giovedì 20 giugno 2019

LO CHEVALIER D'EON: DIPLOMATICO, SPIA, AVVENTURIERO E TRAVESTITO (1728-1810)

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Nato nel 1728 in una famiglia borgognona nobile ma povera, Charles-Geneviève-Louis-Auguste-André-Timothée d'Éon de Beaumont grazie al proprio intelletto si diplomò al Collège Mazarin a 21 anni, dopo aver studiato diritto civile ed ecclesiastico. Nel 1756, a 28 anni, entrò nel Secret du Roi, una sorta di agenzia di spionaggio che rispondeva direttamente a re Luigi XV e che a volte andava contro le politiche ufficiali del governo francese.
Secondo le sue memorie, il monarca inviò lui e altri agenti in Russia per incontrare la zarina Elisabetta e cospirare con la fazione pro-francese contro gli Asburgo. Dato che gli inglesi sorvegliavano il confine e permettevano solo a donne e bambini di entrare, Charles si travestì da Lea de Beaumont, dama di compagnia della zarina, grazie al suo aspetto androgino. Dal 1756 poté però riprendere abiti maschili e lavorare come segretario dell'ambasciatore francese in Russia, per poi tornare in Francia nel 1760. Nominato capitano dei dragoni l'anno successivo, partecipò alla fase finale della Guerra dei Sette Anni, combattendo a Villinghausen e venendo ferito a Ultrop. Con la morte della zarina Elisabetta e la fine della guerra vicina, venne inviato a Londra per discutere il trattato di pace che pose fine al conflitto, ricevendo per questo servizio l'Ordine di San Luigi, da cui derivò il nome chevalier d'Eon.
D'Eon tornò a Londra come ambasciatore ad interim, in assenza del duca di Nivernais, e si dedicò a spiare le difese costiere inglesi per un'eventuale invasione delle isole britanniche che il re stava organizzando in segreto. Ma con l'arrivo del nuovo ambasciatore, il conte di Guerchy, le cose peggiorarono: D'Eon fu degradato a segretario e umiliato, tanto che rifiutò di obbedire all'ordine di tornare in Francia e accusò il conte di aver provato ad avvelenarlo. Dato che il governo di Parigi chiese la sua estradizione e smise di pagargli la rendita, D'Eon per ripicca pubblicò i documenti segreti riguardanti il suo richiamo, provocando un enorme scandalo.
Guerchy lo denunciò per diffamazione, in quanto veniva gravemente screditato nella pubblicazione, ma D'Eon si era guadagnato il favore del pubblico e sapeva di tenere in scacco il re in quanto poteva rendere pubblici i documenti riguardanti la progettata invasione dell'Inghilterra. Per comprare il suo silenzio Luigi XV gli concesse una sostanziosa rendita, ma non gli permise di tornare in patria, così che la spia si adeguò a vivere a Londra. Dopo la morte del padre, Luigi XVI decise di abolire il "segreto del re" e cominciò a trattare con l'ex-agente per riottenere i documenti scottanti ancora in suo possesso.
L'accordo che fu raggiunto prevedeva che D'Eon consegnasse tutti i documenti, ma in cambio il re gli confermava la rendita e lo riconosceva pubblicamente come donna. La voce che il cavaliere fosse in realtà una cavaliera avevano iniziato a circolare già da alcuni anni, forse messi in giro da D'Eon stesso, che dichiarava di essere nato donna e aver vissuto come un uomo per volere del padre tirannico, in modo da potersi presentare all'opinione pubblica come un'eroina che aveva indossato abiti maschili per servire il re e la patria. Nonostante ciò quando fu ritornato in Francia non fu semplice costringerlo a indossare abiti femminili, e anche quando il mondo era ormai convinto della sua storia, continuava a comportarsi in maniera poco raffinata e femminea.
Nel 1778 D'Eon si offrì volontario per aiutare la causa americana, ma gli venne negato il permesso più volte e venne addirittura incarcerato per un breve periodo. Per sfuggire al soffocante clima dell'assolutismo francese, nel 1785 tornò in Inghilterra, dove godeva di una grande popolarità. Ma quattro anni dopo lo scoppio della Rivoluzione significò la fine della sua rendita e l'inizio dei guai finanziari, infatti per sopravvivere dovette vendere i propri effetti personali ed esibirsi come donna spadaccina. La sua offerta di condurre in battaglia un'unità femminile venne respinta dall'Assemblea Nazionale, e con essa svaniva la possibilità di tornare in Francia.
Continuò a esibirsi come schermidore fino al 1796, quando venne ferito gravemente in un duello a Southampton e dovette ritirarsi. Coperto di debiti, semi-paralizzato a causa di una caduta, dovette adattarsi a vivere con la povera vedova Mrs. Cole. Morì il 21 maggio 1810 a 81 anni, malato e in povertà. I medici confermarono che biologicamente era un uomo, ma con caratteristiche che lo avvicinavano al genere femminile, come i fianchi tondi e il petto pronunciato.



mercoledì 19 giugno 2019

STORIA DELL'ARMATURA DEI SAMURAI


Gli antichi guerrieri Yayoi svilupparono armi, armature ed un codice, che durante i secoli successivi diventarono il fondamento per i Samurai. Le prime armi includevano arco, frecce e spade. L'armatura includeva un elmo che proteggeva testa e collo, una corazza che proteggeva il torace, ripari per le braccia e le spalle e una protezione per l'addome. Più tardi le armature compresero anche protezioni per gambe e cosce. L'armatura cambiò con l'evolversi della battaglia. Nel quinto secolo l'introduzione dei cavalli in Giappone rivoluzionò i combattimenti. Ci fu un altro cambiamento decisivo nel quindicesimo secolo, l'introduzione delle armi da fuoco a causa della continuità della guerra.
Il codice si sviluppò dal Kyuba no michi (Via del Cavallo e dell'Arco), raccolta cinese di precetti sul valore dei guerrieri in combattimento, al Bushido (Via del Guerriero).
Bushido è il codice che sta alla base della condotta e dei valori di ogni Samurai. La filosofia del codice Bushido è la "libertà dalla paura"; esso afferma che il Samurai è superiore alla sua paura della morte. Questo gli dà la serenità e la forza di servire il suo maestro fedelmente, morendo se necessario. Il dovere è il primo valore del Samurai.
I Samurai sorsero durante le continue battaglie per estendere i propri domini fra le tre principali casate: i Minamoto, i Fujiwara ed i Taira.
I Samurai diventarono una vera e propria classe sociale tra il nono ed il dodicesimo secolo. Venivano chiamati in due modi: Samurai (cavalieri) e Bushi (guerrieri). Alcuni di loro erano legati alla classe dominante, altri venivano assunti: giuravano fedeltà ai loro Daimyo (feudatari) e ricevevano in cambio titoli e terreni. I Daimyo si servivano dei Samurai per espandere i propri domini e per proteggere i terreni che già possedevano.
I Samurai erano esperti sia nei combattimenti a cavallo che a piedi, si esercitavano ad affrontarsi armati e disarmati. I primi Samurai erano specializzati nei combattimenti con arco e frecce; usavano le spade solo nelle mischie e per decapitare i nemici.
Le battaglie contro i Mongoli portarono alcuni cambiamenti. I Samurai iniziarono ad usare di più le spade, ed anche le lance ed i naginata (tipo di alabarda con la lama molto arcuata).

