sabato 14 agosto 2010

Varzesh-e Pahlavani

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Il Varzesh-e pahlavānī (in persiano: ورزش پهلوانی‎‎) significa "Sport degli eroi", è anche conosciuto come (persiano: ورزش باستانی, varzeš-e bāstānī), che significa "Sport degli antichi", è una disciplina di ginnastica e lotta tradizionale della Persia (Iran), originariamente nata come accademia di educazione fisica per scopi militari.
È conosciuta in Italia anche con il nome di zorkana (Zurkhaneh), nome che indica più strettamente il luogo, la palestra dove si compiono gli esercizi fisici.
La "zorkana" combina elementi della cultura pre-islamica con la spiritualità del sufismo. Agli "atleti" si richiede purezza d'animo, sincerità e temperanza, solo in seguito viene la forza fisica. Il principio di modestia è esemplificato dai versi che si recitano ad ogni incontro:
«Impara la modestia se vuoi la conoscenza. Un altopiano non potrà mai essere irrigato dal fiume.»
(Kanz ol-Haghayegh)

Origine e storia
I persiani nell'antichità davano importanza alla salute e alla forza, praticavano esercizi fisici e addestravano i giovani a fare altrettanto. L'educazione fisica e spirituale ha una lunga tradizione risalendo ai Medi fino all'epoca degli Achemenidi.
«I persiani addestrano i loro ragazzi dai 5 ai 20 anni in tre discipline: l'equitazione, il tiro con l'arco e la precisione»
(Erodoto, storico greco)
La storia delle arti marziali tradizionali iraniane può essere divisa in quattro periodi maggiori. Esistono periodi in cui le arti marziali non sembrano menzionate, in particolare il periodo achemenide e quello sasanide.
A seguito delle numerose invasioni succedutesi nel corso della storia, i patrioti iraniani si sono visti costretti a praticare gli esercizi in piccole sale interrate, alle quali si accedeva da una piccola porta. Queste sale diventeranno le zorkane. Tali luoghi semi-clandestini potevano servire come sale per le riunioni dei patrioti, ma anche come spazi dove esercitarsi alla lotta. Gli invasori hanno più volte distrutto le zorkane e gli iraniani più volte le hanno ricostruite.

Origini mitiche
Il mito è basato sull'opera di Ferdowsi nel Shāhnāmā ("libro dei re"). Gli atleti mitici di quell'epoca si battevano contro le forze del male. A volte il destino di una guerra e quello di un paese erano determinati da un combattimento a mani nude, conosciuto come Koshti gereftan (la lotta). L'atleta leggendario di questo mito è Rostam che salvò più volte la Persia dalle forze del male.

Impero dei Parti
La parola pahlavan deriva dalla lingua dei Parti. Il Varzesh-e pahlavani ha origine nell'epoca dell'Impero dei Parti (250 a.C. - 224) durante il quale lo sport si è sviluppato come allenamento e preparazione dei guerrieri al combattimento ed al loro ruolo e dovere in generale. Gli studiosi notano delle similarità tra i rituali del mitraismo e quelli del Varzesh-e pahlavani; anche le forme dei templi mitraici e delle zorkane hanno delle similarità. A parte ciò esistono poche tracce da questa epoca.

Epoca islamica
Fino all'arrivo dell'Islam in Iran, il Varzesh-e pahlavani era una forma di esercizio puramente fisico. Con l'adozione dello sciismo come religione di Stato sotto i Safavidi qualche secolo dopo, si sono aggiunte dimensioni nuove: la filosofia e la spiritualità dell'Islam. Il sufismo è stato chiaramente il mezzo attraverso cui si sono espresse queste nuove dimensioni. Si notano altrettanto bene le similarità tra certi rituali del Varzesh-e pahlavani e quelli del sufismo.

