martedì 19 febbraio 2019

L’eredita’ di Bruce



Il Jeet Kune Do

Alla sua morte, Bruce ci ha lasciato diverse cose in eredità. Agli appassionati di cinema, ha lasciato film stupendi, film d’azione e di brivido. Ai cinesi, ha fatto riscoprire l'orgoglio e la passione; ai suoi amici, ha lasciato un profondo senso di umanità; tuttavia, l'eredità maggiore è stata quella della nuova tecnica del Kung Fu, il Jeet Kune Do.

Bruce capì benissimo che non era cosa facile poter stabilire con una certa esattezza le regole del Jeet Kune Do.
Nel 1963 ne iniziò lo studio che lo tenne occupato per molti anni. Sfortunatamente, questo studio, che concerneva il Tao of Jeet Kune Do, non fu mai pubblicato. La cosa più difficile per lui era mettere su carta il JKD, dato che esso non aveva regole fisse. Lasciate che vi spieghi. Il sogno di Bruce era quello di liberare il corpo da tutte le restrizioni imposte dagli stili classici. Bastava andare alla sua palestra, a Los Angeles, per rendersene conto: sulla parte interna della porta era appesa una miniatura una pietra tombale, ricoperta di fiori con una scritta: «In memoria di un uomo una volta libero, adesso imprigionato da troppe regole»,
Bruce era solito dire che si parlava troppo degli stili classici e che, generalmente, un combattente rischiava di essere ammazzato proprio perché adottava questi vecchi stili tradizionali. Il suo parere era differente; sosteneva che un atleta deve comportarsi con naturalezza, assumere solo quegli atteggiamenti che gli risultano spontanei senza perder tempo e pensare a come reagire se qualcuno attacca. La maniera migliore, per Bruce, era la più veloce. Una volta, ad un suo allievo, lanciò il suo portafoglio e quando questo lo afferrò al volo, Bruce disse che aveva agito nella maniera più veloce e naturale del mondo. Altri, forse, si sarebbero comportati diversamente, avrebbero assunto pose classiche... perdendo probabilmente il portafoglio. In altre parole, quando qualcuno ti afferra... colpiscilo! Non è difficile vedere l'origine di tale ragionamento... le vie di Hong Kong ed i combattimenti che il Piccolo Dragone dovette sostenere. Era un combattente nato, un «pugno», come lui stesso amò definirsi in seguito, e questa tecnica la portò dentro il Kung Fu: cercare quindi di colpire veloce, essere opportunista, calcolare le possibilità di vittoria. Ecco il suo metodo. Un altro degli elementi base del Jeet Kune Do è la mancanza di colpi addizionali. Il Jeet Kune Do è la maniera di colpire il più semplicemente possibile.
Bruce imparò questo dal suo vecchio maestro di Hong Kong, Yip Man, che insegnava il Wing Chun. In effetti, il Wing Chun aveva continuato le stesse tecniche da 300 anni. La scuola fu iniziata da una donna, la quale mentre studiava le arti marziali sotto le suore shaoline, era rimasta sorpresa dal fatto che il Kung Fu si era appropriato di molte regole classiche. Si mise in testa dunque di eliminarle e ritornare alla base del Kung Fu. Bruce era d'accordo con questa donna ma molto rapidamente si rese conto che persino il Wing Chun era troppo pieno di regole classiche, cosicché poco tempo dopo nacque il Jeet Kune Do.
«In linea di massima, è uno stile di combattimento molto sofisticato, il quale mira alle cose essenziali» ci spiegò una volta Bruce «quando uno scultore modella una statua, generalmente non aggiunge dell'argilla continuamente; al contrario, dopo aver formato la struttura base, toglie lentamente l'argilla fintanto che la sua statua riveli le parti essenziali».
Così succede per il Jeet Kune Do, con il quale niente deve essere successivamente aggiunto, ma quasi tutto deve essere lentamente eliminato fintanto da arrivare all'essenziale ».
Ma la semplicità non è una cosa che si può ottenere facilmente... basta infatti osservare l'allenamento di Bruce per convincerci di ciò. Ogni mattina, per esempio, Bruce era solito correre per due chilometri circa, accompagnato dal suo grande amico Bobo, e ciò allo scopo di sciogliersi i muscoli. A casa, a Los Angeles, aveva in ogni angolo degli strumenti per ginnastica e la maggior parte di questi strumenti erano originariamente costruiti apposta per Bruce, il quale ne aveva fatto i disegni.
Un esempio: un fantoccio ricoperto di alluminio, elastico, per cui quando veniva colpito rimbalzava pericolosamente verso il colpitore.
Dopo la corsa mattutina e la ginnastica, Bruce si dedicava per circa due ore al Jeet Kune Do.
«Nessuna teoria sul nuoto vi preparerà per poter nuotare velocemente» osservò una volta «il mio esercizio per il nuoto è nuotare, il mio esercizio per il Jeet Kune Do è praticarlo.
Per Bruce, il Jeet Kune Do era molto di più che un sistema di combattimento, era un sistema di vita. Qualcuno persino afferma che questo sistema fu la causa della sua morte, asserendo che un gruppo di artisti delle arti marziali, gelosi di lui e delle sue critiche, lo avrebbero assassinato.
Quantunque questa teoria sia creduta universalmente, non c’è ombra di vero in tutto questo, anche se Bruce qualche volta fece rimanere male parecchi artisti dell’atre marziale.
Ma questo non fu colpa del Piccolo Dragone, come disse lui stesso una volta, con il Jeet Kune Do lui non faceva altro che esprimere se stesso «Più il metodo è complicato, meno opportunità esisto di poter esprimere se stessi in piena libertà».
In questa grande arte il Jeet Kune Do noi possiamo vedere il vero Bruce.




Articolo tratto dalla rivista “ Kung-Fu ” del 1976.

lunedì 18 febbraio 2019

Canone buddhista cinese

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Il Canone buddhista cinese (cinese 大藏經, Dàzàngjīng, coreano: 대장경, Daejanggyeong, Taejanggyŏng, giapponese: Daizōkyō, lett. "Grande deposito delle scritture") rappresenta la versione del Tripiṭaka buddhista in cinese in tutte le sue recensioni storiche diffuse e accettate in Cina, Giappone, Corea e Vietnam in epoche diverse. Da questo Canone derivano anche i Canoni buddhisti manciù e tangut.

Origini e sviluppo

La versione più antica del Dàzàng Jīng (letteralmente: "Grande deposito delle scritture"), di cui rimane solo il catalogo delle opere che conteneva, risale al 515 ed era riprodotta su rotoli di carta e di seta. La prima edizione a stampa risale invece al 972 (dinastia Song Settentrionali), quando l'imperatore Tàizǔ (太祖, conosciuto anche come Zhào Kuāngyìn, 趙匡胤 regno: 960-976, sotto il niánhào Kāibǎo 開寶) decise di avviare l'incisione dell'intero Canone, fino a quel momento raccolto, su blocchi di legno, opera eseguita presso la città di Chingdu (provincia dello Sichuan). La prima incisione del Canone su blocchi di legno terminò nel 983, sotto il regno di Tàizōng (太宗, conosciuto anche come Zhào Kuāngyì 趙匡義, regno: 976-997, sotto il niánhào Yōngxī 雍熙), quando oltre 5000 manoscritti che contenevano 1076 testi furono riprodotti su 130000 blocchi, l'insieme dei quali costituisce la versione del Canone cinese denominata Kāibǎo (開寶).
Questa versione xilografica fu poi portata in Corea dove, nel 1030, fu completata l'opera di una edizione analoga sempre su blocchi di legno (Canone coreano), edizione andata poi perduta a causa delle invasioni dei Mongoli nel XIII secolo.
Dopo l'edizione Kāibǎo ne seguirono delle altre, sempre a blocchi, denominate in base al luogo di realizzazione, spesso dei monasteri:
  • Chongnin, XI sec., monastero di Dongchan a Fuzhou nella provincia del Fujian.
  • Pilu, XII sec., monastero di Kaiyuan a Fozhou nella provincia del Fujian.
  • Sixi, XII sec., monastero di Yunajiue a Huzhou nella provincia del Zhejiang.
  • Zifu, XIII sec., a Huzhou nella provincia dello Zhejiang.
  • Jisha, XIV sec., Pingjiangfu nella provincia del Jiangsu.
  • Puning, XIV sec., monastero di Puning a Hangzhou nella provincia del Zhejiang.
  • Hongwu, XIV sec., a Nanchino, fu distrutta nel 1408.
  • Yongle, XV sec., a Nanchino, denominata Edizione Ming meridionale.
  • Yongle, XV sec., a Pechino, denominata Edizione Ming settentrionale.
  • Wulin, XV sec., a Hangzhou nella provincia dello Zhejiang.
  • Wanli, XVI sec., una riproduzione della Yonglo di Nanchino.
  • Jiaxing, XVII sec., a Jiaxing nella provincia dello Zhejiang.
  • Qing, XVIII sec., edizione della Corte imperiale cinese.
  • Pinjia o Hardoon, 1914, a Shanghai, basata sulla edizione giapponese di Shukatsu.
Anche in Giappone si realizzarono diverse edizioni complete del Canone cinese, prima su blocchi lignei e poi a stampa:
  • Tenkai (天海), tra il 1643 e il 1648.
  • Tetsugen (鐵眼) tra il 1678 e il 1681
  • Canone di Tokyo XIX sec.
L'ultima edizione, in 85 volumi di stile occidentale è divenuta lo standard di riferimento nei paesi di antica influenza cinese fu edita in Giappone (Tokyo, 1924-1929) e contiene 2184 testi più 3136 supplementi (sebbene alcuni di questi riguardino solo gli sviluppi nipponici). Inaugurata durante il periodo Taishō, è detta comunemente Taishō Shinshū Daizōkyō (大正新脩大蔵經 Canone dell'Era Taishō).

