Basta, finiamola con la solita minestrina di nonna Papera che cuoce crostate a Qui, Quo, Qua, perché oggi, anche sotto il canuto crine, le donne chiedono la loro riscossa.
Maria Rossi, bergamasca, si mangia Angelina Jolie e la sua intrepida Lara Croft come se fosse un'albicocca in composta. Nel corso di un sonoro incontro la stenderebbe con una mossa di karate, in una sfida da far impallidire un film fantasy, visto che la signora ha 101 anni. Il 6 agosto scorso, ricorrente il suo ultracentenario genetliaco, Maria Rossi ha preso la sacca sportiva, è andata nella vicina palestra di Briolo, si è cambiata nello spogliatoio da sola e si è presentata in kimono bianco sul tatami, mettendo alla prova un nugolo di Qui, Quo, Qua tra i 6 e i 15 anni.
«È stato il mio compleanno migliore. Ho sfogato la lazzarona che è in me» racconta con una sonora risata. La piccola ricamatrice, che per l'intera femminea quanto composta esistenza ha puntato innocenti margherite e leggiadri amorini sui corredi delle spose, ha atteso un secolo vero per realizzare il suo sogno: diventare cintura nera di karate, conferitale ad honorem dal maestro Luigi Strazzullo e dal suo nido di allievi, che messi tutti insieme non arrivano ai suoi 101 anni.
È trascorso un ventennio sotto il bergamasco Ponte San Pietro, Comune di cui Briolo è quartiere, da quando Maria ammirava la sua unica figlia, Marisa, mentre si allenava nella disciplina giapponese che la incantò, ma che non poteva praticare perché troppo presa a puntare l'ago per decorare sugli abitini dei bebè, che nel frattempo le sue spose avevano sfornato, fiocchetti e nontiscordardime. «Ne avevo abbastanza di colorini azzurri e rosa. A me interessava la cintura nera». Così dopo alcune mosse di age - uke, parata alta, e soto - uke, parata media, eseguite con perfetta abilità motoria, il 6 agosto l'arzilla bergamasca si è legata la fascia nera alla vita, pensando: «Nero, altro che segno di lutto, segno di forza, visto che voglio arrivare a 120 anni».
E non ha speso un euro per allenarsi. Fino a pochi anni fa faceva quattro chilometri in bicicletta per andare a portare i fiori al defunto consorte sulla tomba di Brembate di Sopra, ma, quando la figlia Marisa e il genero Vittorio hanno iniziato a preoccuparsi, si è fatta regalare una cyclette su cui sale tutte le mattine, avvertendo con spiccata metafora: «Vado fino a Brembate di Sopra». La cyclette le piace, forse perché non la costringe a incontrare il medico del paese che, avendola vista una volta in bici, la fermò per dirle: «Signora, lei è una mia paziente ma non ci siamo mai conosciuti». Maria ha pensato «per fortuna!», visto che non ha mai preso medicine, se non una pastiglietta per la pressione alta che ora, fiduciosa dell'effetto del karate, ha intenzione di interrompere.
Nella casa di Vittorio e Marisa trascorre una vita serena. Cucina, non crostate perché non ha nipoti, così non ha neppure il problema di sentirsi definire «nonna», ma soprattutto legge. Scorre gli occhi di un azzurro stoviglia, senza occhiali, sulle pagine delle vite dei Santi, perché a lei piacciono le biografie di quegli uomini e donne che hanno provato a tirare a karate con l'Altissimo per metterlo al tappeto. Ogni tanto il postino suona, una volta, e Maria dice, benché l'udito l'abbia un po' tradita: «Ah, saranno i libri che ho ordinato», ovviamente all'insaputa di tutti, perché i suoi 101 anni sono l'orgoglio di una presa di karate che vuol dire: «Grazie, mi difendo da sola».
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