Kami (神)
è la parola giapponese indicante gli oggetti di venerazione nella
fede shintoista. Sebbene la parola sia talvolta tradotta con "dio"
o "divinità", i teologi shintoisti specificano che tale
tipo di traduzione può causare un grave fraintendimento del termine.
In alcune circostanze, come Izanagi e Izanami, i kami sono
identificati come vere e proprie divinità, simili agli dèi
dell'antica Grecia o dell'antica Roma. In altri casi invece, come il
fenomeno della crescita, gli oggetti naturali, gli spiriti che
dimorano negli alberi, o forze della natura, tradurre kami con
"dio" o "divinità" sarebbe una errata
interpretazione.
Limitatamente all'uso nello Shintoismo,
la parola è un'onorificenza per spiriti nobili e sacri, che implica
un senso di rispetto o adorazione per la loro virtù e autorità. Dal
momento che tutti gli esseri (viventi e non) possiedono tali spiriti,
l'essere umano (come d'altra parte ogni altro essere) potrebbe essere
considerato un kami o un kami potenziale. Tuttavia,
poiché i giapponesi non usano mai un'onorificenza per riferirsi a sé
medesimi o ad un membro di un gruppo cui appartengono, non è
abitudine riferirsi ad un normale essere umano col termine kami.
Poiché il giapponese normalmente non
distingue il numero (singolare/plurale/duale) nei nomi, non è talora
chiaro se kami si riferisca ad una singola entità o ad entità
multiple. Quando è assolutamente necessario un concetto di
pluralità, viene usato il termine kami-gami (神々),
che è una ripetizione della stessa parola (kami diventa gami
per eufonia). A volte ci si riferisce a kami "femminili"
col termine megami (女神).
Si dice poi spesso che ci sono Yaoyorozu-no-kami
(八百万の神),
ossia "otto-milioni-di-kami"; in giapponese, questo numero
spesso porta con sé il concetto di infinito (come già avveniva per
la simbologia ebraica e cristiana circa il numero 7).
I kami nella credenza shintoista
Kami sono i fondamentali oggetti
di venerazione per la fede shintoista. Lo Shintoismo nacque come una
delle varie antiche religioni popolari animistiche del Giappone, e
divenne una religione unificata a seguito delle influenze di altre
religioni portate in Giappone dall'estero. Conseguentemente, la
natura di ciò che può essere chiamato kami è molto estesa ed
abbraccia molti differenti concetti e fenomeni.
Alcuni degli oggetti o fenomeni
designati come kami sono qualità della crescita, fertilità e
riproduzione; fenomeni naturali come vento e tuono; "esseri"
naturali come il Sole, le montagne, i fiumi, gli alberi e le rocce;
alcuni animali (come la volpe e il tanuki, il cane procione);
e spiriti ancestrali. Fra questi possono essere annoverati, per
esempio, gli spiriti degli antenati della famiglia imperiale
giapponese, ma anche degli antenati di nobili famiglie così come
degli antenati della gente comune.
Ma ci sono anche altri spiriti
denominati kami. Ad esempio, gli spiriti guardiani della patria,
della casa e delle virtù; spiriti di eroi giapponesi, di uomini di
azioni o virtù fuori del comune, e di coloro che hanno contribuito
alla civilizzazione, alla cultura ed al benessere dell'umanità; di
coloro che sono morti per la patria o per la comunità (vedi:
santuario Yasukuni); e di quanti sono morti pietosamente. Bisogna
notare però che possono essere considerati kami nello Shinto
non soltanto gli spiriti superiori all'uomo, ma anche quegli spiriti
che suscitano un sentimento di pietà o che sono ritenuti deboli.
Il concetto di kami è stato
mutato e raffinato fin dall'antichità, anche se nulla di ciò che
era considerato kami dallo Shintoismo "antico" è
ancora considerato kami in quello "moderno" (dove lo
Shintoismo "moderno" comincia da quando venne formalizzato
in una religione unificata sotto l'influsso di religioni straniere
come il Buddhismo). Anche per quanto riguarda lo Shintoismo "moderno"
, comunque, non ci sono criteri chiaramente definiti per cosa debba o
meno essere venerato come kami. La differenza fra lo
Shintoismo "moderno" e le antiche religioni animistiche del
Giappone è fondamentalmente un raffinamento del concetto di kami,
più che una differenza in termini di definizioni.
Nelle antiche religioni animistiche, i
kami erano concepiti semplicemente come le divine forze della
natura. I cultori della religione nel Giappone antico veneravano le
creature della natura che ispiravano un particolare senso di bellezza
e potere, come le cascate, le montagne, le rocce, gli animali, gli
alberi, le erbe e persino le risaie. Credevano fermamente che gli
spiriti o i kami meritassero rispetto.
Sebbene questi arcaici concetti siano
ancora presenti, nello Shintoismo "moderno" molti sacerdoti
considerano i kami anche come spiriti antropomorfi, con nobiltà e
autorità. Fra questi vi sono anche figure mitologiche come
Amaterasu, la dea solare del pantheon shintoista. Anche se questi
kami possono essere considerati delle divinità, non sono
ritenuti onnipotenti né onniscienti. Nel mito di Amaterasu, per
esempio, si dice che la dea non era in grado di vedere gli eventi del
mondo umano. E per vedere il futuro doveva praticare rituali
divinatori.
I kami possedevano
tradizionalmente due "anime", una gentile (nigi-mitama)
ed una aggressiva (ara-mitama). Questa forma di kami,
umana ma potente, era ancora divisa in amutsu-kami ("divinità"
del mondo ultraterreno) e in kunitsu-kami ("divinità"
del mondo terreno). Un kami si comporterebbe in modo diverso
in base a quale "anima" si trova come soggetto in un
preciso momento. In molti modi, ciò rappresentava gli improvvisi
mutamenti della natura e spiegherebbe perché c'erano kami per
ogni evento meteorologico e non: neve, pioggia, tifoni, inondazioni,
lampi e vulcani.
Gli antenati di una particolare
famiglia possono anche essere venerati come kami. In questo
senso, questi kami erano venerati a causa dei loro poteri
benefici, per una qualità o un valore particolare. Molti altari
(hokora) furono eretti in onore di questo tipo di kami,
che erano regionali. In molti casi, quindi, i morti possono essere
divinizzati; un esempio di ciò è il kami Tenjin, che fu
Sugawara no Michizane (845-903) in vita.
Nella sua trasmissione radio del 1946
Ningen sengen, l'Imperatore Hirohito dichiarò di non essere
un akitsumikami (kami terreno, manifesto). Tuttavia, dopo questa
dichiarazione, Hirohito chiese il permesso alle forze occupanti
statunitensi di venerare i suoi antenati e, una volta ottenuto il
permesso, venerò Amaterasu, che implicava dunque che egli fosse di
discendenza divina: secondo la tradizione, infatti, tutti gli
imperatori del Giappone discendono dal primo imperatore Jimmu (660
a.C.), che i devoti credono discendesse a sua volta da questa dea.
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