La traduzione dei testi

Molti studiosi si sono preoccupati di verificare l'attendibilità di queste traduzioni da una lingua, come il sanscrito, che poneva
«una complessa configurazione grammaticale di nomi in tre numeri e generi, verbi in tre persone e numeri [...] Questo era estremamente difficile per i Cinesi che dovevano rendere questi testi nella propria lingua, usando caratteri invece di un sillabario»
(Lewis R. Lancaster Buddhist Books and Texts: Translation in Encyclopedia of Religion, NY MacMillan, 1986)
Il risultato, di questa opera millenaria
«fu un'impresa formidabile»
(Lewis R. Lancaster. Op.cit)
Così che:
«ironicamente alcune di queste versioni cinesi dei testi sono forse più vicine nel loro contenuto al testo originario rispetto ai manoscritti sanscriti dell'India e del Nepal che si conservano risalenti a un periodo tardo della storia buddhista»
(Lewis R. Lancaster. Op.cit)
Questo fu determinato dal fatto che i Cinesi erano attenti all'ermeneutica del testo che doveva riportare il cuore dell'insegnamento quindi lasciarono più traduzioni dello stesso testo per poter consentire di leggerne le differenti sfumature che potevano risultare illuminanti. Ciò a differenza dei testi, ad esempio, del Canone tibetano che invece
«tenta di determinare un'unica traduzione definitiva, suggerendo una stridente diversità nella concezione della letteratura buddhista della sua traduzione»
(Natalie Gummer. Buddhist Books and Texts: Translation in Encyclopedia of Religion. NY Mac Millan, 2005)
È da tener presente che solo una minima parte di questo Canone è stata finora tradotta nelle lingue occidentali, anche il solo elenco completo delle opere non è ancora possibile reperirlo in queste lingue.

domenica 17 febbraio 2019

Forma Chen di 38 posizioni

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La forma dei 38 movimenti del Taijiquan stile Chen, creata dal maestro Chen Xiaowang negli anni ottanta del secolo scorso, raccoglie in sé tecniche e modalità sia della forma antica Lao Jia che di quella più recente Xin Jia.
Si sviluppa attraverso un ottimo bilanciamento che alterna movimenti lenti e fluidi ad altri veloci e potenti. È suddivisa in quattro sezioni, ognuna delle quali comprende nove movimenti (apertura e chiusura a parte). Mantiene, inoltre, le caratteristiche e la potenzialità delle sequenze tradizionali, rendendola un ottimo strumento di studio e di lavoro.
È in generale considerata una forma intermedia, presentando il doppio dei movimenti di quelle iniziali che sono anche vari e dinamici. La sua lunghezza sollecita particolarmente l'atleta dal punto di vista fisico e la sua pratica richiede una buona padronanza degli esercizi di avvolgere il filo di seta e delle forme basiche come quella delle 19 posizioni.
Le prime due sezioni pongono l'accento sulla flessibilità e sulla coordinazione tra parte inferiore e superiore del corpo. Nella terza e quarta parte sono invece enfatizzati l'aspetto fisico e muscolare attraverso una rapida successione di tecniche fajin.

Posizione Nome in cinese Nome in italiano Movimenti
prima sezione
1
yu bei shi preparazione
5
2
jin gang dao dui Jin Gang pesta nel mortaio
4
3
bai he liang chi la gru bianca spiega le ali
4
shang san bu muovere tre passi in avanti
5
5
xie xing avanzare in diagonale
6
lou xi spazzolare il ginocchio
7
qian tang ao bu passo in avanti con torsione
8
yan shou hon quan nascondere la mano e dare un pugno
9
pie shen chuan piegarsi con la schiena
10
shuang tui shou spingere con entrambe le mani
seconda sezione
11
san huan zhang tre cambi di palmo
12
zhou di chui il pugno sotto il gomito
13
dao juan gong indietreggiare ruotando le braccia
14
tui bu ya zhou arretrare premendo con il gomito
15
bai she tu xin il serpente bianco mostra la lingua
16
Shan tong bei il fulmine attraversa la schiena
17
qian lang ao bu passo in avanti con torsione
18
qing long chu shui il drago verde (azzurro) emerge dalle acque
19
ji di chui il pugno colpisce il suolo
terza sezione
20
ti er qi (o er qi jiao) girarsi e calciare due volte nell'aria
21
hu xin quan

22
qian zhao finta in avanti
23
hou zhao finta all'indietro
24
you den yigen calciare col tallone sinistro
25
zuo den yigen calciare col tallone destro
26
yu nu chuan suo la ragazza di giada lancia la spola
27
lan zha yi tenere pigramente il lembo del vestito
28
liu feng si bi sei sigilli e quattro chiusure (finta chiusura)
quarta sezione
29
Dan Bian frusta semplice
30
que di long il drago si distende al suolo
31
shang bu qi xing avanzare nella forma (o pugno) delle sette stelle
32
xiao qinda piccola presa e attacco
33
yun shou muovere le mani come le nuvole
7
34
gao tan ma accarezzare la criniera del cavallo
35
shuang bai lian spazzare il loto con entrambe le mani
36
dang tou pao colpire con il pugno di cannone
37
jin gang dao dui Jin Gang pesta nel mortaio
4
38
shou shi chiusura
5

sabato 16 febbraio 2019

Lotta olimpica

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La Lotta olimpica, in Italia a volte chiamata semplicemente lotta, è uno sport da combattimento in cui due avversari si confrontano sia in piedi che a terra. È suddiviso in due varianti: lotta greco-romana e lotta libera (o stile libero).
Spesso per indicare la lotta si usa il termine inglese wrestling, che non va confuso con gli spettacoli televisivi del pro-wrestling (WWE, TNA ed altri).

