martedì 17 dicembre 2019

Cinque nō moderni

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Cinque nō moderni (近代能楽集 Kindai nōgaku shū, lett. "Collezione di nōgaku moderni") è una raccolta di drammi dello scrittore giapponese Yukio Mishima, composti tra il 1950 e 1955 e presentati a Tokyo come drammi moderni. Di questi cinque, soltanto Il Tamburo di Damasco fu messo in scena con i tipici costumi nō, mentre la rappresentazione di Signora Aoi fu ispirata all'Opera occidentale.
Tutti i testi ripropongono vecchie trame nō o storie tradizionali, traslandole in un ambiente moderno. Per questo lavoro, nel 1955 Mishima ha ricevuto il prestigioso premio Kishida per le opere drammatiche.

Drammi
  • Sotoba Komachi
Un poeta incontra Komachi, una vecchia dall'aspetto non più gradevole, in un parco di Tokyo, e lei ricorda di quando era bella oltre ottanta anni prima: ricorda di una notte negli anni '80 del 1800 e con l'aiuto del poeta (che interpreta il militare di cui si era innamorata) ricordano quei momenti. Il poeta comprende il posto in cui risiede la bellezza della donna e va oltre la sua senilità, costretto, però, a non svelarle nulla, perché svelarle ciò che prova equivarrebbe a ucciderla.
  • Il tamburo di Damasco
Un anziano si innamora di una vicina, che insieme ad alcuni suoi amici decide di prendersi gioco di lui: solo se riuscirà a far suonare il suo tamburo, costruito col damasco, quindi impossibile da far risuonare, il vecchietto potrà guadagnarsi un bacio.
  • Kantan
Un giovane senza alcun obiettivo nella sua vita vacua si chiede cosa succederebbe se riuscisse a dormire su un cuscino capace di far comprendere al sognatore ciò che lui già capisce, ovvero la futilità della vita.
  • Hanjo
  • La Signora Aoi


lunedì 16 dicembre 2019

Voulge

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La voulge, anche nota come "mannaia inastata", è un tipo di arma inastata diffusasi in Europa nel Tardo Medioevo. Aveva lama molto pesante, rassomigliante a quella di una mannaia, inastata su di un palo di lunghezza notevole, che correva parallela alla gorbia per i 2/3 della sua lunghezza. Nelle forme tarde, la voulge sviluppò anche una sommità acuminata, assumendo fogge simili a quelle del falcione.

Storia
La voulge fu una delle prime armi inastate a diffondersi capillarmente in Europa dopo l'Anno Mille. Nella sua forma più primitiva, una lama di mannaia assicurata ad un'asta di legno tramite due anelli piatti, ricorda molto la berdica diffusasi in epoca coeva nell'areale del Mar Baltico, cosa che, probabilmente, accomunerebbe le due armi quali discendenti delle grandi scuri da guerra delle popolazioni germaniche della Scandinavia.
La voulge si diffuse primariamente nelle terre situate al confine tra l'Italia, il Regno di Francia ed il Sacro Romano Impero Germanico: il Vaud e la Svizzera. Il materiale iconografico coevo relativo alla Battaglia di Morgarten (1315) ci presenta i ribelli elvetici (v. mercenari svizzeri) armati di picca e voulge mentre sconfiggono la cavalleria pesante degli Asburgo.
Nel XV secolo, mentre gli svizzeri ed i lanzichenecchi tedeschi sviluppavano il modello della voulge nell'alabarda, la forma originale dell'arma si diffondeva nel Regno di Francia, ove venne fondato un apposito corpo di Voulgiers. Per la fin del Quattrocento, le voulge diffuse in Germania divennero una sorta di ibrido del falcione (arma in asta).


domenica 15 dicembre 2019

Everard des Barres

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Everard des Barres (... – 1174) è stato un militare francese, Gran maestro dell'Ordine templare dal 1147 al 1151.

Biografia
Come Precettore dei Templari in Francia dal 1143, fu uno dei più alti dignitari dell'Ordine quando Robert de Craon morì nel 1147. Egli venne scelto come suo successore e venne presto eletto; egli accompagnò Luigi VII di Francia nella seconda crociata, e fu tra coloro che vennero mandati a Costantinopoli prima dell'arrivo di Luigi, in avanscoperta. Egli successivamente salvò il re Luigi durante la battaglia di Pisidia contro i turchi selgiuchidi.
Secondo le cronache di Odo di Deuil, Everard era estremamente pio e valoroso ed in particolare sembra aver avuto una grande influenza sul re Luigi di Francia, in particolare dopo gli avvenimenti descritti. Dopo il fallimento nell'assedio di Damasco nel 1148, Luigi ritornò in Francia, seguito da Everard, che venne incaricato della salvaguardia del tesoro reale. I Templari di Everard rimasero in Terra santa a difendere Gerusalemme dagli attacchi turchi del 1149.
Ritornato in Francia, Everard abdicò ufficialmente nel 1151 e divenne monaco a Clairvaux, malgrado la protesta dei Templari (formalmente l'abdicazione era stata proposta già dalla partenza dalla Terrasanta, nel 1149). Egli venne succeduto da Bernard de Tremelay e morì nel 1174.


sabato 14 dicembre 2019

Gimmick

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Nel wrestling il termine Gimmick indica una persona (ad esempio un wrestler, un manager o una valletta) a cui viene assegnato un comportamento o delle caratteristiche utili a suscitare un maggior interesse del pubblico. Più in generale, la gimmick equivale al personaggio che il lottatore interpreta negli spettacoli proposti dalla federazione in cui si esibisce. Una vecchia definizione avente lo stesso significato e oggi non più in uso è Gizzmo.
La gimmick è parte integrante dello svolgimento degli eventi (episodi televisivi o pay-per-view) tanto quanto ne fanno parte le storyline o le faide e può prevedere una maschera o un costume, un trucco cosmetico su viso e corpo a anche frasi e slogan che vengono urlati verso il pubblico o ai propri avversari. In altre parole si può definire una gimmick assegnata ad un wrestler come il ruolo cinematografico o teatrale svolto da un attore e queste personalità servono ad aumentare l'interesse verso un lottatore indipendentemente dalle sue qualità atletiche. Le gimmick possono essere reali o inverosimili e il loro scopo è sempre strettamente legato al coinvolgimento del pubblico e quindi agli ascolti.
Nel wrestling americano una gimmick può avere mille sfacettature e prevedere ogni tipo di ruolo o forma nonché ispirarsi e riferirsi a qualsiasi personaggio. Nella Lucha Libre messicana alla gimmick viene spesso associata una maschera che copre il viso e nel puroresu giapponese è tradizione non ricorrere a vere e proprie gimmick limitando i tratti caratterizzanti del personaggio al solo costume e senza la divisione tra face e heel.
In genere il business del wrestling tende a riciclare le gimmick del passato e spesso (e nei casi di wrestler che cambiano federazione) si cerca di assegnarne di simili agli stessi con lo scopo di mantenere a aumentare il favore del pubblico e (di ovvia conseguenza), tenere alti gli ascolti. Ne sono un esempio i The American Wolves della federazione Ring of Honor che, passati alla TNA (oggi Impact Wrestling), furono riproposti come The Wolves.