Periodo contemporaneo
Lo sport arriva al suo apogeo sotto la dinastia qajara e particolarmente sotto al regno di Nassereddin Shah (1848-1896). In questa epoca si costruiscono numerose zorkane a Teheran ed in tutto il paese. I Pahlavan ufficiali dell'Iran, ricordo dei lottatori della mitologia persiana, erano designati nel corso di una cerimonia che si teneva alla presenza dello Scià il 21 marzo di ogni anno, in corrispondenza al nuovo anno iraniano. In tali occasioni lo Scià consegnava il Bazou band (il braccialetto) al campione della competizione che diventava eroe nazionale per un anno. I lottatori più celebri di tutti i tempi sono apparsi in epoca contemporanea a partire dal XIX secolo; si possono citare Pahlavan-e Bozorg Razaz, Pahlavan Boloorforoush, Pahlavan Toosi e Jahan Pahlavan Takhti.
L'ascesa della dinastia Pahlavi è coincisa con il declino dello sport. Il nuovo scià, Reza Pahlavi, voleva trasformare l'Iran in un paese moderno e tutte le tradizioni erano in conflitto con le sue idee di occidentalizzazione. Non mostrò alcun interesse in questo sport che vedeva come un relitto delle cerimonie cagiare.
Suo figlio, Mohammad Reza Pahlavi, divenuto scià nel 1941, restaurò quel che restava della tradizione della lotta. Era lui stesso uno sportivo e fu nel suo regno che si tennero le ultime competizioni nazionali di lotta e che si designarono i Pahlavan nazionali, ai quali lo Scià consegnava il bazou band. Sfortunatamente, la tradizione dello sport fu molto colpita quando lo Scià nominò Shaban Ja'fari (considerato un "mascalzone") alla testa della federazione pahlavani.
È nel tentativo di spezzare i legami con la tradizione, popolarizzare lo sport e aumentare il nazionalismo iraniano che il governo ha rinominato lo sport Varzesh-e bastani. In seguito alla Rivoluzione iraniana nel 1979, il governo islamico ha visto lo sport di cattivo occhio, di più l'aumento di popolarità del calcio e di altri sport occidentali provocano un declino ed una diminuzione dei giovani che intraprendono la pratica.

Descrizione
Il Varzesh-e pahlavani si pratica appunto nella zorkana, una sala che ha una struttura particolare. Tradizionalmente gli esercizi si praticavano all'alba e terminavano alla fine del levar del sole. Ai nostri giorni si tengono piuttosto alla sera, dopo il calar del sole.
La zorkana è una sala costruita nel sottosuolo alla quale si accede per una piccola porta i tempi in cui i usata come luogo di assemblee clandestine; all'interno vi è una specie di pozzo di forma ottagonale, di circa un metro di profondità e dai dieci ai venti metri di diametro, all'interno del quale i pahlavan eseguono gli esercizi. Vicino all'entrata si trova una piattaforma rialzata, chiamata sardam, sulla quale sta il morshed, il conduttore che dirige gli esercizi e li ritma con l'aiuto di canti epici spesso estratti dallo Shâh Nâmâ ("Il libro dei re") e di percussioni effettuate sul tombak, un tamburo tradizionale persiano. Una campana (zang) al suo fianco gli consente di segnare l'inizio e la fine dei differenti esercizi.
La seduta di addestramento inizia e finisce sempre con una preghiera (Niāyesh) condotta dal morshed. Queste preghiere di solito fanno riferimento alla mentalità, alle attitudini e alle credenze dei praticanti. Questi si uniscono al morshed e pregano per la gloria del paese, la salute e la felicità dei suoi dirigenti, la rispettabilità dei praticanti e dei veterani della zorkana, la forza che gli permette di aiutare i deboli, la grazia di Dio in modo da restare lontani dagli errori ed infine per il miglioramento della giustizia e della buona condotta dell'umanità. Abbandonano infine il pozzetto in modo ordinato e secondo le gerarchie.
I pahlavan, avendo rimpiazzato le armi tradizionali con altri strumenti per gli esercizi, a causa dei detti motivi storici (vedi sopra), al giorno d'oggi utilizzano gli strumenti seguenti:
  • Sang ("pietra" in persiano), strumento di legno che sostituisce uno scudo.
  • Mīl, pesi a forma di clava.
  • Kabbadeh, strumento di metallo a forma di arco.
  • Takhte, barra che serve a fare le flessioni.
Il loro utilizzo viene descritto nei paragrafi che seguono.

