Gli Emishi (in giapponese 蝦夷,
e anteriormente al VII secolo 毛人)
furono un popolo del Giappone che viveva nella parte a nord-est
dell'isola di Honshū (oggi regione di Tōhoku) e anticamente michi
no oku (道の奥).
Alcune tribù di questa popolazione si
opposero al dominio degli imperatori giapponesi durante i periodi
tardo Nara e primo Heian (VII-X secolo). Gli studiosi moderni
ritengono che fossero indigeni della parte più settentrionale
dell'isola, i discendenti delle genti che avevano prodotto la cultura
Jōmon e che fossero collegati agli Ainu.
Gli Emishi parlavano una lingua
diversa, non ricostruita dagli studiosi, come è deducibile dalla
frequente presenza di traduttori che permettevano a Giapponesi ed
Emishi di comunicare tra loro. I toponimi della regione sono inoltre
per la maggior parte di origine ainu. Anche i famosi generali emishi
che combatterono i Giapponesi nella "guerra dei 38 anni"
(774-811), Moro e Aterui, hanno ugualmente nomi non giapponesi.
Fonti storiche
Notizie sugli Emishi si trovano nei
documenti storici delle dinastie cinesi Tang (618-907) e Song
(960-1279), che descrivono relazioni con il Giappone, e nell'antica
cronaca giapponese del Shoku Nihongi.
La prima menzione di questa popolazione
è presente nel libro dei Song, che si riferisce a loro nel 478 come
"popolo capelluto" (毛人)
con 55 regni dell'Est. La lettura di questo kanji mutò da "kebito"
o "mojin" (cinese máo rén), a "emishi",
probabilmente entro il VII secolo.
In un documento della dinastia Tang
viene descritto nel 659 l'incontro dell'imperatore cinese Gao Zong
con l'ambasciatore giapponese Sakaibe no Muraji, accompagnato da due
Emishi, un uomo e una donna. L'etnia viene indicata con un diverso
kanji: 蝦夷, ovvero una
combinazione dell'ideogramma che in quest'epoca indica "gamberetti"
e di quello per "barbari". Il giapponese Shoku Nihongi
riporta il colloquio, nel quale l'ambasceria giapponese descrisse le
relazioni intrattenute con le diverse tribù degli Emishi: alcune
erano alleate (和蝦夷 niki-emishi',
ovvero "Emishi gentili") e altre ostili (荒蝦夷
ara-emishi, ovvero "Emishi selvaggi"), mentre altre
ancora, come gli Emishi di Tsugaru (odierna parte
settentrionale della prefettura di Aomori), erano stanziate più
lontano. Gli Emishi sono descritti come portatori di lunghe barbe e
ancora come kebito, con molti capelli.
La fonte giapponese usa il medesimo
kanij della fonte cinese per indicare gli Emishi, e questo potrebbe
essere stato importato dalla Cina. Tuttavia la lettura come "ebisu"
e poi "emishi" era giapponese e molto probabilmente
deriva dal termine "yumushi", per "arciere",
essendo l'arco la loro arma principale, o da "emushi",
la parola ainu per "spada". Sono state proposte anche altre
ipotesi: la parola "enchiu", "uomo", in
lingua ainu, si pronuncia in modo molto simile e il termine
giapponese è probabile possa avere un'origine ainu.
Storia
Gli Emishi erano rappresentati da
diverse tribù, alcune delle quali divennero alleate dei Giapponesi
(Fushu, Ifu), mentre altre rimasero ostili (Iteki).
La loro economia era basata su attività
di caccia e raccolta, integrata dalla coltivazione di miglio e orzo e
forse di riso, in aree dove questo cresceva rapidamente.
Avevano una tattica di combattimento
basata sugli arcieri a cavallo e su veloci attacchi e ritirate che si
rivelava efficace contro le più lente armate giapponesi dell'epoca,
composte prevalentemente di fanteria pesante. I primi tentativi di
conquista nell'VIII secolo furono per questo motivo un insuccesso. Il
successivo sviluppo di unità di arcieri a cavallo e l'adozione delle
tattiche del nemico nell'esercito giapponese mutò le condizioni e il
successo del graduale cambiamento nelle tecniche militari si
manifestò alla fine dell'VIII secolo, nel suo ultimo decennio, ad
opera del generale Sakanoue no Tamuramaro.
