Un
duello
è un combattimento formalizzato
tra due persone. Nelle modalità in cui è stato praticato dal XV
secolo in poi nelle società occidentali, un duello ricade sotto una
precisa definizione: combattimento consensuale e prestabilito che
scaturisce per la difesa dell'onore, della giustizia e della
rispettabilità e che si svolge secondo regole accettate in modo
esplicito o implicito tra uomini di medesimo ceto sociale e armati
nel medesimo modo.
L'obiettivo primario del duello non è
mai l'estinzione fisica dell'avversario quanto ottenere
soddisfazione, ovvero ristabilire l'onore e la rispettabilità
dimostrando la ferma volontà di mettere in gioco la propria
incolumità per esse.
I duelli così delineati si distinguono
affatto dalla pratica medievale del processo per combattimento,
poiché il duello non è un procedimento legalmente accettato.
Infatti, il duello moderno è un'azione che si contrappone al
monopolio della forza rivendicato dallo Stato moderno: ecco perché
il suo svolgimento era illegale o al più tollerato dalla legge.
Questo era il caso dei primi codici penali italiani, che, pur
sanzionandolo, hanno sempre previsto articoli specifici riguardanti
il duello, affinché chi ricorresse cavallerescamente ad esso - in
caso di conclamate offese - non corresse il rischio di essere
assimilato a volgari malfattori.
Il duello sopra descritto è
generalmente tipico delle classi elevate, poiché per classi più
popolaresche esiste il duello rusticano, solitamente svolto con
pugnali e con regole meno rigorose.
Il duello è infatti per definizione
svolto tra persone dello stesso ceto sociale (non economico). Non ha
infatti senso che persone di ceto sociale diverso, e dunque dalla
sensibilità profondamente diversa, si scontrino per motivazioni di
onorabilità che sono inevitabilmente differenti tra i due.
Se infatti un gentiluomo fosse stato
insultato da un individuo di classe inferiore, per il primo è più
corretto farlo redarguire o battere dai propri servitori.
L'Iliade contiene numerosi duelli, fra
i quali, ad esempio, lo scontro fra Paride e Menelao e quello fra
Ettore e Achille.
Il duello, quale mezzo di riparazione
di ingiurie, era sconosciuto nell'antichità, se non per trarre
auspicio, una pratica che veniva utilizzata soprattutto dai Germani:
essi erano usi, infatti, rapire un soldato di un popolo nemico prima
di una battaglia e farlo sfidare da un loro combattente, cercando di
prevedere l'andamento dello scontro dall'esito del duello.
Il combattimento giudiziario,
altrimenti chiamato processo per combattimento, ovvero la pratica di
risolvere i contenziosi legali attraverso una sfida all'ultimo
sangue, trovava invece larga applicazione in un numero di popolazioni
germaniche, tanto che se ne trova applicazione nei sistemi di leggi
di Franchi, Turingi, Frisoni, Sassoni e Longobardi. La veloce
diffusione del duello giudiziario era favorita dal carattere
combattivo di quei popoli che, peraltro, venendo in contatto con gli
insegnamenti del Cristianesimo, si rafforzarono nella loro
istituzione, anziché abbandonarla. Infatti, se era vero, come
ammaestrava la nuova religione, che Dio fosse la verità e la
giustizia stesse, non avrebbe potuto permettere che nel duello
prevalesse l'ingiusto.
Se la legge salica del VI secolo proibì
l'uso del processo per combattimento, la restrizione fu presto
lettera morta, se è vero che nel IX secolo Carlo Magno affermava che
nei processi melius visum est ut in campo cum fustibus pariter
contendant, quam periurium perpetrent in absconso (sembra meglio che
si affrontino armati sul campo, piuttosto che spergiurare
continuamente di nascosto).