Regolamento

In primis è necessario spiegare le differenze tra i due stili di Lotta. Nella lotta greco-romana sono ammesse solo tecniche effettuate con le braccia al di sopra della bacino, mentre nella Lotta stile-libero sono consentite anche le prese delle gambe ed il loro utilizzo attivo per l'esecuzione di tecniche. La Lotta Femminile rispetta le stesse regole della Lotta stile-libero con l'aggiunta che è vietata la tecnica denominata doppia Nelson. I combattimenti si svolgono su tappeti morbidi per attutire le cadute, e l'area di combattimento è delimitata da un cerchio rosso largo 1 m e del diametro interno di 8 m. Il regolamento ufficiale della FILA (Federation Internationale Lutte Amateur) richiede "ai praticanti di fornire una Lotta totale e universale nell'onestà e nel fair-play per il piacere degli spettatori."
Nella specialità greco-romana (presente alle Olimpiadi dal 1896) è formalmente proibito dal regolamento afferrare l'avversario al di sotto delle anche, eseguire sgambetti o spazzate ed utilizzare in ogni situazione gli arti inferiori; di conseguenza è una disciplina specializzata nella lotta dal clinch e prevede un ampio repertorio di prese, proiezioni, sbilanciamenti o difese dall'altezza della cintura alla testa. Nello stile libero che può essere praticato anche dalle donne, invece, è permesso afferrare le gambe dell'avversario, effettuare sgambetti, spazzate, ed utilizzare attivamente le gambe nell'esecuzione di qualsiasi azione in aggiunta alle tecniche della greco-romana.
La competizione avviene su un tappeto omologato FILA; i lottatori competono in determinate categorie di peso (e di età) che negli atleti seniors (21 - 35 anni) sono di 55 kg, 60 kg, 66 kg, 74 kg, 84 kg, 96 kg e 120 kg. L'abbigliamento nelle competizioni è composto da un costume intero con bretelle che copre dalle ginocchia fin sopra i fianchi e dalle scarpe alte fino al malleolo (sempre obbligatorie). È permesso l'utilizzo di protezioni morbide, come ginocchiere, gomitiere ecc. o i caratteristici "caschetti". Sono presenti anche le categorie femminili (48 kg, 51 kg, 55 kg, 59 kg, 63 kg, 67 kg e 72 kg), ma soltanto nella libera e con limitazioni nel regolamento. Entrambe le discipline sono praticabili da bambini e adulti di tutte le età.
Ogni incontro è diviso in tre round, e si aggiudica un match battendo l'avversario ai punti o per schienata. Ad ogni tecnica viene assegnato un punteggio, ma qualora si riuscisse a "schienare" il proprio rivale, la vittoria sarebbe immediata. I combattimenti prevedono fasi di lotta in piedi ed altre a terra che ne sono la continuazione. In entrambe le situazioni si utilizzano una vasta gamma di tecniche nel tentativo di difendersi, sbilanciare, atterrare o controllare la forza dell'avversario.
C'è da precisare che la reattività del lottatore è fortemente condizionata dalla sua condizione psicofisica e tende a decrescere durante l'incontro, rendendolo più vulnerabile agli attacchi di un avversario più prestante. Per questo motivo, la preparazione atletica della lotta è portata ai massimi livelli sotto il punto della forza, della potenza e della resistenza fisica.
"I lottatori hanno il divieto di:
  • Tirare i capelli, le orecchie, le parti genitali, pizzicare la pelle, mordere, torcere le dita o le orecchie ecc e, in via generale, compiere qualsiasi azione, gesto o presa che ha per obiettivo di torturare l'avversario o di farlo soffrire per costringerlo ad abbandonare.
  • Dare dei calci, delle testate, strangolare, spingere, effettuare prese che possono mettere in pericolo la vita dell'avversario o provocargli una frattura o una lussazione degli arti, pestare i piedi dell'avversario e toccargli il viso fra le sopracciglia e la linea della bocca.
  • Affondare il gomito o il ginocchio nello stomaco o nella pancia dell'avversario, praticare qualsiasi torsione suscettibile di far soffrire, di tenere l'avversario per il costume.
  • Aggrapparsi e appigliarsi al tappeto.
  • Parlare durante l'incontro.
  • Prendere la pianta del piede dell'avversario (è permessa solo la presa sopra il piede e il tallone).
  • Di accordarsi tra di loro sul risultato del combattimento."'
I combattimenti vengono diretti da una terna arbitrale supervisionata da un giudice di gara; i loro compiti sono: dirigere il combattimento ed assegnare i punteggi (Arbitro), seguire accuratamente l'incontro e confermare le decisioni arbitrali (Giudice), coordinare i lavori dell'Arbitro e del Giudice (Presidente di tappeto), responsabile decisionale in caso di disaccordo della terna arbitrale (Giudice di gara).
Un incontro può essere vinto ai punti o per atterramento seguendo un preciso criterio:
  • 1 punto quando l'avversario esce dal campo di gara;
  • 1 punto quando l'avversario è portato a terra, a partire da una posizione in piedi, con passaggio dietro dell'attaccante e tre arti che toccano terra da parte di chi difende;
  • 2 punti quando viene messo in pericolo di schienata;
  • 3 punti quando si proietta l'avversario e lo si mette in posizione di pericolo o lo si proietta con una proiezione di grande ampiezza (sopra la spalla dell'attaccante), ma senza posizione di pericolo;
  • 5 punti quando si proietta con una proiezione di grande ampiezza l'avversario e lo si mette in posizione di pericolo.
  • La schienata equivale al ko e la vittoria è immediata. Quando uno dei due lottatori viene immobilizzato con entrambe le spalle a terra, la vittoria è immediata.
Nel caso che un incontro termini in parità, viene effettuato un sorteggio per poter creare i presupposti di un'azione di situazione denominata Contatto Obbligatorio o Clinch che è differente nei due stili ed ha la durata di 30 secondi.
Esistono competizioni dedicate a uomini o a donne, suddivisi per classe di età o peso.

  • LOTTA FEMMINILE:
Esordienti (14-15 anni) kg 30 - 32 - 34 - 37 - 40 - 44 - 48 - 52 - 57 - 62 Cadette (16-17 anni) kg 38 - 40 - 43 - 46 - 49 - 52 - 56 - 60 - 65 – 70 Juniores (18-20 anni) kg 44 - 48 - 51 - 55 - 59 - 63 - 67 – 72 Seniores (21-35 anni) kg 48 - 51 - 55 - 59 - 63 - 67 - 72
  • LOTTA MASCHILE
Esordienti (14-15 anni) kg 32 - 35 - 38 - 42 - 47 - 53 - 59 - 66 - 73 - 85 Cadetti (16-17 anni) kg 42 - 46 - 50 - 54 - 58 - 63 - 69 - 76 - 85 -100 Juniores (18-21 anni) kg 50 - 55 - 60 - 66 - 74 - 84 - 96 -120 Seniores (21-35 anni) kg 55 - 60 - 66 - 74 - 84 – 96 – 120

Abbigliamento

Abbigliamento per le competizioni. I lottatori devono indossare un costume (Singlet) omologato FILA di colore rosso o blu; le calzature devono essere morbide, senza fibbie e con suole in gomma.

Tecniche di lotta

Un combattimento di Lotta si basa su alcuni principi basilari:
Posizione: La posizione di un lottatore varia sensibilmente tra la Lotta stile-libero e greco-romana poiché diversi sono i tipi di attacchi e diverse le parti del corpo da difendere.
Lotta greco-romana la posizione dei lottatori è piuttosto eretta, testa alta (perché non può essere usata come strumento), le gambe sono divaricate e pronte a contrastare le pressioni dell'avversario, le mani e le braccia sono chiuse davanti al busto e pronte alle prese.
Lotta stile-libero il baricentro è più basso in modo da prevenire le tecniche alle gambe, la testa è posizionata in modo da essere un baluardo agli attacchi dell'avversario, le mani e le braccia sono posizionate davanti al corpo pronte alle prese.
Le “armi” di un lottatore sono idonee sia per attaccare che per difendere e sono quattro:
  1. le mani - possono prendere, manipolare o bloccare
  2. gomiti - possono essere utilizzati per contrastare o sbilanciare
  3. testa - può contrastare o spostare l'avversario
  4. bacino - è il punto d'unione delle energie del tronco degli arti superiori e degli arti inferiori, grazie ad esso si ottimizza la posizione del baricentro e si riesce ad usare il proprio peso per contrastare le energie dell'avversario.
Controllo: esistono molte tecniche di controllo:
  • controllo dei polsi (presa semplice, presa incrociata o presa inversa)
  • controllo del braccio
  • controllo del gomito
  • controllo del busto e della spalla
  • controllo del collo
Fughe: vengono considerate fughe tutte quelle tecniche che, a terra o in piedi, servono a prevenire gli attacchi e a sottrarsene.
Tecniche di attacco: sono tutte quelle tecniche che hanno come finalità l'atterramento o lo schienamento dell'avversario:
greco-romana:
in piedi - ancata, braccio in spalla, rovesciata, supplex ed ogni altro tipo di proiezione eseguita con le braccia.
a terra - ½ o doppia Nelson, hammerlock, cintura.
stile-libero:
oltre alle tecniche di greco-romana si possono usare tecniche tipo:
in piedi - presa di una gamba (single leg), presa di due gambe (duble leg), sgambetti ed agganci
a terra - cavallina, intreccio di tibie, intreccio di gambe.
Tecniche di difesa: sono tutte quelle tecniche che messe in atto servono a neutralizzare o contrastare le tecniche di attacco.

