Cosplay
(コスプレ
kosupure) è una parola macedonia formata dalla fusione
delle parole inglesi "costume" (costume) e "play"
(gioco o interpretazione) che indica la pratica di indossare un
costume che rappresenti un personaggio riconoscibile in un
determinato ambito e interpretarne il modo di agire.
Il fenomeno precursore del cosplay
nasce in America nel 1939 con il futuristicostume indossato da Forest
J. Ackerman e ispirato al film La vita futura di William Cameron
Menzies. Solo nel 1984 il reporter giapponese Takahashi Nobuyuki
coniò la parola cosplay, per descrivere ciò che aveva visto durante
il suo viaggio in America presso le convention statunitensi. Il
fenomeno assunse una certa rilevanza a partire dal 1995 quando la
stampa giapponese dedicò per la prima volta un articolo a questo
fenomeno quando un gruppo di ragazzi nella città di Tokyo indossò i
costumi ispirati a personaggi della serie Neon Genesis Evangelion. Da
allora il cosplay si è sempre più diffuso anche nel resto del
mondo, soprattutto tra le schiere di fan più appassionati.
In Italia, le
prime apparizioni del fenomeno cosplay risalgono agli Anni Novanta
del XX secolo, quando, all'interno delle manifestazioni delle
principali Fiere del Fumetto (come Lucca Comics & Games, Romics,
Mantova Comics & Games, Torino comics, ecc.), di mostre-mercato o
di apposite convention di settore (le cosiddette Comic-Con, come il
Napoli Comicon, la Comicconvention di Milano poi denominata Milano
Comic Con, il Napoli Gamecon, la Palermo Comic Convention, ecc.), il
gruppo dei Kappa boys[1] iniziò a promuovere il crescente mercato
editoriale (stampa-audiovisivo-games) dedicato ai manga, sull'onda di
una sorta di revival culturale dei cartoni animati giapponesi e di
recupero delle sigle tv delle serie animate per bambini, mandate in
onda a partire dagli Anni Settanta, fino ad arrivare alle nuove saghe
dell'animazione nipponica.
A partire dal 2003, l'evento annuale di
rilievo e di riferimento internazionale è costituito dal World
Cosplay Summit (WCS) di Nagoya, in Giappone, o parallelamente
l'appuntamento fieristico con il Tokyo International Anime Fair, o
ancora la convention Jump Festa.
In Europa, tra le tante manifestazioni,
sono da ricordare la competizione International Cosplay League del
Japan Week di Madrid, l'Animefest nella Repubblica Ceca, il J-Popcon
in Danimarca, il Lucca Music & Cosplay in Italia.
Con lo spopolare del fenomeno sono
emersi alcune celebrità, fra cui Yaya Han e Jessica Nigri, che
vengono considerate vere e proprie professioniste in tale campo.
Il termine è una contrazione delle
parole inglesi costume e play, che descrivono l'hobby di divertirsi
vestendosi come il proprio personaggio preferito. Oltre a travestirsi
in occasione di manifestazioni pubbliche come i convegni sugli anime,
non è inusuale per gli adolescenti giapponesi radunarsi assieme ad
amici con la stessa passione solo per fare del cosplay.
Il cosplay si è legato
indissolubilmente alla cultura nipponica, al punto di essere creduto
originario del Sol Levante. Difatti il personaggio rappresentato da
un cosplayer appartiene spesso al mondo dei manga e degli anime,
molto diffusi nel paese asiatico, ma non è raro che il campo di
scelta si estenda ai tokusatsu, ai videogiochi, alle band musicali,
particolarmente di artisti J-pop, J-Rock, K-Pop o K-Rock (musica pop
e rock giapponese o coreana), ai giochi di ruolo, ai film e telefilm
e ai libri di qualunque genere e persino alla pubblicità.
A causa della sua natura eterogenea il
cosplay viene praticato in maniera sensibilmente differente nei vari
stati in cui si è diffuso, ma il terreno principalmente calcato dai
cosplayer è quello delle convention del settore. Una piccola nicchia
in questo campo è costituita dai dollers, il termine che indica un
attore dilettante di kigurumi. Questi cosplayer indossano maschere
(che li fa definire in giapponese anche animegao, ovvero "faccia
da anime") e una calzamaglia completa per trasformarsi
completamente nel loro personaggio.
Una definizione adottata in certi casi
è quella di cross-players, da "cross-dressing" e
"cosplayer": si usa talvolta per indicare coloro che
abitualmente realizzano cosplay di personaggi del sesso opposto
rispetto al loro. Non si tratta comunque di una vera e propria
nicchia del cosplay, ma di una definizione a volte usata in modo
improprio e non accettata da tutti gli appassionati. Le migliori
cosplayer giapponesi si possono trovare ogni domenica ad Harajuku,
quartiere di Tokyo, dove decine di ragazze e ragazzi si incontrano
per mostrare i propri vestiti ai turisti incuriositi e ai fotografi.
Una parte significativa della
sottocultura cosplay sono le brevi scenette (o esibizioni) in cui i
cosplayer recitano la parte del personaggio di cui indossano il
costume, re-interpretando fedelmente determinati passaggi del film,
fumetto o serie TV da cui il personaggio è stato tratto, o al
contrario fornendone un'interpretazione personale in chiave parodica
quando non demenziale.
Va notato che questo elemento ha
un'importanza del tutto marginale nelle fiere giapponesi, dove
solitamente i vari cosplayer si limitano ad un inchino e ad una breve
sfilata dove posano per le fotografie, mentre al contrario ha
ottenuto un buon successo in diversi altri paesi in cui si pratica il
cosplay. Non è raro vedere alle varie gare di cosplay lunghe
interpretazioni spesso complete di colonne sonore, accessori vari e
in alcuni casi dei micro-set che si rifanno alle ambientazioni della
storia. Ormai è quasi una consuetudine premiare non soltanto gli
autori dei costumi più accurati, ma anche le interpretazioni
migliori e più fedeli allo spirito della fonte originale, oppure
elargire "premi simpatia" ai cosplayer la cui
interpretazione è risultata la più divertente e originale.
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