Esercizi particolari
Il Varzesh-e pahlavani segue un rituale estremamente codificato e gli esercizi pratici dei pahlevan avvengono secondo un ordine stabilito, sotto la direzione del morshed. I differenti esercizi sono qui descritti nell'ordine.

Pā zadan (riscaldamento)
All'inizio di una seduta di addestramento e nel corso di questa, i pahlevan fanno dei movimenti con i piedi e con le braccia, consistendo in piccoli salti sul posto e in rotazioni circolari delle braccia. Questi movimenti sono praticati sia come riscaldamento sia come stiramento alla fine della seduta; allo stesso tempo hanno lo scopo di migliorare la forza delle gambe e delle braccia e di attivare le funzioni cardiorespiratorie.

Sang gereftan (scudo)
Dopo il riscaldamento si comincia l'esercizio chiamato Sang gereftan. Il sang consiste in due pezzi di legno di forma rettangolare, simili ad uno scudo e pesanti tra i venti ed i quaranta chili, in funzione dell'età del praticante. Ogni scudo misura 70-80 centimetri di larghezza e 100-110 di lunghezza. Una impugnatura è fissata al centro di ogni sang. L'esercizio consiste nello stendersi sul dorso e nel piegare da destra a sinistra, alzando ed abbassando i sang, una mano dopo l'altra. Il sang non deve mai toccare terra. Nei tornei per giovani e adulti, il numero di movimenti può raggiungere i 72 in sette minuti, i pahlevan più forti arrivano a 115 movimenti. Lo scopo dell'esercizio è di sviluppare i deltoidi, i pettorali, i tricipiti, i trapezoidali i muscoli del collo e gli addominali.
Questo esercizio non è accompagnato da percussioni, il morshed canta dei poemi epici per incoraggiare i pahlevan.

Shena raftan (flessioni)
Dopo gli esercizi di Sang Gereftan e Pā Zadan, i lottatori cominciano un esercizio di flessioni. Formano quindi un cerchio, nel pozzo della zorkana, con la schiena verso il muro e le gambe ben divaricate. Si buttano insieme in avanti e poggiando il peso sulla barra che è prevista allo scopo. La barra misura dai 50 ai 70 centimetri di lunghezza e 10 di spessore e poggia su due piedi corti. I movimenti di flessione sulle braccia sono eseguiti in differenti forme e sono accompagnati dalle percussioni e dal canto del morshed.
Il pahlavan più vecchio comincia l'esercizio al centro del cerchio mentre il minore del gruppo guida i movimenti di tutti.
Obiettivi di questo esercizio sono di rafforzare i tricipiti, i pettorali, i muscoli delle spalle e del collo, i quadricipiti e gli addominali.
L'esercizio termina con un altro esercizio di Pā Zadan.


Mīl gereftan (pesi)
Il peso utilizzato per questo esercizio è fatto di legno, ha un'impugnatura in un'estremità mentre il peso è verso l'altra. Il peso può variare da due a 50 chili.
Questo esercizio è stato pensato per addestrare gli uomini a portare e a manipolare armi pesanti in tempo di guerra. Ogni pahlevan tiene due masse, una per mano, e poggia la parte pesante sulle spalle. Al segnale del morshed e seguendo il ritmo delle percussioni, li fanno girare attorno alle spalle. Gli atleti più abili a volte fanno esercizi più spettacolari, muovendo i pesi come giocolieri.
Questo esercizio rafforza le spalle, i tricipiti, i bicipiti, i pettorali e i muscoli trapezoidali.