Storia della lotta olimpica

La lotta olimpica nacque nel 708 a.C. in occasione della XVIII Olimpiade ed il primo vincitore dei Giochi fu lo spartano Euribato. Uno dei più grandi campioni olimpici della lotta antica fu Milone di Crotone, vincitore per ben sei volte dal 540 a.C. al 516 a.C. e si affermò anche nelle feste Istmiche, Nemee e Pitiche. L'imperatore Teodosio I proibì i simboli della civiltà pagana come i giochi olimpici e di conseguenza la lotta olimpica sparì come competizione sportiva, ma durante il medioevo sovrani, nobili e guerrieri praticavano spesso varie forme di lotta come esercizio.
Il 1800 rappresenta la rinascita della lotta a livello di popolarità; in questo periodo storico iniziò la fase della “lotta olimpica moderna”, nata sulla scia delle numerose discipline tradizionali che ancora oggi influenzano e caratterizzano il repertorio tecnico degli stili olimpici (libera e greco-romana). La Francia svolse un ruolo fondamentale verso il rilancio della disciplina grazie alla nascita di numerose accademie come quelle di Lione, Bordeaux e Marsiglia. Exbroyat, soldato di Napoleone, rappresenta il simbolo di questa rinascita; ma negli stessi anni nacquero delle importanti palestre anche in Italia, in particolar modo a Milano, Genova e Torino grazie, anche, al prezioso contributo di Basilio Bartoletti, al quale si deve la denominazione di "lotta greco-romana".
Il regolamento sportivo della lotta greco-romana venne scritto il 20 maggio 1848, stilato da 350 delegati delle accademie di Lione, Marsiglia, Arles, Bordeaux, Tolosa e Nimes. Il formato richiamava l'antico testo delle regole stabilite sotto il regno di Ifito, nell'Elide, opportunamente aggiornato ed adattato alle esigenze dell'epoca moderna, come il divieto di utilizzare o afferrare le gambe, non presente nell'antichità. Tre grandi nomi di lottatori dominano la scena internazionale dell'epoca: Felix Bernard, Pietro Dalmasso ed Abdullah Jeffery, autentici maestri della lotta che anteponevano la tecnica alla forza. Per quanto riguarda l'Italia, i nomi più importanti sono quelli di Basilio Bartoletti e Dalmasso.
Nello stesso periodo, la Turchia giocò un ruolo di fondamentale importanza per le sorti delle discipline olimpiche in oggetto, complici, in gran parte, le invasioni turche nell'Europa sud-orientale. In terra turca, nei Paesi balcanici e danubiani (Bulgaria, Romania, Albania, Jugoslavia), i lottatori di “yağlı güreş” (stile tradizionale turco) iniziarono ad affacciarsi alla greco-romana pur trovando non poche difficoltà a causa del divieto di utilizzare le gambe nelle tecniche (consentito nello yağlı).
Anche la Svizzera diventò protagonista nei primi anni del 1800, grazie alla lotta tradizionale “calegon” e l'introduzione della lotta libera nel 1820, periodo in cui si accese una forte rivalità fra i due stili. L'Europa era diventata un vero e proprio motore per la ripresa della lotta, pratica che si diffuse rapidamente anche in Germania sulla scia del tradizionale “rangeln”. Le origini francesi della greco-romana non influenzarono in alcun modo la nascita della lotta libera a cui vengono attribuite origini anglosassoni strettamente correlate con gli stili tradizionali praticati nell'attuale UK. Gli stili inglesi dell'800 avevano diverse affinità con quelli spagnoli “léon” e “canaria”, mentre in scandinavia venivano praticati forme tradizionali come il “kragkast” e soprattutto il “glima”, stilisticamente adatto alla greco-romana che, al contrario della libera, si diffuse rapidamente in tutta la penisola.
Nell'Europa del 1800-1900 nacquero un alto numero di accademie ma soprattutto vennero costituite le prime federazioni nazionali (a partire dal 1891 con quella tedesca).
In Iran venivano praticate ben cinque forme tradizionali (“gilaki” e “mazanderani” le più importanti), ma la diffusione della lotta olimpica avvenne intorno al 1930 (nello stesso periodo anche in Belgio ed Olanda). L'India è stata una delle zone in cui si sviluppò la lotta nel passato, ma nell'era moderna la completa organizzazione della disciplina avvenne durante il 1900 inoltrato, come del resto in Pakistan, Cina e Giappone. Gli stili olimpici raggiunsero anche l'Australia per via dei soldati inglesi; alcuni anni dopo si diffusero in sud America e Canada grazie ai viaggi dei lottatori europei.
Fra gli ultimi anni del 1880 ed i primi del 1900 diversi lottatori di greco-romana furono protagonisti di sfide interstile in cui dimostrarono la grande efficacia della lotta, come nel caso di William Muldoon che nel 1887 sconfisse il campione mondiale di pugilato John L. Sullivan in meno di due minuti. Il successivo incontro pubblicizzato avvenne alla fine del secolo quando il futuro campione dei pesi massimi di pugilato Bob Fitzsimmons affrontò il campione europeo di lotta greco-romana Ernest Roeber. Roeber ebbe una frattura allo zigomo, ma fu in grado di portare Fitzsimmons al tappeto e finalizzare l'avversario con una leva al braccio. Durante i primi anni del 1900, l'italiano Giovanni Raicevich, campione di lotta greco-romana, sconfisse Akitaro Ono, un maestro giapponese esperto di judo, ju-jitsu e sumo.

Età moderna

Grazie al congresso del 1894, nel quale il barone Pierre de Coubertin riaprì le Olimpiadi, le nazioni più progredite canalizzarono i movimenti sportivi spontanei in strutture organizzative finalizzate prevalentemente alla partecipazione ai Giochi Olimpici. La lotta, intesa come disciplina sportiva regolamentata, riapparve nel XIX secolo prima in Italia e in Francia, poi dall'inizio del XX secolo in Germania e in Inghilterra. La Lotta greco-romana entrò a far parte delle Olimpiadi moderne fin dalla sua prima edizione nel 1896, mentre la Lotta libera vi entrò nel 1904. Nel 1912 nacque la federazione internazionale della lotta (FILA) e con essa iniziarono ufficialmente le altre competizioni internazionali, come i campionati europei e mondiali.
La lotta moderna è stata rilanciata da professionisti popolari nella seconda metà del XIX secolo e nella prima metà del XX secolo, come l'italiano Basilio Bartoletti (al quale si attribuisce la coniazione del termine "Lotta Greco-Romana").
Dagli anni cinquanta agli anni ottanta i lottatori sovietici, statunitensi e dell'Est Europa dominarono la scena. Nella "hall of fame" dei campioni trovano posto il siberiano Alexander Karelin categoria 130 kg, vincitore di tre ori alle Olimpiadi del 1988, 1992 e 1996, argento olimpico nel 2000, 9 volte World gold medalist (1989-91, 1993-95, 1997-99), l'americano John W. Smith vincitore alle Olimpiadi del 1988, 1992 nei 62 kg, 4 volte World gold medalist (1987, 1989-91), ed anche l'italiano Vincenzo Maenza, o "Pollicino" in allusione alla sua minuta corporatura, il quale ha conseguito la vittoria alle Olimpiadi del 1984 e del 1988 nella categoria 48 kg e l'argento in quelle del 1992 sempre nella 48 kg. Sono da ricordare anche gli italiani Pietro Dalmasso e i fratelli Emilio, Massimo e Giovanni Raicevich. Quest'ultimo ottenne innumerevoli successi ai massimi livelli mondiali nella sua ventennale carriera.
La continua crescita della lotta olimpica in termini di popolarità, consentì alla FILA di inserire un terzo stile alle Olimpiadi del 2004: la lotta femminile. Nello stesso anno venne introdotto il Beach Wrestling, una forma di lotta disputata sulla sabbia che nel 2009 è entrato a far parte degli sport presenti alle Olimpiadi giovanili. Durante il 2008 la federazione internazionale adottò il Grappling, seguito da Combat Grappling, dalle MMA e dal Pancrazio nel 2010; questi stili fanno parte delle discipline di lotta internazionali, ma non olimpiche.
Alle attuali competizioni di lotta olimpica (sport nazionale in Turchia, Iran, Georgia, Azerbaijan, Armenia, USA, Uzbekistan, Kazakistan, Mongolia, Gambia ed altre repubbliche del blocco ex URSS) si confrontano squadre provenienti da 160 nazioni con centinaia di lottatori.