L'armatura dei Samurai : Yoroi
L'armatura (Yoroi) a disposizione dei Samurai era meno ingombrante e pesante di quelle dei cavalieri medioevali europei, in quanto veniva costruita con materiali in genere più leggeri, ma non per questo si può dire che svolgesse il suo compito in maniera meno efficace.
La tipologia di queste armature, rifletteva in buona parte le esigenze dei Samurai, dispostissimi a sacrificare lo spessore delle loro protezioni in favore di una maggiore capacità di movimento. Questo atteggiamento non derivava da un'eccessiva sicurezza ostentata dai guerrieri giapponesi, ma dalla constatazione che nessuna armatura costituiva una barriera impenetrabile per le frecce, le lance e le spade dei nemici. Muoversi agilmente era quindi un elemento importante per non sacrificare la propria vita inutilmente.
Come spesso era accaduto per altre dotazioni militari dei Samurai, anche l'armatura assunse per i soldati significati che andavano oltre il suo semplice utilizzo pratico. Esse erano infatti un segno d'identificazione, d'apparteneza ad un clan. I lacci, in cuoio o in seta, che univano le varie parti dell'armatura, venivano trattati in modo che ogni gruppo avesse i propri colori distintivi. Questa caratterizzazione, oltre che un significato simbolico, aveva anche una notevole utilità pratica, infatti, grazie ai colori dei lacci (in Giapponese Odoshi) i Samurai evitavano di uccidere i loro stessi compagni nella confusione della battaglia. Le allacciature erano anche un segno distintivo, dato che più era fitta la loro trama in un'armatura più elevato era il grado di nobiltà di colui che la indossava (O-Yoroi).
Lo stesso può dirsi per quanto riguarda l'architettura delle armature: un'armatura complessa, ricca di elementi protettivi, apparteneva solitamente ad un condottiero, mentre man mano che si scendeva verso i soldati semplici le protezioni diventavano sempre più limitate. Oltre alle allacciature, un'altro simbolo d'appartenenza e di nobiltà delle armature, in genere portato sull'elmo (Kabuto) e sugli stendardi per essere visto anche a grandi distanze, era il Mon o il Komon, un emblema, o per meglio dire un vero e proprio marchio registrato con tanto di permesso governativo, che distingueva le varie famiglie.
Come nel caso dei fabbri-artigiani che producevano le famose lame dei Katana, anche i produttori di armature erano tenuti in gran considerazione dai Giapponesi, essi erano infatti molto dotati e capaci di produrre protezioni semplici, leggere ed allo stesso tempo molto efficaci. Le armature, e in questo caso parliamo di quelle più complete, erano destinate alla protezione della testa (Kabuto), delle spalle (Sode), delle braccia (Kote), del busto (Do), del ventre (Kuzazuri) e delle gambe (Haidate) fino a coprire i piedi (Suneate).
Inizialmente le armature erano costituite da placche di cuoio cucite sopra la stoffa, in seguito il cuoio venne placcato con delle lastre in ferro e, infine, il ferro sostituì completamente il cuoio dando origine alle Yoroi, è cioè alle armature Samurai come oggi le conosciamo. La corazza, in lamine di ferro, era sostenuta da una fitta maglia metallica che rendeva i movimenti più semplici e la struttura meno rigida.
Probabilmente, la componente più curiosa dell'armatura erano le spaventose maschere (Menpo) che i Samurai portavano con il triplo scopo di proteggere il volto, di costituire una base per l'elmo e di incutere timore nell'avversario. Gli stili erano tantissimi e tutti erano destinati a svolgere il loro sottile effetto psicologico: l'avversario di un Samurai poteva trovarsi di fronte un guerriero dalle sembianze di un demone, di un animale, di un bambino, di una donna o di un vecchio. Curiosamente, le maschere impedivano ai guerrieri ogni movimento della bocca e delle labbra.
Un altro elemento molto importante sia dal punto di vista funzionale che da quello simbolico, era l'elmo. Solitamente in ferro, questi copricapi da guerra erano forgiati nelle forme più strane e si caratterizzavano per un'apertura che doveva permettere al dio della guerra di entrare in loro e aiutarli in battaglia. Dato che gli artigiani giapponesi generalmente disdegnavano la produzione "in serie", la maschera e l'elmo di ogni Samurai erano solitamente dei pezzi unici che li distinguevano dagli altri guerrieri.
L'effetto spaventoso (per gli avversari), dovuto all'imponenza delle armature e alle decorazioni volutamente impressionanti delle maschere e degli elmi, veniva amplificato da lunghi mantelli, cappe (come, per esempio, l'Horo), e soprabiti (come, per esempio, lo Jimbaori) che trasformavano i Samurai in uomini simili ad esseri giganteschi.
Tra le dotazioni di un Samurai, vi era un piccolo salvagente utile per l'attraversamento dei fiumi. Bisogna infatti tenere conto che, anche se le armature giapponesi non erano estremamente pesanti, cadere in acque profonde con una corazza addosso avrebbe potuto causare l'annegamento anche di un uomo molto robusto.
Per finire con una curiosità, ricordiamo che per costruire un quadro completo delle dotazioni belliche dei Samurai, non bisogna dimenticarsi di citare le tre sacche che questi guerrieri portavano sempre con se durante le campagne militari: una sacca era destinata al trasporto del cibo; una seconda era destinata a contenere esclusivamente riso; la terza sacca serviva per contenere le teste mozzate degli avversari uccisi in guerra.

lunedì 17 giugno 2019

DA EROE DELLE SS AD ASSASSINO PER IL MOSSAD: OTTO SKORZENY E L'OPERAZIONE DAMOCLE

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Negli anni Sessanta il presidente egiziano Gamal Abd el-Nasser stava sviluppando un programma missilistico per minacciare direttamente Israele. Non potendo fare affidamento sui sovietici o sugli americani per accedere a tale tecnologica, si era rivolto all'Europa, assoldando un buon numero di scienziati tedeschi che in passato avevano sviluppato armi per il regime nazista di Hitler. Secondo le loro fonti, gli israeliani scoprirono che nella misteriosa "fabbrica 333", gli egiziani stavano costruendo oltre 900 razzi, oltre a stare sviluppando sostanze chimiche, biologiche e le testate a combustione di gas per queste armi. Per scoraggiare gli scienziati tedeschi il Mossad era ricorso a minacce telefoniche e l'invio di alcune lettere bomba, ma con scarso successo. Non potendo permettere che una tale minaccia si concretizzasse, Israele diede via all'Operazione Damocle, un'azione su larga scala che prevedeva il ricorso a qualsiasi mezzo pur di salvaguardare la sicurezza dello stato ebraico. Anche fare un patto col diavolo.
Otto Skorzeny, il viso sfigurato dall'iconica cicatrice, era stato una delle SS preferite di Hitler, considerato "l'uomo più temuto d'Europa" che aveva liberato Mussolini dal Gran Sasso e aveva portato a termine altri audaci missioni come commando e infiltrato. Processato per crimini di guerra, era stato assolto anche grazie alla testimonianza a suo favore di un ufficiale inglese, che aveva dimostrato quanto anche il nemico lo rispettasse. Dopo la liberazione aveva visitato vari paesi, fino a stabilirsi in Spagna. Proprio in un bar altolocato di Madrid, nel 1962, lui e sua moglie furono avvicinati da una sofisticata coppia tedesca che, a loro dire, era stata rapinata e aveva perso i documenti. I quattro iniziarono a bere e chiacchierare amabilmente, fino a quando l'ex SS invitò i due a casa sua. Ma nel suo salotto, senza alcun preavviso, Skorzeny puntò una pistola contro gli ospiti.
«Ho capito chi siete, agenti del Mossad, e volete uccidermi!». In tutta calma i due rivelarono le loro identità ma affermarono che «...se avessimo voluto ucciderti saresti già morto. Vogliamo farti un'offerta».
C'era una sola cosa che l'austriaco desiderava e che il Mossad poteva dargli: l'essere cancellato dalla lista nera di Simon Wiesenthal, il cacciatore di nazisti. Fu questo il premio che gli venne promesso se avesse aiutato i suoi antichi nemici a sabotare i piani degli egiziani. Giunto in Israele ricevette istruzioni da Isser Harel, la mente che aveva organizzato il rapimento del nazista Adolf Eichmann, e si recò in Egitto, dove acquisì molte informazioni sugli scienziati al soldo di Nasser grazie alle sue connessioni. In un caso, fu lui stesso a inviare il pacco bomba alla fabbrica di Heliopolis che uccise cinque operai egiziani che lavoravano per gli ex-nazisti. Ma il suo contributo più grande alla sicurezza di Israele non lo diede in Medio Oriente o in Africa, ma a Monaco. Nella città bavarese risiedeva Heinz Krug, ex-scienziato che aveva contribuito alla costruzione dei missili V-1 e V-2 e capo di una società di che forniva attrezzature militari all'Egitto.
Ormai era chiaro che il Mossad era sulle traccie di chi collaborava con Nasser, e il 49enne aveva già ricevuto diverse telefonate nel cuore della notte che lo minacciavano di morte nel caso in cui non avesse smesso di collaborare con gli egiziani. Temendo per la propria vita, Krug si era rivolto a un vero eroe del Reich, il tenente colonnello Otto Skorzeny, da poco entrato in contatto con lui. Quando salì in macchina con la sua nuova bodyguard, gli venne spiegato che i tre uomini nella macchina dietro di loro erano guardie del corpo fidate, mentre in realtà erano agenti del Mossad, fra i quali vi era anche il futuro premier Yitzhak Shamir. I due ex-nazisti si recarono in un bosco, dove avrebbero dovuto discutere sul da farsi, ma invece Skorzeny estrasse la pistola e freddò l'allibito Krug.
L'Operazione Damocle attirò molte critiche su Israele e dovette essere sospesa per non incrinare i rapporti con la Germania, ma funzionò: molti scienziati tedeschi lasciarono il paese e Nasser dovette rivolgersi ai sovietici per continuare la sua corsa agli armamenti. Ma nonostante il grande contributo dato, Simon Wiesenthal si rifiutò categoricamente di rimuovere dalla sua lista l'ex-SS. Alla fine il Mossad fabbricò una finta lettera del cacciatore di nazisti in cui dichiarava che Skorzeny non era più un nemico di Israele. Nonostante questo, forse il Mossad sarebbe tornato per la sua testa, se l'austriaco non fosse morto di cancro nel 1975 a Madrid, ma almeno poté trascorrere gli ultimi anni in relativa tranquillità.



