580, Nobunaga decise improvvisamente di bandire Hidesada da tutte le posizioni per aver sostenuto Nobuyuki in passato. Il motivo sembra essere molto banale, ed è molto probabile che Nobunaga decise che Hidesada aveva esaurito la sua utilità e decise di tagliare dei servitori. Probabilmente da quel momento visse a Kyoto dove morì pochi anni dopo.

domenica 13 dicembre 2015

Hiroyuki Hamada

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Hiroyuki Hamada (Satsumasendai, 29 ottobre 1925 – 16 settembre 2003) è stato un karateka e maestro di karate giapponese.
Fu il fondatore del karate Nihon Koden Shindo Ryu e maestro di Felton Messina.

Storia

Nel 1939, all'età di 15 anni iniziò a praticare lo stile di karate Okinawense chiamato: Tomari-Ha. Nel marzo 1943, raggiunse il diploma al liceo, dopo aver perso due anni di scuola a causa della seconda Guerra mondiale, lo stesso tempo lo utilizzò per allenarsi nel Karate. In quell'anno iniziò lo studio di stili okinawensi della corrente dello Shuri-Te. Fra l'aprile 1943 e marzo 1944 si dedicò a tempo pieno alla pratica e al perfezionamento del Karate.
Nell'aprile 1944 entrò nei marine giapponesi. Dagli inizi della guerra al 1945 fece parte di una delle squadre dell'Aeronautica di Kurashiki. Quando ricevette la notizia della sconfitta giapponese, rifletté per 10 giorni sulla possibilità di praticare il Seppuku. Dopo quei dieci giorni si decise fermamente a vivere ed aiutare gli altri attraverso il Karate-Do. Nell'Agosto 1945, fece ritorno nella città di Satsumasendai.

sabato 12 dicembre 2015

Garuda

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Garuḍa (devanāgarī: गरुड़; s.m. sanscrito; anche Garuda), è, nello hindūismo, e più in generale nelle culture religiose orientali, il divino capostipite della stirpe degli uccelli.
Il nome sanscrito Garuḍa viene reso così nelle altre lingue orientali:
  • cinese: 迦樓羅, Jiālóuluó;
  • giapponese: 迦樓羅 Karura;
  • coreano: 가루다 Garura, Karura;
  • vietnamita: Garuda, Ca-câu-la;
  • thailandese: ครุฑ Krut.
Nei Veda appare il nome di Garutmat, connesso all'espressione di suparṇa (dalle ali bellissime), volendo indicare un uccello o il sole alato (ad es.: Ṛgveda, I, 164, 46; X, 149, 3).
Nel Mahābhārata (ad es. in I, 33, 24 e V, 112, 1) Garuḍa viene espressamente indicato con il nome vedico di Garutmat (Garutman).
Per Alain Daniélou il nome di Garuḍa conserva la sua origine nella radice sanscrita gṛ="parlare" (anche Uṇādisūtra, IV, 155), in tal senso Garuḍa rappresenterebbe le formule ermetiche e magiche dei Veda, grazie alle quali l'uomo può volare, innalzarsi, verso i cieli divini.
Il Matsya Purāṇa (256) ricorda come i Veda sono l'uccello che trasporta il signore dei sacrifici, Viṣṇu; quindi il suono dei sacrifici è il corpo di questo uccello (257).
La sua importanza nella religione induista può essere compresa dal fatto che un'Upaniṣad indipendente, la Garudopanishada, e un Purana, il Garuda Purana, sono dedicati a lei. Garuda è nota con molti altri nomi - Chirada, Gaganeshvara, Kamayusha, Kashyapi, Khageshvara, Nagantaka, Sitanana, Sudhahara, Suparna, Takshya, Vainateya, Viṣṇuratha e altri ancora. Nei Veda è presente il più antico riferimento a Garuda, con il nome Shyena, laddove si dice che questo maestoso uccello avrebbe portato il nettare degli dei (amrit) sulla Terra dal Cielo; i Purana, molto successivi, riferiscono lo stesso di Garuda, indicando che Shyena e Garuda siano la stessa divinità (o lo siano diventate nel tempo). Una delle facce dello Shri Panchamukha ("cinque facce", metamorfosi di Hanuman) è Mahavira Garuda, rivolta ad occidente. Si crede che pregando Garuda sia possibile curare gli effetti del veleno. Nella mitologia buddhista, i garuda sono una razza divina di uomini-uccello, nemici dei naga, cui danno la caccia. Nel Mahasamyatta Sutta, si narra che Buddha abbia ottenuto una pace tra naga e garuda.



venerdì 11 dicembre 2015

Gu Ruzhang

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Gu Ruzhang 顾汝章 (cinese) (Funing, 1894 – Guiyang, 1952) è stato un insegnante cinese.
Gu Ruzhang (顾汝章, più conosciuto nella pronuncia Ku Yu-chang ), soprannominato “Jinqiang Tiezhang Gu Ruzhang” (金枪铁掌顾汝章, Gu Ruzhang Lancia d'oro e Palmo di ferro). Si è classificato tra i primi 15, nel primo Guokao dello Zhongyang Guoshu Guan. È una delle Wu hu xia Jiangnan (五虎下江南, le 5 tigri che si recarono al sud). Ha tramandato un sistema di arti marziali cinesi chiamato Bei Shaolin.