Stili di lotta non olimpici

Il mondo della Lotta è molto vasto e spazia dalle discipline olimpiche (libera, greco-romana, femminile) alle svariate forme "folkstyle" (circa 220 nel mondo), dalle proiezioni alle leve articolari, fino alle percussioni. Inoltre viene utilizzata da millenni con svariati scopi: competizioni sportive, difesa personale, addestramento militare ed attività educative. Occorre precisare che le forme di lotta non olimpiche appartenenti alla medesima federazione della libera e greco-romana (FILA Wrestling) vengono classificate in:
Stili internazionali:
  • Grappling
  • MMA & Combat Grappling
  • Pancrazio
  • Beach Wrestling
  • Alysh
Il Grappling (chiamato anche submission wrestling o submission grappling) è uno stile di Lotta (con e senza kimono) specializzato nel combattimento a terra che unisce la lotta (libera, luta livre, catch wrestling, sambo..) con il brazilian jiu-jitsu. Questo stile, utile per la difesa personale, è stato inserito nei SportAccord Combat Games, considerati le Olimpiadi delle arti marziali.
Il Combat Grappling rappresenta una forma di MMA a contatto pieno composta dalle tecniche di lotta del Grappling con l'aggiunta delle percussioni (pugni, calci, ginocchiate e gomitate), in piedi ed al suolo (ground and pound). Il Combat Grappling è stato ideato dal WGC con il duplice obiettivo di proporre un sistema completo, realistico e sicuro per la difesa personale, non a caso è particolarmente indicato per i corpi di polizia o militari. Per quanto riguarda l'aspetto sportivo della disciplina vi sono due formati: semi pro ed amatoriale. Questa disciplina può essere praticata in modo indipendente oppure allenata come naturale completamento della Lotta Olimpica e del Grappling.
Il Pancrazio è un'antica arte marziale discendente dalla Lotta che prevede un ampio repertorio di prese, proiezioni, leve articolari, strangolamenti, pugni, calci, ginocchiate, gomitate, testate ed altre tecniche. Questo stile è gestito dalla FILA Wrestling, la federazione internazionale sulla Lotta, e prevede vari regolamenti. Nella disciplina rivolta agli amatori, il Pancrazio prevede le stesse regole del Combat Grappling amatoriale (contatto pieno ma divieto di colpire la testa), mentre nella variante professionistica (praticata in Russia e nell'est Europa) l'incontro, sempre a contatto pieno, può essere disputato a mani nude, senza protezioni e con pochissime regole (sono ammesse anche le testate). Il Pancrazio è un sistema polivalente che viene praticato anche da vari corpi di polizia e militari, come nel caso dell'esercito statunitense, ucraino, francese ed altri nell'est Europa. Recentemente, la federazione italiana sul Pancrazio ha sviluppato ed ufficializzato il Pancrazio Amyna, specifico per la difesa personale; in questo stile non vi sono regole e competizioni. Dal Pancrazio (presente nelle Olimpiadi del 648 a.C.) è nato il Vale Tudo e le moderne MMA arti marziali miste. Dal 2010, il Pancrazio è stato inserito all'interno dei SportAccord Combat Games, confermando la grande espansione e rinascita della disciplina in tutto il pianeta.
Il Beach Wrestling è uno stile basato sulle tecniche della lotta libera, ma a differenza di quest'ultima è vietato il combattimento a terra. L'intento delle federazioni che organizzano i tornei di lotta sulla spiaggia è quello di promuovere e diffondere il wrestling anche al di fuori delle palestre, sfruttando un ambiente di gara naturale e molto popolato. Il Beach Wrestling è stato inserito negli Asian Beach Games OACSIA (Olympic Council of Asia).
Stili folkstyle o tradizionali:
  • catch wrestling, luta livre, lotta celtica, lotta turca con olio, lotta svizzera, s'Istrumpa e molti altri stili (in tutto sono circa 220) caratterizzanti diverse aree geografiche.

Il ruolo della Lotta nelle MMA

La Lotta Olimpica (libera e greco-romana) ottenne un ulteriore incremento di popolarità intorno al 1990 grazie alle sfide "vale tudo" organizzate nell'ambito della federazione UFC. All'inizio, nei tornei UFC si confrontavano combattenti di diversi stili (provenienti da tutto il mondo) per individuare l'arte marziale più efficace nel combattimento reale a mani nude. Le prime dodici edizioni del torneo Ultimate Fighting Championship erano contraddistinte dall'assenza di categorie di peso, guantoni e regole (per i colpi proibiti vi furono solo sanzioni a livello monetario); sei edizioni furono dominate dalla lotta olimpica, tre dalla seconda disciplina risultata più efficace. Oggi, un allenamento di MMA comprende una forte componente di Lotta Olimpica (per la lotta in piedi) e di Grappling No-Gi (per la lotta a terra). Questi successi e la grande popolarità delle arti marziali miste spinsero la FILA ad adottare il Grappling, il Combat Grappling (MMA semi pro) ed il Pancrazio come stili internazionali.

venerdì 15 febbraio 2019

Tekko

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Il Tekkō (鉄甲 let. "ferro", "dorso della mano"), che ha avuto origine ad Okinawa, in Giappone, rientra nella categoria: "fist-load weapon", cioè "armi che aumentano il pugno". Per definizione, una "fist load weapon" aumenta la massa della mano in modo che, data la proporzionalità fisica tra slancio del pugno e la sua massa, aumenta la forza che il portatore è in grado di fornire. Alcune "fist-load weapon" possono anche essere usate, come la guardia di una spada, per proteggere la mano di colui che la impugna.
Il Tekko si è evoluto dopo cinque stadi di sviluppo. Il primo, denominato "Yawara", consisteva in un bastone o una sbarra da tenere all'interno della mano. Il "chize kun bo", un bastone con un anello di corda che l'utilizzatore puoteva legare alla mano per il controllo, arrivò successivamente. Il terzo il "Teko" similare al "chize kun bo" ma a differenza di quest'ultimo, invece di avere una corda, veniva affinata un'estensione del bastone, che si inseriva tra il primo ed il secondo dito. Uno strumento di Okinawa che agevolava il pescatore a tessere, o a calare le loro reti senza correre il rischio di ferirsi le mani sui coralli, o un lungo arpione usato dai Bushi di Okinawa chiamato "kanzashi", molto probabilmente usato come ispirazione per il design del Tekko finale. Il Teko sembrava essere di legno, duro e morbido come metallo modellato in modo da aumentare maggiormente la massa della mano.


giovedì 14 febbraio 2019

Yue Jin

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Yue Jin (... – 218) è stato un generale cinese Wei sotto Cáo Cāo.
Con Cáo Cāo fin dall'inizio Yue Jin si distinse molto nelle battaglie per la formazione del regno Wei, soprattutto contro Yuan Shao e i suoi figli. Combatté inoltre a Ru Nan, Chang Ban e Chi Bi, e nonostante la sconfitta delle truppe Wei si distinse ancora per il suo valore.
Il suo maggior momento di gloria fu senza dubbio la difesa di Hefei: insieme ai generali Zhang Liao e Li Dian respinse Sun Quan e il suo esercito fino all'arrivo dei rinforzi. Il suo coraggio fu lodato spesso da Cáo Cāo e venne annoverato tra i cinque generali Wei, con Yu Jin, Xu Huang, Zhang He e Zhang Liao.

mercoledì 13 febbraio 2019

Mook Yan Jong



Origini del manichino di legno (leggenda) ...

