domenica 23 dicembre 2018

Kumārajīva

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Kumārajīva (鳩摩羅什, Pinyin: Jiūmóluóshí, Wade-Giles: Chiu-mo-lo-shih, coreano: 구마라집, Kumarajip, giapponese: Kumaraju; Kucha, 344 o 350 – Chang'an, 413) fu un monaco buddhista kucheano, traduttore di testi dal sanscrito al cinese, figura importante per lo sviluppo del Buddhismo in Estremo oriente.

L'infanzia e gli anni dell'apprendimento del Dharma

La sua vita è nota grazie alla Biografia di monaci eminenti (cin. Gāosēngzhuàn, 高僧傳, giapp. Kōsō den, T.D. 2059, 50.330a-333a), composto in 14 fascicoli da Huìjiǎo (慧皎, 497-554) nel 519; al Chūsānzàngjìjí (出三藏記集, Raccolta di note relative alla traduzione del Tripitaka, giapp. Shutsu sanzō kishū, T.D. 2145, 55.100a-102b) opera composta da Sēngyòu (僧祐, 445-518) nel 515; e grazie all'Elogio postumo del maestro del Dharma Kumarajiiva (riportato nel Guǎnghóngmíngjí, 廣弘明集, giapp. Kō gumyō shū, T.D. 2128, 54.908c24) redatto dal suo discepolo diretto Sēngzhào (僧肇, 374-414). La prima e la terza di queste opere non concordano, tuttavia, sulla data di nascita e morte.
Secondo Sēngzhào egli morì nel 413 all'età di 69 anni, quindi dovrebbe essere nato nel 344. Ma secondo Huìjiǎo sarebbe nato nel 350 e morto nel 409, quindi a 59 anni. Si sa che suo padre, Kumārāyaṇa (鳩摩羅炎, cinese Jiūmóluóyán giapp. Kumaraen, date sconosciute), era indiano e di casta brāhmaṇa, ed era destinato a cariche politiche ma non si sa per quale motivo ad un certo punto si convertì al Buddhismo prendendo i voti monastici e decidendo, inoltre, di attraversare le montagne del Pamir per diffondere la dottrina buddhista fuori dall'India. Kumārāyaṇa, padre di Kumārajīva, nel suo peregrinare verso Oriente giunse nel Regno di Kucha (oasi sulla Via della seta, situata sul versante settentrionale bacino del Tarim) che tre secoli dopo Xuánzàng (玄奘) testimonierà come uno dei regni più devotamente buddhisti che egli abbia mai visitato. Colpito dalla preparazione e dalla devozione del monaco indiano, il re di Kucha gli offrì di restare in qualità di 'Maestro della nazione' giungendo a promettergli la figlia in sposa. Kumārāyaṇa accettò ambedue le offerte e dall'unione con la figlia del sovrano nacque Kumārajīva, il cui nome, secondo le cronache del Chūsānzàngjìjí, deriva proprio da quello del padre unito a quello della madre, Jīvaka. È da notare che Kumārāyaṇa violò i voti monastici sposando Jīvaka e ciò accadrà più tardi anche per Kumārajīva.
A sei anni Kumārajīva entrò in un monastero buddhista. Anche la madre, Jīvaka, prese i voti monastici nello stesso periodo. Si narra che Kumārajīva fin da giovanissimo espresse delle doti particolari, imparando facilmente a memoria l'Abhidharma della scuola sarvāstivāda. Dopo tre anni la madre decise di approfondire il proprio studio e di tornare nel Kashmir da dove era partito il marito così, insieme al figlio di nove anni, rientrò in India. Giunti nel Kashmir, Kumārajīva ebbe maestri di tradizione sarvāstivāda, il più importante dei quali fu Bandhudatta che gli fece accuratamente approfondire il Sūtrapiṭaka di quella scuola. Si narra che non ancora dodicenne si fece notare in una disputa come profondo conoscitore della dottrina soprattutto in termini di comprensione profonda. Il fatto che ciò accadesse davanti al sovrano di Chipin (o Kipin in Kashmir oggi compreso nella regione dello Swat), lo rese famoso in tutta la regione. Compiuti i dodici anni, Kumārajīva insieme alla madre rientrò nel regno di Kucha.
È durante questo viaggio di ritorno che Kumārajīva ebbe la predizione da parte di un arhat sarvāstivāda incontrato lungo il cammino che, se non avesse infranto i voti da monaco, entro i trentacinque anni sarebbe divenuto eguale a Upagupta. Secondo la tradizione sarvāstivāda Upagupta ebbe il merito di aver convertito l'imperatore Aśoka al Buddhismo. Kumārajīva e la madre raggiunsero, sulla via del ritorno verso Kucha, lo stato di Kashgar (sul versante occidentale del bacino del Tarim) dove risiedettero per un anno e dove Kumārajīva approfondirà l'Abhidharma ed altri testi sarvāstivāda e, con Buddhayaśas, testi della scuola dharmaguptaka. Studiò anche importanti testi del Sanātana Dharma (Induismo), e opere di astronomia e di scienze. Durante un altro dibattito pubblico sul Sutra della messa in moto della Legge (Dharmaçakrapravartana Sūtra) ebbe ancora modo di far notare la sua profonda erudizione e intuizione. Fino a questo momento Kumārajīva è tuttavia un monaco di tradizione sarvāstivāda, sarà l'incontro, avvenuto sempre a Kashgar, con Sutyasoma, monaco del Grande veicolo (Buddhismo Mahāyāna), che ne modificherà le vedute religiose. Con Sutyasoma, Kumārajīva iniziò infatti lo studio della letteratura dottrinale Mahāyāna, in particolar modo dei testi madhyamaka di Nāgārjuna e di Āryadeva.
Molti anni dopo Kumārajīva così ricorderà il suo rapporto con Sutyasoma:
«Nel passato quando ero in India, ho percorso le cinque regioni del paese alla ricerca degli insegnamenti del Mahāyāna. Quando ebbi modo di studiare presso il grande maestro Sutyasoma, riuscii finalmente ad assaporare il gusto dell'autentica sapienza. Egli mi affidò i testi in sanscrito e, incaricandomi di divulgarli, disse -Il sole del Buddha è tramontato dietro le montagne occidentali, ma i suoi raggi si attardano a illuminare le regioni nordorientali. Questi testi sono destinati proprio a quelle regioni. Tu ne devi assicurare la trasmissione!»
(Kumārajīva.)