La Chiesa cattolica, d'altro canto,
cercava di resistere alla diffusione del processo per combattimento,
non solo stigmatizzandolo, ma penalizzandone i partecipanti: al III
Concilio di Valenza, tenuto nell'855 sotto Leone IV, venivano così
indicati come assassino (peraltro con l'aggravante della perfidia,
che ne avrebbe determinato la cacciata dall'assemblea dei fedeli fino
all'espiazione di una giusta pena) e suicida (dunque non meritevole
di sepoltura con salmi o preghiere) rispettivamente il vincitore e il
vinto di un duello giudiziario che si fosse rivelato mortale. Il
clero chiedeva che il combattimento giudiziario venisse sostituito
dal giuramento nelle chiese, onde spaventare gli spergiuri con la
minaccia delle pene eterne, ma i signori, dediti alle abitudini
guerriere, ritenevano più nobile sostenere i propri diritti con la
spada.
La lotta della Chiesa contro le
pratiche di giudizio per combattimento ebbe comunque la peggio quando
Ottone II, salito al trono giovanissimo e nel pieno degli scontri per
questioni ereditarie sollevate dalle signorie d'Italia, stabilì che
le contestazioni venissero risolte con il combattimento, e che allo
stesso modo si risolvessero i nodi ereditari sui feudi.
Nel 1168 Luigi il Giovane concordò con
la Chiesa una carta che stabiliva come a Orléans e dintorni non era
possibile ottenere soddisfazione dei debiti inferiori ai 5 soldi col
combattimento; questa regola fu completata con la riforma dei diretti
domini di Luigi IX nel 1260, che tra le altre cose sostituì la prova
per testimoni alla prova per combattimento.
La fioritura dei Comuni nell'XI e nel
XII secolo nel nord Italia portarono la situazione economica a essere
meglio gestita attraverso le vie giudiziarie ordinarie, grazie alla
ramificata amministrazione che veniva fatta dai podestà e dai
sindaci.
Il passaggio dal duello come mezzo di
risoluzione delle controversie al mezzo di difesa dell'onore si ebbe
nel XV secolo, in cui si stabilì l'usanza, tutta aristocratica, di
chiedere al re l'autorizzazione a combattere in campo chiuso a fronte
di un'offesa ricevuta. Il re, che assisteva al combattimento, poteva
interromperlo in qualunque momento, gettando lo scettro tra i
combattenti. La superstizione ancorata alla presenza del giudizio di
Dio, tale quindi da assicurare la vittoria al giusto e la punizione
all'ingiusto, non venne abbandonata, ma il combattimento assunse
certamente più un carattere di guerra privata, per motivi più
personali che di persecuzione legale.
Nel 1547, Enrico II di Francia
autorizzò un duello tra gentiluomini della sua corte, ma, essendo
rimasto ucciso un suo caro amico, proibì qualunque altro duello
fosse stato richiesto sui suoi domini. Non dovendosi più aspettare
alcuna autorizzazione regale, dunque, i nobili di tutta la Francia si
sentirono in dovere di lavare ogni loro minimo capriccio col sangue,
e senza alcuna regolamentazione.
Un canone del 1563 promulgato durante
il Concilio di Trento insorse contro questa pratica, minacciando di
scomunica tutti coloro che partecipassero a qualunque forma di
duello: i duellanti, i padrini (coloro che accompagnavano i duellanti
al combattimento), i giuristi che vegliassero sullo scontro, gli
spettatori, l'imperatore, i re, i duchi, i principi, i marchesi, i
conti e qualsiasi altro signore avesse offerto un terreno su cui
avesse permesso la singolar tenzone. E, come settecento anni prima,
vietò la sepoltura ecclesiastica per chi fosse morto nello scontro.
Il potere civile, dal canto suo, non
tardò a seguire la Chiesa, posto che i duelli decimavano
l'aristocrazia ed indebolivano così il pilastro della società del
tempo: nel 1599 il re di Francia Enrico IV promulgò una legge che
proibiva la riparazione alle ingiurie attraverso il duello, intimando
ai contendenti di rivolgersi ai tribunali ordinari. Le manchevolezze
nei controlli furono evidenti per il fatto che un cronista del tempo,
Pietro de l'Étoile, evidenziò la morte in duello di più di 7.000
gentiluomini tra il 1589, anno di ascesa al trono di Enrico, e il
1608.
