La
battaglia di Kanegasaki
(金ヶ崎の戦い
Kanegasaki no tatakai), talvolta chiamata
assedio di Kanegasaki, o
anche
ritirata di Kanegasaki, fu
un evento bellico avvenuto nel 1570 nel quadro della campagna di Oda
Nobunaga contro i clan Asai e Asakura per la conquista del Giappone
centrale, in particolare in risposta all'alleanza formata dallo
shōgun Ashikaga Yoshiaki nel tentativo di contrastare
l'apparentemente inarrestabile ascesa degli Oda.
Lo scontro si svolse nella fortezza e
nelle foreste di Kanegasaki, nella provincia di Echizen, e
rappresenta uno dei momenti più difficili per la campagna di
conquista di Nobunaga, in quanto fu una delle poche occasioni in cui
il signore di Owari, colto di sorpresa dal tradimento del cognato
Azai Nagamasa, arrivò molto vicino ad essere ucciso.
Antefatti
Nel 1570, a soli dieci anni dall'inizio
della sua campagna, Nobunaga aveva già spazzato via due tra i più
potenti clan del Giappone centrale, gli Imagawa e i Saitō, forte del
ricorso a nuove e spesso spregiudicate tattiche militari che gli
avevano permesso di superare la mancanza di esperienza di buona parte
del suo esercito.
Oltre al timore da parte degli altri
signori della guerra, la sua rapida ascesa era però vista con
crescente paura anche dallo shogun Ashikaga Yoshiaki: costui era
salito al potere due anni prima, al termine di una faida interna al
suo casato che lo aveva visto uscire vincitore proprio grazie
all'aiuto di Nobunaga, ma in poco tempo il nuovo shogun si era reso
conto di essere nulla più che un sovrano fantoccio il cui unico
scopo era legittimare ed approvare tutte le campagne degli Oda.
Desideroso di smarcarsi dal suo scomodo
alleato e riconquistare il potere per sé stesso, Yoshiaki iniziò
quindi segretamente a tramare contro di lui, raccogliendo attorno a
sé un buon numero di daimyo spaventati come lui dal crescente potere
degli Oda e trovando in Asakura Yoshikage il suo più fedele alleato.
Gli Asakura, che controllavano la
provincia di Echizen, erano alleati, oltre che con lo shogunato,
anche con il clan Azai, il cui sovrano Nagamasa era però anche
cognato di Nobunaga, avendone sposato alcuni anni prima la sorella
minore Oichi. Facendo leva sull'alleanza stipulata con suo padre
Hisamasa, Yoshikage tentò di convincere Nagamasa ad aderire alla
coalizione che lo shogun stava formando contro gli Oda, ottenendo
però, almeno inizialmente, un parziale rifiuto: Nagamasa infatti era
consapevole dell'inferiorità del proprio esercito rispetto a quello
del genero, e non voleva impegnarsi in un conflitto che, in caso di
fallimento, avrebbe visto la fine del suo clan. D'altra parte però,
il giovane sovrano sapeva anche che, trovandosi il suo feudo proprio
a metà strada tra i domini Oda e Asakura, la neutralità non era
un'opzione, e alla fine la molla che lo spinse ad aderire alla
coalizione arrivò dallo stesso Nobunaga.
Informato dalle proprie spie a Kyoto
dei piani dello shogun, Nobunaga decise di giocare d'anticipo, e
messosi personalmente alla testa di una spedizione nella primavera
del 1570 marciò verso Echizen per sottomettere gli Asakura, il tutto
senza consultarsi o rendere conto di qualcosa con Nagamasa, come
invece si era impegnato a fare in situazioni simili.
Offeso da quella che considerava una
mancanza di considerazione nei suoi riguardi, e non credendo più
alle promesse del suo ambizioso parente acquisito, Nagamasa si
risolse infine a rispettare il patto di cobelligeranza stipulato da
suo padre e aderì alla coalizione, ordinando al suo esercito di
convergere subito verso provincia di Echizen per portare soccorso
agli Asakura e colpire Nobunaga alle spalle.
La battaglia
Non sospettando minimamente la minaccia
che incombeva su di lui, Nobunaga penetrò facilmente ad Echizen, e
il suo generale Hideyoshi Toyotomi mise sotto assedio la fortezza
periferica di Kanegasaki. I pochi soldati Asakura a difesa della
struttura, colti alla sprovvista, opposero una ben misera resistenza,
e la fortezza venne rapidamente occupata, ma la vera battaglia era
appena iniziata.