Giunto a Kucha ottenne la piena ordinazione monastica ma, dopo alcuni mesi, siamo nel 382, questa città-regno venne conquistata da Lǚ Guāng (呂光, 338–399), un generale cinese della dinastia Qin anteriori. Tradotto prigioniero a Liángzhōu (凉州, odierna Wŭwēi, 武威, nella provincia di Gansu) vi rimase diciotto anni in quanto, morto l'imperatore Fú Jiān (苻堅, regno: 357–385) il generale Lǚ Guāng si autonominò re di Liángzhōu. Durante questa lunga prigionia, Kumārajīva apprese perfettamente il cinese.

L'attività di traduzione in Cina

La conquista del trono imperiale cinese da parte di Yaó Xīng (姚興, 366-416) della dinastia Qin posteriori, sovrano interessato al Buddhismo, consentì finalmente a Kumārajīva di entrare nella capitale cinese Chang'an, nel 401, con tutti gli onori e sotto la protezione imperiale. Qui, nei suoi restanti dodici anni di vita, Kumārajīva provvederà alla traduzione di numerosissimi sutra buddhisti (la tradizione gli attribuisce la traduzione di un minimo di 35 ad un massimo di 74 sutra) sia di tradizione del Buddhismo dei Nikāya sia di quella del Buddhismo Mahāyāna. Prima dell'arrivo di Kumārajīva era uso in Cina prendere a prestito terminologie daoiste o confuciane per tradurre i testi buddhisti. Alcune dottrine buddhiste erano, infatti, sovrapponibili a quelle daoiste e ciò aveva consentito di varare il metodo Géyì (格義, "Fare coincidere il senso") per cui molti termini cinesi presi in prestito dal Daoismo (e anche dal Confucianesimo) furono utilizzati dai primi traduttori di sutra buddhisti: così inizialmente nirvāṇa veniva reso come 無爲 (wúwéi, non azione) e non più correttamente come 湼槃 (nièpán); così come śunyātā veniva tradotto () e non più correttamente (kōng).
Huìguān (慧觀, IV-V secolo), altro suo discepolo diretto, così narra nella sua introduzione a questa versione cinese del Sutra del Loto (妙法蓮華經 Miàofǎ Liánhuā Jīng T.D. 262, 9.1c-62b, conservata nel Fǎhuābù), di come traducesse Kumārajīva:
«Egli poteva prendere in mano un sutra scritto in una lingua straniera e tradurlo oralmente in cinese. Poteva poi spiegarlo in modo perfetto sempre in cinese. Alle sue riunioni partecipavano fino a 500 dotti cinesi che, dopo essersi convinti che la traduzione di Kumārajīva era migliore di quelle precedenti, prendevano il pennello e la riportavano in cinese. Kumārajīva rivedeva sempre le traduzioni.»
(Huìguān)
Nella stessa introduzione, Huìguān, ci informa che:
«Nell'estate dell'ottavo anno dell'era Hung-shih (406 e.v.), sotto la dinastia Qin posteriori, oltre duemila monaci provenienti dalle quattro direzioni si riunirono in uno dei grandi templi di Chang'an. Venne lì recitata la nuova versione del Sutra del Loto e tutti i membri dell'assemblea si unirono per esaminarla e verificarla. Kumārajīva si esprimeva con parole semplici eppure colme di profondi concetti; faceva uso di esempi familiari ma il significato era di grande portata. Spiegava quanto era nascosto sotto il livello superficiale del testo sforzandosi di portarne alla luce le idee fondamentali.»
(Huìguān)
In un'altra cronaca dello stesso evento, quella di Sēngruì (僧叡, 371-438), riportata nella sua introduzione (dal titolo 大品經序 Dàpǐn jīngxù) alla traduzione cinese del Mahā prajñāpāramitā sūtra (摩訶般若經 Móhēbānréjīng , conservato nel Bōrěbù), si legge:
«I membri dell'adunanza si colmavano di gioia ricevendo la nuova traduzione, sentendosi come se, in una giornata limpida, avessero potuto dominare con lo sguardo il mondo sottostante dalla cima dei monti Kunlun»
(Sēngruì)



La vasta erudizione del maestro Kumārajīva spinse il sovrano cinese ad obbligarlo a rinunciare ai voti monastici per dargli una posterità degna di lui, secondo gli ideali confuciani.
Importanti discepoli di Kumārajīva furono: Dàoshēng (道生, 355 – 434), Dàoróng (道融, 372-445), Sēngruì (僧叡, 371-438), Sēngzhào (僧肇, 374-414) e Huìguān (慧觀, IV-V secolo), patriarchi della scuola Madhyamaka cinese denominata Sānlùn (三論宗, Sānlùn zōng).
Kumārajīva si spense a Chang'an nel 413 e, narra la tradizione riportata nel Gāosēng zhuàn, dopo la cremazione del suo corpo effettuata nello stesso giardino del monastero (Giardino di Xianyao) dove si tenevano le assemblee di traduzione, fu trovata la sua lingua intatta, come controprova della sua corretta attività di traduttore e di insegnante. Nello stesso giardino sono oggi conservate le sue ceneri.