Biografia

Gu Ruzhang nacque nel 1894 a Zhenghongzhen (正红镇) nella contea di Funing (阜宁), nel Jiangsu. Suo padre, Gu Lizi (顾利子) gestiva un servizio di scorta per uomini di affari (Biaoju, 鏢局) ed era un eccellente praticante di Tantui, che trasmise al figlio. Quando Gu Ruzhang aveva 14 anni (1908), il padre venne colpito da un morbo e morì in poco tempo, prima di morire si raccomandò con il figlio di continuare la propria preparazione con Yan Yunqi (嚴蘊齊, che per qualche altra fonte si chiamava Yan Jiwen, 严继温), suo Xiongdi (fratello nelle arti marziali). Perciò, a 16 anni (1910), Gu Ruzhang si recò al villaggio fortificato della famiglia Yan, nella zona di Feicheng (肥城), in Shandong, dove seguì gli insegnamenti di Yan Yunqi . Qui apprese i 10 Taolu di base di quello che sarà il suo sistema (Bei Shaolin Men), Xiao Jinzhong, Tieshazhang e l'utilizzo delle armi. Nel 1928 partecipa al primo Guokao (国考) dello Zhongyang Guoshu Guan (中央國術館), classificandosi tra i primi 15, nonostante l'assenza di regole che portò a dover evitare le finali, procedendo all' elezione dei vincitori. Nello stesso anno viene invitato ad assumere il ruolo di insegnante di arti marziali presso il Liang Guang Guoshu Guan (两广国术馆), divenendo così famoso, assieme ad altri quattro celebri maestri, come Wu hu xia Jiangnan (五虎下江 南). Nel 1929 fonda la Guangzhou Guoshu She (广州国术社, associazione dell'arte nazionale di Canton) di cui è il primo presidente. Nel 1938, quando l'esercito giapponese occupò Canton, Gu Ruzhang entrò nell'esercito ed insegnò arti marziali all'interno delle accademie militari del Guangxi e del Guizhou. Nel 1952, mentre si trova nella città di Guiyang (贵阳), nella provincia di Guizhou (贵州) muore a causa di una malattia. Qualcuno ipotizza sia stato ucciso dalle truppe comuniste perché considerato un nazionalista.

Lignaggio

Quello che segue è un lignaggio dello "Shaolinquan" appreso da Gu Ruzhang:
  • 1 朝元 和尚 (Chao Yuan Heshang)
  • 2 甘鳳吃 (Gan Fengchi)
  • 3 萬邦才 (Wan Bangcai)
  • 4 嚴徳功 (Yan Degong)
  • 5 嚴三省 (Yan Sanxing)
  • 6 嚴機溫 (Yan Jiwen)
  • 7 顧汝章 (Gù Rǔ Zhāng)

Aneddoti

Nella città di Changsha venne affrontato pubblicamente da Liao Senyan, un ventenne, esperto di stili taoisti. Gu Ruzhang in pochi secondi lo proiettò fuori dal Leitai (ring). Nel 1931, a Canton c'era un russo che si divertiva a seminare il terrore nelle strade dei quartieri poveri, lanciando il suo cavallo al galoppo. Gu, irritato dai numerosi incidenti provocati dal cavallo, decise di farsi trovare sul suo cammino. Dopo aver schivato gli zoccoli del cavallo, contrattaccando con la sua famosa Tieshazhang ed abbattendo con un solo colpo l'animale sotto gli occhi increduli del suo padrone. Si racconta che, sempre a Canton, il maestro di Cailifo, Tan San (谭三), mandò a sfidare Gu un suo discepolo peso massimo (si narra di 100 kg) che Gu Ruzhang batté facilmente. Qualche giorno più tardi Gu venne attaccato da 5 allievi di Tan, sconfiggendo anch'essi. Se anche l'episodio è avvolto di un'aura leggendaria, Gu Ruzhang e Tan San furono legati da una forte e sincera amicizia e si scambiarono conoscenze.

Altri apprendimenti

Gu Ruzhang, come moltissimi maestri della sua epoca, non si chiuse nelle conoscenze trasmessegli da Yan Yunqi, ma arricchì le proprie conoscenze con i grandi maestri dell'epoca che ebbe l'opportunità di conoscere e frequentare.
  • Da Li Jinglin apprese la Wudangjian.
  • Con Sun Lutang ebbe modo di studiare Baguazhang e Xingyiquan.
  • Da Yu Zhensheng apprese il Chaquan.

Allievi

Questi sono alcuni dei discepoli di Gu Ruzhang:
  • Yan Shangwu (嚴尚武, Yim Sheung Mo); Long Zijiang (龍子祥, Lung Chi Cheung); Lai Ganqing (賴幹清); Zhou Shenzhi (周慎之); Hu Xianglin (胡香林); Tang Qixian (唐啟賢); Hu Shaobao (胡少葆); Pan Zhu (潘珠); Li Yaoshan (李堯山); Chen Nianbai (陳年柏); Zheng Baili (鄭百里); Xie Chongsheng (謝重生); Ping De'an (馮德安); Song Yuwen (宋郁文); Chen Xianmin (陳咸民); Chen Xiantong (陳咸通); ecc., senza dimenticare i figli di Gu Ruzhang, Gu Naixi (顧乃熹) e Gu Naixian (顧乃嫻).
Long Zijiang (Lung Chi Cheung) ha trasmesso lo stile a suo figlio Lung Kai Ming, che nel 1969 ad Hong Kong ha fondato a nome del padre la Hong Kong Chinese Martial Arts Association, successivamente (2006) rinominata Hong Kong Chinese Martial Arts Dragon And Lion Dance Association.

giovedì 10 dicembre 2015

Morihiro Higashikuni

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Morihiro Higashikuni (東久邇 盛厚 Higashikuni Morihiro), nato Principe Higashikuni (盛厚王 Morihiro Ō), (Tokyo, 6 maggio 1916 – Tokyo, 1º febbraio 1969) è stato un principe e militare giapponese, appartenente a un ramo cadetto della famiglia imperiale del Giappone e marito della principessa Shigeko, prima figlia dell'Imperatore Hirohito e dell'Imperatrice Teimei.

Primi anni di vita

Morihiro Higashikuni nacque a Tokyo il 6 maggio 1916, figlio maggiore ed erede del principe Naruhiko Higashikuni, nipote dell'imperatore Meiji e contemporaneamente cugino e genero dell'imperatore Hirohito. Come la maggior parte membri maschi della famiglia imperiale di quegli anni, fu educato fin da piccolo in previsione di una carriera nelle forze armate.