domenica 16 giugno 2019

Fojiaquan

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 Il Fojiaquan (佛家拳, Pugilato Buddista, Fut Gar in Cantonese, Phật gia quyền in Vietnamita) è uno stile di arti marziali cinesi classificabile come Nanquan. Come si evince dal nome stesso esso è uno di quei pugilati strettamente legato alla religione buddista. La leggenda vuole che esso sia stato creato da Bai Yufeng (白玉峰) e sarebbe stato tramandato dai monaci buddisti dei templi Nanhuasi (南华寺) e Dinghushan Qingyunsi (鼎湖山庆云寺). Nel 1814 un certo Chen Huyuan (陈护远), di Jingmeixiang (京梅乡) nell'area amministrativa di Xinhuixian (新会县), ne avrebbe appreso la quintessenza dal bonzo Du Zhang (独杖) presso la montagna Dinghushan. Chen diffuse questo pugilato nella propria contea e nelle contee adiacenti del Guangdong. Secondo i praticanti di Lishan (荔山) lo stile sarebbe stato insegnato dal Monaco Soldato Shaolin del Fujian Yijiahai (益加海) a Li Huabao (李华保 o 李华宝), che poi si trasferì nel Guangdong. I registri genealogici della famiglia Huang di Lishancun 荔山村riportano che alla prima generazione di praticanti vi sarebbero due fratelli, Huang Qiyun 黄其云 e Huang Chanyun 黄禅云.

I Taolu
Questo è un elenco fornito da alcuni documenti: Shuang fei yang die (双飞蛈蝶); Neijiaquan (内家拳); Jinzhengquan (金铮拳); Xiao Lianhuan (小连环); Da Lianhuan (大连环); Fojia Taizi jian (佛家太子剑); ecc. Molto più complesso e diverso, l'elenco delle forme che si dice vengano praticate nel Fojiaquan delle contee di Fengkaixian (封开县) e di Xinxingxian (新兴县): 12 forme a mano nuda; 15 con armi; 9 combattimenti prestabiliti.
  • I nomi delle forme a mano nuda: Paojikanquan (抛级冚拳);Luohan chudong (罗汉出洞, L'arath emerge dalla grotta); Sanshiliu dianquan (三十六点拳, pugilato dei trentasei punti); Fengluanquan (凤鸾拳, pugilato dell'uccello leggendario Fenice); sanqixingquan (三奇星拳 Pugilato delle tre stelle meravigliose); Damo quan (达摩拳); Xiao Baxian (小八仙, otto piccoli immortali); Yehu chulin (夜虎出林, la tigre notturna esce dalla foresta); Yingzhaoquan (鹰爪拳); Huzhao Meihuaquan (虎爪梅花拳, pugilato del fiore di prugno con artigli di tigre); Fuhuquan (伏虎拳); Tiexian Lianhuaquan (铁线连环拳, una forma che si trova solo nella contea di Fengkai.
  • I nomi delle forme con armi: Daxiang gun (大象棍); Wulang Bagua gun (五郎八卦棍); Shuangtou gun (双头棍 bastone a due teste); Diao ha gun (吊蛤棍); Caiyang dao (蔡阳刀); Lanmen zhai dao (拦门寨刀); Kang long dao (抗龙刀); Ditang dao (地堂刀); Dan yaodao (单腰刀); Shuang yaodao (双腰刀); shuang bishou (双匕首); Shajiaodao (纱搅刀); Meihua qiang (梅花枪); shuang jian (双锏); Ruan bian (软鞭).
  • Questi i combattimenti prestabiliti che in questo contesto vengono chiamati Duichai: Luohan duichai (罗汉对拆, combattimento dei luohan); Sanshiliu dian quan duichai (三十六点拳对拆, combattimento del pugilato dei trentasei punti; probabilmente è un pugilato legato al Dianxue); Shuangtou gun duichai (双头棍对拆, combattimento di bastoni a due teste); dandao dui qiang ( 单刀对枪); dantou qiang duichai (单头枪对拆, combattimento di lance ad una sola testa); Siren duichai (四人对拆, combattimento di quattro uomini); dandao dui qiang (单刀对枪, sciabola contro lancia); shilu dui yandou (石履对烟斗, scarpe di pietra contro pipa per oppio); Da guandao dui qiang (大关刀对枪, alabarda contro lancia).
Le Sequenze del Lishan Fojiaquan
Nel Fojiaquan di Lishan (荔山佛家拳)) si pratica il Wuxingquan (五形拳), anche se l'elenco degli animali differisce da quello che solitamente siamo abituati a vedere. Questo l'elenco di Lishan: Ying (, aquila); He (, gru), Hou (,scimmia), Hu (, tigre), Long (,drago). Un altro elemento importante dello studio di questo Fojiaquan è lo Shaolin Murenzhuang 108 shi (少林木人桩108, 108 figure di omino di legno dello Shaolin). Come armi a Lishan si studiano: Liudian bangun (六点半棍); shuangdao (双刀); Shimendao (狮门刀); ecc.

Beipai Fojiaquan 北派佛家拳
Nel 1984 è stato pubblicato a Taiwan il libro Beipai Fojiaquan (北派佛家拳, Fojiaquan della Scuola del Nord), scritto da Yuan Chucai (袁楚材).

Il Fojiaquan di Liang Tianzhu
Nell'articolo Fut Gar si legge che il Fojiaquan sarebbe stato sviluppano nel 1700 da Liang Tianzhu (梁天柱, Leung Tien Chiu), ma dalle biografie di questo personaggio si è a conoscenza che egli nacque nel 1877 e morì nel 1972, dando così pieno discredito all'idea che egli possa aver creato lo stile. Più verosimilmente lo stile da lui trasmesso e chiamato Nan Shaolin Fojiaquan 南少林佛家拳 è il frutto di una sua sintesi di Caijiaquan 蔡家拳, Lijiaquan 李家拳, Fojiaquan 佛家拳, Hongjiaquan洪家拳, Liujiaquan 刘家拳, come ci viene raccontato in una delle sue biografie. A tredici anni apprese il Caijiaquan da Qiu Longguang (丘龙光).

