giovedì 10 luglio 2025

Quando l’esperienza non basta: perché un esperto di arti marziali può perdere contro un non addestrato

Nel mondo idealizzato delle palestre e dei dojo, spesso si dà per scontato che anni di addestramento formale garantiscano la supremazia in qualsiasi contesto di combattimento. Ma la realtà è ben più complessa. Non sono rari i casi in cui un praticante esperto, magari cintura nera, subisce una sconfitta clamorosa contro un avversario apparentemente “ignorante” della materia. È un paradosso solo in apparenza: in verità, il divario tra l’allenamento marziale moderno e la violenza reale è molto più ampio di quanto si voglia ammettere.

Molte arti marziali, nel loro sviluppo contemporaneo, si sono allontanate dalle origini brutali e pragmatiche per cui erano nate. La disciplina, la ritualità, la tecnica raffinata e le forme codificate hanno preso il posto del caos e della crudeltà della lotta vera. In alcuni casi, questo processo ha sterilizzato l’efficacia del gesto marziale, trasformandolo in esibizione più che in sopravvivenza.

Pensiamo a certe interpretazioni dell’aikido, della capoeira, o anche del karate tradizionale: movimenti ampi, eleganti, rituali… ma che in uno scenario di scontro reale rischiano di essere vuoti, lenti, prevedibili. In una rissa non c’è tempo per le forme, né spazio per la bellezza del gesto tecnico. C’è solo spazio per l’impatto, per la reazione immediata, per il danno.

Uno dei motivi principali per cui un esperto può soccombere è l’illusione del contesto protetto. Chi si allena sempre in ambienti regolamentati, con partner collaborativi, con regole e limiti, rischia di non sviluppare la prontezza mentale per gestire un’aggressione improvvisa, sporca e senza regole. L’aggressore da strada non “simula” colpi, non rispetta pause, non si ferma quando l’altro è a terra. Colpisce alla gola, agli occhi, ai genitali. Usa oggetti. Morde. Urla. Ti prende dal panico.

Al contrario, chi non ha un addestramento formale, ma ha una storia di violenza vissuta – magari cresciuto in ambienti duri, con una lunga familiarità con la rissa – sviluppa un istinto diretto, brutale. Non ha tecnica, ma ha ferocia. E spesso ha un vantaggio: non esita. Mentre l’artista marziale valuta, il violento agisce.

Un altro aspetto spesso trascurato è la preparazione psicologica al dolore e al caos. Molti praticanti non sono mai stati colpiti veramente. Mai colpiti con cattiveria. Mai messi a terra in mezzo al cemento. Mai circondati. Mai assaliti da qualcuno che vuole davvero far loro del male. Questo porta a una pericolosa dissonanza: sapere come si dovrebbe reagire… e non riuscire a farlo.

La preparazione tecnica senza la volontà combattiva è come un’arma scarica. Il corpo può sapere, ma se la mente non è pronta a colpire con decisione, con cattiveria, allora si perde l’unico vantaggio reale che la tecnica offre: il controllo.

C’è poi la questione della forza fisica e della differenza di massa. Un non addestrato ma fisicamente dominante, esplosivo, e aggressivo può facilmente sopraffare un praticante tecnico ma gracile. La tecnica è un moltiplicatore di forza, ma non un sostituto. Se il gap è troppo ampio, la tecnica crolla sotto il peso dell’impatto. Una leva o una proiezione ben eseguita non valgono nulla se non riesci nemmeno ad applicarla contro qualcuno che ti ha già stordito con un pugno irregolare ma devastante.

Infine, molti sistemi marziali si sono adattati al contesto sportivo, con regole, categorie di peso, arbitri, interruzioni. Questo li rende eccellenti sport da combattimento – ma non necessariamente arti di sopravvivenza. E così, quando ci si trova in uno scontro reale, senza guantoni, dove un colpo ben assestato può far finire tutto in pochi secondi, molte certezze crollano.

Il punto non è denigrare le arti marziali, ma riconoscere che non sono tutte uguali, e che l’addestramento moderno spesso manca di brutalità, imprevedibilità e violenza reale. Chi si allena per autodifesa dovrebbe mettersi alla prova in scenari verosimili: combattere con resistenza reale, gestire l’adrenalina, allenarsi nel caos, lavorare sulla resilienza mentale.

L’abilità marziale vera nasce dove si incontrano tecnica, forza, cattiveria controllata e adattamento al caos. Senza queste componenti, anche un esperto può diventare una vittima. E il dilettante feroce, imprevedibile e pronto a tutto può diventare, per quel giorno, il vincitore.

La vera lotta è dolore, sangue e violenza.

Per essere pronti per una rissa in strada dovresti allenarti così:

Non questo:



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