Definizioni
A seconda della gimmick a loro assegnata i wrestlers vengono indicati in tre diversi modi:
  • Il face (abbreviazione di Babyface), manifesta uno stile di comportamento che ha lo scopo di ottenere l'approvazione e l'ammirazione del pubblico e viene quindi considerato il buono che rispetta le regole ed è leale con i suoi compagni.
  • Lo heel (viceversa al face), interpreta la parte del cattivo ed è solito infrangere le regole. Il ruolo di heel prevede anche la possibilità di diventare monster heel e quindi di non rispettare nessuno ed eventualmente agire anche contro il proprio team o stable.
  • Il Tweener (anche detto cool heel), ha lo scopo di risultare simpatico anche quando vince senza rispettare le regole. Spesso ha un comportamento incerto e ambiguo e che non aiuta a comprendere se sia un face o un heel. Lo status di tweener è tuttavia molto etereo e difficilmente un wrestler riesce a mantenerlo nel corso di tutta la sua carriera. Fa eccezione The Undertaker che è riuscito a rimanere tweener per quasi tutta la sua carriera.
Per ognuno dei ruoli può avvenire un turn ovvero un 'voltafaccia' da parte di un wrestler che passa dalla schiera dei face a quella degli heel o viceversa. Un turn può avvenire in maniera repentina e improvvisa (hard turn) o in maniera più graduale (soft turn).

Gimmick più diffuse
Riferite ad origini geografiche
Una delle più sfruttate è quella della nazione o continente da cui un wrestler proviene e può essere reale, enfatizzata oppure semplicemente inventata e anche basarsi su stereotipi o caricature: alcuni esempi sono Rusev (originario della Bulgaria ma indicato come russo), Sheamus (irlandese che indossa simboli e costumi nazionali), Santino Marella (di origini italiane e con gli stessi stereotipi), finti orientali come Raisha Saeed (nei panni di un'araba al seguito di Awesome Kong in TNA) ed anche veri e puri americani come Hulk Hogan.

Maschere o costumi
Molto popolari nel wrestling messicano vengono spesso utilizzate per celare il vero volto di un wrestler oppure per inserire personaggi diversi in uno specifico costume: Rey Mysterio (un americano con maschere e fattezze spesso messicane), Chief Jay Strongbow (un americano di origini italiane che interpretava un nativo americano con tanto di copricapo piumato e ascia da guerra, oppure un personaggio precedentemente inventato per un videogioco ed in seguito portato nella realtà e impersonato da vari wrestler come Suicide.

Sportive o presunte tali
Ci sono vari wrestler che, dopo aver avuto un passato negli sport olimpici od atletici si sono (o sono stati) riproposti in quelle vesti. Kurt Angle ad esempio, dopo aver vinto una medaglia d'oro alle olimpiadi di Atlanta nel 1996 ha spesso interpretato il ruolo di eroe olimpico. Naomi invece ebbe un passato da cheerleader.

Supereroi, fumetti e musicali
Tra gli esempi di gimmick di ispirazione letteraria (o tratte da fantascienza) ci sono Sting che prendeva trucco ed abiti ispirandosi al film Il corvo ed i supereroici The Hurricane (l'uragano) e Rosey (che tenta di diventare come l'uragano). Jushin Thunder Liger vestiva costumi di chiara ispirazione manga e DJZ che invece ha coniato il suo ring name utilizzando le iniziali del termine 'Disc Jockey' più l'iniziale del suo nome sembrare un DeeJay.

Reali, surreali e travolgenti
Spesso, grazie alle capacità di un wrestler di interpretare una gimmick anche un macabro, non morto, paranormale o scabroso essere può diventare un'intramontabile beniamino del pubblico come The Undertaker (letteralmente l'impresario funebre) che, assumendo questa gimmick negli anni '90 del ventesimo secolo, l'ha portata per tutta la sua carriera. Un altro caso di rilievo è stato André the Giant che, poiché è stato un uomo alto più di due metri, assunse la gimmick di se stesso e, oltre ad aver avuto una carriera quasi trentennale fu anche definito l'ottava meraviglia del mondo.

Altro
Nel corso della propria carriera, un wrestler può interpretare gimmick differenti e, spesso, completamente incongruenti con le precedenti; tuttavia non sono pochi i casi di wrestler che portano avanti la stessa gimmick nel corso dell'intera carriera. Il meccanismo che sta alla base del cambio di gimmick è legato a filo doppio alla reazione del pubblico nei confronti del wrestler che la interpreta: ad esempio, una gimmick di stampo face che viene fischiata dal pubblico è inesorabilmente destinata ad essere cambiata. Tuttavia questa regola non viene sempre rispettata: le cronache del wrestling sono piene di storie di lottatori tecnicamente dotati che stentano a decollare a causa di una gimmick mal riuscita e penalizzante; Rocky Maivia, per citare uno dei casi più clamorosi, nei piani dei booker della WWE sarebbe dovuto diventare un beniamino del pubblico con il suo modo di fare pulito ed educato, ma la gimmick non funzionò mai; grazie al cambio della gimmick in quella dello spocchioso "The Rock" il wrestler divenne uno dei più noti e amati di sempre.
Vi sono così personaggi ispirati ai clown come Super Muneco; Uomini "della morte" come La Parka; personaggi legati ai costumi aztechi come Angel Azteca; gimmick ispirate ad eroi dei fumetti e dei cartoon come quella dei Power Raiders; personaggi legati a temi religiosi, come El Hijo del Santo. Qualora un combattente dovesse perdere la maschera in combattimento (in particolari match denominati lucha de apuestas) la sua gimmick "muore".


venerdì 13 dicembre 2019

Duello

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Un duello è un combattimento formalizzato tra due persone. Nelle modalità in cui è stato praticato dal XV secolo in poi nelle società occidentali, un duello ricade sotto una precisa definizione: combattimento consensuale e prestabilito che scaturisce per la difesa dell'onore, della giustizia e della rispettabilità e che si svolge secondo regole accettate in modo esplicito o implicito tra uomini di medesimo ceto sociale e armati nel medesimo modo.

Finalità
L'obiettivo primario del duello non è mai l'estinzione fisica dell'avversario quanto ottenere soddisfazione, ovvero ristabilire l'onore e la rispettabilità dimostrando la ferma volontà di mettere in gioco la propria incolumità per esse.
I duelli così delineati si distinguono affatto dalla pratica medievale del processo per combattimento, poiché il duello non è un procedimento legalmente accettato. Infatti, il duello moderno è un'azione che si contrappone al monopolio della forza rivendicato dallo Stato moderno: ecco perché il suo svolgimento era illegale o al più tollerato dalla legge. Questo era il caso dei primi codici penali italiani, che, pur sanzionandolo, hanno sempre previsto articoli specifici riguardanti il duello, affinché chi ricorresse cavallerescamente ad esso - in caso di conclamate offese - non corresse il rischio di essere assimilato a volgari malfattori.
Il duello sopra descritto è generalmente tipico delle classi elevate, poiché per classi più popolaresche esiste il duello rusticano, solitamente svolto con pugnali e con regole meno rigorose.
Il duello è infatti per definizione svolto tra persone dello stesso ceto sociale (non economico). Non ha infatti senso che persone di ceto sociale diverso, e dunque dalla sensibilità profondamente diversa, si scontrino per motivazioni di onorabilità che sono inevitabilmente differenti tra i due.
Se infatti un gentiluomo fosse stato insultato da un individuo di classe inferiore, per il primo è più corretto farlo redarguire o battere dai propri servitori.