I Taolu di Liang Tianzhu
Sempre secondo le biografie di Liang egli tramandò il Shiba Luohanquan 十八罗汉拳 ed un certo numero di altre sequenze, inoltre Feilonggun 飞龙棍 e le doppie sciabole 双刀, ecc. L'articolo Fut Gar invece elenca Hudiezhang (Hu Dip Jeong, 蝴蝶掌, cioè palmi a farfalla), Shiziquan (Sup Ji Kuen,十字拳, pugilato a croce) e Dajialu (Dai Ga Lu, 大家路, Sequenza della grande famiglia), Shexing Diaoshou (Seah Ying Diu Sau, 蛇形刁手), Baimeiquan, Taijiquan, Luohanquan, Menghu Xiashan (Maang Fu Ha San, 猛虎下山), Da Jingang (Dai Gum Gong, 大金刚), nel novero delle sequenze a mano nuda; Heilongdao (Hak Loong Dao, 黑龙刀); Fuhugun (Fook Fu Gwun , 伏虎棍); e Longxingjian (Loong Chien Gim ,龙形剑), nel novero delle sequenze con armi.

Shaolin Fut Kin
In un articolo della rivista Inside Kung Fu intitolato Shaolin Fut Kin si racconta che il Fut Ga Kin (佛家拳 fójiāquán) è il frutto di una sintesi avvenuta all'interno del Tempio Shaolin tra i cinque stili più importanti del Guangdong, cioè Hongjiaquan, Liujiaquan, Lijiaquan, Mojiaquan e Caijiaquan. Tra l'altro l'autore afferma che la famosa monaca Wu Mei apparteneva a questa scuola tracciando così un collegamento al Wing Chun.

Caratteristiche Tecniche
Le tecniche di mano del fójiāquán (佛家拳) ruotano attorno alle Mani Opposte (陰陽手, 阴阳手, yīnyángshǒu, yin yang shou (in Cantonese yam yeuhng sau). I movimenti di colpire e ritrarsi sono lineari , diretti, tesi in avanti, semplici, ma in alcuni casi anche ellittici, per esempio nel pugno indietro alla testa (掛拳, 挂拳, guàquán, kua ch'uan) (in Cantonese gwa kyuhn). Questa è una delle tre tecniche di pugno più importanti assieme a pugno che penetra il cuore (穿心拳, 穿心拳, chuānxīnquán, chuan hsin ch'uan) (in Cantonese chyun sam kyuhn) e a colpo curvo verso il basso (彎曲捶, 弯曲捶, wānqūchuí, wan ch'u chui) (in Cantonese waan kuk cheuih). Queste tre tecniche sono rispettivamente associate a tre azioni: stordire, penetrare e devastare.

Curiosità
  • Lo stile è praticato nel film di Stephen Chow, Kung Fusion, dal personaggio interpretato da Chow stesso, naturalmente con le ovvie esagerazioni.


sabato 15 giugno 2019

Yingzhaoquan

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Il Pugilato degli Artigli dell'Aquila (ying chao ch'uan?, 鹰爪拳, yīngzhǎoquán?) è uno stile di arti marziali cinesi del Nord della Cina. È uno stile imitativo (Xiangxingquan) in quanto riproduce le movenze di un'aquila ed è classificato anche come Changquan. Spesso viene chiamato Scuola degli Artigli dell'Aquila (ying chao pai?, 鹰爪派, yīngzhǎopài?), reso in cantonese con Ying Jow Pai, ma il nome completo dello stile sarebbe Yingzhao Fanziquan (鹰爪翻子拳).

Storia
Nel trattato Jixiao Xinshu (纪效新书) di Qi Jiguang (戚继光) viene citato lo Yingzhao wang zhe na (鹰爪王之拿, le prese del re degli artigli d'aquila), ma non ci sono prove che vi sia un collegamento con l'attuale Yingzhaoquan. Carmona racconta che, così come ci è pervenuta, questa scuola è stata trasmessa da Liu Shijun (劉仕俊), un pugile di Xiongxian (雄县) in Hebei, che ha combinato lo Yueshi lianquan (岳氏连拳) con il Fanziquan. Essentials of Chinese Wushu riporta che secondo la tradizione le sequenze tradizionali di Artiglio dell'Aquila sarebbero state create da Yue Fei ed in seguito trasmesso dal monaco Li Quan ad un altro monaco, Fa Cheng, che a sua volta lo insegnò a Liu Shijun. Liu Shijun insegnò a Liu Dekuan (劉德寬), Ji San (紀三), Ji Si (紀四) e Liu Chengyou (劉成有). Questa scuola si è diffusa nella Jingwu Tiyu Hui ed in varie regioni grazie all'insegnamento di Chen Zizheng (陳子正), allievo di Liu Chengyou. Chen Zhengyue in uno schema che riproduce il lignaggio dello stile nella prefazione del suo libro, inserisce Dao Ji (道济) e Fa Cheng (法成) come prima generazione, seguiti da Liu Shijun.

Artigli dell'Aquila
Chen Zhengyue elenca i seguenti atteggiamenti (Shouxing) ad Artiglio di Aquila:
  • L'artiglio abbottonato (扣爪, 扣爪, kòuzhǎo, k'ou chao);
  • L'artiglio diritto (立爪, 立爪, lìzhǎo, li chao);
  • L'artiglio che guarda verso l'alto (仰爪, 仰爪, yǎngzhǎo, yang chao);
  • Artigli Yin Yang (陰陽爪, 阴阳爪, yīnyángzhǎo, yin yang chao).
Gli artigli Yin Yang vengono eseguiti con entrambe le mani, con il palmo che guarda in maniera opposta e sono connessi alle tecniche di Qinna.

I Metodi degli Artigli
Zhai Jinsheng descrive sette metodi degli artigli (爪法, 爪法, zhǎofǎ, ch'ao chao):
  • artiglio che afferra (抓爪, 抓爪, zhuāzhǎo, ch'ua chao);
  • artiglio che spinge (推爪, 推爪, tuīzhǎo, t'ui chao);
  • artiglio che cattura (拿爪, 拿爪, názhǎo, na chao);
  • artiglio che piega per rompere (拗爪, 拗爪, ǎozhǎo, ao chao);
  • artiglio che tiene qualcosa in bocca (叼爪, 叼爪, diāozhǎo, tiao chao);
  • artiglio che preme (按爪, 按爪, ànzhǎo, an chao);
  • artiglio dell'aquila (鷹爪, 鹰爪, yīngzhǎo, ying chao).