Un nuovo editto regio nel 1609, capendo
l'inevitabilità della situazione, autorizzava la concessione di
nulla osta ai duelli a tutti coloro che lo richiedessero, purché si
trattasse di insulti gravi all'onore di un cavaliere; a chi
richiedeva l'autorizzazione per futili motivi, era destinata una
punizione di variabile entità. Per chi duellava senza
autorizzazione, era prevista una serie di sanzioni amministrative e
penali.
Con la morte di Enrico IV, avvenuta
nello stesso anno dell'ultimo editto, gli aristocratici
ricominciarono con furore a duellare tra di loro, a dispetto di tutte
le leggi vigenti. Nei decenni successivi, la situazione era divenuta
così grave che Richelieu descrisse nelle sue Memorie:
«I duelli erano divenuti sì comuni, che le strade servivano da campo di combattimento e come se il giorno non fosse abbastanza lungo per eccitare la loro furia, i duellanti si battevano alla luce delle stelle o delle fiaccole che tenevano luogo di sole funesto.» |
(Armand-Jean du Plessis de Richelieu, Mémoires) |
È del 1647 l'editto del cardinal
Mazzarino che riassunse tutte le proibizioni sull'argomento fino ad
allora diffuse, ma senza risultato. Soltanto la fermezza del Re Sole
permise una diminuzione del fenomeno, tornato vigorosamente in auge
alla sua morte (1715) e durante il regno di Luigi XV, che fu incapace
di confermare la stessa energia del bisnonno nel mantenimento dei
propri editti. Una delle poche condanne capitali, ad ogni buon conto,
eseguite contro duellanti non autorizzati avvenne durante il suo
regno: fu per questo tolta la vita a un cittadino, di cui è ci è
pervenuto il solo cognome (du Chèlas), colpevole di aver ucciso in
duello un capitano dell'esercito.
Il barbaro costume del duello fu
duramente attaccato da Rousseau durante l'Illuminismo, che tanto
cambiò la società francese – ma i risultati furono disastrosi, se
è vero, come sembra, che le dispute cominciarono a essere lavate col
sangue anche tra gentiluomini della neonata borghesia, al punto che
chi si rifiutava di battersi era da considerarsi disonorato.
La Rivoluzione francese e l'era
napoleonica travolsero tutto e anche il costume del duello divenne un
argomento di secondaria importanza nelle assemblee del legislatore:
l'attenzione al problema venne meno, tanto che nel Codice Penale del
1791 e in quello del 1810 non si fa menzione degli scontri tra
gentiluomini – probabilmente con la convinzione che, distrutta
l'aristocrazia, il vizio fosse morto con questa. In realtà va anche
notato come Napoleone fosse un militare, e l'esercito fosse un luogo
in cui si rispettavano puntigliosamente le regole dell'onore, incluse
quelle del duello, anche se proibito da regolamenti e leggi. In
ambito militare i duellanti dovevano essere dello stesso grado, cosa
che limitava i duelli possibili, ma la fellonia e la viltà erano
punite e comportavano quasi sempre l'abbandono dell'esercito.
L'esercito della prima repubblica e di Napoleone fu un esercito di
leva, popolare, povero di "veri" aristocratici e pieno di
profondo disprezzo per il vecchio ordine sociale, eppure permeato da
norme d'onore di derivazione aristocratica. Si può dire che tra la
fine del Settecento e la restaurazione, proprio attraverso la
militarizzazione della società francese, il duello conobbe una
seconda giovinezza.
Nel 1832, il matematico Évariste
Galois, ragazzo prodigio, fu ucciso in un duello.
L'ultimo duello noto si è svolto il 22
aprile 1967 a Neuilly-sur-Seine tra i deputati René Ribière
(1922-1998) e Gaston Defferre (1910-1986).
In Inghilterra il combattimento
giudiziario nel frattempo era sopravvissuto come strumento
processuale uniformemente e universalmente accettato – sebbene
fosse stato da lungo tempo abbandonato dalle procedure penali –,
tanto che solo nel 1819 venne eliminato dal codice. Il duello
d'onore, d'altro canto, era reputato uno strumento illegale, ancorché
molto praticato. L'istanza di abrogazione parlamentare venne per la
prima volta nel 1818, al processo Ashford contro Thornton per
omicidio. L'accusato, Thornton appunto, invocò l'antica legislazione
che permetteva di giustificarsi combattendo, un'istruttoria che fu
accolta esclusivamente perché nessuno aveva ancora abrogato un
articolo vecchio di secoli e ampiamente desueto. L'accusatore,
Ashford, ritirò l'accusa, assai meno sicuro della propria forza che
della giustizia divina.