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sabato 22 dicembre 2018

Gokaidō

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Il Gokaidō (五街道) meglio noto come cinque strade di Edo fu il principale sistema terrestre viario (kaidō) di comunicazioni giapponese durante il periodo Edo. Questo sistema si diramava attraverso la parte centrale dell'isola di Honshū collegando la sede dello shōgun a Edo (Tokyo) con le città più importanti del Giappone in particolare con Kyoto in cui risiedeva l'imperatore. I lavori d'edificazione iniziarono sin dalla prima metà del XVII secolo, dopo che Tokugawa Ieyasu aveva vinto la battaglia di Sekigahara, con la quale si era assicurato il controllo del paese. Costruì il sistema viario per meglio controllare i daimyo nemici e scoraggiarne le ribellioni. I lavori terminarono durante il quarto shogunato della stirpe Tokugawa. Lungo le cinque vie erano poste numerose stazioni di posta che davano la possibilità ai viaggiatori di riposarsi lungo il cammino e di acquistare scorte di cibo. Queste stazioni sono rappresentate in molte xilografie di Utagawa Hiroshige nel suo famoso ciclo di stampe chiamato Le cinquantatré stazioni del Tokaidō.

Le cinque strade

Ogni strada aveva inizio presso Nihonbashi (località alla periferia di Edo) e si snodavano verso i maggiori centri urbani dell'isola di Honshū.

Tōkaidō

Tokaido (東海道 Tōkaidō, letteralmente: strada costiera orientale) era la strada che univa Edo a Kyoto costeggiando l'Oceano Pacifico, le comunicazioni erano garantite da una rete di 53 stazioni per ognuna delle quali Utagawa realizzò una stampa. Era inoltre la via principale del Giappone per l'importanza amministrativa, economica e culturale delle due città. Nel 1619, la strada fu estesa fino ad Osaka con l'aggiunta di 4 stazioni. Il nuovo tratto prese il nome di Ōsaka Kaidō (大阪街道) o anche Kyōkaidō (京街道).

Nakasendō

Possedeva 69 stazioni di sosta anch'esse rappresentate da Utagawa. Anche questa via collegava Edo a Kyoto percorrendo però una via maggiormente impervia attraverso le montagne di Honshū.

Kōshū Kaidō

Connetteva la sede dello shogunato ai territori dell'attuale prefettura di Yamanashi.

Ōshū Kaidō

Comprendeva 27 stazioni di servizio e univa Edo con i territori dell'attuale prefettura di Fukushima

Nikkō Kaidō

Servita da 21 stazioni, collegava Edo alla città di Nikkō.

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venerdì 21 dicembre 2018

Konishi Yukinaga

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Konishi Yukinaga (小西 行長; 1555 – Kyoto, 6 novembre 1600) è stato un militare giapponese cristiano, daimyō sotto Toyotomi Hideyoshi.

Biografia

Yukinaga era figlio di un ricco mercante, o forse di uno speziale, chiamato Ryusa Konishi, di Sakai. Entrambi i genitori erano cristiani, battezzati coi nomi di Gioacchino e Maddalena. Era il secondogenito della coppia e il suo nome d'infanzia pare fosse Yakuro.
Nel 1581 a ventisei anni si fece battezzare col nome di Agostino e l'anno seguente, nel 1582, entrò al servizio della famiglia Ukita. Durante la campagna per la conquista del Kyushu nel 1587, Hideyoshi lo notò per le capacità di comando e, dopo che Yukinaga costrinse alla resa la provincia di Higo, lo ricompensò con un lauto feudo in quella zona per un ammontare di 240000 koku, e il castello di Udo. L'altra metà di Higo fu affidata a Kato Kyomasa, fervente buddista zen, e fra i due non corse mai buon sangue.
Nonostante si opponesse all'invasione giapponese della Corea, fu nominato comandante della spedizione assieme al suo rivale Kato Kyomasa. Svolse un ruolo importante nella conquista di Seul, di Pusan e nella difesa di Pyongyang. Nel 1595 cercò di intraprendere, assieme a Ishida Mitsunari, una trattiva di pace con l'impero cinese, che era intervenuto nella guerra a fianco della Corea. L'indifferenza di Hideyoshi fece tuttavia fallire i negoziati e Yukinaga si imbarcò per la seconda spedizione coreana nel 1597.
Nel 1598, alla morte di Toyotomi Hideyoshi, Yukinaga si fece sempre più vicino ai lealisti dei Toyotomi e nella primavera del 1600, allo scoppio della guerra, palesò la sua alleanza a Ishida, essendo anche uno dei suoi più fidati amici. Yukinaga assistette alla disfatta di Sekigahara, e alla fine della giornata cercò di fuggire sul monte Ibuki, ma fu consegnato alle forze di Tokugawa Ieyasu dagli abitanti del villaggio in cui aveva cercato rifugio.
Portato a Kyoto, gli fu offerta la possibilità di fare seppuku, ma essendo cristiano rifiutò. Fu decapitato il sei novembre 1600, subito dopo Ishida Mitsunari, e morì pregando.


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giovedì 20 dicembre 2018

Forma Chen Lao Jia Er Lu

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La lao jia er lu (vecchia struttura, seconda forma), nota anche come lao jia pao chui (vecchia struttura, pugno cannone), è una delle molteplici forme dell'arte marziale taoista dello taijiquan stile Chen.
È caratterizzata da un ritmo di esecuzione veloce e da un gran numero di movimenti di fajin. Per una sua corretta esecuzione, occorre che lo studente abbia già sviluppato un buon livello di comprensione della disciplina, altrimenti i movimenti sono eseguiti in modo rigido ed "esterno".