Con la sconfitta alcuni si sottomisero
all'autorità imperiale, come le tribù dei Fushu e degli Ifu,
mentre altri migrarono più a nord, ed alcuni arrivarono nell'isola
di Hokkaidō. Entro la metà del IX secolo i loro territori
nell'isola di Honshū erano stati tutti conquistati, perdendo la loro
indipendenza. Tuttavia potenti famiglie emishi che si erano
sottomesse al dominio giapponese crearono domini feudali nel nord che
godettero in molti casi di ampie autonomie. Alcuni di questi domini
divennero nel corso dei due secoli seguenti, degli stati regionali
che entrarono in conflitto con il potere centrale.
Primi contatti
Il Shoku Nihongi riferisce della
spedizione navale di Abe no Hirafu, il quale nel 658 raggiunse con
180 navi Aguta (oggi Akita) e Watarishima (Hokkaidō) e
stabilì delle alleanze con gli Emishi di Aguta (di Akita), di
Tsugaru e di Watarishima, insieme ai quali sconfisse il
popolo dei Mishihase (Su-shen), di origine sconosciuta,
distruggendone uno degli insediamenti. L'anno seguente un uomo e una
donna degli Emishi accompagnarono un'ambasceria giapponese nella Cina
della dinastia Tang. Questa è una delle più antiche testimonianze
affidabili dell'esistenza degli Emishi. Dato che risultano stanziati
in quest'epoca nei territori dove si pensa che siano vissuti gli
Ainu, dovrebbero esserne gli antenati. I Mishihase dovrebbero invece
essere stati un altro gruppo etnico che era probabilmente in
competizione con gli antenati degli Ainu per il possesso dell'isola
di Hokkaidō.
Nel 709 i giapponesi costruirono il
forte di Ideah ad Echigo (oggi Akita), in un territorio che
non era sotto il loro controllo. Gli Emishi di Akita si allearono con
quelli di Michinoku e reagirono attaccando gli insediamenti
giapponesi. Fu nominato Sei Echigo Emishi shogun Saeki
no Iwayu, che utilizzò 100 navi provenienti dalle regioni costiere
del Giappone e soldati reclutati nelle regioni orientali e riuscì a
sconfiggere gli Emishi di Akita.
Nel 724 Oono no Omi Azumahito costruì
il castello di Taga, presso l'odierna Sendai, che divenne il maggiore
forte amministrativo della regione nord-orientale di Michinoku. Come
Chin'ju shogun costruì diversi forti nella piana di Sendai e
nelle montagne dell'interno (oggi prefettura di Yamagata). Gli Emishi
adottarono una tattica di guerriglia che teneva i forti sotto
pressione, ma i giapponesi reclutarono i gruppi emishi degli Ifu
e dei Fushu.
Dopo un lungo periodo di stasi,
l'esercito giapponese, guidato da Fujiwara no Asakari, penetrò nel
758 nella parte settentrionale dell'odierna prefettura di Miyagi e
costruì il castello di Momonohu sul fiume Kitakami, nonostante i
costanti attacchi degli Emishi di Isawa (oggi parte
meridionale della prefettura di Iwate).
Guerra dei 38 anni
Nel 774 Korehari no kimi Azamaro, un
alto ufficiale emishi dell'esercito giapponese stanziato nel castello
di Taga, si mise alla testa di una rivolta, dando inizio a quella che
è conosciuta come "guerra dei 38 anni" (三十八年戦争).
Gli Emishi contrattaccarono su un ampio fronte, a partire dal
castello di Momonohu, del quale annientarono la guarnigione.
Passarono quindi a distruggere una serie di fortezze che erano state
costruite negli anni precedenti lungo una linea difensiva est-ovest e
non risparmiarono neppure il castello di Taga.
I giapponesi reclutarono un grande
esercito, che contava forse 20.000 uomini e che si opponeva ad una
forza emishi che raggiungeva circa 3000 uomini complessivamente. Nel
776 l'armata giapponese attaccò gli Emishi di Shiwa, ma non
riuscì ad annientarli e questi contrattaccarono nei monti Ōu. Nel
780 gli Emishi attaccarono la piana di Sendai, distruggendo i
villaggi giapponesi che vi si erano insediati. I giapponesi tentarono
di imporre nuove tasse e reclutare altri soldati nella zona di Bandō.
Nel 789 gli Emishi di Isawa,
guidati dal generale Aterui sconfissero l'esercito giapponese guidato
da Ki no Kosami, Seito shogun, nella battaglia del fiume
Koromo (o battaglia di Sufuse). Le forze giapponesi, comprendenti
circa 4000 uomini, furono attaccate da un esercito emishi di circa
1000 uomini mentre tentavano di attraversare il fiume Kitakami.