Storia del duello
In Occidente
Il duello nell'Iliade
L'Iliade contiene numerosi duelli, fra i quali, ad esempio, lo scontro fra Paride e Menelao e quello fra Ettore e Achille.

Il Medioevo e il combattimento giudiziario
Il duello, quale mezzo di riparazione di ingiurie, era sconosciuto nell'antichità, se non per trarre auspicio, una pratica che veniva utilizzata soprattutto dai Germani: essi erano usi, infatti, rapire un soldato di un popolo nemico prima di una battaglia e farlo sfidare da un loro combattente, cercando di prevedere l'andamento dello scontro dall'esito del duello.
Il combattimento giudiziario, altrimenti chiamato processo per combattimento, ovvero la pratica di risolvere i contenziosi legali attraverso una sfida all'ultimo sangue, trovava invece larga applicazione in un numero di popolazioni germaniche, tanto che se ne trova applicazione nei sistemi di leggi di Franchi, Turingi, Frisoni, Sassoni e Longobardi. La veloce diffusione del duello giudiziario era favorita dal carattere combattivo di quei popoli che, peraltro, venendo in contatto con gli insegnamenti del Cristianesimo, si rafforzarono nella loro istituzione, anziché abbandonarla. Infatti, se era vero, come ammaestrava la nuova religione, che Dio fosse la verità e la giustizia stesse, non avrebbe potuto permettere che nel duello prevalesse l'ingiusto.
Se la legge salica del VI secolo proibì l'uso del processo per combattimento, la restrizione fu presto lettera morta, se è vero che nel IX secolo Carlo Magno affermava che nei processi melius visum est ut in campo cum fustibus pariter contendant, quam periurium perpetrent in absconso (sembra meglio che si affrontino armati sul campo, piuttosto che spergiurare continuamente di nascosto).
La Chiesa cattolica, d'altro canto, cercava di resistere alla diffusione del processo per combattimento, non solo stigmatizzandolo, ma penalizzandone i partecipanti: al III Concilio di Valenza, tenuto nell'855 sotto Leone IV, venivano così indicati come assassino (peraltro con l'aggravante della perfidia, che ne avrebbe determinato la cacciata dall'assemblea dei fedeli fino all'espiazione di una giusta pena) e suicida (dunque non meritevole di sepoltura con salmi o preghiere) rispettivamente il vincitore e il vinto di un duello giudiziario che si fosse rivelato mortale. Il clero chiedeva che il combattimento giudiziario venisse sostituito dal giuramento nelle chiese, onde spaventare gli spergiuri con la minaccia delle pene eterne, ma i signori, dediti alle abitudini guerriere, ritenevano più nobile sostenere i propri diritti con la spada.
La lotta della Chiesa contro le pratiche di giudizio per combattimento ebbe comunque la peggio quando Ottone II, salito al trono giovanissimo e nel pieno degli scontri per questioni ereditarie sollevate dalle signorie d'Italia, stabilì che le contestazioni venissero risolte con il combattimento, e che allo stesso modo si risolvessero i nodi ereditari sui feudi.
Nel 1168 Luigi il Giovane concordò con la Chiesa una carta che stabiliva come a Orléans e dintorni non era possibile ottenere soddisfazione dei debiti inferiori ai 5 soldi col combattimento; questa regola fu completata con la riforma dei diretti domini di Luigi IX nel 1260, che tra le altre cose sostituì la prova per testimoni alla prova per combattimento.

I Comuni e lo sviluppo del duello per soddisfazione
La fioritura dei Comuni nell'XI e nel XII secolo nel nord Italia portarono la situazione economica a essere meglio gestita attraverso le vie giudiziarie ordinarie, grazie alla ramificata amministrazione che veniva fatta dai podestà e dai sindaci.
Il passaggio dal duello come mezzo di risoluzione delle controversie al mezzo di difesa dell'onore si ebbe nel XV secolo, in cui si stabilì l'usanza, tutta aristocratica, di chiedere al re l'autorizzazione a combattere in campo chiuso a fronte di un'offesa ricevuta. Il re, che assisteva al combattimento, poteva interromperlo in qualunque momento, gettando lo scettro tra i combattenti. La superstizione ancorata alla presenza del giudizio di Dio, tale quindi da assicurare la vittoria al giusto e la punizione all'ingiusto, non venne abbandonata, ma il combattimento assunse certamente più un carattere di guerra privata, per motivi più personali che di persecuzione legale.
Nel 1547, Enrico II di Francia autorizzò un duello tra gentiluomini della sua corte, ma, essendo rimasto ucciso un suo caro amico, proibì qualunque altro duello fosse stato richiesto sui suoi domini. Non dovendosi più aspettare alcuna autorizzazione regale, dunque, i nobili di tutta la Francia si sentirono in dovere di lavare ogni loro minimo capriccio col sangue, e senza alcuna regolamentazione.
Un canone del 1563 promulgato durante il Concilio di Trento insorse contro questa pratica, minacciando di scomunica tutti coloro che partecipassero a qualunque forma di duello: i duellanti, i padrini (coloro che accompagnavano i duellanti al combattimento), i giuristi che vegliassero sullo scontro, gli spettatori, l'imperatore, i re, i duchi, i principi, i marchesi, i conti e qualsiasi altro signore avesse offerto un terreno su cui avesse permesso la singolar tenzone. E, come settecento anni prima, vietò la sepoltura ecclesiastica per chi fosse morto nello scontro.