Sharkh zadan (ruota)
Questo esercizio è un movimento particolare degli esercizi fatti nella zorkana e consiste nel girare su sé stessi facendo la ruota al modo dei dervisci rotanti nel corso della danza chiamata semaʿ.
All'inizio dell'esercizio, i pahlevan si mettono in cerchio attorno al pozzo, schiena contro il muro, è il più giovane che inizia portandosi al centro del cerchio ed iniziando a girare, all'inizio dolcemente poi, via via, più velocemente. Dopo lui l'esercizio è ripetuto da tutti gli atleti che si portano al centro e ruotano su sé stessi, uno dopo l'altro, per ordine di età. Il più vecchio pahlevan presente completa l'esercizio che è continuamente accompagnato dal canto e dal ritmo delle percussioni. Alla fine di ogni turno, che può durare fino a quindici minuti senza perdita di controllo o stordimento, l'atleta si rivolge al morshed, lo saluta e lascia il posto al prossimo.
Mentre fanno la ruota, i pahlevan stendono le braccia da ogni lato in orizzontale, all'altezza delle spalle. Ogni atleta ha il proprio stile, la ruota può essere fatta solo al centro del cerchio o al contrario si può eseguire, contemporaneamente da alcuni, in più punti del cerchio formato dai partecipanti.
Obiettivi dell'esercizio sono di migliorare la coordinazione neuro-muscolare e l'agilità.

Kabbadeh zadan (arco)
Il kabbadeh è uno strumento in metallo a forma di arco, pesante tra i sette e i dieci chili, durante le competizioni a volte arriva a sedici chili, e misura da un metro a un metro e mezzo di lunghezza.
Al posto della corda è fissata una grossa catena, a questa possono essere appesi dei dischi di metallo.
L'esercizio consiste nel sollevare lo strumento al di sopra della testa, l'arco con la mano destra e la catena con la sinistra. I pahlevan cominciano imbracciando il kabbadeh, poi tendono il braccio destro, l'avambraccio sinistro forma allora una linea orizzontale sopra la testa. L'esercizio segue per simmetria al suono delle percussioni, dei canti del morshed e del tintinnìo della catena in metallo.
L'obiettivo di questo esercizio è di rinforzare i muscoli delle spalle, i tricipiti ed i bicipiti, i trapezi e gli obliqui.

Koshti gereftan (lotta)
A volte, dopo il Kabbadeh zadan, i Pahlevan si addestrano alle tecniche della "lotta eroica" antica, questa è la parte più importante dell'allenamento nelle zorkane ed è un esercizio che risale all'antichità.
I pahlevan si confrontano, due a due, utilizzando differenti tecniche: offensive, difensive e di contrattacco. La letteratura sportiva dell'antichità descriveva più di duecento tecniche ed espressioni specifiche. Al giorno d'oggi in Iran esistono diversi stili come lo stile tradizionale, lo stile curdo, lo stile turkmeno o lo stile gilaki.
La lotta è tenuta in tale considerazione che un combattimento si teneva davanti allo Scià il giorno di Norouz per designare il campione nazionale. Questo veniva ricompensato con un braccialetto chiamato Bazou band, e questo termine designava il vincitore del campionato iraniano sotto Reza Pahlavi.

Niāyesh (preghiera)
La seduta di allenamento termina sempre con una preghiera (Niāyesh) condotta dal morshed.

Valori morali associati
L'arte marziale promuove tradizionalmente dei valori etici e morali, i discepoli delle diverse scuole devono osservare alcuni codici di condotta. Questi valori sono: l'umiltà, la generosità, la virtù, la carità e la pietà. Il rispetto per la legge, il coraggio, e la tutela delle tradizioni nazionali sono pure aspetti importanti tra i valori trasmessi da questo sport. L'attitudine di un Pahlevan è chiamata javānmardi (lett. "Giovane uomo": concetto immediatamente riferibile all'istituzione della "cavalleria" nel mondo islamico, che prevedeva che i suoi aderenti si caratterizzassero per integrità morale, coraggio, galanteria e nobiltà d'animo).
La fraternità tra i pahlavan incoraggia i valori di solidarietà reciproca tra i membri di questi circoli e, seguendo l'ideale cavalleresco, di dare aiuto a chiunque quando fosse necessario. I pahlavan di una zorkana proteggevano spesso il quartiere o i villaggi e le città in cui risiedevano.
I pahlavan hanno grande rispetto per l'ambiente dove praticano il loro sport, luoghi che sono frequentati da anime pure ed oneste.