Posizione Nome in cinese Nome in italiano Movimenti
1 yu bei shi Preparazione
2 jing gang dao bu Il Guerriero di Buddha (Jin Gang) pesta il mortaio
3 Lan Zha Yi Pigro nell'allacciare la veste
4 liu feng si bi Sei sigilli e quattro chiusure
5 Dan Bian Frustata semplice
6 ye bu hu xin chui Il pugno protettore del cuore
7 jing bu xie xin Avanzata obliqua
8 hui tou jing gang dao dui Il Guerriero di Buddha si gira e martella
9 pie shen chui Piegarsi con la schiena
10 zhi dang Pugno in mezzo le gambe
11 zhan shou La mano che taglia
12 fan hua wu xiu Il fiore si gira facendo girare le maniche
13 yan shou hon quan Nascondere la mano e dare un pugno
14 yao lan zhou Girare il bacino e bloccare con il gomito
15 da hon quan xiao hon quan

16 yu nü chuan suo La ragazza di giada lancia il razzo
17 tao qi long Scavalcare all'indietro il drago
18 yan shou hon quan Nascondere la mano e dare un pugno
19 go pian go pian

20 shuo tou shi Posizione della testa dell'animale
21 pi jia zi Spaccare
22 yan shou hon quan Nascondere la mano e dare un pugno
23 fu hu Soggiogare la tigre
24 mo mei hon Muovere le sopracciglia rosse
25 huang long san jiao shui Il drago giallo agita l'acqua tre volte
26 zuo chong you chong

27 yan shou hon quan Nascondere la mano e dare un pugno
28 sao tang tui Spazzare
29 yan shou hon quan Nascondere la mano e dare un pugno
30 quan pao chui

31 yan shou hon quan Nascondere la mano e dare un pugno
32 dao cha dao cha

33 zuo er hon you er hon

34 hui tou dan tou pao Girare il cannone e sparare a portata
35 bian shi da zhuo pao

36 yao lan zhou

37 shun lan zhou

38 wo di pao Il cannone della tana
39 hui tou jing lang zhi ru

40 jin gang dao shui Il Guerriero di Buddha pesta il mortaio 4
41 shou shi Conclusione 5


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mercoledì 19 dicembre 2018

Cao Zhi

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Cāo Zhi (192 – 232) è stato un poeta cinese vissuto nell'ultima parte della dinastia Han, nel periodo dei Tre Regni dell'antica storia della Cina..
Cao Zhi era il terzo figlio del signore della guerra Cao Cao e della sua seconda moglie, la principessa Bian. Assieme al fratello più vecchio Cao Pi aspirava alla successione del padre che aveva gettato le basi del Regno Wei. Nel 220, alla morte del padre Cao Cao, il potere passò al fratello Cao Pi che poco dopo si proclamò Imperatore del regno di Wei, ponendo fine alla dinastia Han.
Date le continue rivalità tra i due fratelli, a Cao Zhi non fu permesso di immischiarsi negli affari politici, nonostante le sue continue richieste in tal senso.

Poetica

Sia il padre Cao Cao che il fratello Cao Pi furono buoni poeti a loro volta, tanto che nella poesia cinese sono ricordati insieme come i "Tre Cao".
Le loro opere, assieme a quelle di altri poeti, formarono l'ossatura dello stile poetico della tarda dinastia Han, noto come stile jian'an e costituito da toni solenni, ma anche spesso melanconici, con frequenti lamenti sull'effimerità e la labilità della vita.



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martedì 18 dicembre 2018

Tong-zi-gong

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Il Tong-zi-gong (童子功) o "kung-fu del fanciullo" rappresenta l'essenza dei migliori esercizi dello yoga, del kung-fu e del qi-gong, ed è considerato il kung-fu più mistico (metafisico) dello Shaolin. Insieme al Qi-gong, è la disciplina interiore preferita dai maestri Shaolin.
«La meta suprema consiste nel conservare la scioltezza del proprio corpo, perché il duro e il secco si rompono, il morbido e il malleabile sopravvivono.»
(Detto Shaolin)

Introduzione

La cultura dei monaci Shaolin comprende moltissime arti sviluppatesi nei secoli dagli insegnamenti del patriarca Damo (Bodhidharma). Le arti marziali terapeutiche, spirituali e religiose si dividono tra l'arte dello spirito (chan) e le arti marziali ed energetiche (quan).
Un proverbio Shaolin afferma che queste due componenti della cultura costituiscono un'unica realtà:
«Chan-quan qi-i, "Le arti marziali Shaolin e la meditazione sono un'unica cosa.Sono nate insieme e una non può esistere senza l'altra"»

Alle arti esterne quan (dette hong) appartengono:
  • il kung-fu (detto anche Shaolin gang-quan-"pugno duro di Shaolin"),
  • qin-na (tecniche di cattura),
  • sanda o San-shou (combattimento libero),
  • kang-ji-gong (tecniche di potenziamento del corpo),
  • Shaolin shi-ba-wu-qi (le 18 armi classiche di Shaolin),
  • "tre gioielli di Damo": yijinjing (metodo di rafforzamento di tendini e muscoli), xi-sui-jing (metodo di purificazione del midollo e del cervello) e shi-pa-fa Luohan-quan (le diciotto tecniche della mano di Luohan).
Alle arti interne quan (dette kong) appartengono:
  • il Tong-zi-gong, (yoga Shaolin)
  • qi-gong (arte della respirazione)
  • rou-quan ( "pugno morbido" detto anche Shaolin taiji),
  • zuo-chan (meditazione).

Caratteristiche

Secondo la medicina Shaolin e l'ayurveda l'incurvamento della colonna vertebrale è da considerarsi come la prima causa del decadimento senile: gli esercizi del Tong-zi-gong hanno lo scopo di conservarne l'elasticità e di rigenerare l'equilibrio naturale per evitare inutili dispersioni energetiche.
Laozi insegna:
«Alla nascita l'uomo è molle e debole, alla morte è duro e forte. Tutte le creature, l'erbe e le piante quando vivono sono molli e tenere quando muoiono sono aride e secche. Durezza e forza sono compagne della morte, mollezza e debolezza sono compagne della vita. Per questo chi si fa forte con le armi non vince. L'albero che è forte viene abbattuto. Quel che è forte e robusto sta in basso, quel che è molle e debole sta in alto