Il caso notevole della Francia
Il potere civile, dal canto suo, non tardò a seguire la Chiesa, posto che i duelli decimavano l'aristocrazia ed indebolivano così il pilastro della società del tempo: nel 1599 il re di Francia Enrico IV promulgò una legge che proibiva la riparazione alle ingiurie attraverso il duello, intimando ai contendenti di rivolgersi ai tribunali ordinari. Le manchevolezze nei controlli furono evidenti per il fatto che un cronista del tempo, Pietro de l'Étoile, evidenziò la morte in duello di più di 7.000 gentiluomini tra il 1589, anno di ascesa al trono di Enrico, e il 1608.
Un nuovo editto regio nel 1609, capendo l'inevitabilità della situazione, autorizzava la concessione di nulla osta ai duelli a tutti coloro che lo richiedessero, purché si trattasse di insulti gravi all'onore di un cavaliere; a chi richiedeva l'autorizzazione per futili motivi, era destinata una punizione di variabile entità. Per chi duellava senza autorizzazione, era prevista una serie di sanzioni amministrative e penali.
Con la morte di Enrico IV, avvenuta nello stesso anno dell'ultimo editto, gli aristocratici ricominciarono con furore a duellare tra di loro, a dispetto di tutte le leggi vigenti. Nei decenni successivi, la situazione era divenuta così grave che Richelieu descrisse nelle sue Memorie:
«I duelli erano divenuti sì comuni, che le strade servivano da campo di combattimento e come se il giorno non fosse abbastanza lungo per eccitare la loro furia, i duellanti si battevano alla luce delle stelle o delle fiaccole che tenevano luogo di sole funesto.»
(Armand-Jean du Plessis de Richelieu, Mémoires)
È del 1647 l'editto del cardinal Mazzarino che riassunse tutte le proibizioni sull'argomento fino ad allora diffuse, ma senza risultato. Soltanto la fermezza del Re Sole permise una diminuzione del fenomeno, tornato vigorosamente in auge alla sua morte (1715) e durante il regno di Luigi XV, che fu incapace di confermare la stessa energia del bisnonno nel mantenimento dei propri editti. Una delle poche condanne capitali, ad ogni buon conto, eseguite contro duellanti non autorizzati avvenne durante il suo regno: fu per questo tolta la vita a un cittadino, di cui è ci è pervenuto il solo cognome (du Chèlas), colpevole di aver ucciso in duello un capitano dell'esercito.
Il barbaro costume del duello fu duramente attaccato da Rousseau durante l'Illuminismo, che tanto cambiò la società francese – ma i risultati furono disastrosi, se è vero, come sembra, che le dispute cominciarono a essere lavate col sangue anche tra gentiluomini della neonata borghesia, al punto che chi si rifiutava di battersi era da considerarsi disonorato.
La Rivoluzione francese e l'era napoleonica travolsero tutto e anche il costume del duello divenne un argomento di secondaria importanza nelle assemblee del legislatore: l'attenzione al problema venne meno, tanto che nel Codice Penale del 1791 e in quello del 1810 non si fa menzione degli scontri tra gentiluomini – probabilmente con la convinzione che, distrutta l'aristocrazia, il vizio fosse morto con questa. In realtà va anche notato come Napoleone fosse un militare, e l'esercito fosse un luogo in cui si rispettavano puntigliosamente le regole dell'onore, incluse quelle del duello, anche se proibito da regolamenti e leggi. In ambito militare i duellanti dovevano essere dello stesso grado, cosa che limitava i duelli possibili, ma la fellonia e la viltà erano punite e comportavano quasi sempre l'abbandono dell'esercito. L'esercito della prima repubblica e di Napoleone fu un esercito di leva, popolare, povero di "veri" aristocratici e pieno di profondo disprezzo per il vecchio ordine sociale, eppure permeato da norme d'onore di derivazione aristocratica. Si può dire che tra la fine del Settecento e la restaurazione, proprio attraverso la militarizzazione della società francese, il duello conobbe una seconda giovinezza.
Nel 1832, il matematico Évariste Galois, ragazzo prodigio, fu ucciso in un duello.
L'ultimo duello noto si è svolto il 22 aprile 1967 a Neuilly-sur-Seine tra i deputati René Ribière (1922-1998) e Gaston Defferre (1910-1986).

L'Inghilterra: il caso Thornton
In Inghilterra il combattimento giudiziario nel frattempo era sopravvissuto come strumento processuale uniformemente e universalmente accettato – sebbene fosse stato da lungo tempo abbandonato dalle procedure penali –, tanto che solo nel 1819 venne eliminato dal codice. Il duello d'onore, d'altro canto, era reputato uno strumento illegale, ancorché molto praticato. L'istanza di abrogazione parlamentare venne per la prima volta nel 1818, al processo Ashford contro Thornton per omicidio. L'accusato, Thornton appunto, invocò l'antica legislazione che permetteva di giustificarsi combattendo, un'istruttoria che fu accolta esclusivamente perché nessuno aveva ancora abrogato un articolo vecchio di secoli e ampiamente desueto. L'accusatore, Ashford, ritirò l'accusa, assai meno sicuro della propria forza che della giustizia divina.
La proverbiale imperturbabilità dell'animo dei Britannici fece sì che il duello si presentasse come fatto episodico, occasionale e ben lontano dalla frequenza che aveva fatto strage degli strati più vivaci dell'aristocrazia francese. Nei codici legislativi inglesi si trova dunque abbastanza poco in materia di duelli; eppure, desta l'attenzione l'articolo del Codice Militare britannico, che privava della pensione la vedova di un ufficiale morto in duello.
Nelle isole britanniche i duelli però erano molto diffusi, sia in ambiente militare che nelle componenti non inglesi della società. In particolare Scozia ed Irlanda sembrano aver conosciuto molti duelli nel corso del XVIII secolo, con una maggiore diffusione del fenomeno durante i periodi di guerra o poco dopo. Il codice dei duelli irlandesi, pubblicato in diversi trattati anonimi alla fine del Settecento, e particolarmente rigoroso, rappresentava una società irlandese aristocratica molto affezionata alla pratica del duello, in particolar modo il Triniity College di Dublino era famoso come pericoloso focolaio di duelli tra gentiluomini. La pratica del duello in Gran Bretagna riguardò sempre e solo aristocratici e militari; solo dopo il 1820 cominciarono a verificarsi duelli tra borghesi "meccanici": proprio questo aspetto, secondo Antony Appihà (in "Le regole dell'onore") contribuì, più della stretta legislativa, a rendere il duello desueto. Comunque ancora negli anni venti-trenta del XIX secolo il duello era molto diffuso, tanto che l'irlandese primo ministro Duca di Wellington, eroe nazionale, mentre era in carica si sentì obbligato ad un duello con un membro dell'opposizione che lo aveva insultato. Va anche aggiunto che nel XIX secolo i duelli britannici non erano quasi mai all'ultimo sangue, anche se generalmente combattuti con le pistole, armi che, a differenza delle spade, non permettevano di dosare la violenza. Le regole del duello irlandese si diffusero notevolmente sia in Inghilterra che nelle colonie inglesi, dove il duello "passò di moda" verso la metà del XIX secolo, in maniera analoga a quanto avvenuto nella metropoli.