Carriera militare

Dopo aver conseguito il diploma alla scuola Gakushūin e presso la scuola militare preparatoria, servì per una sessione nella Camera dei Pari. Nel giugno del 1937 si laureò presso la 49ª classe dell'Esercito imperiale giapponese e fu nominato secondo sottotenente dell'artiglieria da campagna nel successivo mese di agosto. Nel marzo seguente, fu promosso a tenente del 1º reggimento di artiglieria, di stanza nel Manciukuò.
Durante la battaglia di Khalkhin Gol dell'estate 1939, comandò la prima batteria del 1º reggimento di artiglieria da campagna del Kwantung. Nel mezzo della battaglia, si ritirò di fronte alla controffensiva sovietica senza ordini e il 2 agosto fu trasferito in Giappone. L'incidente fu censurato dai militari giapponesi, ma aiutò la propaganda per l'esercito sovietico. Nonostante questa apparente macchia sul suo stato di servizio, fu promosso a capitano d'artiglieria nel marzo del 1941. Dal dicembre 1942 al dicembre 1943, frequentò il collegio dell'esercito e dopo la laurea fu promosso a maggiore e iscritto nell'elenco di riserva.


Matrimoni e famiglia

Il 10 ottobre 1943, il principe Higashikuni sposò la diciottenne principessa Shigeko, figlia maggiore dell'Imperatore Hirohito e dell'Imperatrice Teimei.
La coppia ebbe cinque figli, gli ultimi tre dei quali nacquero dopo che la famiglia Higashikuni fu rimossa dal registro della Casa Imperiale:
  • Principe Nobuhiko (東久邇宮信彦王 Higashikuni-no-miya Nobuhiko ō, nato il 10 marzo 1945); sposato dal 1973 con Shimada Yoshiko, con un figlio, Higashikuni Yukihiko (nato nel 1974);
  • Principessa Fumiko (文子女王 Fumiko Joo, nato il 23 dicembre 1946); sposato con Omura Kazutoshi;
  • Hidehiko (東久邇秀彦?, nato il 30 giugno 1949); adottato dalla famiglia Mibu come "Mibu Motohiro";
  • Naohiko (東久邇真彦?, nato nel 1953); sposato con Sato Kazuko, con due figli, Teruhiko e Mutsuhiko;
  • Yuko (東久邇優子?, nato nel 1954).
La sua prima moglie, morì di cancro nel luglio del 1961. Nel 1964, Morihiro sposò la signorina Yoshiko Terao. Dal secondo matrimonio nacquero due figli: Atsuhiko e Morihiko.



Ultimi anni di vita e morte

Nell'ottobre del 1947, durante l'occupazione americana, gli Higashikuni e gli altri rami cadetti della famiglia imperiale giapponese persero i loro titoli nobiliari e privilegi e divennero gente comune. Da non nobile tentò diverse iniziative imprenditoriali senza successo prima di diventare capo della divisione di ricerca della società mineraria di Hokkaido e della compagnia Steamship.
Morì nel Centro medico San Luca di Tokyo il 1º febbraio 1969 per un cancro ai polmoni.

mercoledì 9 dicembre 2015

Hanumat

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Nell'induismo, Hanumat (devanāgarī: हनुमत्; nominativo singolare हनुमान् Hanumān), anche noto come Anjaneya, è una delle figure più importanti del poema epico indiano Ramayana; è un vanara (spirito dall'aspetto di scimmia) che aiutò il Signore Rama (avatar di Viṣṇu) a liberare la sua consorte, Sītā, dal re rakshasa Ravana.
Simboleggia la bhakti, ed è talvolta considerato l'undicesimo avatar Rudra del Signore Shiva (Rudra è una forma di Shiva nei Rig Veda); è conosciuto come Figlio (spirituale) del deva Vāyu, la divinità indù del vento.
Secondo alcuni studiosi la sua epica avrebbe ispirato nella mitologia cinese la figura di Sun Wukong, poi reso famoso dal romanzo Viaggio in Occidente.
Hanuman è la personificazione di saggezza, brahmacharya, bhakti (devozione/fede), giustizia, onestà e forza; questo si manifesta nel suo incrollabile impegno per la giustizia, impeccabile esecuzione degli incarichi che gli sono affidati, e infallibile talento nel servire il suo padrone prescelto. Il suo indispensabile ruolo nel riunire Rama con Sītā è accostato da alcuni a quello di un maestro che aiuta l'anima individuale e scoprire il divino; sebbene per i non induisti potrebbe sembrare strano venerare una scimmia, ciò si spiega nella venerazione per gli attributi inumani che rappresenta.
Non c'è benedizione che non possa concedere: Sītā gli garantì il potere di concedere le otto siddhi e nove tipi di ricchezza; tuttavia anche questo impallidisce dinanzi al dono più grande che si può ricevere da lui: le incredibili qualità di elevazione spirituale per cui Hanuman stesso è famoso. Si dice anche che mentre Rama agisca per spirito di giustizia, Hanuman agisca per compassione.
È facilmente raggiungibile, solo cantando il mantra 'Ram'; d'altra parte si dice che un modo molto efficace per raggiungere il Signore Rama sia di venerare Hanuman — lo Hanuman Chalisa ha un verso che recita "Tumharae bhajan Ram ko paavae", cioè "cantando inni su di te, Rama è raggiunto".

Nascita

Hanuman nacque nel Treta Yuga, figlio di Anjana, una vanara (Hanuman è perciò chiamato Anjaneya, cioè 'figlio di Anjana'); Anjana era in realtà una apsara (creatura celeste) di nome Punjikasthala, che, a causa di una maledizione, nacque sulla Terra come una vanara. L'unico modo per rimuovere la maledizione era che partorisse un'incarnazione del Signore Shiva. Anjana era moglie di Kesari, un fortissimo vanara che una volta aveva ucciso da solo un grande elefante che infastidiva saggi e eremiti; fu perciò chiamato 'Kesari' (leone) e con l'appellativo Kunjara Südana (uccisore di elefanti - sic). Insieme a Kesari, Anjana pregò intensamente il Signore Śiva; commosso dalla loro devozione, Shiva gli concesse quel che desideravano. Mentre Anjana stava venerando il Signore Shiva, Dasaratha, re di Ayodhya, stava recitando il Putrakama Yajña per chiedere dei figli; il suo desiderio fu esaudito, e ricevette del budino sacro, da dividere con le sue tre mogli. Questo portò alla nascita del Signore Rama, Lakshmana, Bharata e Shatrughna. Per volere divino, un nibbio rubò un frammento del budino, e lo lasciò cadere sulla foresta in cui Anjana era in venerazione; Vāyu, divinità induista del vento, portò il budino nelle mani di Anjana, che lo mangiò, e rimase incinta di Hanuman come conseguenza.