Le Sequenze
Taolu a mano nuda
Lo Yingzhaoquan contiene numerosi Taolu. Questo elenco è liberamente ripreso dal CMA Club di Hong Kong:
  • Il Pugilato degli otto passi concatenati (八步连环拳, bābùliánhuánquán, pa pu lien huan ch'uan, letteralmente "八步連環拳") (in cantonese Bat bo lin wan kuen);
  • I Colpi di Shaolin (少林捶, shǎolínchuí, shaolin ch'ui, letteralmente "少林捶?") (in cantonese Siu lum choi);
  • Il Pugilato quattro sei (四六拳, sìliùquán, ssu liu ch'uan, letteralmente "四六拳?") (in cantonese Saa lok kuen);
  • Il Pugilato delle cinque tigri (五虎拳, wǔhǔquán, wu hu ch'uan, letteralmente "五虎拳?") (in cantonese Ng fu kuen);
  • Il Pugilato del primo antenato (Taizuquan) (太祖拳, tàizǔquán, t'ai tsu ch'uan, letteralmente " 太祖拳") (in cantonese Tai jo kuen);
  • I Colpi degli otto passi (八步捶, bābùchuí, pa pu ch'ui, letteralmente "八步捶") (in cantonese Bat bo choi);
  • Il Grande palmo cotone (大绵掌, dàmiánzhǎng, ta mien chang, letteralmente "大綿掌") (in cantonese Dai min jeung);
  • Il Piccolo palmo cotone (小绵掌, xiǎo miánzhǎng, hsiao mien chang, letteralmente "小綿掌") (in cantonese Sui min jeung);
  • Il Grande Pugilato dell'Eroe (大雄拳, dàxióngquán, ta hsiung ch'uan, letteralmente "大雄拳") (in cantonese Dai hung kuen);
  • Il Pugilato delle sei coordinazioni (Liuhequan) (六合拳, liùhéquán, liu ho ch'uan, letteralmente " 六合拳") (in cantonese Lok hop kuen);
  • Il Piccolo Pugilato dell'eroe (小雄拳, xiǎoxióngquán, hsiao hsiung ch'uan, letteralmente "小雄拳") (in cantonese Sui hung kuen);
  • Il Leopardo dei cinque fiori (五花豹, wǔhuābào, wu hua pao, letteralmente "五花豹?") (in cantonese Ng fa pow);
  • Il Grande Otto Lati (大八面, dàbāmiàn, ta pa mien, letteralmente "大八面?") (in cantonese Dai bat min);
  • Il Piccolo Otto Lati (小八面, xiǎo bāmiàn, hsiao pa mien, letteralmente "小八面") (in cantonese Sui bat min);
  • pugilato dello stormo d'oche selvatiche (雁行拳, yànhángquán, yen hang ch'uan, letteralmente "雁行拳") (in cantonese Ngan hang kuen);
  • Le Posture scivolate in avanti (前溜势, qiánliūshì, ch'ien liu shi, letteralmente "前溜勢") (in cantonese Qin lau sei);
  • Il Pugilato degli Arhat (Luohanquan) (罗汉拳, luóhànquán, lo han ch'uan, letteralmente "羅漢拳") (in cantonese Law horn kuen);
  • Il Pugilato del Fiore di Prugno (Meihuaquan) (梅花拳, méihuāquán, mei hua ch'uan, letteralmente "梅花拳?") (in cantonese Mui fa kuen);
  • Le Sei Cadute dell'Ubriaco (醉六躺, zuìliùtǎng, tsui liu t'ang, letteralmente "醉六躺?") (in cantonese Jui lau tong);
  • Le Dieci Linee del Pugilato dell'Azione (行拳十路, xíngquánshílù, hsing ch'uan shih lu, letteralmente "行拳十路") (in cantonese Hang kuen 10 lo);
  • Le Cinquanta linee del pugilato continuo (连拳五十路, liánquánwǔshílù, letteralmente "連拳五十路?") (in cantonese Lin kuen 50 lo).


Taolu con armi
Queste sono le sequenze con armi citate dal CMA Club:
  • bastone delle sopracciglia (齊眉棍, 齐眉棍, qíméigùn, chi mei kun) (in cantonese Chai mei quan);
  • bastone dell'abilità di essere invisibile (奇門棍, 奇門棍, qíméngùn, chi men kun) (in cantonese Kaa moon quan);
  • sciabola singola del fiore di prugno (梅花單刀, 梅花单刀, méihuādāndāo, mei hua tan tao) (in cantonese Mui fa don do);
  • sciabola singola concatenata (連環單刀, 连环单刀, liánhuándāndāo, lian huan tan tao) (in cantonese Lin wan don do);
  • sciabola singola delle sei armonie (六合單刀, 六合单刀, liùhédāndāo, liu ho tan tao) (in cantonese Lok hop don do);
  • sciabola singola delle cinque scimmie (五侯單刀, 五侯单刀, wǔhóudāndāo, wu hou tan tao) (in cantonese Ng hau dai do);
  • doppie sciabole dei fiocchi di neve (雪片雙刀, 雪片双刀, xuěpiànshuāngdāo, hsueh p'ian shuang tao) (in cantonese Seut pin seung do);
  • doppie sciabole del fiore di prugno (梅花雙刀, 梅花双刀, méihuāshuāngdāo, mei hua shuang tao) (in cantonese Mui fa seung do);
  • doppie sciabole delle cadute (地躺雙刀, 地躺双刀, dìtǎngshuāngdāo, ti t'ang shuang tao) (in cantonese Day tong seung do);
  • spada della grande concatenazione (大連環劍, 大连环剑, dàliánhuánjiàn, da lian huan chien) (in cantonese Dai lin wan gim);
  • spada della piccola concatenazione (小連環劍, 小连环剑, xiǎoliánhuánjiàn, shao lian huan chien) (in cantonese Sui li nwan gim);
  • alabarda delle primavere e degli autunni (春秋大刀, 春秋大刀, chūnqiūdàdāo, ch'un chiu ta tao) (in cantonese Chung chow dai do);
  • alabarda delle quattro porte (四門大刀, 四门大刀, sìméndàdāo, szu men ta tao) (in cantonese Saa moon dai do);
  • lancia del fiore di prugno (梅花槍, 梅花枪, méihuāqiāng, mei hua chiang) Mui fa cheung);
  • lancia degli arhat (羅漢槍, 罗汉枪, luóhànqiāng, luo han chiang) (in cantonese Law horn cheung);
  • lancia delle sei armonie (六合槍, 六合枪, liùhéqiāng, liu he chiang) (in cantonese Lok hop cheung);
  • lancia concatenata (連環槍, 连环枪, liánhuánqiāng, lian huan chiang) (in cantonese Lin wan cheung);
  • grande lancia delle sei coordinazioni (六合大槍, 六合大枪, liùhédàqiāng, liu he chiang) (in cantonese Lok hop dai cheung).
Duilian
Sempre il CMA Club, riporta un certo numero di esercizi in coppia che vengono chiamati Duichai (對拆, abbattere in coppia ). Sempre nel sito di questa organizzazione è fornita la traslitterazione Cantonese che però in alcuni punti differisce, infatti in alcuni nomi a Chuan () viene preferito Doi (Dui).
  • doppie sciabole che prendono contatto con la lancia (雙刀串槍, 双刀串枪, shuāngdāochuànqiāng, shuang tao chuan ch'iang) (in cantonese Seung do doi cheung);
  • alabarda che prende contatto con la lancia (大刀串槍, 大刀串枪, dàdāochuànqiāng, ta tao chuan ch'iang) (in cantonese Dai do doi cheung);
  • abbattere la lancia che afferra la tigre (捕虎槍拆, 捕虎枪拆, bǔhǔqiāngchāi, pu hu ch'iang chai) (in cantonese Bu fu cheung chaat);
  • 108 mani (一零八手, 一零八手, yīlíngbāshǒu, i ling pa shou) (in cantonese Yat ling bat sau);
  • bastone a tre sezioni che prende contatto con la lancia (三節棍串槍, 三节棍串枪, sānjiégùnchuànqiāng, san chieh kun chuan ch'iang) (in cantonese Sam jeet quan doi cheung);
  • abbattere il pugilato del drago a terra (地龍拳拆, 地龙拳拆, dìlóngquánchāi, ti lung ch'uan chai) (in cantonese Dei lung kuen chaat);
  • palmo cotone in coppia (對綿掌, 对绵掌, duìmiánzhǎng, tui mian chang) (in cantonese Doi min jeung);
  • sciabola singola che prende contatto con la lancia (單刀串槍, 单刀串枪, dāndāochuànqiāng, tan tao chuan ch'iang) (in cantonese Don do doi cheung);
  • sciabola singola e gruccia che prende contatto con il bastone a tre sezioni (單刀柺串三節棍, 单刀枴串三节棍, dāndāoguǎichuànsānjiégùn, tan tao kuai chuan san chieh kun) (in cantonese Don doi kwai doi cheung).
Shaolin Yingzhaoquan
Il libro Shaolin Shisan Lu Yingzhaoquan descrive tredici sequenze di Yingzhaoquan, di cui non spiega la provenienza. In Cina è stato prodotto un DVD dal titolo Shaolin Yingzhaoquan che ricollega questo ramo al Fanziquan, affermando nella copertina che in origine si chiamava Yingzhao Fanzi Xingquan (鹰爪翻子行拳) o Yingzhao Xingquan (鹰爪行拳) o Yingzhao Lianquan (鹰爪连拳). Un altro DVD sull'argomento è stato dimostrato da Wang Haiying.