Italia
Secondo il docente di storia professor V. G. Kiernan dell'Università di Edimburgo, il duello sarebbe nato in Italia e si sarebbe poi diffuso nei paesi anglosassoni, francesi e pure in Spagna attraverso gli emigranti italiani del primo periodo rinascimentale. La frammentazione politica dell'Italia rendeva la legislazione in materia di duelli decisamente eterogenea.
Nel vicereame di Napoli occupato dagli Spagnoli già nel 1540 fu promulgato l'ordine di confisca e punizione amministrativa per chiunque avesse preso parte a un duello, a qualunque titolo: duellanti e padrini, medici, giudici, personale ecclesiastico, persino i semplici spettatori.
Il conte Giulio Antonio Acquaviva d’Aragona di Conversano e il duca Francesco Carafa di Noja (l’odierna Noicàttaro) decisero, pertanto, di combattere in Baviera nella città di Norimberga il loro duello del 5 novembre 1673.
Nella Repubblica di Venezia era previsto un bando per sette o dieci anni, il confino in un'isola della Dalmazia, o, a partire dal 1732, la privazione della nobiltà patrizia, la confisca di ogni bene o il bando perpetuo. Per coloro che, colpiti da quest'ultima pena, avessero fatto ritorno sul territorio della Repubblica, era prevista la decapitazione sulla pubblica piazza.
Compiuta l'unità d'Italia, nel 1875 venne approvata una legge contro il duello che rimase in vigore, con pochi mutamenti, per più di cinquant'anni.
I regolamenti dell'esercito italiano di quegli anni erano molto ambigui riguardo all'accettazione delle disposizioni governative contro il duello. Si sosteneva infatti che chiunque fosse coinvolto in un duello andasse espulso dall'esercito perché contravveniva a una legge dello stato e al regolamento militare; però chi, sfidato a duello, si fosse rifiutato di parteciparvi o avesse dimostrato fellonia, andava comunque espulso dall'esercito per villania e vigliaccheria. In maniera meno esplicita anche la marina prevedeva il medesimo trattamento. Nell'esercito italiano, sul modello di quello napoleonico, non era ammissibile un duello tra ufficiali di grado differente, ed era considerato disonorevole abbandonare il proprio reparto per partecipare a un duello in un'altra guarnigione, questi due aspetti contribuivano a rarefare le occasioni di duello.
Nell'Italia di fine secolo XIX fece molto scalpore la morte, a 56 anni, del deputato dell'estrema sinistra Felice Cavallotti dopo essere stato ferito gravemente in duello dal giornalista conservatore Ferruccio Macola.
Il Codice Penale del Regno d'Italia, promulgato con Regio decreto legge n. 1398 del 19 ottobre 1930, puniva i duellanti e i portatori di sfida[4] con la reclusione fino a sei mesi e una contravvenzione, se non cagiona danni o lesioni all'avversario.
In dottrina è stato sostenuto, in proposito, che "nella società di oggi la gran parte delle persone è ben lieta che sia stato bandito". In realtà, pene così poco severe erano un forte indicatore dello scarso allarme sociale che suscita il duello ai giorni nostri. Solo una sentenza della Corte Suprema si è occupata del duello, pubblicando che
«Non può essere equiparato a un duello una colluttazione senza armi, svincolata da qualsiasi regola, condotta senza esclusione di colpi e in modo selvaggio e bestiale. Infatti, i reati cosiddetti di duello presuppongono l'osservanza delle consuetudini cavalleresche e, pertanto, perché uno scontro tra due persone possa considerarsi duello, deve svolgersi a condizioni prestabilite, secondo le regole cavalleresche, mediante l'uso di armi determinate (spada, sciabola o pistola), alla presenza di più persone (padrini o secondi), per una riparazione d'onore.»
(Cassazione Penale, V sezione, 24 aprile 1987.)
I reati "cavallereschi" (duello, sfida a duello, ecc.) sono stati depenalizzati nel 1999, dimodoché il reato non consiste più nella sfida in quanto tale, ma esclusivamente nelle eventuali lesioni personali procurate, naturalmente con le attenuanti dovute all'offesa subita: di fatto il duello in cui i contendenti non riportino lesioni personali in Italia è diventato legale. L'intento modernizzatore del legislatore del 1999 "traspare dall'abrogazione delle fattispecie di duello, del tutto desuete e, soprattutto, retaggio di una visione che anteponeva la tutela dell'ordine cavalleresco a quella, "svenduta" con pene irrisorie, del bene vita".

Paesi americani
Le classi alte dei paesi Sudamericani hanno sempre seguito le medesime regole cavalleresche europee circa il duello, con la differenza che le legislazioni locali sono sempre state più permissiviste in materia, in particolare in Perù e Paraguay, ma anche in Messico e Brasile. Infatti in base ai Codici di questi Paesi il duello costituisce raramente reato di per sé, tanto che vi sono casi d'attualità che riguardano duelli perfino tra esponenti politici: il più eclatante avvenne nel 2002 allorché il parlamentare peruviano Eittel Ramos sfidò pubblicamente a duello il Vicepresidente David Waisman, che lo aveva definito «pusillanime» per aver accusato la primadonna Eliane Toledo Karp di essere una «guida tribale». Il duello si svolse, in modo riservato, con la pistola nella spiaggia di Conchan, 30 chilometri a sud di Lima, senza conseguenze rilevanti per la salute dei due contendenti.
In Nord America il duello era molto diffuso alla fine del Settecento (anche tra gli uomini politici) fino all'epoca della guerra di secessione. Il duello era, comunque, più diffuso e rimase in auge più a lungo negli stati schiavisti del sud. In genere si seguivano le regole "irlandesi" e "inglesi" del duello con la pistola, molto meno diffuso quello con la sciabola. Peculiarità degli USA, nati come repubblica e divenuti rapidamente democratici, era la possibilità di sfidare a duello persone di ogni ceto o classe sociale, in assenza di un'aristocrazia; il duello però rimase prerogativa, per lo più, dei grandi latifondisti meridionali e si diffuse anche in ambiti legati alle professioni liberali (sempre con una prevalenza per gli stati meridionali e quelli centrali).
I "duelli nel West", dopo il 1860, invece non erano paragonabili al "vero" duello, erano molto rari e eseguiti con normali pistole; inoltre non avvenivano secondo le regole dell'onore tipiche dei manuali irlandesi e continentali in uso negli stati che costituirono la confederazione ad inizio Ottocento.

Il duello nella tradizione orientale
Islam
Il duello "a singolar tenzone" fa parte della tradizione islamica, che ha conservato le tradizioni del periodo della Jāhiliyya, in cui il coraggio del singolo era esaltato al pari del valere della tribù di appartenenza.
Il duello tra "campioni" degli opposti schieramenti armati rimase a lungo un espediente ufficializzato per evitare un eccessivo spargimento di sangue sui campi di battaglia.
Nel periodo di vita del profeta Maometto, Ibn Ishaq riporta un gran numero di scontri tra singoli esponenti avversari e, ancora all'epoca delle guerre del periodo del califfato dei Rashidun, furono attive formazioni d'élite (i Mubārizūn, ossia "Duellanti") incaricati di risolvere col duello la possibile soluzione delle imminenti battaglie. Un classico esempio è la "singolar tenzone" che, nel gennaio del 637, oppose il comandante sasanide Shahriyār a un "campione" musulmano che, avendo la meglio sull'avversario, indusse i Persiani ad abbandonare il programmato scontro sotto Ctesifonte.

Giappone
Nel periodo Edo, in Giappone, esisteva una tradizione duellistica 決闘 (kettō) tra esponenti della classe dei samurai. Il 14 aprile 1612 il famoso spadaccino Miyamoto Musashi sconfisse il suo rivale Sasaki Kojirō nell'isola di Funajima. Si dice che Musashi abbia combattuto oltre 60 duelli senza essere mai sconfitto, anche se si tratta di una stima prudenziale che probabilmente non tiene conto delle morti per sua mano avvenute nelle battaglie maggiori.