Infanzia, educazione e maledizione

Il padre spirituale di Hanuman è Vāyu (noto anche come Marut, Pavan, ecc...); perciò Hanuman è anche chiamato Pavan-putra (cioè 'figlio di Pavan') o Maruti.
Ereditò le qualità del padre, come la velocità nel volo, la resistenza fisica e una forza sovrumana; da bambino, credendo che il sole fosse un frutto maturo, spiccò il volo per coglierlo. Indra, re dei deva e protettore della legge universale, osservando questa scena, rivolse la sua arma, Vajra (fulmine), contro Hanuman, che ricadde in terra, rompendosi il mento e perdendo conoscenza. Infuriato, Vāyu dichiarò sciopero, e portò con sé l'atmosfera: quando ormai tutti gli esseri viventi erano in pericolo d'asfissia, Indra per far la pace con Vayu annullò gli effetti del suo fulmine, e i deva curarono Hanuman e lo benedissero, ma rimase la cicatrice sul suo mento (hanuhH in sanscrito).
Riconoscendo Surya come maestro onnisciente, Hanuman portò il suo corpo in orbita attorno al sole e gli chiese di accettarlo come discepolo: Surya rifiutò, spiegando che poiché viaggiava sempre sul suo carro sarebbe stato impossibile per Hanuman imparare qualcosa. Per nulla preoccupato dal viaggio di Surya, Hanuman ingigantì il suo corpo; pose una gamba ad occidente e l'altra a oriente, con la faccia rivolta al sole, e ripeté la sua richiesta. Compiaciuto dalla sua insistenza, Surya accettò; Hanuman allora seguì Surya in tutto il suo percorso, e apprese tutto il suo sapere. Quando poi Hanuman chiese a Surya di accettare la sua 'guru-dakshina' (tributo al maestro), questi rifiutò, affermando che il piacere di insegnare a qualcuno così dedito era il miglior tributo; Hanuman insistette, e allora Surya gli chiese di ricambiare aiutando il suo figlio spirituale Sugriva. La scelta di Hanuman di avere Surya per maestro indica Surya come Karma Saakshi, testimone eterno di tutte le cose.
Hanuman era malizioso nella sua infanzia, e talvolta infastidiva i saggi in meditazione rubando le loro cose o disturbandoli mentre recitavano le loro venerazioni; trovando le sue azioni insopportabili, ma rendendosi conto che Hanuman era solo un bambino, (sebbene invincibile), i saggi posero una modesta maledizione su di lui: a causa di questo, Hanuman si dimenticò della sua superiorità, e se ne sarebbe ricordato solo quando altri gliene avessero parlato. È stato ipotizzato che senza la maledizione l'intero corso del Ramayana sarebbe stato differente, perché Hanuman dimostrò abilità fenomenali durante la guerra, nonostante la maledizione.