Il kung-fu Shaolin richiede un'elevata concentrazione d'energia nelle fibre muscolari, nei tendini e nelle cartilagini ed è dunque necessario praticarlo con rigorosa costanza, perché inserire una lunga pausa, causa la perdita delle nozioni e delle facoltà acquisite, esponendo le zone più fragili del corpo a possibili danni.
Un proverbio Shaolin dice:
«Chi perde il kung-fu di un giorno perde il kung-fu di dieci giorni
L'anziano monaco Shi-Wan-Heng, detto il "maestro della flessibilità", che era stato iniziato alla pratica del Tong-zi-gong all'età di otto anni, afferma:
«Noi pratichiamo qi-gong soltanto a livello terapeutico, per mantenere il corpo in forma, e il Tong-zi-gong per mantenerlo elastico. Per quanto riguarda il "kung-fu del fanciullo", lo pratichiamo tra le cinque e le sette del mattino per un'ora o due, ma in ogni caso due volte al giorno, il mattino e la sera. Ovviamente, in caso di malattia, l'allenamento è sospeso, ma appena si guarisce ci si affretta a recuperarlo. Nel monastero sono in tanti a praticare il "kung-fu del fanciullo", è una peculiarità del nostro tempio Shaolin, poiché in nessun altro posto s'insegna questo tipo d'esercizi. La cosa più importante è che l'apprendistato inizi quanto più possibile in tenera età, iniziare a novanta anni sarebbe troppo tardi

Fonti

Il Tong-zi-gong è presentato ed illustrato nelle stele della Beilin ("Foresta di stele") e nelle sculture della sala Chui-pu tang (锤谱堂 "Sala dei manuali di combattimento") del tempio Shaolin.
Dal punto di vista letterario, il Tong-zi-gong è stato presentato nell'originale testo cinese "Shaolin Tong-zi-tu" (少林童子功圖)

Metodologia di insegnamento Shaolin

Secondo il maestro Shi-Heng-Jun, della 35º generazione dei monaci guerrieri del tempio Shaolin, nella metodologia di insegnamento la flessibilità è di capitale importanza, perché più si è flessibili, più si può resistere al dolore e meglio si resiste al dolore, più rapidamente s'impara il kung-fu.
«Il Tong-zi-gong è in grado di trasformare un allievo scadente in uno studente particolarmente dotato che spicca tra i suoi pari, forte nel corpo e nello spirito, qualità che conserverà per tutta la vita.Se s'intraprende la pratica dello Shaolin kung-fu senza aver prima praticato il Tong-zi-gong, la qualità della tecnica andrà calando all'età di cinquanta o sessant'anni al massimo, mentre chi pratica il Tong-zi-gong conserva inalterata la propria agilità e abilità nel kung-fu
Lo Shaolin-Quan-Mi (testo classico Shaolin) aggiunge:
«“Il monaco sembrerà giovane e agile come un fanciullo, sebbene i suoi capelli siano bianchi come le piume di una gru. Il suo corpo sarà morbido come il broccato, leggero come una rondine e resistente come l'acciaio”»



Lo Shaolin Tong-zi-gong è composto da diciotto stili, che possiedono anche un valore marziale. Infatti se quest'arte viene portata alla perfezione, qualsiasi gesto può essere trasformato in un movimento di attacco e di difesa.
Lo Shaolin Tong-zi-gong possiede una grande varietà di esercizi con i relativi scopi, che includono:
  • 1) Esercizi esterni (Wai-dan);
  • 2) Esercizi interni (Nei-dan);
  • 3) Esercizi “morbidi” (Yin-rou), per migliorare la flessibilità;
  • 4) Esercizi “duri” (Yang-gang), per aumentare la forza e la resistenza
  • 5) Esercizi di carattere misto per migliorare la postura.
Gli esercizi interni servono a curare la salute degli organi e dei visceri (Zang-fu), a mantenere sani i sistemi dell'organismo (es. San-jiao) e a trattenere e conservare nel corpo l'energia interna (Qi), in modo da poter contrastare il decadimento fisico. Gli esercizi morbidi servono invece a sviluppare l'armonia nei movimenti e la bellezza estetica.

Livelli

Il Tong-zi-gong si divide in due livelli: di base e avanzato. Quello "di base" si concentra sulla mobilità e in particolare su varie forme di rotolamento e salto. Richiede una grande flessibilità dei tendini e delle giunture, perciò l'età migliore per praticarlo va dai cinque ai sei anni. Dopo averlo praticato per quattro anni, i bambini hanno fortificato le parti più fragili del loro corpo.
Il livello avanzato del Tong-zi-gong è simile a quello del qi-gong. Viene praticato con movimenti morbidi ed efficaci, che fanno raggiungere alle giunture il massimo grado di resistenza e flessibilità, premessa indispensabile per avere una postura perfetta e una grande potenza. Con la sua pratica assidua, si può arrivare a piegare le membra in angolazioni apparentemente impossibili.

