Devī (Devanagari देवी)
è un vocabolo sanscrito che significa "Colei che risplende",
termine adoperato per indicare una divinità femminile.
Generalità storiche
(EN)
«The history of the Hindu
tradition can be seen as a reemergence of the feminine.»
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(IT)
«La storia delle tradizioni
hindu può essere vista come il riemergere del femminino.»
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(C. Mackenzie
Brown, The triumph of Goddess,
New York, 1990)
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Sin dall'epoca vedica nell'Induismo
sono menzionate molte dee, quali per esempio Umā, Vāc, Aditī,
Sarasvatī, per citare le più importanti. Queste dee non avevano
però una funzione rilevante né svolgevano alcun ruolo nel
sacrificio, e solo alcune di queste sono sopravvissute nell'Induismo
posteriore. Non c'è traccia, inoltre, nella cultura vedica, di una
«Grande Dea».
È successivamente, nell'epoca
medioevale, coi Purāṇa (le narrazioni mitologiche), con la
letteratura epica e soprattutto col diffondersi degli elementi
tantrici, che il culto delle Dee assume proporzioni considerevoli e
si assiste a una graduale assimilazione nella cultura brahmanica.
Questo pluralismo di divinità non deve però trarre in inganno,
perché, come recita un detto popolare hindu:
(SA)
« ek hi mātā
hain »
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(IT)
« Tutte le Madri sono
solo Una »
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(citato in André Padoux,
Tantra, a cura di
Raffaele Torella, traduzione di Carmela Mastrangelo, Einaudi,
2011; pag. 81)
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Gli hindu considerano tutte le dee come
manifestazione di un'unica Grande Dea (Mahā Devī). La Dea è
chiamata "Madre": Mātā, Mā, Mātāji
nell'India settentrionale, Amma nelle lingue dravidiche del Sud.
Se le statuette in terracotta ritrovate
a Mohenjo-daro, Merghar e Sheri Khan, le città principali della
valle dell'Indo, sono interpretabili come la testimonianza di un
culto rivolto alla Grande Madre, allora l'attuale devozione alla
"Madre", sviluppatasi successivamente all'epoca vedica, può
essere vista un rinascere di quel culto che gli Ari non avevano e
molto probabilmente ostacolavano.
Le
tradizioni principali
Gavin Flood distingue tre tradizioni di culto della Dea:
Le dee di villaggio
Le dee puraniche
- Le dee tantriche
culti che certamente si sono influenzati a vicenda nel corso del
tempo.
Le dee di
villaggio
Le dee di villaggio risalgono molto
probabilmente ad antichi culti del popolo dei Dravida, la cui cultura
si sviluppò dopo il III millennio. Sono dee associate a singole
località, spesso adorate in forma aniconica, che accettano offerte
sia vegetali sia animali, spesso anche alcool e sostanze organiche
come il sangue (sostanze considerate impure dai culti
brahmanici). Non poche di queste dee rappresentano malattie
particolari. Alcune hanno poi avuto una diffusione più ampia, come
per esempio Sītalā, dea del vaiolo, venerata in tutta l'India
settentrionale.
Le dee puraniche
Poche sono le dee vediche sopravvissute
nelle epoche successive, e senz'altro queste hanno poi inglobato
contenuti non vedici, oppure sono state identificate con altre dee: è
il caso di Vāc, dea della Parola, assimilata in Sarasvatī.
Sarasvatī e Lakṣmī, dee già presenti negli inni del Ṛgveda,
sono, fra le dee vediche, quelle attualmente più note e venerate.
Nei Veda Sarasvatī ("colei che scorre") era una divinità
fluviale, è solo successivamente che diventa Dea del Sapere e della
Musica, nonché sposa di Brahmā. Anche il culto di Lakṣmī,
consorte di Viṣṇu e Dea della Ricchezza e della Fortuna, si è
sviluppato nell'epoca puranica, finendo per assimilare anche quello
di Śrī ("luminosa").