L'Yingzhaoquan in altri stili
  • Anche Du Xinwu, famoso esperto di Ziranmen, ha tramandato un Taolu di Yingzhaoquan.
  • Una forma con questo nome compare nell'elenco dei Taolu insegnati nel Fojiaquan delle contee di Fengkaixian (封开县) e di Xinxingxian (新兴县).


venerdì 14 giugno 2019

IL DITTATORE CANNIBALE: IDI AMIN DADA (????-2003)

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Centoventi chili per quasi due metri d'altezza, un gigante che incuteva terrore ma nello stesso tempo aveva qualcosa di goffo. "Un killer e un clown", come il Time descrisse il folle che dal 1971 al 1979 spadroneggiò sullo Stato centroafricano dell'Uganda, guadagnandosi soprannomi come "macellaio" e "dittatore cannibale".
«Solo Dio conosce la mia età» amava dire Idi Amin, e infatti ancora non si sa con certezza se sia nato nel 1924, nel '25 o nel '28, nell'area di Koboko, nel Nord-ovest del paese. Il padre aveva abbandonato il cristianesimo per la parola di Maometto, la madre era una sorta di guaritrice e lui frequentò pochissimo la scuola, rimanendo semi-analfabeta. Dopo un'adolescenza segnata dalla povertà e l'abbandono paterno, entrò nell'esercito coloniale britannico (l'Uganda era un protettorato inglese dal 1894) dove si guadagnò il nomignolo di "Dada", il nome con cui indicava le donne che frequentava spesso, termine traducibile come "sorella maggiore". Per assonanza, gli inglesi lo chiamavano invece Big Daddy.
In Kenya e in Somalia si distinse per la sua abilità (e la sua spietatezza) nel contrastare i movimenti di guerriglia anti-coloniale, tanto da essere promosso ed essere richiamato in Uganda per contrastare i ladri di bestiame, evirando col machete chiunque si rifiutasse di collaborare. La sua brutalità gli servì anche per vincere il titolo nazionale di campione dei pesi massimi di pugilato fra il 1951 e il 1960. Simpatico ai britannici, grazie al loro appoggio venne promosso a vicecomandante quando al paese venne concessa l'indipendenza nel 1962. Lui e il premier Obote guadagnarono milioni trafficando oro, armi, caffè e avorio con i contrabbandieri del Congo e dello Zaire. Rischiando di venire indagati e condannati, nel 1966 Obote mise in atto un colpo di stato scalzando il presidente Mutesa II e nominando Amin capo supremo dell'esercito. Il generale continuò ad arricchirsi intascando i finanziamenti destinati all'esercito, e per evitare l'arresto, nel gennaio del 1971 rovesciò il governo dell'ex-alleato Obote col favore dell'Occidente (in chiave anti-sovietica) e del popolo (promise riforme e libertà).
Il dittatore organizzò subito squadroni della morte per eliminare i presunti sostenitori di Obote, i capi militari dissidenti e gli intellettuali che criticavano il nascente regime. Il Nile Mansion Hotel, elegante albergo della capitale Kampala, divenne un centro di torture e sterminio dove i presunti nemici venivano sottoposti a sadici supplizi ideati da Dada stesso. Nell'agosto del 1972 gli ugandesi lo udirono dire alla radio «Allah mi è apparso in sogno e mi ha ordinato di cacciare dalla nostra terra tutti gli asiatici». I 50.000 asiatici, principalmente indiani e pachistani, furono costretti a lasciare il paese, che fu indebolito dato che molti asiatici gestivano imprese produttive che furono sequestrate dal dittatore. Il repulisti coinvolse anche il popolo degli Acholi e altre minoranze, colpevoli di essere pro-Obote. «I miei nemici? li taglio a pezzi e poi getto la carne ai coccodrilli» dichiarò l'ex-pugile parlando di loro alla stampa.
Forse reso pazzo dalla neuro-sifilide, fra le sue follie si annovera l'essersi presentato a Londra di fronte alla regina Elisabetta II con tre tonnellate di banane «per sfamare i poveri bambini inglesi», oltre a vantarsi con la sovrana di poter controllare i coccodrilli col pensiero. Adorava indossare sempre un'uniforme decorata da medaglie e decorazioni, alcune inventate da lui stesso, altre reali (come una medaglia del touring club austriaco). Oltre alle decorazioni, amava inventare e insignirsi di titoli come "Signore di tutte le bestie della terra e dei pesci del mare e conquistatore dell'Impero britannico, in Africa in generale, in Uganda in particolare" o "Re di Scozia". Ma molto più pericolose furono le sue follie geopolitiche. Dopo essersi alienato le simpatie di Israele e USA dopo aver elogiato Hitler e aver intrecciato rapporti coi sovietici, si inventò che alcuni territori di Kenya e Sudan erano in realtà ugandesi, minacciando di invadere anche il Sudafrica.
Nel 1976 offrì ospitalità ad alcuni terroristi palestinesi che avevano dirottato un volo Air France con decine di israeliani a bordo. Nella notte del 3 luglio le forze speciali israeliane risolsero la questione con un blitz presso l'aeroporto di Entebbe che distrusse i caccia ugandesi e danneggiò l'immagine del regime. Nello stesso periodo la verità iniziò ad emergere, e il resto del mondo conobbe la vera natura del capo di stato finora considerato solo comico e grottesco, che in un tentativo di rifarsi dello smacco di Entebbe dichiarò guerra alla Tanzania nel 1978. Ma l'esercito nemico, aiutato da esuli ugandesi, contrattaccò e lo costrinse alla fuga l'11 aprile 1979. L'ex "Invincibile" (come amava chiamarsi) riparò prima in Libia, poi in Iraq e infine in Arabia Saudita, dove morì nel 2003 per una malattia ai reni.
L'orco clownesco che aveva gestito il paese con logiche tribali aveva massacrato fra le 300.000 e le 500.000 persone di un paese che contava appena 12 milioni di abitanti. Il sospetto che il dittatore avesse praticato il cannibalismo, come un tempo si faceva nel paese nel corso di alcuni rituali, venne rafforzato dal fatto che nel suo palazzo vennero trovate celle frigorifere colme di arti umani, bulbi oculari, labbra, nasi e testicoli.


giovedì 13 giugno 2019

Lo stretching nel karate


È una disciplina sportiva in cui la velocità d'esecuzione dei movimenti e la prontezza dei riflessi abbinate a una buona resistenza coinvolgono in toto la muscolatura dell'atleta.
I muscoli della coscia sono particolarmente sviluppati per poter sostenere il caricamento e successivo recupero delle gambe nell'esecuzione dei calci.
Allo stesso modo gli arti superiori avranno i muscoli del braccio estremamente elastici e potenti.
Le posizioni di base del karaté Shotokan, lo stile più diffuso in Italia, tendono a mantenere in accorciamento le fibre muscolari del quadrato dei lombi e dell'ileopsoas, che con il passare del tempo vanno generalmente in retrazione.
Le tecniche di stretching devono riguardare soprattutto:
• tibiale anteriore e posteriore
• tricipite della sura
• quadricipite femorale
• semitendinoso, semimembranoso, bicipite femorale
• glutei
• ileopsoas
• piriforme
• adduttori
• erettori della colonna, quadrato dei lombi
• pettorali
• gran dorsale
• trapezio
• deltoide
• sovraspinato
• bicipite brachiale
• tricipite brachiale
• estensori radiale e ulnare del carpo
• flessori radiale e ulnare del carpo
• cervicali posteriori
• scaleni.