Nel 794 molti personaggi importanti
degli Emishi di Shiwa, compreso Isawa no kimi Anushiko,
dell'odierna parte settentrionale della prefettura di Miyagi, si
allearono con i giapponesi. Gli Emishi di Shiwa, entrati
nell'esercito imperiale, attaccarono allora con successo altri
piccoli gruppi. Gli Emishi di Isawa, che avevano costituito
una confederazione, si trovarono dunque isolati e il generale
giapponese Sakanoue no Tamuramaro li sottopose a continui attacchi,
usando soldati addestrati come arcieri a cavallo. La nuova tattica
portò alla resa di Aterui nell'802. Molti gruppi si sottomisero al
potere imperiale, ma la resistenza non cessò che nell'811. Gli
Emishi rimasero indipendenti a nord del fiume Kitakami, ma non
rappresentarono più una minaccia.
Dopo la conquista
Dopo la conquista i capi emishi presero
parte al governo locale. Alcuni domini regionali furono dominati da
gozuku giapponesi (famiglie Abe, Kiyowara e Ōshū Fujiwara) e
divennero progressivamente stati regionali feudali semi-indipendenti.
Gli Emishi fecero parte della classe dirigente mista di questi
domini, ma vennero progressivamente assimilati, perdendo la propria
distinta identità culturale. Le popolazioni più settentrionali e
quelle dell'isola di Hokkaidō, rimaste indipendenti ancora a lungo,
conservarono una cultura separata: i loro discendenti dovettero dare
origine alla cultura Satsumon nell'isola di Hokkaidō e ad una
popolazione che rimase etnicamente distinta: furono conosciuti con i
nomi di Emishi di Watarishima, poi di Ezo e infine di
Ainu.
Origine genetica ed etnica
Recentemente la genetica, attraverso lo
studio della porzione non ricombinabile del DNA-Y, ha dimostrato come
molti Ainu, gli Emishi e buona parte dei Giapponesi, probabilmente
coloro che fanno parte del gruppo Jomon, ovvero gli abitanti
originari del Giappone, appartengono tutti all'aplogruppo D (34.7%).
Tale aplogruppo identifica i
discendenti dei cacciatori-raccoglitori che arrivarono in Giappone
dal continente asiatico in un momento in cui le due regioni erano
fisicamente collegate, ovvero fra i 20.000 ed i 12.000 anni fa, prima
che l'avanzare del livello del mare, alla fine dell'ultima
glaciazione, separasse l'arcipelago giapponese, spingendo i Jomon e
le altre genti, a diffondersi nelle isole nipponiche in un raggio a
forma di "U" nella zona settentrionale del Giappone,
abitata dagli Ainu e nelle isole Ryūkyū, nell'estremo sud, come le
isole Okinawa.
Subito dopo la seconda guerra mondiale
furono esaminate le mummie della famiglia Ōshū Fujiwara (奥州藤原氏
Ōshū Fujiwara-shi), che aveva dominato la regione di
Tōhoku nel XII e XIII secolo da Hiraizumi e che era ritenuta essere
di origine emishi. Le analisi conclusero che i membri della antica
famiglia erano tuttavia del tutto identici fisicamente agli attuali
giapponesi. Questi dati ebbero come effetto di diffondere l'idea che
gli Emishi non fossero altro che giapponesi che vivevano a nord al di
fuori del dominio del regno Yamato.
Lo studio dei resti scheletrici delle
popolazioni della cultura Jōmon ha dimostrato tuttavia un legame con
il moderno gruppo etnico degli Ainu e indicando che si trattava
probabilmente di popolazioni autoctone del Giappone, che dovevano
avere un aspetto fisico differente da quello degli attuali giapponesi
e delle moderne popolazioni dell'Asia orientale. Gli studi di
antropologia fisica hanno dimostrato inoltre che le caratteristiche
scheletriche mutarono progressivamente nel tempo da sud-ovest a
nord-est, parallelamente all'espansione delle genti che parlavano
giapponese. I resti scheletrici dei tumuli funerari della regione di
Tōhoku (kofun) mostrano caratteristiche intermedie e gli
Emishi dovevano essere frutto della commistione delle popolazioni
Jōmon con popolazioni della cultura Yayoi, che erano penetrate nella
regione.
Gli Emishi parlavano un linguaggio di tipo ainu, diverso dal
giapponese, che gli studiosi non sono ancora riusciti a ricostruire.
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