La proverbiale imperturbabilità
dell'animo dei Britannici fece sì che il duello si presentasse come
fatto episodico, occasionale e ben lontano dalla frequenza che aveva
fatto strage degli strati più vivaci dell'aristocrazia francese. Nei
codici legislativi inglesi si trova dunque abbastanza poco in materia
di duelli; eppure, desta l'attenzione l'articolo del Codice Militare
britannico, che privava della pensione la vedova di un ufficiale
morto in duello.
Nelle isole britanniche i duelli però
erano molto diffusi, sia in ambiente militare che nelle componenti
non inglesi della società. In particolare Scozia ed Irlanda sembrano
aver conosciuto molti duelli nel corso del XVIII secolo, con una
maggiore diffusione del fenomeno durante i periodi di guerra o poco
dopo. Il codice dei duelli irlandesi, pubblicato in diversi trattati
anonimi alla fine del Settecento, e particolarmente rigoroso,
rappresentava una società irlandese aristocratica molto affezionata
alla pratica del duello, in particolar modo il Triniity College di
Dublino era famoso come pericoloso focolaio di duelli tra
gentiluomini. La pratica del duello in Gran Bretagna riguardò sempre
e solo aristocratici e militari; solo dopo il 1820 cominciarono a
verificarsi duelli tra borghesi "meccanici": proprio questo
aspetto, secondo Antony Appihà (in "Le regole dell'onore")
contribuì, più della stretta legislativa, a rendere il duello
desueto. Comunque ancora negli anni venti-trenta del XIX secolo il
duello era molto diffuso, tanto che l'irlandese primo ministro Duca
di Wellington, eroe nazionale, mentre era in carica si sentì
obbligato ad un duello con un membro dell'opposizione che lo aveva
insultato. Va anche aggiunto che nel XIX secolo i duelli britannici
non erano quasi mai all'ultimo sangue, anche se generalmente
combattuti con le pistole, armi che, a differenza delle spade, non
permettevano di dosare la violenza. Le regole del duello irlandese si
diffusero notevolmente sia in Inghilterra che nelle colonie inglesi,
dove il duello "passò di moda" verso la metà del XIX
secolo, in maniera analoga a quanto avvenuto nella metropoli.
Secondo il docente di storia professor
V. G. Kiernan dell'Università di Edimburgo, il duello sarebbe nato
in Italia e si sarebbe poi diffuso nei paesi anglosassoni, francesi e
pure in Spagna attraverso gli emigranti italiani del primo periodo
rinascimentale. La frammentazione politica dell'Italia rendeva la
legislazione in materia di duelli decisamente eterogenea.
Nel vicereame di Napoli occupato dagli
Spagnoli già nel 1540 fu promulgato l'ordine di confisca e punizione
amministrativa per chiunque avesse preso parte a un duello, a
qualunque titolo: duellanti e padrini, medici, giudici, personale
ecclesiastico, persino i semplici spettatori.
Il conte Giulio Antonio Acquaviva
d’Aragona di Conversano e il duca Francesco Carafa di Noja
(l’odierna Noicàttaro) decisero, pertanto, di combattere in
Baviera nella città di Norimberga il loro duello del 5 novembre
1673.
Nella Repubblica di Venezia era
previsto un bando per sette o dieci anni, il confino in un'isola
della Dalmazia, o, a partire dal 1732, la privazione della nobiltà
patrizia, la confisca di ogni bene o il bando perpetuo. Per coloro
che, colpiti da quest'ultima pena, avessero fatto ritorno sul
territorio della Repubblica, era prevista la decapitazione sulla
pubblica piazza.
Compiuta l'unità d'Italia, nel 1875
venne approvata una legge contro il duello che rimase in vigore, con
pochi mutamenti, per più di cinquant'anni.