Le regole del duello
Solitamente il duello è estraneo alla legge ufficiale, che lo vieta o al più lo tollera, ed è visto dai contendenti come un'azione sostitutiva della stessa legge, assente o ritenuta insoddisfacente ai fini della giustizia.
I contendenti sono generalmente accompagnati da due padrini, cui spetta il compito di organizzare il duello nel rispetto delle regole cavalleresche: il secondo, accompagnatore cui può in particolarissime tipologie di duello essere consentito di prendere parte al combattimento, e il testimone, cui spettano in particolare i compiti di osservazione e vigilanza. In particolari duelli il numero di secondi e testimoni può essere maggiore.
È sempre richiesta la presenza di un medico.
Il duello ha luogo generalmente su richiesta di uno dei contendenti (lo sfidante) per ottenere la riparazione di un'offesa che, secondo le regole cavalleresche italiane, può essere di tre tipi in ordine crescente di gravità:
1) Offesa semplice: trattasi genericamente di offese ritenute non gravissime; arma adatta: spada.
2) Offesa grave: trattasi di offese riguardanti generalmente l'onorabilità personale; arma adatta: sciabola.
3) Offesa atroce: trattasi di offese che coinvolgono gli affetti familiari; arma adatta: pistola.
La sfida può avvenire personalmente (tipico il cosiddetto schiaffo che l'offeso dà col guanto all'offensore, il quale a sua volta raccoglierà il guanto gettato a terra se avrà accettato la sfida) o per interposta persona. Comunque entro le 24 ore l'offeso invia i suoi padrini all'offensore, che già dovrebbe aver scelto i suoi. Chi, avendo commesso un'offesa oggettivamente riconosciuta tale dalla società rifiuta un duello è detto vile, chi lo accetta e poi non si presenta fellone.
L'eventuale scelta delle armi (se cioè non ci si attenga allo schema su esposto) spetta comunque all'offeso, che attraverso i padrini ne fa comunicazione all'offensore, il quale però può reclamare l'uso dell'arma tipica. I padrini si accordano su tutte le modalità (distanza tra i duellanti, uso delle armi, modalità di svolgimento, termine del duello e così via). Gli stessi hanno poi il compito di verificare la funzionalità delle armi e di custodirle intonse fino all'inizio del duello.
Il duello si svolge di regola all'alba, fuori città, in un'atmosfera solenne e retoricamente purificatoria. Esso termina solitamente alla prima ferita, sicché il vincitore del duello è colui che è rimasto incolume. Nelle tipologie di offesa 2 e 3 ci si può però accordare di fermarsi solo allorché uno dei duellanti sia di fatto impossibilitato a continuare. Se si stabilisce che il duello debba finire solo con la morte di uno dei due contendenti, viene chiamato all'ultimo sangue. I duelli all'ultimo sangue sono in genere ritenuti barbari e comunque contemplabili solo nei casi più gravi della terza tipologia di offesa. I duelli possono essere combattuti con diversi tipi di spada (come per esempio la sciabola o lo stocco) o, dal Settecento, con la pistola. Alcuni armaioli si erano specializzati nella fabbricazione di pistole da duello a colpo singolo, utili esclusivamente allo scopo del combattimento regolamentato tra due persone.
Dopo l'onta la parte offesa chiede soddisfazione a chi ha perpetrato l'insulto comunicandoglielo inequivocabilmente con un gesto simbolico come buttare un guanto davanti a lui. Il simbolismo, che si rifaceva ai cavalieri medievali, era indicato nell'esplicita richiesta fatta da pari a pari da parte di chi chiedeva soddisfazione: lo sfidato deve accettare (da cui il detto "raccogliere il guanto della sfida") o ritenersi disonorato. Contrariamente all'idea comune, schiaffeggiare qualcuno col guanto non costituisce una sfida di per sé, ma la costituisce sempre da parte dello sfidato, che schiaffeggiando lo sfidante col suo stesso guanto inequivocabilmente accetta la tenzone.
Le controparti nominano una persona di fiducia in loro rappresentanza (un secondo) il cui scopo è selezionare un luogo di ritrovo, col criterio dell'intimità e della riservatezza, affinché il duello possa svolgersi senza interruzioni. Per questa stessa ragione, e per seguire una tradizione che si radicò molto presto, i duelli hanno luogo solitamente all'alba. È altresì dovere dei secondi accertarsi che le armi utilizzate siano uguali, e che il duello sia corretto.
A scelta della parte lesa, il duello può essere:
  • al primo sangue, interrotto non appena uno dei duellanti sia stato ferito dall'altro, anche in modo lieve;
  • Tale da proseguire finché uno dei duellanti non sia così ferito o stanco da essere fisicamente incapace di continuare;
  • all'ultimo sangue, sino alla morte di uno dei contendenti.
In alcuni duelli di spada non era infrequente che il secondo intervenisse per sostituire il contendente che per qualche ragione non poteva continuare - una pratica permessa quando il duellante sostituito non aveva le capacità per maneggiare con perizia un'arma bianca.
L'avvento delle armi da fuoco cambiò le cose. In ogni caso esse sono sempre state utilizzate per lavare le offese più gravi. In tal caso, a una distanza stabilita, i duellanti sparano alternandosi uno alla volta un colpo in seguito alla voce del secondo deputato a dirigere il duello. A questo punto lo sfidante può, anche se nessuno è stato colpito, dichiararsi soddisfatto e dichiarare concluso il duello, a meno che non si sia stabilito altrimenti in precedenza. In ogni caso proseguire oltre il terzo fuoco viene considerato barbaro (oltre che ridicolo, se nessuno è colpito). Dunque, specie nei duelli di pistola le condizioni sono spesso tali che una o due parti in causa può volontariamente mancare il bersaglio per soddisfare le condizioni del duello, senza che alcuno si faccia male.
Nei duelli con armi da fuoco i contendenti generalmente iniziano lo scontro mettendosi schiena contro schiena, impugnando le proprie pistole cariche, per poi fare un certo numero di passi precedentemente concordati, al termine dei quali hanno modo di girarsi fronte al nemico e sparare. Le distanze sono spesso segnalate dai secondi mediante bastoni o spade conficcati verticalmente nel terreno. Al segnale convenuto, la voce o un oggetto (ad esempio il fazzoletto) lasciato cadere, i contendenti possono avvicinarsi al segno sul terreno e fare fuoco a volontà: era un sistema che riduceva le possibilità di inganno, permettendo ai contendenti di non doversi fidare del fatto che l'avversario si girasse in anticipo. Meno noto al grande pubblico, anche se presente in famosi film come Barry Lyndon o in serie televisive come Hornblower, è il duello "all'inglese", dove i contendenti si fronteggiano direttamente a dieci passi di distanza, mirando l'uno all'altro e sparando al segnale. Un altro sistema prevede spari alternati, ma è sempre stato raramente accettato poiché lo sfidato, che di regola è il primo a sparare, ottiene un considerevole vantaggio.
Molti duelli furono evitati per le difficoltà di convenire le condizioni del methodus pugnandi. Per esempio, nel duello cui avrebbe dovuto prendere parte il dottor Richard Brocklesby, non ci si mise d'accordo sul numero di passi; nella questione tra Mark Akenside e Henry Ballow, il primo aveva affermato che non avrebbe mai combattuto di mattina, il secondo si rifiutava di duellare al pomeriggio. John Wilkes, che al contrario non badava alle ciance quando doveva duellare, quando gli fu chiesto da Lord Talbot quante volte avrebbe inteso sparare, rispose: «tanto spesso quanto la Signoria Vostra desidera; ho portato con me una borsa di proiettili e una sacca di polvere da sparo.»


giovedì 12 dicembre 2019

Chambara

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La parola Chambara o Chanbara significa letteralmente combattimento con la spada e, riferita al cinema, indica il filone creativo dei film di cappa e spada giapponesi.
Questi film (anche noti come Samurai movies) rappresentano per il Giappone quello che il western rappresenta per gli Stati Uniti d'America: una mitizzazione di una parte della storia nazionale (in questo caso il periodo medievale feudale nipponico) che nella sua versione cinematografica ha contribuito in parte a creare la moderna identità nazionale del paese.
Un famoso esponente di questo genere di cinema è Akira Kurosawa, che ha firmato film come I sette samurai e La sfida del samurai.


mercoledì 11 dicembre 2019

Scherma

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Il termine scherma si riferisce alle abilità e alle tecniche di una persona addestrata nell'arte dell'uso della spada, per uso in guerra, difesa personale, duello o pratica sportiva. Il termine è moderno e nel linguaggio comune principalmente riferito alla pratica della scherma olimpica, ma si riferisce anche ad ogni arte marziale che include l'uso di una spada o arma bianca.