Il Monastero Siu Lam fu la culla di molti dei più grandi artisti marziali che si sono succeduti attraverso le generazioni.
La leggenda narra che ci fosse un tunnel pieno di 108 uomini in legno, e ciascun monaco che voleva completare la sua formazione doveva attraversare questo percorso come esame finale.
Ognuno di questi uomini di legno (noto come i monaci di bronzo) eseguiva una serie di tecniche uniche, i monaci che affrontavano la prova dovevano neutraliazzare queste tecniche.
Quando il Tempio Siu Lam fu incendiato dal governo Manciù, uno dei cinque monaci buddisti che fuggì e che aveva superato la prova, incorporò 108 tecniche in un unico manichino di legno, ogni tecnica è originaria dai 108 uomini in legno del tunnel del tempio Siu Lam.
Se il manichino di legno apparve prima o dopo la creazione del Wing-Chun-Kuen non lo sappiamo, è vero però che il manichino di legno nella formazione Wing-Chun è un apparecchio eccellente per gli studenti di questo stile che sviluppano, affinano le loro competenze e il coordinamento necessario ad eseguire il corretto footwork per diventare un professionista qualificato.
Il Mook-Yan-Jong è un attrezzo prezioso nella formazione di un praticante del sistema Wing-Chun. In alcune scuole è la fase finale dell'affinamento delle tecniche congiunte di mani e piedi. Pertanto, ci si aspetta che chi studi sul manichino di legno abbia raggiunto un elevato livello di competenza nell'arte del Wing-Chun.
Le tecniche applicate sul Mook-Yan-Jong includono praticamente tutte le tecniche di mano e le tecniche di piede. Queste tecniche vengono combinate in varie sequenze di applicazioni.
Queste combinazioni possono essere suddivise in tre categorie:
1) manovra di neutralizzazione
2) Confronto e contrattacco
3) Attacchi sfacciati.
La precisione e la comprensione delle tecniche eseguite sono della massima importanza.
L'allenamento delle combinazioni al Mook-Yan-Jong porta col tempo il praticante a rispondere a un attacco non solo con una reazione immediata e spontanea, ma anche con la più appropriata ed efficace in quella situazione.
Alcune tecniche apparentemente non sembrano conformarsi alla teoria basilare del Wing-Chun sull'economia del movimento, in realtà sono state inserite per compensare il fatto che il Mook-Yan-Jong non gira come un vero avversario quando viene colpito o bloccato con forza.
Ricordiamoci sempre che si tratta di un attrezzo di allenamento, quindi non può essere neanche lontanamente paragonato ad una vera e propria lotta!
Il Mook-Yan-Jong insegna anche il corretto posizionamento delle mani e la distanza del piede tra il praticante e un avversario in modo da evitare inceppamenti della mano / tecniche di gamba e il conseguente blocco del chi.
Quando si studia il Mook-Yan-Jong, l'importante è comprendere la sequenza dei movimenti e padroneggiarli pienamente.
L'approccio al Mook-Yan-Jong è quello di confrontarsi con un avversario, l'intento è quello di controllarlo e non viceversa.
Comprendere e padroneggiare ogni sezione prima di passare a quella successiva. Lasciatevi il giusto tempo per comprendere ogni sezione e le sue applicazioni per migliorare il vostro Chi-Sao. È inoltre possibile praticare questa forma "a mani vuote", senza l'uso del Mook-Yan-Jong, al fine di realizzare il pieno potenziale dei vostri movimenti. Entrambe le modalità sono essenziali per una formazione adeguata.
Il manichino di legno ha tre braccia, una gamba davanti, e una gamba posteriore (tronco inferiore del manichino). Questo è sufficiente a rappresentare un corpo umano in varie posizioni, ai fini della formazione. Il manichino può essere montato in diversi modi, a molle, collegato al livello superiore e inferiore ad un supporto. Questo tipo di manichino è il più popolare al giorno d'oggi, può essere utilizzato in qualsiasi palestra o in casa. Questo tipo di manichino reagisce con un rimbalzo quando viene colpito ed è il più realistico per sostituire un avversario durante l'addestramento.
Nei secoli passati, il manichino era realizzato utilizzando un palo molto lungo, la cui maggior parte veniva sotterrata in un giardino o un terreno vuoto al di fuori della casa. Questo tipo di manichino rafforzava gli arti. Inoltre permetteva al praticante di esprimere potenti colpi, perché non reagiva quando veniva colpito.
Il Mook-Yan-Jong è uno strumento molto versatile per praticare le posizioni, in particolare durante l'esecuzione di tecniche di Wing-Chun in movimento su un'avversario. Tuttavia, durante l'addesstramento, il professionista deve tenere a mente che il manichino non è destinato a rafforzare i suoi arti, ma ad educarlo a guadagnare una posizione di vantaggio sull'avversario e prendere la posizione più adatta attraverso il coordinamento con l'abile gioco di gambe tipico dello stile. Quando si esegue la forma, il praticante dovrebbe andare piano e prestare attenzione ai dettagli in ogni sezione di tecniche. Il tirocinante che fa i movimenti più rumorosi durante l'esecuzione della forma, non sta facendo il miglior uso del Mook-Yan-Jong.
Il manichino di legno permette al praticante di far confluire l'energia combinata di tutto il corpo attraverso il movimento dei piedi come un'unità scuotendo il Mook-Yan-Jong. Durante la formazione allo Yang Jong Muk Fa, un praticante che raggiunge un alto livello di competenza dovrebbe essere in grado di eseguire la forma al manichino senza il manichino reale.

martedì 12 febbraio 2019

STORIA E CARATTERISTICHE DELLO SHITO-RYU



Lo Shito-Ryu è senza alcun dubbio uno degli stili di Karaté più diffusi nel mondo.
Nonostante l'enorme diffusione di uno stile dalle solide e naturali posizioni, o forse proprio per questo, non sono tanti i karateka che conoscono in maniera approfondita la sua storia, le origini, le caratteristiche intrinseche e probabilmente nemmeno la provenienza del suo nome.