venerdì 13 agosto 2010

Viet Vo Dao

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Il termine Việt Võ Đạo può essere tradotto letteralmente in:
  • Việt: Trascendente, superiore (usato nell'espressione “SIEU VIET”, indica inoltre il nome del popolo vietnamita)
  • Võ: Arte marziale
  • Đạo: La Via; L'insieme dei principi della vita e della saggezza che conducono ad uno scopo supremo
Việt Võ Đạo è il termine letterario recentemente utilizzato per sostituire quello antico “VO TA” o “VOVINAM” (la nostra arte marziale vietnamita, espressione rievocante l'orgoglio nazionale).
L'appellativo “Việt Võ Đạo” comparve nel 1973 con il primo tentativo di unificazione amministrativa e giuridica delle arti marziali vietnamite in Francia. Fu il Gran Maestro Le Sang, Patriarca della Scuola Vovinam, ad autorizzare il Maestro Phan Hoang ad utilizzare il nome "Việt Võ Đạo" per identificare il movimento di arti marziali vietnamite che si stava strutturando in Occidente. Il 3 novembre 1973 venne fondata la Federazione Francese di Việt Võ Đạo, poi evoluta nell'INTERNATIONAL VIỆT VÕ ĐẠO ad opera dei maestri Nguyen Dan Phu (Decano del Consiglio dei Maestri) , Bui Van Thinh, Nguyen Trung Hoa, Hoang Nam, Tasteyre Tran Phuoc, Phan Hoang (Presidente), Pham Xuan Tong (Direttore Tecnico Internazionale, poi Fondatore del metodo Qwan Ki Do), Tran Minh Long. L'articolo 1, titolo 1°, dello Statuto francese del 1973 precisava la definizione di "Việt Võ Đạo" come sopra riportato. In Italia i primi maestri che si unirono alla federazione del M.° Phan Hoang furono: Nguyen Van Viet (Roma), Bao Lan (Padova), Nguyen Thien Chinh (Torino), Tran Ngoc Dinh (Milano, poi fondatore della Scuola Viet Anh Mon), Ngo Quoc Viet (Milano).
La FEDERAZIONE VIỆT VÕ ĐẠO ITALIA (FVVDI) fu creata con atto notarile nel 1980 a Roma ed è tuttora l'unica associazione sportiva in Italia a poter utilizzare legalmente il nome Việt Võ Đạo ed il distintivo della Federazione Internazionale (il Ministero dell'Industria del Commercio e dell'Artigianato, in data 2 ottobre 1989, ha concesso alla Federazione Việt Võ Đạo Italia, come marchio di primo deposito il brevetto n° 513966 per la protezione dell'originalità del “distintivo” ed il brevetto n° 513967 per la protezione dell'originalità del nome “VIỆT VÕ ĐẠO”). Il direttore tecnico della FVVDI è il M.° NGUYEN VAN VIET (9° dang), coadiuvato dal M.° BAO LAN (8° dang), responsabile per il Veneto e la Lombardia, e dal M.° NGUYEN THIEN CHINH (7° dang) responsabile per il Piemonte.

Posizioni nel Việt Võ Đạo

Vietnamita
italiano
Lap Tan
Posizione diritta
Chuan bi
Posizione d'attesa
Trung Binh tan
Posizione del cavaliere
Dinh Tan
Posizione frontale
Ham Duong Tan
Posizione dell'arciere
Ta Ma Bo Tan
Posizione laterale
Nhi Tan
Posizione laterale bassa
Tieu Tan
Posizione di difesa
Xa Tan
Posizione del serpente
Hac Tan
Posizione della gru






giovedì 12 agosto 2010

Yoseikan

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Yoseikan (養正館 Yōseikan) è il nome attribuito alla costruzione di un dojo nel novembre 1931 a Shizuoka in Giappone.