La leggenda racconta che Oichi inviò a
Nobunaga un sacchetto di fagioli, legato ad entrambe le estremità
con un nastro rosso: ufficialmente era solo un portafortuna, ma in
realtà si trattava di un messaggio in codice con il quale la
principessa tentava di avvisare il fratello del pericolo che stava
sopraggiungendo alle sue spalle. Più probabilmente, le spie e gli
esploratori che sorvegliavano la regione attorno all'accampamento Oda
si avvidero dell'arrivo dell'esercito Azai, e dal momento che
Nobunaga non aveva richiesto rinforzi al cognato le loro intenzioni
erano più che ovvie.
Pur potendo vantare una forza d'attacco
che sovrastava di quasi seimila uomini i due eserciti combinati di
Nagamasa e Yoshikage, Nobunaga sapeva che la difesa del castello e
del territorio acquisito nella precedente battaglia era nei fatti
impossibile, minacciato com'era su due diversi fronti e molto lontano
dal suo feudo, così il signore di Owari non ebbe altra scelta che
ordinare una precipitosa ritirata da Kanegasaki prima che le due
forze avversarie potessero convergere contro di lui e circondarlo.
Hideyoshi, che aveva già avuto modo di
distinguersi nel corso della campagna di Mino (in particolare in
occasione dell'assedio di Sunomata, con la costruzione del celebre
forte edificato nell'arco di una sola notte), venne scelto per
guidare la retroguardia destinata a contenere l'assalto degli Asakura
durante la ritirata (secondo altre fonti, si offrì personalmente
volontario), e a quel punto, suddivise in piccoli gruppi, le forze
degli Oda iniziarono la ritirata attraverso la foresta.
Seppur soverchiate nel numero, le
truppe di Hideyoshi riuscirono a tenere la posizione per tutto il
corso della battaglia, e contrariamente a quanto molti tra gli Oda
avevano pronosticato le perdite furono assai contenute, questo grazie
anche alla buona protezione offerta dal fitto degli alberi che
circondavano la fortezza. Nel bel mezzo della ritirata, alcune
avanguardie Azai giunte in rinforzo degli Asakura tentarono di
convogliare nella direzione voluta le truppe Oda in ritirata dando
fuoco alla foresta, sperando in questo modo di spingere Nobunaga
dritto tra in bocca ai suoi nemici o tuttalpiù di fargli trovare la
morte tra le fiamme, ma ogni tentativo di far congiungere le due
forze della coalizione andò a scontrarsi con l'efficiente copertura
organizzata da Hideyoshi, che a dispetto della difficoltà del
proprio compito riuscì incredibilmente a salvarsi abbandonando
Kanegasaki assieme al resto dell'esercito.
Informato della battaglia, Nagamasa
ordinò al suo esercito di procedere verso Kanegasaki a passo
forzato, ma quando il grosso delle sue forze giunse sul luogo della
battaglia era già troppo tardi: Nobunaga era già scappato, e
assieme a lui quasi tutto il suo esercito.
Conseguenze
Obbligando Nobunaga alla ritirata da
Kanegasaki la coalizione aveva costretto gli Oda ad allentare la loro
presa su Echizen e impedito loro di assediare il castello natale
degli Asakura a Ichijōdani, ma nonostante ciò questa parziale
vittoria si rivelò ben presto alquanto effimera. La verità era che
Nagamasa, Yoshikage e gli altri daimyo avevano perso la loro più
grande, e probabilmente unica occasione per uccidere una volta per
tutte Nobunaga sfruttando l'effetto sorpresa, e ora che il tradimento
ai suoi danni aveva avuto luogo Nobunaga sapeva con certezza di chi
potersi fidare.
Rientrato a Gifu, Nobunaga riorganizzò
in fretta il proprio esercito, e nell'estate di quello stesso anno,
supportato dal clan Tokugawa, sconfisse nettamente le forze Azai e
Asakura nella battaglia di Anegawa, dando inizio al rapido e
inesorabile declino dei clan ancora fedeli allo shogun. Sia Nagamasa
che Yoshikage vennero infine sconfitti ed uccisi nel 1573, e nello
stesso anno Yoshiaki, ormai rimasto solo, non ebbe altra scelta che
accettare un umiliante esilio nel sud, anche se seguitò a mantenere
formalmente la propria carica fino al 1588 sotto la protezione del
clan Mori.
Ironia della sorte, quelle stesse
fiamme a cui Nobunaga era fortunosamente scampato a Kanegasaki
avrebbero comunque reclamato la sua vita dodici anni dopo, quando il
21 giugno del 1582 il signore di Owari finì bruciato vivo
all'interno del tempo Honno-ji a Kyoto in seguito al tentativo di
colpo di Stato orchestrato da uno dei suoi generali, Akechi
Mitsuhide.
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