Hanuman nella Guerra Ramayana

Il Sundara Kanda, il quinto libro del Ramayana, si concentra particolarmente sulle avventure di Hanuman.
Hanuman incontrò Rama mentre questi era in esilio, e con il fratello Lakshmana era alla ricerca di sua moglie Sītā, rapita dal re rakshasa Ravana; la loro ricerca li aveva portati nelle vicinanze della montagna Rishyamukha, dove Sugriva, con i suoi seguaci e amici, si stava nascondendo da suo fratello maggiore Vali, il re vanara con il quale aveva avuto una grave incomprensione: rifiutandosi di ascoltare le ragioni di Sugriva, Vali lo aveva bandito dal regno, e aveva trattenuto sua moglie com prigioniera nel suo palazzo. Vedendo arrivare Rama e Lakshmana, Sugriva mandò Hanuman ad accertarsi delle loro identità. Hanuman avvicinò i due fratelli travestito da brahmino; le sue prime parole furono così convincenti che Rama disse a Lakshmana che nessuno avrebbe potuto parlare in quel modo senza aver padroneggiato i Veda. Osservò anche che non c'erano difetti nel contegno, negli occhi, nella fronte, nelle sopracciglia o in alcuna parte del brahmino; fece notare a Lakshmana che il suo accento era affascinante, e che ogni nemico con la spada sguainata si sarebbe commosso; elogiò a lungo Hanuman (travestito), dicendo che sicuramente la fortuna avrebbe atteso il re che inviava un emissario così perfetto. Quando Rama rivelò la Sua identità, Hanuman gli si prostrò dinanzi e Rama lo abbracciò caldamente.
In seguito, la vita di Hanuman sarebbe stata inestricabilmente legata a quella del Signore Rama; Hanuman fu artefice di un'amicizia e alleanza tra Rama e Sugriva, e Rama aiutò Sugriva a riguadagnare il suo onore e lo fece re di Kishkindha (il regno dei vanara), e Sugriva con i suoi vanara aiutò Rama a sconfiggere Ravana e riabbracciare Sita, con Hanuman che giocherà un ruolo fondamentale nell'avventura.
Nella loro ricerca per Sita, un gruppo di varana raggiunse le rive del mare del Sud; dinanzi al vasto oceano, cominciarono a lamentarsi di non poter superare l'ostacolo; anche Hanuman era preoccupato della possibilità che la sua missione fallisse, finché gli altri vanara, specialmente il saggio orso Jambavantha cominciò a elogiarne le virtù. Hanuman allora si ricordò delle sue capacità, ingigantì il suo corpo e attraversò in volo l'Oceano. Hanuman quindi giunse sull'isola di Lanka e trovò Sita; le rivelò la sua vera identità, rassicurandola e confortandola, ed elevò il suo spirito: le offrì di portarla da Rama sulla sua schiena, ma lei rifiutò, dicendo che sarebbe stato un insulto a Rama. Hanuman che porta il messaggio di Rama a Sita è accostato da alcuni studiosi ad un maestro divino che insegna ad un allievo del Dio Supremo.
Dopo l'incontro con Sita, Hanuman cominciò a distruggere tutto ciò che trovava sull'isola di Lanka; per fermarlo, Indrajit, figlio di Ravana, usò il Brahmāstra. Sebbene immune all'astra, Hanuman, per rispetto di Brahma, si fece catturare; portato al cospetto di Ravana, Hanuman colse l'opportunità per valutare la forza dell'esercito di Ravana: riferì il messaggio di avvertimento di Rama a Ravana, e chiese il ritorno di Sita, informandolo che in quel caso Rama l'avrebbe perdonato. Infuriato, Ravana ordinò che Hanuman fosse messo a morte, ma Vibheeshana, fratello di Ravana, intervenne, facendo notare come fosse empio uccidere un messaggero. Ravana allora commutò la sentenza, ordinando che fosse dato fuoco alla sua coda; Hanuman prima li disorientò variando la lunghezza della sua coda, ma dopo averli frustrati un po', li lasciò fare, se ne andò con la coda in fiamme e bruciò gran parte dell'isola di Lanka sul suo cammino, prima di spegnere le fiamme nel mare, e fare ritorno da Rama.
Durante la guerra, quando Lakshmana fu severamente ferito da Indrajit, Hanuman fu inviato a cogliere il Sanjivani, una potente erba medicinale, per curarlo; Ravana comprese che se Lakshmana fosse morto Rama si sarebbe probabilmente arreso, e diede allo zio l'incarico di tentare Hanuman con i lussi. Hanuman uccise il rakshasa, ma non fu capace di trovare l'erba prima del tramonto, così sollevò l'intera montagna Dronagiri e la portò a Lanka, dove si fece aiutare da altri a cercare salvando Lakshmana; Rama lo abbracciò, dicendo che Hanuman gli era caro quanto il suo amato fratello Bharata.
In un'altra occasione durante la guerra, quella che lo spinse ad assumere la sua forma Panchamukha, Rama e Lakshmana furono catturati dal rakshasa Mahiravana (anche Ahiravana), un potente praticante di magia nera e arti oscure, e tenuti prigionieri nel suo palazzo nel Patalpuri o Patala (mondo degli Inferi); quando Hanuman raggiunse Patala per salvarli, trovò che i cancelli del Patala erano protetti da una creatura molto giovane detta Makardhwaja (o Makar Dhwaja o Magar Dhwaja), in parte pesce e in parte vanara. La storia della nascita di Makardhwaja è interessante; sebbene Hanuman sia rimasto celibe tutta la vita, Makadhwaja era figlio suo: quando Hanuman aveva spento la sua coda in fiamme nell'oceano, senza che lo sapesse una goccia del suo sudore vi era caduta dentro, e questa goccia era stata inghiottita da una pesciolina, che era rimasta incinta. Quando il pesce fu portato alle cucine di Mahiravana per essere cotto, questi si rese conto di essere di fronte a una creatura straordinaria, così lo crebbe e gli diede l'incarico di guardare le porte di Patalpuri. Hanuman era naturalmente inconsapevole di avere un figlio, e sebbene Makardhwaja sapesse che Hanuman era suo padre, non lo riconobbe poiché non lo aveva mai visto; quando Hanuman gli si presentò egli voleva averne la benedizione, ma decise di combatterlo per attenersi al suo incarico di proteggere le porte di Patalpuri. Hanuman lo vinse e lo legò all'ingresso di Patalpuri, quindi proseguì per liberare Rama e Lakshmana.
Quando entrò nel Patala, Hanuman scoprì di dover spegnere cinque lampade insieme per uccidere Mahiravana; allora assunse la sua forma Panchamukha (Pancha - cinque, mukha - facce) con le facce di Shri Varaha, Shri Narasimha, Shri Garuda, Shri Hayagriva e la sua, Shri Hanuman, poi soffiò e spense tutte le lampade insieme. Dopo aver ucciso Mahiravana, Hanuman liberò Rama e Lakshmana, e poi incoronò Makardhwaja nuovo re di Patalpuri.
Hanuman continuò a giocare un ruolo fondamentale per tutta la guerra.
Quando la guerra finì, i 14 anni di esilio di Rama erano quasi finiti. Rama allora si ricordò del voto di Bharata di suicidarsi se Rama non fosse tornato a regnare su Ayodhya alla fine dei 14 anni, e calcolando che per raggiungere Ayodhya avrebbe impiegato troppo tempo e sarebbe arrivato in ritardo, fu preso dall'ansia e dal timore: allora Hanuman volò a Ayodhya e riferì a Bharata che Rama era sulla via del ritorno.
Poco dopo il suo ritorno a Ayodhya, Rama fu fatto re, e decise di ricompensare tutti coloro che lo avevano aiutato a sconfiggere Ravana; alla grande festa che organizzò a corte, tutti i suoi amici e alleati a turno salirono al trono e furono onorati. Anche Hanuman salì, ma senza alcuna intenzione di essere ricompensato: vedendo Hanuman venire a lui, Rama lo abbracciò e disse che non avrebbe mai potuto ricompensare adeguatamente Hanuman per l'aiuto da lui ricevuto. Sita, allora, insistette che fosse Hanuman a scegliere il suo dono: Hanuman chiese a Sita la collana di pietre preziose che aveva al collo, e dopo averla ricevuta cominciò a levare le pietre ad una ad una ed esaminarle. Sorpresi, i presenti chiesero a Hanuman perché stesse distruggendo il dono, e Hanuman replicò che si stava accertando che nelle pietre ci fossero Rama e Sita, perché altrimenti la collana non avrebbe avuto alcun valore per lui; qualcuno insinuò che il suo rispetto e amore per Rama e Sita non potesse essere così profondo, al che Hanuman si aprì il petto, e tutti furono sorpresi di vedere che Rama e Sita erano letteralmente nel suo cuore.