Etimologia
La parola scherma ha un equivalente nel longobardo "Skirmjan" che significa anche proteggere, coprire (stessa etimologia della parola schermare). La disciplina di scherma ha infatti le proprie basi nel porre la propria arma come difesa/schermo fra sé e l'avversario. Un'analogia si trova nell'etimologia della parola equivalente inglese fencing che deriva dal verbo de[fencing], cioè difendersi, dal latino defensio. Rimane invece dubbia l'etimologia del termine arcaico scrimia, con cui si indica la disciplina di scherma antica nell'ambito delle arti marziali. Probabilmente si tratta della fusione, nel periodo di predominanza spagnola della penisola, del termine italiano scherma con l'analogo spagnolo esgrima.
Le prime tracce della scherma risalgono agli antichi egizi, che facevano lottare gli schiavi con dei lunghi bastoni usando tecniche simili a quelle del giorno d'oggi
In ogni caso il termine scherma appare affermato nei trattati a noi pervenuti che parlano della disciplina già a partire dall'inizio del Cinquecento, mentre il termine scrimia compare per la prima volta in un trattato italiano di fine Cinquecento (Dell'Arte di Scrimia - 1572).
In Occidente, colui che utilizza la spada viene in genere definito schermidore (soprattutto con connotazionie sportive), oppure più largamente spadaccino o all'inglese swordsman, termini paralleli al latino gladiatore (combattente professionista che combatteva nelle arene per l'intrattenimento del pubblico nell'antica Roma utilizzando il gladio; la parola gladius a sua volta significa "spada").
In Giappone, la scherma viene chiamata kenjutsu ("arte della spada").

Scherma europea
Antichità
L'uso di spade è testimoniato fin dai tempi degli antichi greci, che impiegavano armi come lo xiphos o il kopis, ma anche dei celti, celebri per le loro spade galliche. Il suo utilizzo però non era molto diffuso, a causa della preziosità dei metalli usati per la lavorazione e della preferenza della maggior parte dei guerrieri per la lancia (più economica, facile da costruire e da utilizzare, con un raggio d'azione più ampio).
Prima ancora ci sono prove che gli antichi egizi praticassero uno sport molto simile alla scherma moderna, utilizzando al posto delle spade lunghi bastoni di legno. Gli atleti che si sfidavano in questo sport erano molto spesso schiavi.
Roma provvide alla diffusione della spada come arma principale da battaglia nella connotazione d'oggi in occidente. I legionari romani e altre forze dell'esercito romano utilizzavano il gladio, una spada corta utilizzata principalmente per penetrare di punta. I gladiatori (cioè "coloro che usavano il gladio") ne usavano una variante ancora più corta. La spatha (da cui deriva il termine "spada") era una lama più lunga a doppio filo utilizzata solo dalle unità di cavalleria fino al II secolo D.C., quando venne adottata anche dalle truppe di fanteria e il cui uso divenne simbolo di abilità e orgoglio.
Nonostante fosse necessario un addestramento nell'utilizzo di queste armi, non sono pervenuti a noi manuali militari antichi di scherma.
Nel De Re Militari, di Flavio vegezio Renato (V secolo), viene riportato come i soldati romani e i gladiatori praticassero allenamento al palo con armi pesanti e imparassero a colpire preferenzialmente di punta.
Una traduzione delle Satire di Giovenale da parte di Barten Holyday nel 1661 nota che i romani, sia legionari che gladiatori, imparavano l'uso della spada con simulacri di legno prima di passare ad armi in ferro o acciaio. Bersagli di addestramento erano un palo o un fantoccio di legno.

Medioevo
Si sa poco sulle prime tecniche di scherma dell'alto Medioevo, a parte ciò che si è potuto ricostruire da reperti archeologici e rappresentazioni artistiche (come nel caso delle armi e armature di epoca vichinga). Si sa comunque che durante il periodo delle invasioni vichinghe l'uso della spada era limitato, soprattutto fra gli stessi vichinghi e altre popolazioni germaniche, che preferivano lancia e ascia a parte alcuni individuali facoltosi. Le spade prodotte, comunque, basate sulla spatha, erano di ottima fattura.
Col tempo la spatha si evolvette nella spada d'armi. Nel corso del Medioevo, i primi trattati di scherma, conosciuti in Germania come (Fechtbücher), vennero scritti nel 1550 circa. La scuola tedesca di scherma ha le sue origini in Johannes Liechtenauer e i suoi allievi, divenuti poi maestri d'arme nel XV secolo, fra i quali Sigmund Ringeck, Hans Talhoffer, Peter von Danzig e Paulus Kal. In Italia invece comparvero manuali come il Flos Duellatorum, scritto dal maestro di spada Fiore dei Liberi intorno al 1410. In questo periodo la spada lunga divenne l'arma principale con numerose varianti ed adattamenti in linea con l'avanzamento tecnologico e metallurgico. Lo sviluppo di armature complete rese inadatte le spade ai campi di battaglia, favorendone invece l'uso come arma da duello o per difesa personale cittadina, influenzando così le tecniche schermistiche.
Se nell'alto Medioevo la spada era principalmente un simbolo di status sociale, nel basso Medioevo le tecniche produttive divennero più efficienti e convenienti. Di conseguenza, più che il privilegio di pochi individui ricchi, la spada divenne più che altro il simbolo dei ceti più abbienti.

Rinascimento
La scuola germanica di scherma, in generale, conobbe un declino durante il Rinascimento mentre quelle italiane e spagnole, maggiormente orientate all'uso dello stocco e per il duello civile, crebbero notevolmente. Il compendio compilato da Paulus Hector Mair nel 1540 analizza gli sforzi del secolo precedente nel tentativo di ricostruire e preservare un'arte ormai decadente. I trattati di Joachim Meyer del 1570 ebbero un approccio scientifico e completo nei riguardi dello stile di spada, sono gli ultimi reperti maggiori della scuola tedesca e esplorano un contesto ormai quasi interamente sportivo.
L'uso della spada lunga continuò a declinare lungo il Rinascimento, in parallelo con il sorgere delle armi da fuoco e delle alabarde sui campi di battaglia. Così, la scherma si orientò verso la protezione personale dei civili ed il duello, con l'utilizzo della spada da lato, evolutasi poi nella striscia del XVII secolo. Le scuole di scherma francesi, italiane e spagnole vennero incontro a questi cambiamenti nell'armamentario civile e svilupparono stili appositi. Quella tedesca, invece, si dedicò poco a queste armi.