A partire dal VI secolo CE circa, in
epoca medievale quindi, il culto di dee menzionate nelle tradizioni
narrative dei Purāṇa era già diffuso in tutta l'India. A
Mamallapuram, nel Tamil Nadu, in un tempio risalente al VII secolo vi
è rappresentata Durgā mentre uccide il bufalo Mahiṣāsura. Il
culto di Kālī sembra invece successivo. Il Mārkaṇḍeya Purāṇa,
risalente al V-VII secolo, è un testo ancora molto popolare; uno
degli inni, il Devīmāhātmya, è tuttora recitato durante una delle
più grandi feste dedicate a Durgā, la Durgā-pūjā. La Dea vi è
descritta come realtà ultima e come Mahāmāyā, la Grande
Illusione. In un testo successivo, il Devībhāgavata Purāṇa, la
Dea è origine assoluta del cosmo, controlla Viṣṇu mediante la
sua capacità di indurre il sonno e non è seconda a nessun dio.
Le dee tantriche
Nel culto tantrico della Dea, o
tantrismo śākta, si possono distinguere due categorie, o
insiemi di tradizioni, facenti rispettivamente capo ai testi Tantra
dello śrīkula e a quelli del kālīkula, la prima più
vicina all'ortoprassi brahmanica, la seconda che se ne discosta
notevolmente.
Śrīkula
Nelle tradizioni dello śrīkula
("della dea fausta") una delle dee più note è la Dea
Tripurasundarī ("la bellissima delle tre città"), una
forma tantrica delle dee Śrī e Lakṣmī. La tradizione
corrispondente è denominata anche śrī-vidyā, e sebbene abbia
avuto origine nel Kashmir ebbe maggior diffusione nell'India
meridionale.
La Dea è l'assoluto che trascende
tutto e, al contempo, il cosmo stesso è una sua manifestazione. Al
termine di ogni ciclo dell'universo, la Dea riassorbe il cosmo.
Questa ciclicità è vista come espressione e contrazione del suono
originale, l'Oṃ, simbolo di energia e coscienza, come
manifestazione della Parola.
Connessa a questa visione del cosmo è
quella del corpo umano, manifestazione di un corpo supremo, o
causale, la cui origine è nella Dea. Nella sua esistenza cosmica, il
singolo essere è soggetto a reincarnarsi, cosa che non gli consente
di ritornare alla Dea. La salvezza è possibile riconoscendo
in sé stessi la presenza della Dea, che usualmente giace inattiva,
l'energia dormiente detta Kuṇḍalinī ("avvolta").
Attraverso una serie di tecniche e riti, la Kuṇḍalinī viene
attivata e drizzata, e condotta a unirsi all'altro aspetto del
divino, Śiva. I metodi sono quelli dello Hatha Yoga classico.
Kālīkula
Sono le tradizioni della Dea Nera, con
riferimento a Kālī, il cui culto si affermò con probabilità
intorno al VII-VIII secolo CE, culto centrale della religione śaiva
del Kashmir. Fanno parte di queste tradizioni numerose dee, come
Kubjikā ("la curva") per esempio, la dea gobba e vecchia;
o Chinnamastā ("la decapitata"), che si presenta con la
propria testa in mano mentre dal collo zampilla il sangue; o le
"sette madri", le saptamātṛkā, dee ambigue,
associate con l'alfabeto sanscrito, che da un lato cacciano i demoni,
dall'altro divorano bambini: tutte dee usualmente caratterizzate da
un'iconografia feroce e da una mitologia aggressiva, al contrario di
quanto è nello Śrīkula. È l'altro aspetto della Dea che
qui prevale: da un lato, nella precedente tradizione, Ella è
materna, generosa, anche bella, dispensa beatitudine e abbondanza;
dall'altro è aggressiva, sgraziata, pretende offerte di sangue.
Altra differenza è nel rapporto col maschile: generalmente le dee
dello Śrīkula, e quelle puraniche, sono consorti sottomesse
ai rispettivi mariti: Pārvatī e Śiva, Lakṣmī e Viṣṇu,
Sarasvatī e Brahmā, Rādhā e Kṛṣṇa. Le dee del Kālīkula
sono invece, in genere, indipendenti. Tripurasundarī è un po'
un'eccezione: al contempo bella e generosa, ma comunque indipendente.
Le pratiche di questa tradizione
prevedono sostanze considerate impure nel brahmanesimo, come alcool e
sangue; adottano sacrifici cruenti e riti macabri, come l'offerta
agli sciacalli, considerati manifestazioni di Kālī; fanno uso
dell'unione sessuale, effettiva o simbolica, quale simbolo del
congiungimento di Śiva e Śakti.