Panchamukha Hanuman

Ogni faccia di Shri Panchamukha Hanuman ha un diverso significato:
  • Sri Hanuman guarda a Est; dona purezza di mente e successo.
  • Sri Narasimha guarda a Sud; dona vittoria e assenza di paura.
  • Sri Garuda guarda a Ovest; protegge dalla magia nera e dal veleno.
  • Sri Varaha guarda a Nord; dona prosperità e abbondanza.
  • Sri Hayagriva guarda il Cielo, ma poiché non sarebbe visibile, è generalmente rappresentata appena sopra quella di Hanuman; dona conoscenza e buona discendenza.

Dopo la Guerra Ramayana

Dopo la vittoria, e dopo aver regnato per molti anni, arrivò per Rama il tempo di ascendere alla sua dimora celeste; molti nella sua corte, compresi vanara come Sugriva, decisero di seguirlo; sorprendentemente, Hanuman chiese di rimanere sulla terra fintanto che il nome di Rama fosse venerato. Sītā esaudì il suo desiderio, e ordinò che la sua immagine fosse affissa in molti luoghi pubblici e di culto, così che egli potesse udire i fedeli che intonavano il nome di Rama; Hanuman è perciò uno dei ciranjiva (immortali) dell'induismo, e i fedeli credono che Hanuman sia ancora vivo. Ad esempio nel Mahābhārata, ambientato alcuni millenni dopo il Ramayana, compare più di una volta.

Hanuman Ramayana

Si racconta che successivamente Hanuman andò sull'Himalaya per continuare a venerare Rama; lì scrisse la prima versione del Ramayana usando le sue unghie, registrando ogni dettaglio delle avventure di Rama. Quando Maharishi Valmiki andò a visitarlo per mostrargli la sua versione del Ramayana, vide la sua, e cadde in depressione; quando Hanuman gli chiese la causa della sua tristezza, egli spiegò che la sua versione non poteva reggere il paragone con quella di Hanuman, e nessuno avrebbe letto la sua opera che aveva scritto con tanta fatica. Udito ciò, Hanuman caricò Maharishi sulle spalle, andò sulla costa, e gettò la sua versione nel mare, offrendola a Rama. Questa leggendaria versione viene detta Hanumad Ramayana e non ne esistono copie.
Maharishi Valmiki fu così sconvolto dall'episodio che dichiarò che non gli sarebbe bastata un'altra vita per cantare la gloria di Hanuman, che nella sua versione era stata addirittura sminuita; si racconta che il Santo Tulsidas che compose il Ramcharit Manas fosse in realtà Maharishi Valmiki rinato per soddisfare questo suo desiderio.
Si dice anche che una tavola sia tornata a riva, durante l'epoca di Mahakavi , Kalidasa ed esposta in pubblico affinché gli studiosi la decifrassero; sembra che Kalidasa sia riuscito a tradurla e riconoscerla come frammento dello Hanumad Ramayana inciso da Hanuman stesso, e si disse fortunato di poter leggere anche solo un verso (o pada) della strofa.



Hanuman nel Mahābhārata

In un altro grande poema epico induista, il Mahābhārata, Hanuman appare come una vecchia e debole scimmia, per vincere l'arroganza del suo fratello spirituale, il principe Bhima dei Pandava, ed insegnargli il valore dell'umiltà.
Più significativa la sua apparizione nella Guerra di Kurukshetra: Hanuman promise che si sarebbe posto nell'effigie del carro di Arjuna, da cui avrebbe emesso versi spaventosi per terrorizzare i nemici; Hanuman ebbe perciò la fortuna di udire la Bhagavad Gita dalla bocca dello stesso Krishna. Molti fedeli di Krishna conservano bandiere con l'effigie di Hanuman in segno di rispetto per la sua grande devozione.

Presenza di Hanuman

Ci sono stati molti santi che hanno visto Hanuman in tempi moderni, ad esempio Tulsidas (XVI secolo), Samarth Ramdas (XVII secolo), e Raghavendra Swami (XVII secolo).
Altri hanno testimoniato la sua presenza ovunque si legga il Ramayana:
(SA)
« Yatra Yatra Raghunath Kirtanam
Tatra Tatra Krita Mastaka anjalim
Bashpawari Pari purna lochanam
Marutim nammascha rakshas antakam »
(IT)
« Ovunque le gesta di Sri Rama sono cantate,
in tutti questi posti Hanuman piange lacrime di devozione e gioia,
in tutti questi posti la sua presenza
scaccia la paura dei demoni.
 »



Templi in onore di Hanuman

Ci sono molti templi in onore di Hanuman, e sue effigi sono generalmente presenti in ogni tempio in cui ci sono immagini degli avatar di Viṣṇu. I templi di Hanuman sorgono in molti luoghi perché si crede che la loro presenza liberi l'area circostante dai rakhshasa e gli altri demoni maligni; questo potere (varam) fu un dono di Rama e Sita. Si trovano inoltre statuette di Hanuman nelle strade poco illuminate perché si crede che proteggano le persone dagli incidenti.