I regolamenti dell'esercito italiano di quegli anni erano molto ambigui riguardo all'accettazione delle disposizioni governative contro il duello. Si sosteneva infatti che chiunque fosse coinvolto in un duello andasse espulso dall'esercito perché contravveniva a una legge dello stato e al regolamento militare; però chi, sfidato a duello, si fosse rifiutato di parteciparvi o avesse dimostrato fellonia, andava comunque espulso dall'esercito per villania e vigliaccheria. In maniera meno esplicita anche la marina prevedeva il medesimo trattamento. Nell'esercito italiano, sul modello di quello napoleonico, non era ammissibile un duello tra ufficiali di grado differente, ed era considerato disonorevole abbandonare il proprio reparto per partecipare a un duello in un'altra guarnigione, questi due aspetti contribuivano a rarefare le occasioni di duello.
I regolamenti dell'esercito italiano di quegli anni erano molto ambigui riguardo all'accettazione delle disposizioni governative contro il duello. Si sosteneva infatti che chiunque fosse coinvolto in un duello andasse espulso dall'esercito perché contravveniva a una legge dello stato e al regolamento militare; però chi, sfidato a duello, si fosse rifiutato di parteciparvi o avesse dimostrato fellonia, andava comunque espulso dall'esercito per villania e vigliaccheria. In maniera meno esplicita anche la marina prevedeva il medesimo trattamento. Nell'esercito italiano, sul modello di quello napoleonico, non era ammissibile un duello tra ufficiali di grado differente, ed era considerato disonorevole abbandonare il proprio reparto per partecipare a un duello in un'altra guarnigione, questi due aspetti contribuivano a rarefare le occasioni di duello.
Nell'Italia di fine secolo XIX fece
molto scalpore la morte, a 56 anni, del deputato dell'estrema
sinistra Felice Cavallotti dopo essere stato ferito gravemente in
duello dal giornalista conservatore Ferruccio Macola.
Il Codice
Penale del Regno d'Italia, promulgato con Regio decreto legge n. 1398
del 19 ottobre 1930, puniva i duellanti e i portatori di sfida[4] con
la reclusione fino a sei mesi e una contravvenzione, se non cagiona
danni o lesioni all'avversario.
In dottrina è stato sostenuto, in
proposito, che "nella società di oggi la gran parte delle
persone è ben lieta che sia stato bandito". In realtà, pene
così poco severe erano un forte indicatore dello scarso allarme
sociale che suscita il duello ai giorni nostri. Solo una sentenza
della Corte Suprema si è occupata del duello, pubblicando che
«Non può essere equiparato a un duello una colluttazione senza armi, svincolata da qualsiasi regola, condotta senza esclusione di colpi e in modo selvaggio e bestiale. Infatti, i reati cosiddetti di duello presuppongono l'osservanza delle consuetudini cavalleresche e, pertanto, perché uno scontro tra due persone possa considerarsi duello, deve svolgersi a condizioni prestabilite, secondo le regole cavalleresche, mediante l'uso di armi determinate (spada, sciabola o pistola), alla presenza di più persone (padrini o secondi), per una riparazione d'onore.» |
(Cassazione Penale, V sezione, 24 aprile 1987.) |
I reati "cavallereschi"
(duello, sfida a duello, ecc.) sono stati depenalizzati nel 1999,
dimodoché il reato non consiste più nella sfida in quanto tale, ma
esclusivamente nelle eventuali lesioni personali procurate,
naturalmente con le attenuanti dovute all'offesa subita: di fatto il
duello in cui i contendenti non riportino lesioni personali in Italia
è diventato legale. L'intento modernizzatore del legislatore del
1999 "traspare dall'abrogazione delle fattispecie di duello, del
tutto desuete e, soprattutto, retaggio di una visione che anteponeva
la tutela dell'ordine cavalleresco a quella, "svenduta" con
pene irrisorie, del bene vita".