mercoledì 12 giugno 2019

"VOI CI UCCIDETE, MA NOI NON MORIREMO MAI": I FRATELLI CERVI

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All'alba del 28 dicembre 1943 al poligono di tiro di Reggio Emilia un unico sparo sembrava porre fine alla storia della famiglia Cervi. Si tratta di una storia che comincia subito dopo l'Unità, quando il contadino emiliano Agostino Cervi si rende conto che la tassa sul macinato è iniqua e diventa uno dei capi della protesta: finisce in carcere per sei mesi. Ne esce, si sposa e ha tre figli, fra i quali Alcide. Quest'ultimo sposa nel 1899 Genoeffa Cocconi, dalla quale avrà nove figli: Gelindo, Antenore, Diomira, Aldo, Ferdinando, Rina, Agostino, Ovidio ed Ettore. La famiglia è il perfetto esempio di quel movimento che fra Ottocento e Novecento porta i contadini a sviluppare nuove forme di organizzazione e aggregazione di massa, come cooperative, case del popolo, leghe di soccorso e mutue in contrasto con la tradizionale struttura patriarcale e chiusa della famiglia contadina. Importante è anche la spinta verso lo sviluppo tecnico, infatti i Cervi danno vita a una biblioteca nutrita che gli permette di apprendere e applicare innovativi principi di agronomia, che gli permettono di volgersi verso un modello produttivo che superi la semplice economia di sussistenza. Il culmine simbolico di questo processo di ammodernamento e progresso è il trattore, macchina avveniristica e miracolosa, acquistata dalla famiglia nel 1939.
Questa autocoscienza, amore per la cultura e organizzazione collettiva della vita sono fondamentali per sviluppare e maturare la consapevole scelta antifascista. Di forti radici cattoliche e legati al partito popolare, i Cervi si volgono al comunismo, convinti che il sapere unito al duro lavoro fosse la via per l'emancipazione sociale e politica. La conseguenza logica di queste forti convinzioni era l'adesione netta e decisa alla lotta contro il fascismo che si aprì con l'armistizio dell'8 settembre, anche contro la volontà dei compagni di lotta che preferirebbero aspettare. Già un mese dopo la cessione delle ostilità fra l'Italia del re e gli Alleati, la casa colonica ai Campirossi, tra Campegine e Gattatico, diventa un centro di resistenza, ora anche armata oltre che culturale. Nella cascina dei Cervi trovano rifugio, ospitalità e conforto partigiani, antifascisti e prigionieri di guerra fuggiti, dei quali molti si uniranno alla "banda Cervi" nella lotta contro i nazifascisti. Si alternano azioni in montagna (l’assalto alla caserma di Toano, l’incontro col prete partigiano Don Pasquino Borghi a Tapignola) e i “colpi” in pianura, come il disarmo del Presidio dei Carabinieri a San Martino in Rio e il fallito attentato al segretario del Partito Fascista Repubblicano Giuseppe Scolari. Ma i Cervi si muovono in un ambiente ancora poco organizzato, dove i compagni sono pochi e i delatori sono tanti.
Infatti dopo solo pochi mesi, nella notte fra il 24 e il 25 novembre 1943 un nutrito gruppo di militi della Guardia Nazionale Repubblicana circonda il casale. Per oltre un'ora i Cervi e i loro compagni si difendono sparando con fucili e mitragliatrici dalle finestre della casa colonica, ma scoppia un incendio, quasi certamente appiccato dagli assalitori, e le fiamme divorano il fienile e la stalla. I partigiani sono costretti ad arrendersi, vengono trascinati via sotto lo sguardo atterrito delle donne e dei bambini in lacrime. I fascisti li portano al carcere di San Tommaso di Reggio Emilia, dove li attende il loro destino. Dopo un mese di interrogatori, violenza, lettere ai familiari fuori dal carcere nelle quali emerge sempre di più la consapevolezza della fine imminente, arriva la fine. All'alba del 28 dicembre i sette fratelli Cervi vengono svegliati bruscamente e separati dal padre Alcide, loro compagno di prigionia, per essere portati al poligono di tiro della città. Le guardie li indirizzano verso un muro, davanti al quale vengono allineati.
Si abbracciano e si baciano. Ettore piange sommesso. I fratelli gli rivolgono parole di incoraggiamento. Gelindo grida: "Voi ci uccidete, ma noi non moriremo mai". Poi la raffica.
Tutti e sette i fratelli hanno ricevuto postuma la medaglia d'argento al valore militare. Il padre Alcide riesce a celebrarne le esequie solo il 28 ottobre del 1945, fra la commozione e la partecipazione dei cittadini emiliani che scortano i feretri al cimitero di Campegine. Per il suo impegno nella lotta partigiana a "papà Cervi" venne assegnata una medaglia d'oro creata dall'artista Marino Mazzacurati, recante da un lato la sua effige e dall'altro un tronco di quercia tra i cui rami spezzati compaiono le sette stelle dell'orsa. Durante la cerimonia di consegna, Alcide pronunciò un celebre discorso: "Mi hanno sempre detto... tu sei una quercia che ha cresciuto sette rami, e quelli sono stati falciati, e la quercia non è morta... la figura è bella e qualche volta piango... ma guardate il seme, perché la quercia morirà, e non sarà buona nemmeno per il fuoco. Se volete capire la mia famiglia, guardate il seme. Il nostro seme è l'ideale nella testa dell'uomo".
Al suo funerale, svoltosi il 27 marzo 1970, si riuniranno a Reggio Emilia oltre 200.000 persone per tributargli l'ultimo saluto.



martedì 11 giugno 2019

L'UOMO CHE UCCISE UN LEOPARDO A MANI NUDE: CARL AKELEY (1864-1926)