I 18 fondamentali

Il Tong-zi-gong presenta una sequenza (tao-lu) di base composta da diciotto esercizi, che costituiscono le porte dei rispettivi diciotto stili dedicati alla specifica tecnica da portare alla perfezione.
  1. Shuang-shou-he-shi (双手合十): posizione perfetta a mani giunte (dalla posizione yoga prarthanasana).
  2. Chu-zuo-lian-tai(初坐莲台): sedersi in meditazione su un trono di loto (dalla posizione yoga sukhasana).
  3. Zhao-tien-deng (朝天蹬): calcio ascendente nel cielo del mattino (dalla posizione yogautthita hasta padangusthasana).
  4. Zhuang-shang-gong (桩上功): esercizio d'equilibrio sui pali (dalla posizione yoga virabhadrasana).
  5. Dan-tui-zhang (单推掌): eseguire un affondo col palmo, in.
  6. Bao-fo-jiao (抱佛腳): Abbracciar i piedi di loto del signore Buddha (dalla posizione yoga pascimottanasana).
  7. Dao-li ar-zhi-Chan (倒立二指禅): meditazione su due dita (dalla posizione yoga adho-mukha-vriksasana).
  8. Luo-han shui-jiao (罗汉睡觉): La posizione di riposo del monaco (una variante della posizione yoga sayanasana).
  9. Qi-lou heng-cha (起落橫叉): cadere in spaccata frontale dopo un salto (dalla posizione yoga samakonasana).
  10. Tong-zi-bai Guanyin (童子拜观音): un giovane monaco offre i suoi omaggi al Buddha Guanyin (dalla posizione yoga vriksasana)
  11. Tong-zi-wo-Chan (童子臥禅): un giovane monaco si sdraia in meditazione (dalla posizione yogaviparita-padmasana).
  12. Xie-li cang-hua (叶里藏花): esercizio di sollevare le gambe ponendo i talloni davanti alla fronte (dalla posizione yoga estrema ganda bherundasana).
  13. Wan-tong-bai-fo (顽童拜佛): un giovane monaco offre i suoi omaggi al signore Buddha in una posizione difficile (variante in equilibrio della posizione yoga vatayanasana).
  14. Tou-dao-zai-bei (头倒载碑): esercizio di assumere la posizione eretta invertita (dalla posizione yoga sirsasana).
  15. Zhuang-shen dan-bi-fu-cheng (转身单臂伕撐): esercizio di sostenere la parte superiore del corpo su un solo braccio (dalla posizione yoga vasisthasana).
  16. Tie-quan-fu-hu (鉄拳伏虎): esercizio del pugno di ferro.
  17. Heng-cha-ce-wo (橫叉側臥): esercizio di sdraiarsi su una gamba in spaccata sagittale (dalla posizione yoga hanumanasana).
  18. Lian-hua pan-zuo (莲花盘坐): sedersi su un trono di loto (dalla posizione yoga padmasana)
L'esercizio 5 (Dao-li ar-zhi-Chan, o "meditazione su due dita") è una tecnica molto difficile, che richiede al monaco di sostenere l'intero peso del corpo con due sole dita di una mano. Richiede un controllo ascetico delle funzioni del corpo e secondo la tradizione orale Shaolin, i maestri ingiungono:
«“Sii moderato con il cibo e non gravare il tuo corpo con pesi inutili, dagli solo quello che richiede ed esercitati nel digiuno quando è indebolito, la tua mente sarà chiara quando il tuo corpo si sente bene e sarà debole quando il tuo corpo è malato, ma se sei in grado di concentrare la tua forza, sarai anche capace di portare su due sole dita l'intero peso del tuo corpo.”.»



L'esercizio massimizza la forza delle dita, che ben allenate possono diventare armi mortali.Una tecnica ancora più avanzata è lo yi-zhi-Chan ("meditazione su un dito") che richiede la capacità di sostenere tutto il peso del corpo su un solo dito. In tutti i tempi sono stati pochissimi i monaci in grado di adottare questa tecnica.Recentemente solo il maestro Shi-Hai-Dang, morto nel 1989, è riuscito a praticarla.

Effetti secondo la medicina tradizionale cinese

Secondo la medicina tradizionale cinese, l'esecuzione di questi esercizi, fin dall'infanzia, preserverebbe e raffinerebbe lo yuan-Qi ("energia sorgente") e manterrebbe il praticante giovane e in salute per tutta la vita.
Il Tong-zi-gong coniugherebbe il Qi del proprio corpo con l'energia della natura. Si basa soprattutto sull'armonizzazione del respiro (tiao-xi) e del movimento (tiao-shen) perché questo faciliterebbe la circolazione del sangue e l'espulsione delle sostanze tossiche dall'organismo: in questo modo il corpo umano si adatterebbe adeguatamente ai cambiamenti imposti dalle leggi della natura.
Secondo i suoi praticanti gli esercizi del tóng-zi-gōng sarebbero preziosi per la salute, in quanto influenzerebbero positivamente il metabolismo, renderebbero il fisico più elastico e migliorerebbero l'umore. La pratica per decenni del tóng-zi-gōng consentirebbe di frenare notevolmente l'orologio biologico della natura umana: a Shaolin non sarebbe difficile vedere vecchi maestri di ben oltre settant'anni che, grazie all'esercizio quotidiano del tóng-zi-gōng, sarebbero riusciti a mantenere la flessibilità di un corpo giovane.