KAISHO KENWA MABUNI (1889-1952)
Kenwa Mabuni nasce il 14 novembre del 1889 a Shuri, in seno a una famiglia che era stata al servizio del re delle isole Ryu Kyu e nelle cui vene scorreva il sangue guerriero del celebre Oshiro,
più conosciuto nel quindicesimo secolo come "l'Orco" (Oni Oshiro) per la sua bravura.
I cambiamenti avvenuti tra la fine di un secolo e l'inizio del successivo costrinsero il padre a diventare pasticciere.
Kenwa Manubi, per parte della sua infanzia aveva una salute fragile, nonostante ciò era motivato a convertirsi in un giovane forte, nel tentativo di emulare i suoi antenati.
E' così che Kenwa inizia con il Karaté, all'età di dieci anni, iniziato a questa disciplina da un servo della famiglia Mabuni chiamato Matayoshi.
In quei tempi il celebre Maestro Anko Itosu viveva a Shuri.
All'età di tredici anni Kenwa Mabuni viene presentato al Maestro da un gruppo di amici, dopodiché diventa suo allievo, rimanendogli fedele fino alla morte.
Seguendo le abitudini dell'epoca, per essere accettato come alunno da un gran Maestro, l'aspirante
doveva essere presentato da qualche personalità importante come garanzia.
A partire da quel giorno, Kenwa Mabuni "non avrebbe perso una sola lezione, nemmeno quando passò un tornado", come dichiarerà suo figlio Kenei Mabuni.
Nel 1902 viene ammesso ad un liceo di Okinawa dove il Karaté non era ancora praticato.
Tre anni dopo è accettato nella scuola marittima, dove trascorre tre anni prima di ottenere il
diploma. Kenwa Mabuni ha in quel momento diciannove anni.
Comincia a lavorare come insegnante alle scuole elementari di Naha e diventa amico di Chojun Miyagi, il quale gli presenta il Maestro Kanryo Higaonna.
Grazie a questo nuovo rapporto apprende direttamente il Naha-Te.
Ma due anni dopo è costretto a partire per il servizio militare.
Nel 1912, una volta congedato, entra nella scuola per polizia di Okinawa, grazie alla
raccomandazione di Miyagi.
Due anni più tardi, all'età di venticinque anni, ottiene la qualifica di ispettore di polizia, corpo nel quale rimarrà per i decenni a venire. Durante questo periodo pratica il Judo, disciplina alla quale si dedica con profonda e autentica passione. In varie occasioni, come racconta suo figlio, Kenwa si trova nella necessità di arrestare delinquenti pericolosi, questa fu una delle caratteristiche che lo resero famoso fra i suoi colleghi, grazie senza dubbio alla pratica del Karaté.
Il suo lavoro gli consentiva di spostarsi per l'intera Okinawa e di incontrare diversi Maestri dai quali apprendere le Arti del combattimento. E' in questo modo che riesce a salvare svariati kata di Karaté, così come a imparare il Bo-Jutsu (l'Arte del bastone) sotto la guida dei Maestri Aragaki e Soeshi, e il Sai-Jutsu del Maestro Shinpachi Tawada. Conviene ricordare che in quell'epoca era davvero difficile apprendere queste tecniche marziali, a causa dell'ermetismo e l'esoterismo dell'Arte.
Quando Kenwa Mabuni fonda più tardi lo stile Shito-Ryu, apporta un gran numero di tecniche e di kata, il che oggi per i suoi praticanti è un vantaggio, anche se questo comporta un maggior sforzo per il loro apprendimento, che richiede inoltre un costante allenamento.
I Maestri Anko Itosu e Kanryo Higaonna muoiono nel 1915, quando Mabuni ha solo ventisei anni, troppo giovane per seguire la via del Karaté da solo. Quindi si mette d'accordo con Chojun Miyagi, un anno maggiore di lui, per costituire un gruppo di pratica e di ricerca delle Arti da combattimento
delle isole Ryu Kyu. Fanno parte di questo gruppo alcuni dei più importanti karateka dell'epoca a Okinawa. Oltre a Miyagi e Mabuni, vi sono Kentsu Yabu, Gnomo Hanashiro, Chosin Chibana,
Anbun Tokuda, Shinpan Shiroma, Chojo Oshiro, Seito Tokumara, Shoko Ishikawa e Gichin Funakoshi.
Nell'anno 1918 il gruppo non ha un dojo dove rendere efficace la pratica e la collaborazione fra di loro. Nello stesso anno, a causa della visita delle altezze imperiali a Okinawa, Kenwa Mabuni ha l'onore di eseguire una dimostrazione nella Scuola Normale.
Finalmente nel 1924 Kenwa Mabuni può costruire un dojo nel giardino di casa sua.
Cosi si costituisce anche un nuovo gruppo, sotto la guida dei seguenti Maestri: Chojun Miyagi,
Juhatsu Kyoda, Choki Motobu, Gnomo Hanashiro, Chomo Oshiro, Chosin Chibana e Go Kenki. Quest'ultimo era un commerciante di té di origine cinese, esperto di Boxe della Gru Bianca (Hakutsuru Ken) che influirà molto sull'evoluzione di Mabuni.
Kenei Mabuni ha fatto riferimento a questo dojo in diverse occasioni:
"Prima della costruzione del dojo, mio padre si allenava con i suoi allievi nel giardino, di notte, con la sola luce di una lampadina elettrica. La maggior parte degli allievi si allenava a torso nudo, non ho visto quasi mai gli allievi vestiti con il kimono da Judo o di Kendo. Fin da bambino casa mia era sempre frequentata da karateka, il che mi è servito per progredire.
Alcuni di questi ospiti mi davano regali quando gli mostravo i kata che avevo appreso.
Nell'ottobre del 1924 mio padre fece costruire il dojo, dove si sarebbe allenato per lungo tempo.
Là vi aveva installato tutte le attrezzature destinate a fortificare il corpo per il Karaté.
A dire il vero, era un dojo ideale".
O quando dice: "Frequentavo ogni giorno le lezioni di mio padre in silenzio. Così potevo verificare e comprendere sempre più cose, tanto che riuscì a imparare a memoria e senza alcuno sforzo alcuni kata".
E aggiunge: "Non fu che all'età di 13 anni che mio padre mi tenne la prima lezione di Karaté.
Fino a quel momento non ero che un attento osservatore".
E amplia l'informazione sul dojo: "II dojo si trovava dietro alla casa ed era provvisto di un equipaggiamento completo per fortificare il corpo: makiwara, sage makiwara (makiwara sospeso in
aria), yoko bo makiage (specie di makiwara fermo orizzontalmente per lavorare sui pugni), geta in ferro e in pietra, sassi e pesi da sollevare, sai, pali e secchi di sabbia. Un meraviglioso spazio
ludico e sportivo dove non mancava nulla".
Nel 1922, in occasione della visita a Okinawa di Jigoro Kano, fondatore del Judo e una delle figure di maggior rilievo nel Budo giapponese, avviene l'inaugurazione del dojo della "Associazione di
cinture nere di Kendo e Judo". Il Maestro Kano aveva chiesto al prefetto di Okinawa una presentazione dell'Arte del Karaté, a cura del gruppo di Mabuni.
Mabuni realizza la spiegazione dello Shuri-Te, mentre Miyagi fa quella del Naha-Te. Un evento di vitale importanza nell'epoca, perché determinerà il successivo sviluppo del Karaté.
Riportiamo di nuovo le parole di Kenwa Mabuni per bocca di suo figlio Kenei:
"Dal punto di vista dell'educazione fisica e morale, l'Arte del combattimento di Okinawa va sviluppata in futuro in grande scala. Dovrebbe avere un certo grado di diffusione a Rondo, l'isola principale del Giappone e dovrebbe avere naturalmente la fortuna di integrarsi nel Butokukai. Vorrei che tenessero conto di questi due aspetti e che considerassero l'Arte okinawense da un punto di vista globale, come un'Arte dell'intero Giappone".
Dopo questo incontro con Jigoro Kano, Mabuni decide di lasciare Okinawa.
Nel 1928 parte per Tokio dove, insieme a Gichin Funakoshi, visita Jigoro Kano.
Un anno dopo trasloca con la sua famiglia a Osaka, all'età di quaranta anni.
Qui crea una scuola che inizialmente fa chiamare Mabuni-Ryu, dopodiché cambia con Hankó-Ryu, che ha lo stesso significato del Goju-Ryu di Miyagi, cioè durezza e morbidezza.
Tuttavia Miyagi era l'erede diretto di Kanryo Higaonna, mentre Mabuni aveva studiato principalmente con Itosu. Nel 1938 Mabuni scrive un primo libro, "Karaté-Dò Nyumon"
(Iniziazione al Karaté-Dò), dove parla per la prima volta della sua Arte come "Shito-Ryu", denominazione che trova origine dai nomi dei suoi Maestri Itosu e Higaonna.
La spiegazione è la seguente:
in giapponese il nome "Itosu" si scrive con gli ideogrammi "Ito" e "Su", e il nome
"Higaonna" con gli ideogrammi "Higa", "On", "Na". In più, nella lingua nipponica è possibile pronunciare un ideogramma in vari modi. Così, "Ito" può pronunciarsi come "Shi", mentre "Higa" può suonare anche "To". Quindi a combinare i due primi ideogrammi dei nomi dei due Maestri di Mabuni otteniamo il termine "Shito", che insieme a "Ryu" vuoi dire: "lo stile dei Maestri Itosu
e Higaonna".
Nel 1939 Kenwa Mabuni registra la sua scuola nel Butokukai sotto la denominazione di Shito-Ryu. Allo stesso tempo si presenta all'esame di Maestro di Budo e ottiene la qualifica di Renshi,
Maestro di terza categoria in Budo, come Gichin Funakoshi.
Durante il resto della sua vita, trascorsa nelle isole centrali del Giappone, entra in contatto con Maestri come Yasuhiro Konishi (Shindo Jinen-Ryu, Ryobu-Kai), un grandissimo esperto di
Kendo e di Ju-Jutsu, con cui sperimenta le proiezioni di Kendo applicate al combattimento
o come il Maestro Seiko Fujita, che apporta allo stile di Mabuni l'influenza del Budo giapponese
di Koga-Ryu Ninjutsu.
Il Maestro Mabuni muore il 23 maggio del 1952 all'età di 63 anni. Fra i suoi discepoli principali spiccano Kanei Uechi (Shito-Ryu Kenpo) (non confonderlo con Kanei Uechi dello stile Uechi-Ryu), Chojiro Tani (Shukokai Taniha Shito-Ryu), Manzo Iwata, Muneomi Sawayama, Ryusho Sakagami (Itosu-Kai), Shogo Kuniba (Motobu-ha Shito-Ryu Seishinkai) e naturalmente l'attuale Soke, suo figlio Kenei Mabuni.

I kata dello Shito-Ryu
Lo stile Shito-Ryu è oggigiorno quello che conta sul maggior numero di kata. I kata provenienti dagli insegnamenti del Maestro Kanryo Higaonna e del suo amico Chojun Miyagi sono: Sanchin,
Tensho, Saifa, Seenchin, Shisochin, Sesan, Sepai, Sanseru, Kururunfa e Suparimpei.
Quindi, i kata apportati dagli insegnamenti del Maestro Anko Itosu sono: Naifanchin, formato da shodan, nidan e sandan; Pinan, constituito da shodan, nidan, sandan, yodan e godan; ditte, Jion e Jiin; Rohai (shodan, nidan e sandan), Passai-Dai e Passai-Sho; Kosokun Dai, Kosokun-Sho e Shiho Kosokun; Chintei e Chinto; Wanshu e Gojushiho.
Infine gli ultimi kata che completano lo Shito-Ryu: Niseishi, Sochin, Unsu (a quanto pare appresi
con il Maestro Aragiaki); Matsumurano-Rohai, Matsumura – no - Passai, Ishimine-no-Passai e
Tomari-no-Passai; Nipaipo e Hata (probabilmente appresi con il Maestro Go Kenki); Aoyagi, Myojo, Juroku e Matsukaze (creati dallo stesso Kenwa Mabuni); Shinpa (questo kata pare che sia stato creato anche dal Maestro Kenwa Mabuni a partire dalla osservazione del lavoro realizzato da Kambun Uechi a Wakayama, Giappone); Shinsei (creazione sempre del Maestro Mabuni, a partire
dai kata Gekisai di Chojun Miyagi); e Chatan Vara no Kosokun (apparso nell'ultimo libro del Maestro Kenei Mabuni).
In alcune scuole derivate dallo Shito-Ryu vi sono altri kata ancora, ma in nessun caso provengono dal fondatore Kenwa Mabuni. In linea di massima possiamo dire che questo numero di kata è
straordinario, se teniamo conto del fatto che buona parte degli stili antichi non ne aveva che un numero ridotto. In realtà nessuna scuola insegna così tanti kata come lo Shito-ryu, il che è il risultato del costante lavoro di ricerca e di raccolta dei Kenwa Mabuni.
Un lavoro encomiabile, se consideriamo che in quei tempi la tendenza generale era quella di approfondire un numero limitato di kata.