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Carl Ethan Akeley, nato a New York nel 1864, crebbe in una fattoria e frequentò poco la scuola, preferendo vivere all'aria aperta per studiare gli animali e le piante, un'inclinazione che lo portò a diventare apprendista del naturalista Henry Ward. Lavorare per lui e collaborare con vari musei lo portò in pratica a creare la tassidermia moderna: all'epoca per impagliare un animale si prendeva una pelle, la si riempiva di paglia e la si cuciva. I musei erano pieni di buffi pupazzoni che non potevano soddisfare un uomo come Akeley, il quale iniziò invece a sperimentare fino a creare una tecnica volta a riprodurre il più fedelmente l'animale rappresentato. Tramite la creazione di sculture da ricoprire con la pelle, e lo studio della muscolatura, della struttura ossea e del comportamento dell'animale, Akeley poté creare dei diorama che riproducevano fedelmente l'ambiente naturale da cui essi venivano.
Nel 1909 Akeley accompagnò Theodore Roosevelt in un viaggio in Africa finanziato dallo Smithsonian, con lo scopo di preservare le specie animali selvatiche. Potrebbe sembrarci strano che "preservare" si traducesse in andare personalmente in Africa per abbattere di tutto a colpi di calibro .557 (sufficiente ad sistemare un t-rex a cavallo di un triceratopo) per poi portare le pelli in America e metterle in un museo, ma la motivazione principale che spingeva Akeley era assicurarsi che le future generazioni avrebbero potuto osservare le bestie africane "in natura" nel caso in cui si fossero estinte. Durante una spedizione in Somalia, il naturalista aveva abbattuto una iena e un facocero, ma non soddisfatto li aveva lasciati sul posto per cercare di meglio. Al suo ritorno, non trovando più le carcasse e sentendo dei rumori provenienti da un cespuglio, pensò a una iena e fece fuoco, pur non sapendo quale animale si nascondesse nell'erba alta. Riconoscendo il ruggito di un leopardo, decise di tornare al campo, per tornare il mattino seguente con la speranza di averlo ferito a morte. Ma il felino era stato ferito solo di striscio, e seguì il cacciatore con l'intenzione di sbranarlo. Akeley si accorse della bestia che lo stava per aggredire e riuscì a sparare alcuni colpi, dei quali solo un paio riuscirono a colpire e ferire superficialmente l'animale. Ma grazie a ciò la belva mancò il colpo mortale e invece di affondare nella gola dell'uomo, le sue fauci andarono a chiudersi sul braccio proteso della vittima. Con il braccio intrappolato nella bocca del felino, Akeley fece l'impensabile: spinse ancora più in profondità il braccio nella bocca dell'animale, e iniziò a strangolarlo con l'altra mano. Liberato il braccio semi maciullato dalla presa, ne approfittò per schiacciare l'animale col suo peso e strangolarlo a morte.
Quando l'uomo coperto di sangue e coi vestiti laceri tornò al campo, i suoi portatori africani non poterono credere ai loro occhi. Pensando che si fosse imbattuto in indigeni ostili o un leone, lo avevano dato per morto e non erano nemmeno andati a cercarlo. L'esploratore si iniettò talmente tanti antisettici nel braccio che "il liquido di un'iniezione faceva uscire quella precedente". Ma era vivo, e a dimostrarlo c'era la carcassa di una delle più perfette macchine di morte che la natura avesse mai creato, dopo Carl Akeley. L'esploratore non si scoraggiò per l'increscioso avvenimento, ma continuò a esplorare e cacciare in nome della scienza. Sopravvisse dopo essere stato quasi impalato e calpestato da un'elefante straordinariamente grande, attraversò un fiume pieno di coccodrilli usando uno dei rettili morto come una zattera, sfuggì a tre rinoceronti che lo caricarono contemporaneamente, inventò uno sparacemento e una macchina fotografica usata anche da Hollywood e nella Prima Guerra Mondiale. Nel 1921, durante una spedizione per "studiare" i gorilla in Congo, Akeley ebbe una profonda riflessione e finì per convincere il re del Belgio Alberto I a istituire il parco nazionale dei Virunga, il primo del suo genere in Africa. Così il poliedrico cacciatore diventò anche uno dei primi e più influenti esponenti della causa ambientalista della conservazione delle specie animali. Il naturalista, scultore, inventore, tassidermista e fotografo trovò la morte nella sua Africa, all'età di 62 anni quando morì a causa della dissenteria in Congo, nel 1926.


lunedì 10 giugno 2019

IL VERO CAPITAN AMERICA: AUDIE MURPHY

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Quando un diciassettenne texano alto 1.66 m di neanche 51 kg venne rifiutato sia dalla Marina che dall'Aeronautica degli Stati Uniti d'America, non ci fu nessun super siero. Grazie alla sorella che fece letteralmente carte false, il giovane poté arruolarsi ed entrare nella 76esima divisione di fanteria e ricevere l'addestramento a Camp Wolters. Nonostante l'abilità col fucile e la baionetta, rimaneva di fisico gracile, tanto che gli venne offerta l'opzione di diventare cuoco, ma Audie rifiutò: voleva combattere ad ogni costo. Finito l'addestramento, raggiunse il Marocco e da lì la Sicilia con le truppe alleate della terza divisione. In Sicilia Audie prese la malaria ma vide anche l'azione per la prima volta quando uccise due ufficiali italiani a cavallo. Dopo lo sbarco a Salerno, nei pressi di Battipaglia, Murphy è in ricognizione con due compagni quando una mitragliatrice uccide uno dei due; Audie risponde col suo thompson e cinque tedeschi rimangono al suolo. La terza divisione venne poi spostata sul fronte francese che andava aprendosi anche nella Francia del Sud. Il sergente Murphy guida i suoi uomini nell'entroterra quando due tedeschi escono da una casa con una bandiera bianca, ma è una trappola: dall'edificio parte una raffica che uccide il suo amico Lattie Tipton. Audie entra in uno stato di furia omicida, avanza incurante del pericolo, uccide sei tedeschi, ne ferisce due e prende prigionieri gli altri. Quando poi la sua unità viene trasferita nel nord del paese Murphy è sempre in prima linea. Attacca a pochi metri di distanza nidi di mitragliatrice, avanza sotto il fuoco per guidare i suoi uomini, viene ferito più volte in azione. Ma è a Holtzwir che Murphy entra nel mito. Un feroce contrattacco tedesco aveva ridotto la sua compagnia da 235 a 18 uomini, di cui era rimasto l'unico ufficiale, benché ferito ad entrambe le gambe. I tedeschi attaccarono in forze, e un carro M10 venne colpito e prese fuoco. Audie ordinò ai suoi uomini di rimanere nel bosco, sparò gli ultimi colpi con la sua carabina M1, poi si issò sul carro in fiamme e fece fuoco con la mitragliatrice M2 contro l'ondata umana degli attaccanti. Per un'ora rimase sul carro in fiamme che poteva esplodere da un momento all'altro, esposto al fuoco nemico con pochissima copertura. Avendo finito le munizioni, il texano abbandonò il carro, che esplose dietro di lui, l'attacco tedesco ormai spezzato. Quando, al momento di decorarlo con la Medal of Honor, gli chiesero il motivo del suo gesto, rispose: "stavano uccidendo i miei amici". Audie Murphy venne decorato con ogni medaglia assegnabile durante il suo periodo di servizio, comprese alcune belghe e francesi (33 in tutto). Dopo la guerra diventò attore, realizzò una serie televisiva e più di 40 film, compreso l'autobiografico To Hell and Back, un colossale successo. Provato dallo stress postbellico si batté per far riconoscere l'impatto emotivo che la guerra aveva sui veterani, si liberò dalla dipendenza dal Placidyl chiudendosi per una settimana in albergo e nonostante le finanze dissestate rifiutò di fare da testimonial per tabacco e alcolici, consapevole del potere della sua immagine in quanto "soldato americano più decorato della Seconda Guerra Mondiale" . Morì il 28 maggio del 1971 in un incidente aereo.

domenica 9 giugno 2019

Beneficenza

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L'arte, la salute e l’appartenenza alla nostra città ci portano ad essere solidali nei confronti di tutte le difficili realtà che purtroppo esistono e che per questo non possiamo far finta di non vedere”.
Per questo motivo, dunque, una parte dei ricavati del Gruppo 1437 ed associati verrà devoluta in beneficenza. “Vogliamo essere con la città e per la città”.
Straordinario solista, attivo da circa trent’anni sulla scena italiana ed estera, volutamente lontano dai clamori della pubblicità e del presenzialismo, ma stimatissimo, Cesio Endrizzi incarna l’esempio di colui che è sempre alla ricerca di impasti inediti e soluzioni nuove, attraverso la sua arte comunica una rara voglia di divertirsi e giocare. Ha collaborato con campioni del Budo classico, alfieri del wushu moderno, fino a esponenti delle correnti più attuali.
Il ricavato delle nostre iniziative sarà interamente devoluto in beneficenza.
Il gruppo1437 in collaborazione con alcuni amici blogger presentano un'iniziativa a scopo benefico, fortemente voluto dal Presidente Cesio Endrizzi. Il ricavato sarà devoluto in beneficenza all'associazione il Bambino di vetro, per le attività a tutela dei bambini disabili, e per le Attività a Sostegno dei Disabili Adulti.
E' bene precisare subito che:
Gli eventi pubblici del gruppo 1437 non hanno fini di lucro.
Organizzatori ed addetti prestano il proprio servizio gratuitamente ed il ricavato viene interamente devoluto in beneficienza.
Anche il ricavato dalla pubblicità andrà quindi devoluto in beneficienza.

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