Le classi alte dei paesi Sudamericani
hanno sempre seguito le medesime regole cavalleresche europee circa
il duello, con la differenza che le legislazioni locali sono sempre
state più permissiviste in materia, in particolare in Perù e
Paraguay, ma anche in Messico e Brasile. Infatti in base ai Codici di
questi Paesi il duello costituisce raramente reato di per sé, tanto
che vi sono casi d'attualità che riguardano duelli perfino tra
esponenti politici: il più eclatante avvenne nel 2002 allorché il
parlamentare peruviano Eittel Ramos sfidò pubblicamente a duello il
Vicepresidente David Waisman, che lo aveva definito «pusillanime»
per aver accusato la primadonna Eliane Toledo Karp di essere una
«guida tribale». Il duello si svolse, in modo riservato, con la
pistola nella spiaggia di Conchan, 30 chilometri a sud di Lima, senza
conseguenze rilevanti per la salute dei due contendenti.
In Nord America il duello era molto
diffuso alla fine del Settecento (anche tra gli uomini politici) fino
all'epoca della guerra di secessione. Il duello era, comunque, più
diffuso e rimase in auge più a lungo negli stati schiavisti del sud.
In genere si seguivano le regole "irlandesi" e "inglesi"
del duello con la pistola, molto meno diffuso quello con la sciabola.
Peculiarità degli USA, nati come repubblica e divenuti rapidamente
democratici, era la possibilità di sfidare a duello persone di ogni
ceto o classe sociale, in assenza di un'aristocrazia; il duello però
rimase prerogativa, per lo più, dei grandi latifondisti meridionali
e si diffuse anche in ambiti legati alle professioni liberali (sempre
con una prevalenza per gli stati meridionali e quelli centrali).
I "duelli nel West", dopo il 1860, invece non erano paragonabili al "vero" duello, erano molto rari e eseguiti con normali pistole; inoltre non avvenivano secondo le regole dell'onore tipiche dei manuali irlandesi e continentali in uso negli stati che costituirono la confederazione ad inizio Ottocento.
I "duelli nel West", dopo il 1860, invece non erano paragonabili al "vero" duello, erano molto rari e eseguiti con normali pistole; inoltre non avvenivano secondo le regole dell'onore tipiche dei manuali irlandesi e continentali in uso negli stati che costituirono la confederazione ad inizio Ottocento.
Il duello "a singolar tenzone"
fa parte della tradizione islamica, che ha conservato le tradizioni
del periodo della Jāhiliyya, in cui il coraggio del singolo era
esaltato al pari del valere della tribù di appartenenza.
Il duello tra "campioni"
degli opposti schieramenti armati rimase a lungo un espediente
ufficializzato per evitare un eccessivo spargimento di sangue sui
campi di battaglia.
Nel periodo di vita del profeta Maometto, Ibn Ishaq riporta un gran numero di scontri tra singoli esponenti avversari e, ancora all'epoca delle guerre del periodo del califfato dei Rashidun, furono attive formazioni d'élite (i Mubārizūn, ossia "Duellanti") incaricati di risolvere col duello la possibile soluzione delle imminenti battaglie. Un classico esempio è la "singolar tenzone" che, nel gennaio del 637, oppose il comandante sasanide Shahriyār a un "campione" musulmano che, avendo la meglio sull'avversario, indusse i Persiani ad abbandonare il programmato scontro sotto Ctesifonte.
Nel periodo di vita del profeta Maometto, Ibn Ishaq riporta un gran numero di scontri tra singoli esponenti avversari e, ancora all'epoca delle guerre del periodo del califfato dei Rashidun, furono attive formazioni d'élite (i Mubārizūn, ossia "Duellanti") incaricati di risolvere col duello la possibile soluzione delle imminenti battaglie. Un classico esempio è la "singolar tenzone" che, nel gennaio del 637, oppose il comandante sasanide Shahriyār a un "campione" musulmano che, avendo la meglio sull'avversario, indusse i Persiani ad abbandonare il programmato scontro sotto Ctesifonte.
Nel periodo Edo, in Giappone, esisteva
una tradizione duellistica 決闘
(kettō) tra esponenti della classe
dei samurai. Il 14 aprile 1612 il famoso spadaccino Miyamoto Musashi
sconfisse il suo rivale Sasaki Kojirō nell'isola di Funajima. Si
dice che Musashi abbia combattuto oltre 60 duelli senza essere mai
sconfitto, anche se si tratta di una stima prudenziale che
probabilmente non tiene conto delle morti per sua mano avvenute nelle
battaglie maggiori.