Il Kumite
"II Kumite è un aspetto molto importante all'interno del Karaté-Dò", secondo l'attuale Soke Kenei Mabuni. Che aggiunge: "Con il Kumite esercitiamo e sviluppiamo lo spirito combattivo.
Il Jyu Kumite consente ai praticanti di esercitare tutte le tecniche di attacco e di difesa.
Comunque bisogna sapere che uno spirito combattivo troppo rilassato può causare un incidente e anche nel caso in cui non provochiamo danni gravi, un simile atteggiamento può però ferire la
dignità dell'avversario, umiliandolo.
Il fatto di non inserire nelle nostre vite un po' dello spirito combattivo può causare problemi anche a noi stessi. E' per questo che i praticanti di Karaté devono sviluppare il proprio spirito combattivo
con discernimento. Il Jyu Kumite ci offre l'occasione perfetta per acquistare il controllo di noi stessi, diventando dei gentiluomini".
Come abbiamo accennato, il Kumite è diviso in tecniche di difesa e di attacco.
Questo viene denominato "Bunkai Kumite" e sarebbe il Kumite derivato dal kata, l'applicazione dei suoi movimenti.
Inoltre all'attaccante viene imposto un tipo di tecnica e di livello nel quale allenarsi.
Questo è conosciuto come "Ippon Kumite" e consente al difensore di applicare le tecniche di difesa adatte al suo grado.
Infine, la combinazione delle tecniche dei kata Pinan in maniera continuata per apprendere la sua utilizzazione è denominata "Yakusoku Kumite".

La tecnica
La tecnica dello stile Shito-Ryu è alquanto sottile. A paragonarla con la tecnica di altri stili, può sembrare priva di espressione nei confronti della potenza, ma questo viene ampiamente compensato
dalla velocità e dalla sottigliezza tecnica.
Gli addetti ai lavori della scuola Shito-Ryu si specializzano nelle tecniche basate sulla mobilità e il bilanciamento del corpo, nonché sugli spostamenti e sulle tecniche di schivata degli attacchi.
Le posizioni sono naturali, né troppo basse né troppo alte, non esistendo una grande differenza fra l'allenamento e l'applicazione reale. In attacco vengono utilizzate posizioni piuttosto alte, mentre
nella difesa sono più basse. Le difese si eseguono in uscite di 45 gradi.

Esercizi complementari
L'allenamento preparatorio come corse, stretching o fitness può essere considerato un'attività complementare alla pratica tecnica, al fine di preparare il corpo e di fortificarlo, specialmente certe
sue parti che sono fondamentali per portare e subire i colpi.
Fra gli esercizi complementari è da rilevare il lavoro con il Makiwara, che rinforza il "Ken" (pugno), lo "Shuto" (taglio della mano), il "Kote" (avambraccio), il "Sokuto" (taglio del piede), così come altri punti del piede e della mano.
Nel Karaté la prima tecnica di un kata è di difesa. Le tecniche di parata e difesa possono sembrare passive, ma se il corpo viene allenato quotidianamente, questa difesa può diventare un attacco.

Uke no Go Genri
I cinque principi difensivi di base
1°- RAKKA "IL FIORE CADUTO": Parare energicamente l'attacco dell'avversario sul posto, senza alcuno spostamento.
2°- RYU-SUI "LA CORRENTE": Deviare l'attacco e approfittare della forza dell'avversario senza resistere al suo attacco.
3°- KUSSHIN "FLESSIONEESTENSIONE": Utilizzare il proprio corpo in flessione-estensione, piegando il corpo in posizioni basse e flesse, per esempio Neko ashi Bachi. Il contrattacco
va eseguito in estensione.
4°- TEN-I "CAMBIAMENTO DEL PUNTO DI APPOGGIO": Difesa basata sugli spostamenti e le schivate, rispettando le tecniche di Tenshin.
5°- HANGEKI "CONTRATTACCO": Difendere simultaneamente con lo stesso attacco.

Waza no Kime
La tecnica decisiva
E' la tecnica che il praticante esegue nel momento ottimale, con l'atteggiamento adeguato. E' una tecnica netta, pulita, unica.

Shin-Gi-Tai
Lo spirito, la tecnica, il corpo
Per distendere il corpo e eseguire correttamente, con tutta l'intensità necessaria, Waza no Kime, dobbiamo tenere presenti sempre i tre principi fondamentali:
uno spirito liberato, delle tecniche assolute e un corpo perfettamente allenato.

Lo scudo della famiglia Mabuni
Simbolizza l'armonia. Raffigura due uomini giunti in un cerchio per mantenere la pace (Wa).
Questa iconografia fu adottata dal fondatore Kenwa Mabuni per rappresentare le origini dello stile
Shito-Ryu Karaté-Dò, a partire dai due suoi Maestri Itosu e Higaonna.

lunedì 11 febbraio 2019

Ajisukitakahikone

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Nella mitologia giapponese, Ajisukitakahikone (conosciuto anche come Aji-Suki-Taka-Hiko-Ne) è il dio del tuono. Lui è il fratello di Takemikazuchi e di Kaminari (Raiden). Nella sua infanzia, il suo pianto e le sue urla erano così forti che per farlo calmare veniva messo in una barca e lo si faceva galleggiare intorno alle isole del Giappone finché non si calmava. Quando divenne adulto, ebbe un figlio, Takitsuhiko, il dio della pioggia.

domenica 10 febbraio 2019

Tanbō

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Il tanbō (短棒) o tambō è un bastone da combattimento che misura in media 60 centimetri, circa un terzo di un bō; generalmente però, un combattente taglia il tambō secondo le misure più appropriate al proprio corpo, ovvero la distanza tra l'anca e la caviglia. Questa distanza assicura che il tambō possa essere maneggiato liberamente senza che colpisca inavvertitamente il terreno.

sabato 9 febbraio 2019

Nindokai

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Il Nindokai è un sistema di autodifesa che deriva dalle arti marziali del Giappone e di altri paesi. Il sistema Nindokai fu creato in Germania nel 1990 dal Dott. Gerhard Schönberger e da allora è stato continuamente adattato alle necessità del XXI secolo; ha avuto buoni riscontri specialmente presso la polizia e imprese di sicurezza.
Il Nindokai aiuta a terminare una lotta, a rispondere a un vero e proprio attacco o preferibilmente a evitarlo, permettendo così di sopravvivere: il tutto in modo semplice, veloce ed effettivo correndo il minor rischio possibile.
La parola Nindokai consiste di tre caratteri giapponesi (kanji[漢字]): Nin = cuore resistente; Do = cammino e Kai = scuola. Per questo Nindokai si potrebbe tradurre nella seguente maniera: la scuola in cui si insegna il cammino del cuore tenace.

Nindokai - un sistema di autodifesa

Il Nindokai non è né uno sport marziale né un'arte marziale in senso tradizionale, ma piuttosto un metodo di autodifesa. Gli sport marziali come lo Jūdō si orientano principalmente alla gara di combattimento e in tal senso sono fortemente regolamentati così che chi li pratica si limita all'uso di tecniche che riducono il rischio di lesioni. Molte arti marziali, d'altro canto, si dedicano a coltivare le tecniche tradizionali dell'epoca dei samurai che, naturalmente, non possono venire semplicemente adattate al giorno d'oggi. Questa critica fondamentale si trova inoltre nell'idea del Jeet Kune Do di Bruce Lee.
Ad ogni modo le radici di Nindokai si trovano chiaramente nelle arti marziali giapponesi. Da qui derivano infatti, accanto a molte tecniche di base (posizione del corpo, rotolamenti, cadute, evasione), anche le forme di cortesia durante l'addestramento (rispetto, cortesia, etichetta). Altre influenze vengono dal combattimento militare corpo a corpo (CQB), dal Ju-Jutsu, dall'Aikido così come dai servizi di guardie del corpo. Ci si addestra non solo nell'uso di tecniche senz'armi (Tai Jutsu), ma anche nella lotta con e contro armi, giacché un combattimento reale di solito si svolge con un qualche tipo di arma.
Dopo un addestramento di base, si porta l'allievo ad applicare gradualmente in modo istintivo e conseguente i metodi ed i principî insegnati. Ogni allievo impara così un sistema di autodifesa ottimale, conforme alla sua costituzione personale.