Jidai Geki (時代劇)
è un termine che indica un genere storico ambientato in un contesto
temporale ben preciso usato nel settore cinematografico, televisivo o
teatrale in Giappone.
La parola vuole dire rappresentazione
del periodo, dramma storico e di solito indica un film (o
rappresentazione teatrale) ambientato nell'era cosiddetta periodo
Tokugawa (1603/1867). Tuttavia alcuni film jidai-geki sono ambientati
anche prima di tale periodo, come nell'epoca Sengoku.
Il genere Jidai Geki narra le
vicende di samurai, contadini, fabbri, mercanti ed il termine
è spesso accostato al genere Chambara (chambara
significa combattimento con le spade).
Tra i film più rappresentativi
conosciuti in Italia, ci sono quelli di Akira Kurosawa (I sette
Samurai, La sfida del Samurai, Sanjuro, Kagemusha), la saga dello
spadaccino cieco Zatoichi e il recente Twilight Samurai
(Tasogare Seibei, tradotto in Italia col nome di Crepuscolo, il
Samurai o più correttamente "Il samurai del crepuscolo");
quest'ultimo, come molto spesso negli ultimi anni, è ambientato
proprio negli anni finali del periodo Tokugawa. Fra i registi molto
conosciuti in Giappone che hanno lasciato opere memorabili, quasi
tutte disponibili su internet, ci sono Masaki Kobayashi, Kazuko
Kuroki, Masahiro Makino, Masahiro Shinoda e Eiichi Kudo il cui
"Jûsan-nin no shikaku" (I tredici assassini) del 1963 è
stato ripreso in un remake da Takashi Miike e presentato al festival
di Cannes 2011.
Storia
“Cinema giapponese per eccellenza”,
il jidaigeki ha segnato per più di sessant'anni la storia del cinema
nipponico, sino al dissolversi dello studio system negli anni
settanta, ad eccezione di una parentesi tra il 1945 e il 1950, il
periodo dell'occupazione americana, in cui la loro produzione era
stata bandita perché ritenuti portatori di valori feudali poco
consoni al processo di democratizzazione. Nel corso della sua storia
il jidaigeki ha conosciuto tante anime, dalla dimensione epica a
quella nichilista, da quella quotidiana e minimalista a quella
crepuscolare, da quella antifeudale a quella segnata dalle riletture
del Nuovo Cinema degli anni sessanta, sino ad assumere, recentemente,
una dimensione postmoderna. Il jidaigeki si è imposto nell'ambito
sia della produzione di genere-per lungo tempo in Giappone uno su due
è stato un film in costume- sia di quello d'autore. Esso ha fatto la
fortuna di diversi registi di primo piano della storia del cinema del
suo paese, sia di prima (Daisuke Ito, Sadao Yamanaka, Mansaku Itami,
Masahiro Makino) che degli anni successivi alla guerra (Hiroshi
Inagaki, Kenji Mizoguchi, Akira Kurosawa, Masaki Kobayashi, Hideo
Gosha, Kihachi Okamoto, Kenji Misumi). Ha influenzato ed è stato a
sua volta influenzato da altri generi, dando vita a particolari
commistioni –soprattutto con il western, lo spaghetti western
e il wuxia. Il jidaigeki non ha però retto alla generale crisi
cinematografica giapponese degli anni settanta, così come dai mutati
gusti del pubblico, spinto da nuove sollecitazioni.
Se il genere tenta di adattarsi al
dinamismo dei tempi assorbendo gli eccessi spettacolari e ad effetto
del wuxia, di fatto viene soppiantato dallo Yakuza film, che ne
rappresenta un ideale proseguimento in un contesto più adatto al
Giappone dell'epoca. Vistisi ridotti i suoi sbocchi sul mercato
cinematografico, il jidaigeki emigra sul piccolo schermo dove
continua a sopravvivere, seppur con discreto successo.
Gli anni ottanta e novanta sono probabilmente i più bui del
genere, ma proprio alla fine del decennio Nagisa Oshima gli ridà
lustro con il suo ultimo film, Tabú - Gohatto, e altri
registi vi fanno ritorno, da veterani come Yoji Yamada, da esponenti
della nuova generazione come Sogo Ishii, Takeshi Kitano, Takashi
Miike, Hirokazu Koreeda, Hideo Nakata, Ryuhei Kitamura e Hiroyuki
Nakano.
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