Solitamente il duello è estraneo alla
legge ufficiale, che lo vieta o al più lo tollera, ed è visto dai
contendenti come un'azione sostitutiva della stessa legge, assente o
ritenuta insoddisfacente ai fini della giustizia.
I contendenti sono generalmente
accompagnati da due padrini, cui spetta il compito di organizzare il
duello nel rispetto delle regole cavalleresche: il secondo,
accompagnatore cui può in particolarissime tipologie di duello
essere consentito di prendere parte al combattimento, e il testimone,
cui spettano in particolare i compiti di osservazione e vigilanza. In
particolari duelli il numero di secondi e testimoni può essere
maggiore.
È sempre richiesta la presenza di un
medico.
Il duello ha luogo generalmente su
richiesta di uno dei contendenti (lo sfidante) per ottenere la
riparazione di un'offesa che, secondo le regole cavalleresche
italiane, può essere di tre tipi in ordine crescente di gravità:
1) Offesa semplice: trattasi
genericamente di offese ritenute non gravissime; arma adatta:
spada.
2) Offesa grave: trattasi di offese riguardanti generalmente l'onorabilità personale; arma adatta: sciabola.
3) Offesa atroce: trattasi di offese che coinvolgono gli affetti familiari; arma adatta: pistola.
2) Offesa grave: trattasi di offese riguardanti generalmente l'onorabilità personale; arma adatta: sciabola.
3) Offesa atroce: trattasi di offese che coinvolgono gli affetti familiari; arma adatta: pistola.
La sfida può avvenire personalmente
(tipico il cosiddetto schiaffo che l'offeso dà col guanto
all'offensore, il quale a sua volta raccoglierà il guanto gettato a
terra se avrà accettato la sfida) o per interposta persona. Comunque
entro le 24 ore l'offeso invia i suoi padrini all'offensore, che già
dovrebbe aver scelto i suoi. Chi, avendo commesso un'offesa
oggettivamente riconosciuta tale dalla società rifiuta un duello è
detto vile, chi lo accetta e poi non si presenta fellone.
L'eventuale scelta delle armi (se cioè
non ci si attenga allo schema su esposto) spetta comunque all'offeso,
che attraverso i padrini ne fa comunicazione all'offensore, il quale
però può reclamare l'uso dell'arma tipica. I padrini si accordano
su tutte le modalità (distanza tra i duellanti, uso delle armi,
modalità di svolgimento, termine del duello e così via). Gli stessi
hanno poi il compito di verificare la funzionalità delle armi e di
custodirle intonse fino all'inizio del duello.
Il duello si svolge di regola all'alba,
fuori città, in un'atmosfera solenne e retoricamente purificatoria.
Esso termina solitamente alla prima ferita, sicché il vincitore del
duello è colui che è rimasto incolume. Nelle tipologie di offesa 2
e 3 ci si può però accordare di fermarsi solo allorché uno dei
duellanti sia di fatto impossibilitato a continuare. Se si stabilisce
che il duello debba finire solo con la morte di uno dei due
contendenti, viene chiamato all'ultimo sangue. I duelli all'ultimo
sangue sono in genere ritenuti barbari e comunque contemplabili solo
nei casi più gravi della terza tipologia di offesa. I duelli possono
essere combattuti con diversi tipi di spada (come per esempio la
sciabola o lo stocco) o, dal Settecento, con la pistola. Alcuni
armaioli si erano specializzati nella fabbricazione di pistole da
duello a colpo singolo, utili esclusivamente allo scopo del
combattimento regolamentato tra due persone.
Dopo l'onta la parte offesa chiede
soddisfazione a chi ha perpetrato l'insulto comunicandoglielo
inequivocabilmente con un gesto simbolico come buttare un guanto
davanti a lui. Il simbolismo, che si rifaceva ai cavalieri medievali,
era indicato nell'esplicita richiesta fatta da pari a pari da parte
di chi chiedeva soddisfazione: lo sfidato deve accettare (da cui il
detto "raccogliere il guanto della sfida") o ritenersi
disonorato. Contrariamente all'idea comune, schiaffeggiare qualcuno
col guanto non costituisce una sfida di per sé, ma la costituisce
sempre da parte dello sfidato, che schiaffeggiando lo sfidante col
suo stesso guanto inequivocabilmente accetta la tenzone.