La scherma di oggi
La scherma che conosciamo oggi e che vediamo e seguiamo in televisione è diversa da quella che si praticava in passato. Ci sono tre principali discipline, che si contraddistinguono completamente l'una dall'altra. Si passa dall'eleganza del fioretto, alla tecnicità della spada, alla dinamicità della sciabola.
Queste tre armi si differenziano principalmente per tecnicità e struttura. La divisa, ossia l'abito tecnico necessario per praticare questo sport, è la stessa per tutte le armi, con un'aggiunta di due diverse tipologie di "giubbetti elettrici" per il fioretto - tutto busto ma niente maniche, e per la sciabola - dalle spalle ai fianchi con maniche lunghe.
Entrando nel dettaglio il fioretto è da molti considerata l'arma base. Il fioretto è l'arma più praticata e più tradizionale tra le armi utilizzate nella scherma. Ci si aggiudica un punto per stoccata quando tecnicamente e tatticamente parlando si effettua un'azione vincente nei confronti dell'avversario secondo la convenzione, ovvero una serie di regole stilate per aggiudicare la stoccata a un solo dei due atleti. La convenzione nasce nell'Ottocento per regolare i duelli civili (principalmente per evitare il colpo "della doppia vedova" ossia per scongiurare la possibilità che su un attacco simultaneo i due avversari si colpissero mortalmente nello stesso istante),ed assegna la stoccata a chi ,colpendo, attacca per primo o para la stoccata avversaria e risponde. La parte che si può colpire è rappresentata da tutta la superficie conduttiva del giubbetto, di colore argentato, più parte della gorgera (parte finale della maschera che protegge il viso). La spada non necessita di un giubbetto aggiuntivo quindi ci si aggiudica il punto, anche contemporaneamente, ogni volta che si colpisce l'avversario su tutta la superficie del corpo, dai piedi alla testa. Infine la sciabola è l'unica arma con tutta la lama conduttiva, quindi ci si può colpire sia di taglio, che di controtaglio, che di punta. La superficie che permette il raggiungimento di un punto è rappresentata dal giubbetto stesso più maschera, completamente conduttiva anch'essa. Vale anche per questa disciplina la convenzione.
Dopo la dismessa della spada lunga, spade come la spalasz o i vari tipi di sciabola furono i tipi di lama maggiormente impiegate in battaglia, usate principalmente dalla cavalleria e dagli ufficiali. L'aumento di efficacia delle armi da fuoco però ne velocizzò il declino fino a farle diventare armi da parata o cerimoniali. L'arma preferita nel duello civile era prima la striscia e poi lo spadino, più veloce ma più corto, ma il duello venne gradualmente reso illegale in molti paesi.
La scherma si è così evoluta principalmente come sport, attraverso la scherma olimpica. Tuttavia, alcuni studenti di scherma, per evitare la perdita delle antiche arti, continuarono a mantenere viva la scherma storica e le arti marziali europee, fino anche al XXI secolo.

Cina
Nella cultura cinese, la spada a doppio taglio conosciuta anche come jian viene considerata un'arma da maestri o da gentiluomini, entrambi ai quali vengono richieste considerevoli abilità per combattere con queste armi, anche perché i comandanti degli eserciti preferivano il jian per muoversi facilmente fra le truppe.
Mentre molte arti marziali cinesi includono l'allenamento sia col jian che con la spada a singolo taglio, o dao (più varie altre varianti), non esistono discipline cinesi che allenano esclusivamente la spada.

Giappone
La spada giapponese ha mantenuto a lungo un significato particolare nella cultura giapponese per la reverenza e la cura che la casta dei samurai dava alle proprie armi. Il samurai impiegava principalmente una katana, lunga lama a singolo taglio (come una sciabola), ma portavano con sé anche il wakizashi, più piccolo. Il duello giapponese era molto ritualizzato e vedeva i guerrieri fronteggiarsi con la sola lama, brandita a due mani. Il famoso samurai Miyamoto Musashi, però, raccomandava come tecnica schermistica favorita l'uso di due armi assieme, Katana e Wakizashi (scuola Hyōhō Niten Ichi-ryū).
La preminenza simbolica e duellistica della spada in Giappone si sviluppò a partire dal XVII secolo, durante il periodo Edo (1603-1868) stabilito sotto la dinastia Tokugawa, in cui i samurai perfezionarono la tecnica della spada e ne trovarono applicazione nei duelli regolati dal codice d'onore del bushidō. In precedenza, durante le incessanti guerre fra clan feudali, le armi principali utilizzate erano la lancia e l'arco, mentre la spada rivestiva ruoli secondari, soprattutto prima del tentativo di invasione mongola del Giappone.
Il Kenjutsu è il termine utilizzato per riferirsi alle arti antiche di spada, dal quale si è poi sviluppata la disciplina e sport del kendō ("via della spada"), nonché lo Iaidō, la "via di estrarre la spada e riporla nel fodero". Molte si focalizzavano quasi interamente sulla scherma tramandata da nobili famiglie feudali. Diverse scuole antiche, o koryū, esistono ancora oggi, parallelamente a scuole moderne.


Corea
Sul Ji Xiao Xin Shu di Qi Jiguang, e nelle revisioni, nel Muyesinbo (1759) e nel Muyedobotongji (1790). Quest'ultimo descrive anche lunghezze e larghezze comuni delle spade utilizzate. Anche se non esclusivamente dedicato all'uso della spada, 8 dei 23 capitoli sono interamente devoluti ad essa, riflettendo le necessità di un'era in cui le armi da fuoco non erano ancora maturate abbastanza per l'uso nel combattimento a corto raggio.

Filippine
L'uso di vari tipi di arma bianca con lama, assieme ai bastoni e ad altre armi, è molto sviluppato nei vari stili di kali escrima.


martedì 10 dicembre 2019

Azuma Takashi

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Azuma Takashi (Prefettura di Miyagi, 22 maggio 1949) è un artista marziale giapponese.

Biografia
Azuma Takashi è un artista marziale, fondatore della arte marziale ibrida Kudo Daido Juku. Nasce nella prefettura di Miyagi nel 1949.
Durante i suoi studi nella scuola superiore Azuma Takashi ha iniziato a praticare il judo, che è la formazione, in aggiunta al tradizionale karate giapponese incluso nel sistema di istruzione secondaria in Giappone.
Nel 1969, Azuma Takashi fu arruolato nelle forze di autodifesa giapponesi, dove prestò servizio per 2 anni.
Dopo aver completato il suo servizio nel 1971, Azuma Takashi è entrato nell'università di Waseda, a Tokyo, dove ha ricevuto un'istruzione superiore presso la Facoltà di Filosofia.
Nel 1971, all'età di 21 anni, Azuma Takashi inizia a dedicarsi al karate Kyokushin sotto la guida del maestro Masutatsu Ōyama. In un anno ha il diritto di aprire la sezione del karate Kyokushin presso la Waseda University.
Nel 1981 richiede formalmente a Mas Oyama di fondare una scuola reale di combattimento interna al kyokushin. Il maestro rifiuta costrigendo Azuma a fondare il Kudo Daido Juku, infelice delle caratteristiche del karate kyokushinkai. Azuma credeva anche che i combattenti fisicamente più piccoli fossero svantaggiati rispetto ad avversari fisicamente più forti e che i Kata andassero eliminati dal proprio sistema di combattimento.

Attività sportiva
  • Nel 1974 è finalista al sesto campionato di karate kyokushinkai.
  • Nel 1975 è classificato sesto al primo campionato del mondo kyokushinkai
  • Nel 1976 è terzo classificato all'ottavo campionato del Giappone kyokushinka
  • Nel 1977 è vincitore del nono campionato del Giappone kyokushinkai.
  • Nel 1995 stabilisce nel tameshiwari il record mondiale rompendo dodici pile di ghiaccio.
  • Nel 2000 in Portogallo inaugura il 1° stage Internazionale di Daido Juku
  • Nel 2001 al campionato del mondo di kudo batte il proprio record personale rompendo 13 pile di ghiaccio.
  • Nel 2006 organizza a Parigi uno stage di kudo daido juku.
  • Nel 2007 Organizza a Sofia il Campionato europeo di kudo daido juku.
Attualmente il maestro Takashi Azuma è terzo dan di judo, ottavo dan di karate kyokushinkai e dal 2013 è nono dan di Kudo Daido Juku, la più grande onorificenza mai raggiunta.