Come insegnante e comunicatore nel campo delle arti marziali, e nello specifico del Wing Chun Kung Fu secondo il metodo di Wong Shun Leung, per me è molto importante essere in grado di spiegare l’arte e presentarne i concetti nel modo più succinto possibile. Questo naturalmente serve ad assicurarsi che ogni allievo possa raggiungere una comprensione profonda e pratica di cosa può offrire il sistema, e che sappia come usare al meglio questo “strumento” per migliorare e proteggere se stesso. Naturalmente è possibile imbarcarsi in discussioni estremamente dettagliate su tutti gli aspetti del sistema, ma a volte questo genera più confusione che altro e rischia di portare a fraintendimenti piuttosto che a illuminazioni. Specialmente nel caso degli allievi con poca esperienza, troppi dettagli rischiano di inibire il loro apprendimento invece di favorirlo.
Detto questo, negli ultimi anni ho cercato di trovare il modo migliore per semplificare al massimo le informazioni e fornire dei semplici riepiloghi dei vari aspetti del sistema, in modo che gli allievi potessero assimilare le informazioni più facilmente. Questo breve articolo intende applicare questo approccio alle tre forme di base del Wing Chun e a quella dell’uomo di legno. Anche se le mie considerazioni si rifanno al metodo di Wong Shun Leung, mi auguro che le idee qui esposte possano essere utili anche a praticanti di altri lineage, magari fornendo loro un punto di vista diverso sulle forme che permetterà ai lettori di aumentare la propria conoscenza del sistema e, forse, aiutare lo sviluppo delle proprie capacità.
SIU NIM TAU (“giovane idea”)
Descriverei le tre sezioni della Siu Nim Tau con sole tre parole:
1a sezione: Struttura
2a sezione: Recupero
3a sezione: Coordinazione
La 1a sezione è dedicata principalmente a Lat Sau Jik Chung (“forza elastica diretta in avanti” – il desiderio costante che hanno le mani di attaccare quando sono libere, il marchio caratteristico dell’efficacia del Wing Chun), ma viene esaminato molto di più di un solo concetto. Qui entrano in gioco le strutture coinvolte non solo nel concetto di cui sopra, ma anche nel footwork, nei calci, nell’attacco e nella difesa simultanei, nella generazione di forza e in molti altri aspetti. Da qui la mia definizione: struttura.
La 2a sezione riguarda i vari modi in cui possiamo comprendere i concetti/le tecniche/le strategie necessarie a gestire situazioni in cui abbiamo perso la linea centrale e non stiamo più fronteggiando correttamente l’avversario. In breve, fornisce dei modi per riuscire a puntare l’avversario quando ci troviamo in posizioni compromesse come leve, prese o fasi lottatorie. Da qui la mia definizione: recupero.
Infine, la 3a sezione ci mostra varie combinazioni di movimenti, applicati con una mano, per enfatizzare l’importanza di riuscire a usare una mano per compiere più di un’azione alla volta. In altre parole, solo perché ho usato la mia mano sinistra per attaccare o difendere non vuol dire necessariamente che non possa essere utilizzata nuovamente e all’istante, invece che ricorrere per forza all’altra mano secondo un tipico schema “uno-due”. Inoltre ci aiuta a migliorare la qualità delle nostre azioni, sviluppando dei movimenti naturali che percorrono traiettorie ottimali. È importante capire che questa sezione non presuppone in nessun momento che le combinazioni presenti debbano necessariamente essere utilizzate secondo quelle sequenze. Sono collegate l’una all’altra solo per facilitare la pratica e i miglioramenti, non perché sono sequenze prestabilite. Dunque lo scopo principale della 3a sezione è lo sviluppo di uno degli attributi chiave per l’efficacia in combattimento: la coordinazione.
CHAM KIU (“ricerca del ponte”)
Forse il modo più semplice di vedere la forma Cham Kiu è tramite le tre diverse applicazioni/interpretazioni del Bong Sau, di cui ogni sezione pone l’accento su un’idea diversa:
1a sezione: Yi Bong (“Bong che sposta”), che insegna il concetto di “prendere in prestito l’energia dell’avversario” per disperdere/ridirigere un attacco. Il movimento presuppone che ci sia già il contatto e che questo venga manipolato attraverso il Bong/Lan Sau e la rotazione del cavallo in modo da prendere posizione per lanciare un attacco.