Le controparti nominano una persona di
fiducia in loro rappresentanza (un secondo) il cui scopo è
selezionare un luogo di ritrovo, col criterio dell'intimità e della
riservatezza, affinché il duello possa svolgersi senza interruzioni.
Per questa stessa ragione, e per seguire una tradizione che si radicò
molto presto, i duelli hanno luogo solitamente all'alba. È altresì
dovere dei secondi accertarsi che le armi utilizzate siano uguali, e
che il duello sia corretto.
A scelta della parte lesa, il duello
può essere:
- al primo sangue, interrotto non appena uno dei duellanti sia stato ferito dall'altro, anche in modo lieve;
- Tale da proseguire finché uno dei duellanti non sia così ferito o stanco da essere fisicamente incapace di continuare;
- all'ultimo sangue, sino alla morte di uno dei contendenti.
In alcuni duelli di spada non era
infrequente che il secondo intervenisse per sostituire il contendente
che per qualche ragione non poteva continuare - una pratica permessa
quando il duellante sostituito non aveva le capacità per maneggiare
con perizia un'arma bianca.
L'avvento delle armi da fuoco cambiò
le cose. In ogni caso esse sono sempre state utilizzate per lavare le
offese più gravi. In tal caso, a una distanza stabilita, i duellanti
sparano alternandosi uno alla volta un colpo in seguito alla voce del
secondo deputato a dirigere il duello. A questo punto lo sfidante
può, anche se nessuno è stato colpito, dichiararsi soddisfatto e
dichiarare concluso il duello, a meno che non si sia stabilito
altrimenti in precedenza. In ogni caso proseguire oltre il terzo
fuoco viene considerato barbaro (oltre che ridicolo, se nessuno è
colpito). Dunque, specie nei duelli di pistola le condizioni sono
spesso tali che una o due parti in causa può volontariamente mancare
il bersaglio per soddisfare le condizioni del duello, senza che
alcuno si faccia male.
Nei duelli con armi da fuoco i
contendenti generalmente iniziano lo scontro mettendosi schiena
contro schiena, impugnando le proprie pistole cariche, per poi fare
un certo numero di passi precedentemente concordati, al termine dei
quali hanno modo di girarsi fronte al nemico e sparare. Le distanze
sono spesso segnalate dai secondi mediante bastoni o spade conficcati
verticalmente nel terreno. Al segnale convenuto, la voce o un oggetto
(ad esempio il fazzoletto) lasciato cadere, i contendenti possono
avvicinarsi al segno sul terreno e fare fuoco a volontà: era un
sistema che riduceva le possibilità di inganno, permettendo ai
contendenti di non doversi fidare del fatto che l'avversario si
girasse in anticipo. Meno noto al grande pubblico, anche se presente
in famosi film come Barry Lyndon o in serie televisive come
Hornblower, è il duello "all'inglese", dove i contendenti
si fronteggiano direttamente a dieci passi di distanza, mirando l'uno
all'altro e sparando al segnale. Un altro sistema prevede spari
alternati, ma è sempre stato raramente accettato poiché lo sfidato,
che di regola è il primo a sparare, ottiene un considerevole
vantaggio.
Molti duelli furono evitati per le
difficoltà di convenire le condizioni del methodus pugnandi. Per
esempio, nel duello cui avrebbe dovuto prendere parte il dottor
Richard Brocklesby, non ci si mise d'accordo sul numero di passi;
nella questione tra Mark Akenside e Henry Ballow, il primo aveva
affermato che non avrebbe mai combattuto di mattina, il secondo si
rifiutava di duellare al pomeriggio. John Wilkes, che al contrario
non badava alle ciance quando doveva duellare, quando gli fu chiesto
da Lord Talbot quante volte avrebbe inteso sparare, rispose: «tanto
spesso quanto la Signoria Vostra desidera; ho portato con me una
borsa di proiettili e una sacca di polvere da sparo.»
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