Sri Hanuman e Sri Shani

Nella fede induista, Hanuman e Vinayaka sono due aspetti della divinità liberi dall'influenza di Shani; c'è anche la credenza che tutti i pianeti siano al comando della coda di Hanuman. Nel Ramayana, Hanuman liberò Shani, cioè il pianeta Saturno, dalle grinfie di Ravana; per gratitudine, Shani promise a Hanuman che coloro che lo avessero venerato sarebbero stati liberati dagli effetti malefici di Saturno, che secondo l'astrologia indù avrebbe simili influssi negativi sulla vita delle persone.
Un'altra versione dell'incontro tra Shri Hanuman e Shani Bhagavan racconta invece che il secondo sia salito sulle spalle del primo, a significare che Hanuman sarebbe caduto sotto gli influssi di Shani; al che, Hanuman ingigantì il suo corpo, e Shani rimase intrappolato tra le spalle di Hanuman e il soffitto. Quando il dolore divenne insostenibile, Shani implorò Hanuman di liberarlo, promettendo in cambio che avrebbe moderato i suoi effetti malefici su ogni persona che avesse pregato Sri Hanuman, e questi acconsentì.

martedì 8 dicembre 2015

Pandat

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Il pandat (chiamato anche kamping, parang pandat, parang pandit o mandau tangkitn) è una particolare spada da guerra tipica del popolo Dayak del Borneo nordoccidentale. È utilizzato esclusivamente come arma da guerra e mai come strumento.

Descrizione

Il pandat è dotato di una lama corta e pesante, ad un solo taglio, e di un'impugnatura in ferro. Non presenta una vera e propria guardia, ma un corto pezzo di ferro o di osso attraversa perpendicolarmente il manico. L'arma può essere impugnata ad una o due mani; la lama e il manico sono forgiati da un unico pezzo, e rispetto all'impugnatura la lama è inclinata di circa 25 gradi verso il lato tagliente. Il punto in cui la lama si inclina è situato tra essa e il manico. Sia il lato tagliente che il dorso della lama sono dritti e divergono facendo sì che la lama si allarghi all'estremità; non è presente una punta. La lama è lunga dai 55 ai 70 cm circa, mentre l'impugnatura può misurare anche 40 cm. Il fodero solitamente è in legno decorato con motivi tradizionali e può essere adornato con penne o ciuffi di peli o semplicemente dipinto di rosso.



Impiego

Il pandat è usato solo come arma; colpi inferti verso il basso sono inefficaci a causa del bilanciamento dell'arma, che sottoporrebbe il polso ad uno sforzo elevato. L'arma è più bilanciata per infliggere colpi verso l'alto.

lunedì 7 dicembre 2015

Naruhiko Higashikuni

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Il Principe Naruhiko Higashikuni (東久邇宮 稔彦王 Higashikuni no miya Naruhiko ō; Kyoto, 3 dicembre 1887 – Tokyo, 26 gennaio 1990) è stato un principe, militare e politico giapponese che ha ricoperto l'incarico di Primo Ministro del Giappone dal 17 agosto 1945 al 9 ottobre 1945, durante un periodo di 54 giorni.
Zio dell'Imperatore Hirohito, Higashikuni è stato l'unico componente della famiglia imperiale giapponese a presiedere il governo del paese; fu nominato immediatamente dopo la decisione dell'imperatore di chiedere la resa agli americani. Prese poi contatto con l'Alto Comando americano per l'attuazione della resa stessa. È anche stato il primo ministro giapponese per minor tempo in carica nonché il più longevo, essendo deceduto a 102 anni. È stato inoltre tra i fondatori del Chiba Institute of Technology.


Biografia

Primi anni di vita

Il principe Naruhiko nacque a Kyoto il 3 dicembre 1887, nono figlio del principe Kuni Asahiko e della dama di corte Terao Utako. Suo padre, era figlio del principe Fushimi Kuniie, ventesimo capo della casa di Fushimi-no-Miya, il più antico shinnōke, o ramo cadetto, della dinastia imperiale in cui un imperatore potrebbe essere scelto in mancanza di un erede diretto. Il principe Naruhiko era fratellastro del principe Kuni Kuniyoshi, padre della futura imperatrice Kōjun, moglie dell'imperatore Hirohito. Altri suoi fratellastri furono i principi Yasuhiko Asaka, Nashimoto Morimasa e Kaya Kuninori, tutti a capo di nuovi rami della famiglia, nati durante il periodo Meiji.


Matrimonio e famiglia

Il 3 novembre 1906 l'imperatore Meiji gli concesse il titolo Higashikuni-no-Miya e il permesso di iniziare un nuovo ramo della famiglia imperiale. Il 18 maggio 1915, sposò Toshiko (11 maggio 1896 - 5 marzo 1978), nona figlia dell'imperatore. La coppia ebbe quattro figli.
  • Principe Morihiro Higashikuni (盛厚王 Morohiro Ò, 6 maggio 1916 - 1º febbraio 1969); sposò la principessa Shigeko, figlia maggiore dell'imperatore Hirohito e dell'imperatrice Kōjun;
  • Principe Moromasa (師正王 Moromasa Ò, 1917 - 1º settembre 1923); morto nel grande terremoto del Kantō.
  • Principe Akitsune (彰常王 Akitsune Ò, 13 maggio 1920 - 30 agosto 2006); rinunciò al titolo imperiale e fu creato Marchese Awata Akitsune nel 1940;
  • Principe Toshihiko (俊彦王 Toshihiko Ò, 24 marzo 1929 - 15 aprile 2015); rinunciò al titolo imperiale e fu creato conte Tarama Toshihiko nel 1943; nel 1950 si trasferì a Lins in Brasile.