Storia

Il Tong-zi-gong trae origini dallo yoga della cultura dei Veda, che secondo la Bhagavad-Gita sarebbe stato introdotto da Krishna. I segreti dello yoga sarebbero poi affidati al discepolo di Shiva, Patañjali-muni, perché potessero essere divulgati a beneficio di tutti.
In seguito Buddha (483 a.C.) rifiutò tutto il corpo teologico vedico ma le tecniche dello yoga vedico, i mantra (suoni mistici) e i mudra (simboli) vennero assorbiti dal Buddhismo (prajna yoga).
Secondo la tradizione buddhista, nel 64 d.C. l'imperatore cinese Ming-Ti, della tarda dinastia Han, inviò dei messi in India per ottenere sutra e immagini buddhiste. In seguito numerosi patriarchi indiani (Kumarajiva, Bodhiruci, Paramartha) vennero invitati o inviati in Cina: tra questi vi fu Bodhidharma (483-537 o 561), 28º patriarca Buddhismo indiano, che vi giunse per predicare nel 515 e tra il 520 e il 527 si stabilì nel tempio Shaolin ai piedi della montagna del Song-Shan. Chiamato Damo dai discepoli cinesi, Bodhidharma fu ritenuto primo patriarca del Buddhismo Chán cinese: da lui sarebbe nato anche, secondo alcune tarde leggende, lo stile di combattimento di Shaolin.
Durante la "meditazione seduta" (zuo-chan), che Bodhidharma insegnava a praticare per sei ore al giorno, i suoi discepoli cadevano spesso vittime dell'intorpidimento fisico e della sonnolenza. Il patriarca avrebbe quindi ideato una serie di movimenti terapeutici basati sui precetti dei suoi maestri indiani, secondo i quali certi esercizi fisici e respiratori del raja-yoga e del prajna-yoga favorivano la triplice armonia tra mente, respiro e corpo, prevenendo le malattie, frenando le tendenze aggressive della natura umana ed elevando lo spirito: avrebbe chiamato questi esercizi Tong-zi-gong, o "kung-fu del fanciullo”.
Il kung-fu sarebbe stato praticato al tempio di Shaolin già da lungo tempo, per proteggere il monastero da ladri e banditi: Bodhidharma avrebbe arricchito le conoscenze marziali dei monaci, integrandole con l'etica morale e la metodica del kalari-payattu, basato su stili marziali che prendevano il nome di animali ed erano di provenienza vedica. Riteneva che le arti marziali dovessero essere praticate al fine di ottenere lo sviluppo armonico del corpo e della mente. Bodhidharma avrebbe insegnato ai suoi discepoli tre serie di esercizi formativi di origine indiana (dal bodhisattva Vajramukti):
  • astadasa-can o astadasa-vijaya (“diciotto sottomissioni” o “diciotto vittorie”), in cinese xiang shi-pa-Luohan-shou (“diciotto movimenti delle mani dei santi discepoli di Buddha");
  • pratima asthimaja-parissuddhi, in cinese xiang yi-jin-jing ("sutra sul condizionamento dei muscoli e dei tendini");
  • pratima snavas-jala-nidana Vijapiti, in cinese xiang xi-sui-jing ("sutra sul lavaggio del midollo osseo e del cervello").
Gli esercizi venivano suddivisi tra meditativi statici (jing-gong) e dinamici (dong-gong) e divennero il fondamento delle arti marziali che resero famoso il tempio di Shaolin.
Con il tempo i monaci del tempio di Shaolin resero queste tecniche un sofisticato sistema di autodifesa e si resero famosi anche combattendo per gli imperatori cinesi.
Nel periodo dell'imperatore 'Duan-Zong della dinastia Song, emersero molti maestri esperti nel Tong-zi-gong e nel qi-gong: tra questi il monaco Hong-Wen, che era inoltre esperto negli esercizi di qi-gong duro (ying-gong) e nell'esercizio di camminare sui pali di susino (mei-hua-zhang-gong) e che secondo la tradizione del tempio sarebbe stato in grado a ottanta anni di sostenere sulla testa un peso di cinquanta chili e di reggere una persona seduta sulle sue gambe tese. Anche il monaco Hui-Ju, vissuto nello stesso periodo, era un esperto anche di qin-gong (il qi-gong leggero) e si racconta che fosse in grado di camminare su un foglio di carta teso senza romperlo, di saltare ruscelli, di spegnere una candela e di ferire i nemici da una distanza di tre metri.
Quando era abate del tempio Fu-Yu (907-960) venne compilato lo Shaolin tóng-zi-gōng-Tu, che raffigurava il diagramma del Tong-zi-gong, composto di diciotto esercizi, le "porte segrete dei suoi diciotto stili".
Secondo la tradizione del tempio, negli ultimi anni della dinastia Ming il principe Fu e suo figlio Lou-yang erano infastiditi dall'opposizione dei monaci guerrieri alle loro scorrerie nell'Henan: li allontanarono con un pretesto, ma il loro tentativo di assalire il tempio venne impedito dai loro discepoli che vi erano rimasti, capeggiati da Tong-Deng.
Nel 1927 il generale Shi-You-San fece bruciare il monastero ed andarono distrutti i suoi archivi, compreso il testo originale dello Shaolin tóng-zi-gōng-Tu. Delle copie dei manoscritti originali furono messe in salvo dal monaco Yong-Xiang. Nel 1966 il tempio venne chiuso dalle Guardie Rosse, ma alcuni monaci conservarono in segreto le copie dei testi e rimasero a proteggere l'edificio, tra cui Shi-Wan-Heng. Un altro monaco, Shi-Hai-Deng (1902-1989) divenne discepolo di due monaci che si erano rifugiati nello Sichuan dopo l'incendio del 1927.
Dal 1992 monaci fanno conoscere il Tong-zi-gong tramite esibizioni internazionali in forma di spettacolo e sono stati oggetto di documentari televisivi.


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lunedì 17 dicembre 2018

Aromaterapia

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L'aromaterapia può essere considerata un ramo della fitoterapia che usa gli olii essenziali, ossia le sostanze volatili e fortemente odoranti delle piante. Gli olii vengono estratti di solito tramite distillazione in corrente di vapore, che una volta raffreddato consente la separazione dell'olio essenziale dall'acqua; nel caso dell'epicarpo dei frutti del genere Citrus) si utilizza anche la spremitura a freddo. Sostanze aromatiche estratte con altre metodologie (estrazione con solventi organici, estrazione con fluidi supercritici) non sono considerate da tutti gli autori come olii essenziali. I cosiddetti olii essenziali ottenuti dissolvendo resine e oleoresine in alcoli sono in realtà definiti come resinoidi. Gli oli essenziali sono contenuti in strutture specifiche all'interno di vari organi della pianta. In alcuni casi solo alcuni organi ne sono ricchi, in altri tutti gli organi hanno percentuali significative di olio essenziale, in molti casi la composizione degli oli essenziali in diversi organi della stessa pianta hanno composizione differente. Tra gli organi dai quali si possono ottenere oli essenziali troviamo: foglie, fiori, petali, corteccia, legno, semi, pericarpi, radici;.
Il termine aromaterapia ha significati diversi a seconda dei Paesi in cui viene usato, per esempio in Inghilterra, Russia, negli USA e in Francia. Contrariamente alla vulgata, il termine aromaterapia non identifica esclusivamente l'utilizzo olfattivo degli olii essenziali, bensì comprende tutte le applicazioni: topica (massaggi, impacchi, applicazioni pure), inalatoria e orale. Una definizione generale da tutti accettata potrebbe essere questa: l'utilizzo degli olii essenziali per il mantenimento della salute o per la terapia. Per queste ragioni, e per la scarsezza di dati clinici l'aromaterapia è lontana dal poter essere definita come una vera terapia, con un corpus di testi canonici, modalità riconosciute, curriculum di studio standardizzati, ecc., anche se i materiali utilizzati dalla terapia e alcune delle modalità di utilizzo sono state sottoposte a studi clinici e farmacologici.