2a sezione: Paau Bong (“Bong lanciato”), che insegna il concetto del “prendere contatto” quando le mani non si trovano già in posizione favorevole. In altre parole è un’introduzione letterale al concetto di Cham Kiu (“cercare/trovare il ponte”). Insegna anche i concetti e le capacità associate al footwork offensivo (e, invertendo l’azione, a quello difensivo nella maniera in cui deve essere applicato con il Bong Sau che, per sua natura, richiede un tipo specifico di azione un po’ differente dalle altre tecniche), ai calci (Dang Geuk – “calcio ascendente”) e all’idea di “inseguire i calci” in modo che l’avversario sia sempre tenuto sotto tiro, e al recupero del centro (Chau Kuen – “pugno sferzante”) e al suo ri-puntamento (Yi Ying Sau – “forma di recupero/mano strutturante”).
3a sezione: Dai Bong (“Bong inferiore”), che fornisce un’interpretazione “due in uno” del Bong Sau per proteggere i cancelli inferiori, una per quando si viene attaccati lungo una traiettoria bassa quando si hanno le mani abbassate, l’altra per controllare l’equilibrio/posizione quando si viene sbilanciati. Questa sezione introduce anche il concetto di controllare le gambe attraverso il controllo delle braccia, una variazione del calcio di base (Waang Geuk –“calcio orizzontale”), e un’altra applicazione di recupero nel momento in cui il Dan Sau (“mano che rimbalza/ a molla”) della Siu Nim Tau viene applicato al pugno per completare la forma.
Per approfondire brevemente la 3a sezione della Cham Kiu (controllare le gambe tramite il controllo delle braccia), mi riferisco agli ultimi movimenti dove il Soh Sau (“mano che preme”, che si trova la prima volta nella 2a sezione della Siu Nim Tau) viene effettuato in combinazione con un giro. Si tratta di un’azione molto “da Chi Sau”, ma naturalmente può essere applicata anche fuori di quel contesto. Si applica pressione sulle braccia per impedire alle gambe di alzarsi (ciò avviene perché si modifica l’allineamento delle anche e diventa difficilissimo calciare con efficacia). Immaginate di trovarvi a contatto con un compagno che, durante il Chi Sau, prova a tirare un calcio. Per farlo deve trasferire il peso su una gamba. Nel momento in cui sentite questo cambio di peso, la mano in Fook Sau (“mano che sottomette”), alto o basso, preme verso il basso in combinazione con un giro, bloccando sul nascere il calcio e cambiando la sua traiettoria. La mano del Bong/Taan effettua un’azione di “mezzo-Taan”, tenendo sotto controllo la mano del compagno e occupando la posizione ideale da cui lanciare il primo contrattacco. Fuori dal contesto del Chi Sau, lo stesso controllo di braccio/gomito può essere utilizzato contro la mano avanzata dell’avversario per impedirgli di calciare, o per deviare il calcio impattando su ginocchio/polpaccio/tibia/piede (a seconda della distanza) per sbilanciare l’avversario verso l’interno o verso l’esterno. Lo stesso concetto viene analizzato nella forma al Muk Yan Jong (“uomo di legno”), comprendendo una delle due sole sequenze di tutta la forma al MYJ che devono essere effettuate una dopo l’altra.
MUK YAN JONG (“uomo di legno”)
Il modo più semplice per comprendere davvero il senso della forma al Muk Yan Jong è riflettere sulla seguente affermazione: anche se facciamo di tutto per non sbagliare, in quanto esseri umani non possiamo evitare di commettere degli errori, almeno ogni tanto. La scienza del Wing Chun più semplice ed efficace, e applicata correttamente, si trova in Siu Nim Tau e Cham Kiu. Queste due forme ci guidano attraverso le tecniche e i principi più comuni ed efficaci, che ci vengono mostrati nel miglior modo possibile. Nella forma del pupazzo, tuttavia, vediamo tecniche/concetti eseguiti in maniera errata. Questo perché se vogliamo riuscire a correggere istintivamente un errore, dobbiamo per prima cosa saperlo riconoscere. Dunque molto di ciò che è presente nel pupazzo rappresenta il metodo migliore di recuperare una tipica situazione di svantaggio. Secondo il punto di vista di Sifu Wong Shun Leung, le tecniche e i concetti più utili e di uso più comune sono contenuti all’incirca nei primi 60 movimenti, fino alla sezione dei Po Pai Jeung (“palmi in linea”) compresi, che hanno in gran parte una natura Siu Nim Tau e Cham Kiu. Da lì in poi, le tecniche e i concetti tendono ad essere di natura più Biu Ji e in qualche modo servono a rimediare a degli errori, oltre a contenere varie strategie di calcio.