Carriera militare

Il principe fu un ufficiale di carriera nell'Esercito imperiale giapponese. Nel 1908, si diplomò sottotenente presso l'Accademia dell'esercito; fu promosso tenente nel 1910 e capitano nel 1913. Nel 1914, si diplomò nel collegio di guerra. L'anno successivo, divenne capitano della 29ª brigata di fanteria e fu promosso maggiore nella 7ª divisione dell'armata di terra.
Tra il 1920 e il 1926, studiò tattica militare alla École spéciale militaire de Saint-Cyr e alla École polytechnique di Parigi; nel 1920 fu promosso a tenente colonnello e nel 1926 a colonnello. Da aempre un po' ribelle, il suo comportamento a Parigi scandalizzò la corte imperiale. Aveva un'amante francese, macchine veloci e un alto tenore di vita. Lasciò moglie e figli in Giappone, e alla morte del suo secondo figlio, non tornò in patria. Nel 1926, il ministero della casa imperiale inviò un ciambellano a Parigi per prenderlo.
Al suo ritorno in Giappone, fu assegnato alla sede centrale dell'esercito. Nell'agosto del 1930, fu promosso a maggior generale e comandante della 5ª brigata di fanteria; nell'agosto del 1934 fu promosso a tenente generale e gli venne affidato il comando della 4ª divisione dell'armata. Dopo l'inizio della seconda guerra sino-giapponese, diresse il servizio aereo dell'esercito e la 2ª armata di stanza in Cina. Fu promosso a generale nell'agosto del 1939.
Secondo una nota scoperta dallo storico Yoshiaki Yoshimi, il principe Higashikuni autorizzò l'uso di gas asfissianti contro i cinesi il 16 agosto 1938. Dopo la promozione a generale gli fu assegnato l'Ordine del Nibbio d'oro di I classe.
Prima dell'inizio della seconda guerra mondiale, il 15 ottobre 1941, il primo ministro uscente Fumimaro Konoe propose il principe Higashikuni come suo successore all'imperatore Hirohito. Konoe rieneva che solo un membro della famiglia imperiale con una formazione militare distinta avrebbe potuto frenare la fazione pro-guerra guidata dai generali Hajime Sugiyama, Hideki Tōjō e Akira Mutō. Il principe Higashikuni fu scelto come capo del personale dell'esercito e della marina.
Tuttavia, sia l'Imperatore Hirohito che il Lord del sigillo imperiale Kido Koichi, credevano che sarebbe stato inappropriato per un membro della casa regnante servire in quella posizione, potendo essere incolpato di tutto ciò che sarebbe andato storto nel conflitto. Così, due giorni dopo, Hirohito scelse il generale Hideki Tōjō come capo dell'esecutivo. Nel 1946, spiegò questa decisione: "Ho pensato che il principe Higashikuni fosse adatto come capo di stato maggiore dell'esercito, ma penso che la nomina di un membro della casa imperiale ad una carica politica dovrebbe essere considerata con molta attenzione, soprattutto rispetto al tempo. In periodo di pace questo va bene, ma quando c'è paura che ci potrebbe essere una guerra, considerando il benessere della casa imperiale, mi chiedo circa la saggezza di un membro della famiglia imperiale che serve [come primo ministro]."
Sei settimane più tardi, il Giappone attaccò Pearl Harbor. Durante le prime fasi della guerra del Pacifico, il principe Higashikuni servì come comandante del Comando generale della difesa dal 1941 al 1944.
Egli rimase fermo nella sua opposizione al conflitto con le potenze alleate e face parte del complotto, con i principi Yasuhiko Asaka, Takamatsu e all'ex primo ministro Konoe, che finalmente spodestò Tōjō nel luglio del 1944 in seguito alla caduta di Saipan alle forze americane. I ricercatori americani del Comandante supremo delle forze alleate scoprirono anche che aveva progettato, verso la fine della guerra, di deporre Hirohito, ponendo il figlio Akihito sul trono e prendendosi per se l'incarico di reggente.

Primo ministro

Dopo che il corso della guerra si rivoltò contro il Giappone e l'accettazione della dichiarazione di Potsdam, l'imperatore Hirohito nominò Higashikuni alla carica di primo ministro il 16 agosto 1945, in sostituzione dell'ammiraglio Kantaro Suzuki. La sua missione era duplice: in primo luogo, al fine di garantire la cessazione della guerra, smobilitare ordinatamente le forze armate giapponesi e in secondo luogo, rassicurare il popolo giapponese che l'istituzione imperiale sarebbe rimasta al sicuro. Il principe Higashikuni si dimise nel mese di ottobre per una disputa con le forze di occupazione americane circa l'abrogazione della legge sulla conservazione della pace del 1925.


Vita dopo le dimissioni

Il 27 febbraio e il 4 marzo 1946, il principe Higashikuni concesse due interviste a Yomiuri-Hochi e al New York Times in cui sostenne che molti membri della famiglia imperiale avrebbero approvato l'abdicazione dell'imperatore Hirohito, con il principe Takamatsu che fungeva da reggente fino alla maggiore età del principe ereditario Akihito. Nel governo, solo il primo ministro Kijuro Shidehara e il ministro della casa imperiale erano contrari.
Nel 1946, chiese all'imperatore il permesso di rinunciare alla sua appartenenza alla famiglia imperiale e di diventare un cittadino comune. Il sovrano negò la richiesta. Tuttavia, insieme agli altri membri dei rami cadetti della famiglia imperiale, perse il suo titolo e la maggior parte della sua ricchezze con l'abolizione delle case principesche da parte delle autorità di occupazione il 17 ottobre 1947.
Come privato cittadino, Higashikuni gestì diverse imprese di vendita al dettaglio senza successo, tra cui un negozio di approvvigionamenti, un altro di articoli di seconda mano e un negozio di sartoria. Creò anche una sua setta religiosa, basata sui principi del buddismo zen, la Higashikuni-kyo, che successivamente venne bandita dalle autorità di occupazione americane.
L'ex principe divenne presidente onorario della Federazione internazionale di arti marziali nel 1957 e presidente onorario di diverse altre organizzazioni.
Nel 1958, Higashikuni pubblicò i suoi diari di guerra sotto il titolo, Ichi Kozoku no Senso Nikki (o diario di guerra di un membro della famiglia imperiale). Dieci anni dopo, pubblicò le sue memorie autobiografiche con il titolo Higashikuni Nikki.
Naruhiko Higashikuni morì di insufficienza cardiaca a Tokyo il 20 gennaio 1990, all'età di 102 anni; era sopravvissuto alla moglie, a due figli, a tutti i suoi fratelli e a suo nipote, l'imperatore Hirohito. Higashikuni è oggi ricordato soprattutto come il capo dell'esecutivo giapponese del primissimo dopoguerra. Fu uno dei primi ministri più longevi di tutti i tempi, insieme a Willem Drees, Christopher Hornsrud e Antoine Pinay; alla sua morte era l'ultimo generale superstite dell'esercito imperiale giapponese.