La Dea e il Dio
Nei culti dell'Induismo, una singola
Dea è spesso considerata personificazione di śakti, l'energia
creatrice e immanente del Dio (e questo vale per più di una divinità
maschile), e in quanto tale i due termini, Śakti e Devī, sono anche
considerati sinonimi.
Questa relazione fra il Dio e la Dea,
fra il possessore della potenza creatrice e la potenza stessa, fra
ciò che è trascendente e ciò che è immanente, relazione che
sussiste sul piano metafisico, trova poi corrispondenza nelle
rispettive personificazioni: la Dea diventa allora la compagna del
Dio (con poche eccezioni, ogni Dio del pantheon induista ha una
compagna); è il suo aspetto femminile senza il quale quello maschile
si ritrova incompleto; è l'interceditrice:
«È la dea a permettere la
realizzazione dell'opera creatrice. È ancora la dea a controllare
l'immaginazione del dio, la sua follia creatrice o distruttrice.
[...] È a lei che bisogna rivolgersi.»
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(Alain Daniélou, Śiva
e Dioniso, traduzione di Augusto Menzio,
Ubaldini Editore, 1980; pag. 72)
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Le principali dee
«Come Śiva, la Dea incarna
il paradosso e l'ambiguità: ella è sensuale ma distaccata, dolce
ed eroica, bella e terribile. Poiché è sia l'energia che rende
schiavi sia quella che libera, la Dea è la Śakti, ossia
l'energia e il potere di Śiva.»
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(Gavin Flood,
L'induismo, Op.
Cit., p. 241)
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Il culto della Dea è molto sentito in
non poche delle tradizioni hindu. È venerata in molte forme e in
vari modi: benevola coi nomi di Pārvatī, Lalitā e altri, terrifica
e distruttiva coi nomi di Durgā, Kālī e altri. Elenco delle
principali dee:
Aditī
divinità vedica, è la
dea Madre
Bagalamukhī
ottava dea delle
Mahāvidyā: l'Ingannevole
Bhairavī
sesta dea delle
Mahāvidyā: la Terribile
Bhuvaneśvarī
quarta dea delle
Mahāvidyā: la Signora dell'Universo
Chinnamastā
quinta dea delle
Mahāvidyā: la Decapitata
Dhūmāvatī
settima dea delle
Mahāvidyā: la Fumante
Durgā
dea post-vedica:
l'Inaccessibile
Gaurī
dea post-vedica: la
Signora Bianca
Kālī
prima dea delle
Mahāvidyā: la Distruttrice
Kamalā
decima dea delle
Mahāvidyā: la Ragazza del Loto
Kāmeśvarī
divinità
post-vedica, Dea dell'Amore
Kubjikā
divinità tantrica, la
Dea Gibbuta
Lakṣmī
divinità vedica, Dea
della Fortuna
Matāngī
nona dea delle
Mahāvidyā: la Potenza dell'Elefante
Mahāvidyā
gruppo di dieci
divinità tantriche, le Dee delle Conoscenza
Mātṛkā
gruppo di sette dee
tantriche, che nella creazione tramite il Verbo, sono identificate
con le sette vocali
Pārvatī
divinità
post-vedica, Figlia della Montagna
Rādhā
divinità tantrica, Dea
del Successo
Sarasvatī
divinità vedica,
Dea del Sapere
Satī
divinità post-vedica, la
Fedeltà
Śoḍashī
terza dea delle
Mahāvidyā: la Sedicenne (conosciuta anche coi nomi: Lalitā,
Tripurasundarī)
Tārā
seconda dea delle
Mahāvidyā: la Stella
Umā
divinità vedica, Pace
della Notte
Uṣas
divinità vedica,
l'Aurora
Vāc
divinità vedica, Dea
della Parola
Gli
aspetti minori della Dea
Bhairavī
sono le assistenti
della coppia Śiva e Durgā
Dākinī
sono demoni femminili,
compagne di Kālī
Grahī
le streghe
Shākinī
sono demoni
femminili, compagne di Durgā
Yoginī
compagne di Durgā