BIU JI (“dita che puntano”)
La Biu Ji è un “dito che punta”. Cosa? Punta una serie di esempi delle tipologie di problemi che possono verificarsi nel corso di un combattimento quando le cose non vanno come previsto, e presenta alcune soluzioni. Siamo esseri umani, e tutti noi possiamo sbagliare a prescindere da quanto siamo preparati o allenati. La Biu Ji ci porta al di fuori del Wing Chun, al di fuori del sistema che ci viene presentato nella Siu Nim Tau e nella Cham Kiu e ci pone una domanda: Cosa fare se…?
Laddove le prime due forme possono essere facilmente divise ciascuna in tre parti distinte, ognuna con concetti e tecniche proprie, la Biu Ji è diversa. Qui la suddivisione assume la forma di gruppi di tecniche che vanno a formare un repertorio di “risposte d’emergenza” progettate per affrontare un avversario molto più forte, che ha compromesso la nostra posizione, che ci ha feriti o colti di sorpresa o che, sfruttando un errore da parte del praticante di Wing Chun, è riuscito a passare in vantaggio.
Sifu Wong Shun Leung diceva che la forma era una raccolta di “tecniche di emergenza” e che, a differenza delle prime due forme che sono strutturate in maniera chiara ognuna con tre sezioni, la Biu Ji era molto meno organizzata e poteva essere ampliata in qualsiasi momento, nel caso a qualcuno venisse in mente un’altra situazione che necessiti di una soluzione specifica al di fuori del normale spettro dei concetti del Wing Chun. Per questo la Biu Ji è una sorta di forma “aperta”, in accordo con il motivo principale della sua esistenza.
Se mi concedete l’ardire, infatti, vi dirò quello che ho detto più di una volta ai miei allievi, ossia che la Biu Ji da sola è “mortale” quanto un piatto di spaghetti! La riluttanza che il clan del Wing Chun aveva in passato nel mostrare la forma agli esterni è comprensibile se si pensa che la Biu Ji mette in luce le potenziali debolezze del sistema, di cui un nemico che avesse conosciuto la forma avrebbe potuto approfittare. Si potrebbe pensare quindi che questa forma sia “mortale” nel senso che contiene gli aspetti svantaggiosi, e non quelli forti, del Wing Chun.
Il mio insegnante ha sempre sostenuto che, al contrario di quanto si crede comunemente, la Biu Ji non è la forma più micidiale del sistema; se così fosse, perché investire tanto tempo nell’allenamento delle altre forme e del Chi Sau? Di certo, diceva, se la Biu Ji contenesse davvero queste fantomatiche tecniche invincibili allora si allenerebbe solo quella. Quello che fa la Biu Ji è portarci fuori dalla scatola. Ci permette di osservare il combattimento da una prospettiva diversa dai concetti e dalle tecniche di base che formano il metodo ideale fornitoci nella Siu NimTau e nella Cham Kiu, facendoci pensare a cosa potrebbe andare storto e a come riuscire, quando possibile, a “ridurre le perdite” e almeno a sopravvivere allo scontro. Nella Biu Ji la vittoria non è una possibilità e certamente non è una garanzia. Si tratta di reazioni istintive che possono permetterci di fuggire o di neutralizzare un attacco in modo da uscire da una brutta situazione. Per questo motivo, Sifu Wong diceva sempre che sperava non avremmo mai dovuto aver bisogno di ricorrere alle tecniche e ai concetti di questa forma, perché avrebbe volute dire trovarsi in una pessima situazione alla quale forse non avremmo potuto porre rimedio.
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