Cenni storici

In tutte le culture umane le piante aromatiche hanno goduto di uno status particolarmente importante, probabilmente, ed originariamente proprio per le loro caratteristiche organolettiche, per la loro “salienza percettiva”, che ne ha certamente favorito l'individuazione. Cenni all'utilizzo di resine, piante aromatiche, spezie, incensi ed olii grassi infusi di piante aromatiche si ritrovano nei testi sumerici. Purtuttavia, l'utilizzo a scopo terapeutico degli olii essenziali è molto più recente. Non ci sono infatti indicazioni storiche, letterarie o iconografiche, che indichino la conoscenza degli olii essenziali nell'antichità classica. Nonostante sia probabile che la teoria e la pratica della distillazione fossero conosciute in ambito arabo intorno al 1000 d.C., fu solo nell'alto medioevo che questa tecnica fu utilizzata per ottenere gli olii essenziali, e fu solo intorno agli anni venti del XX secolo che il chimico francese René Maurice Gattefossé contribuì alla rinascita dell'interesse per i trattamenti naturali, grazie ai suoi studi sulle proprietà medicinali dell'essenza di lavanda ed alle sue applicazioni ai militari feriti della prima guerra mondiale. Se a Gattefosse viene attribuita l'invenzione del termine "aromaterapia", ad un altro medico francese, Jean Valnet viene riconosciuta l'opera fondamentale per la disciplina, intitolata Aromathérapie e pubblicata nel 1964.

Principi terapeutici

Alcuni oli essenziali secondo questa teoria eserciterebbero una serie di effetti a seguito della loro applicazione:
  • effetti antibiotici: virostatici, battericidi, fungicidi in base all'olio utilizzato
  • effetti sul sistema nervoso centrale e sul sistema nervoso periferico
  • effetti rubefacenti o controirritanti;
  • effetti anestetici locali
  • effetti antispasmodici;
  • effetti balsamico-espettoranti;
  • effetti antiflogistici.
  • effetti carminativi;
  • effetti repellenti per gli artropodi.
Gli olii si impiegano singolarmente o miscelati.

Applicazione a largo spettro

In aromaterapia gli oli essenziali possono essere utilizzati con varie modalità:
  • applicazione cutanea (ovvero per contatto con la cute):
    • bagni e pediluvi (profumati con oli)
    • massaggi (che utilizzano oli essenziali diluiti in oli vegetali nel ruolo di eccipienti e sfruttano le tecniche di base, ossia lo sfioramento, la manipolazione circolare e l'impastamento)
    • maschere (composte con l'aggiunta di oli essenziali)
    • fanghi
    • creme e lozioni
    • impacchi (attraverso una pezza di cotone immersa in acqua fredda o calda, a seconda delle esigenze, a cui sono state aggiunte alcune gocce di olio essenziale)
  • permucotico (ovvero per contatto con le mucose: ad esempio risciacqui o gargarismi e collutori)
  • inalatorio
    • inalatori (grazie agli oli essenziali disciolti in una catinella di acqua bollente, che grazie al calore aumentano la loro proprietà antibatterica)
    • vaporizzatori (diffondono in aria le proprietà degli oli grazie al calore. Il tipo più diffuso è ceramico e viene riscaldato da una candela, il più moderno è elettrico, il più alternativo è costituito da un vasetto collocato su un calorifero)
  • orale
  • olfattiva

Applicazione diluita

In aromaterapia si usano quasi sempre gli olii essenziali fortemente diluiti in un solvente adeguato, per ridurre i rischi di reazioni avverse, in particolare di reazioni di ipersensibilità; vista la loro forte lipofilicità degli olii essenziali, i solventi più utilizzati sono gli olii grassi e l'alcol. La percentuale di diluizione per una applicazione topica dipenderà: dall'area di pelle interessata (maggiore l'area, minore la percentuale di olio essenziale nel vettore), dalle condizioni della pelle (l'assorbimento transdermico aumenta in caso di pelle lesionata o altrimenti non sana, di pelle fortemente idratata, di pelle detersa e di temperature corporee elevate), dal tipo di olio (olii maggiormente aggressivi, come ad esempio timo, origano, chiodi di garofano, cannella, ecc., devono essere utilizzati a percentuali minori) e dalla condizione che si desidera trattare.

Potenziali indicazioni

Secondo gli aromaterapeuti l'aromaterapia sarebbe indicata nei seguenti casi:
  • infezioni cutanee e delle mucose
  • infezioni del tratto gastrointestinale
  • infezioni e disturbi catarrali delle prime vie respiratorie
  • spasmi della muscolatura liscia gastrointestinale
  • gonfiore addominale
  • dispepsia iposecretoria
  • condizioni nelle quali una stimolazione della perfusione ematica sia indicata (disordini reumatici ed artrosici, uso esterno)
  • modulazione dell'umore

Effetti collaterali

Gli oli essenziali possono provocare effetti collaterali più o meno importanti in conseguenza della via di assunzione, della quantità, dello specifico olio essenziale assunto, e dell'età, del peso corporeo individuale e di specifiche patologie preesistenti. Gli oli essenziali, comunque assunti, possono portare a fenomeni di sensibilizzazione, irritazione, tossicità (possibile per via orale anche a dosaggi di alcuni ml).



Controindicazioni generiche

  • Gravidanza
  • Bimbi al di sotto dei 3 anni
  • Allergici
  • Epilettici
  • Gravi epatopatie e insufficienze renali

Principali oli essenziali

  • Lavandula
  • Melaleuca
  • Rosmarino
  • Salvia sclarea
  • Eucalipto
  • Geranio
  • Limone
  • Menta piperita
  • Ylang ylang
  • Camomilla e Chamaemelum nobile
  • Incenso
  • Rosa
  • Sandalo
  • Bergamotto


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