Il Dojo
Il fratello e gli amici del Maestro Minoru Mochizuki costruirono il dojo per lui mentre era convalescente a seguito di una pleurite ed una tubercolosi. Quando il dojo fu edificato, un amico della famiglia Mochizuki (insegnante di filosofia) lo chiamò Yōseikan. Mochizuki adottò immediatamente il nome in quanto significava "il luogo per coltivare la verità/giustizia". Esso rifletteva gli ideali del suo insegnante e rinforzava l'atteggiamento positivo del "Benessere reciproco e prosperità" che aveva sempre promosso. L'apertura ufficiale del dojo si tenne nel novembre 1931 e molti dignitari provenienti da Tokyo, inclusi: Morihei Ueshiba, l'Ammiraglio Isamu Takeshita ed il Generale Makoto Miura parteciparono.


mercoledì 11 agosto 2010

Zen Do Kai

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Lo Zen Do Kai è uno stile di arte marziale, originario dell'Australia.

Storia
Venne e fondato da Bob Jones e Richard Norton, quando lasciarono il dojo giapponese di karate Gōjū Kai di Tino Ceberano nel 1970.

Caratteristiche
Bob Jones descrive lo Zen Do Kai come un "sistema aperto", e come tale è "aperto alle influenze e alle idee provenienti da tutto il Mondo", che abbraccia elementi del pugilato, prese, Brazilian Jiu-Jitsu, Eskrima, Judo, Karate e Muay Thai. Zen Do Kai significa, secondo Jones, "Il meglio di tutto in progressione" e include tecniche di autodifesa e kata.
Si distingue da molte forme di karate tradizionale perché consente l'utilizzo di svariate tecniche utilizzate dai praticanti di kickboxing tailandese.
La filosofia della disciplina abbraccia il principio "se funziona, si usa" e come tale contiene elementi di varie altre arti marziali.








martedì 10 agosto 2010

Shan shui

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Shan shui è uno stile di pittura cinese che riguarda o raffigura panorami o paesaggi naturali, usando pennello e inchiostro in luogo di colori più convenzionali. I soggetti più ricorrenti in questa forma artistica sono montagne, fiumi e spesso cascate.

Storia
La pittura shan shui iniziò a diffondersi durante il V secolo, sotto la dinastia Song meridionale. Questo stile fu in seguito caratterizzato da un gruppo di artisti paesaggisti come Zhang Zeduan, per la maggior parte già famosi, che realizzarono dipinti di paesaggi su larga scala. Si trattava di dipinti solitamente incentrati sulle montagne, che erano da tempo luoghi sacri in Cina, in quanto visti come le case degli immortali e quindi vicine al cielo. Anche l'interesse filosofico per la natura o per le connotazioni mistiche del naturalismo potrebbe aver contribuito all'ascesa della pittura paesaggistica. L'arte dello shan shui, come molti altri stili della pittura cinese, ha un forte riferimento all'immaginario e ai motivi del taoismo, che esercitarono su di essa una profonda influenza. Alcuni autori hanno suggerito che l'enfasi taoista sulla piccolezza della presenza umana nella vastità del cosmo o l'interesse neoconfuciano per i modelli o principi che sottendono tutti i fenomeni, naturali e sociali, abbia condotto alla natura fortemente strutturata dello shan shui.

Concetti
La maggior parte dei dizionari e delle definizioni dello shan shui dicono che il termine include tutti gli antichi dipinti cinesi con immagini di montagne e acque. I pittori cinesi contemporanei, tuttavia, ritengono che soltanto i dipinti che, oltre a raffigurare tali soggetti, seguono specifiche convenzioni di forma, stile e funzione possano essere definiti shan shui. Quando i pittori cinesi usano lo shan shui, non tentano di presentare un'immagine di ciò che hanno visto nella natura, ma di ciò che hanno pensato della natura. A nessuno importa se i colori e le immagini dipinte somiglino o no all'oggetto reale.
Secondo Ch'eng Hsi:
Lo shan shui è un tipo di pittura che va contro la comune definizione di ciò che è un dipinto. Lo shan shui rifiuta il colore, la luce, l'ombra e il lavoro personale con il pennello,non è una finestra aperta per l'occhio dell'osservatore, ma è un oggetto per la mente dell'osservatore e quindi assomiglia più a un veicolo della filosofia.

Composizioni
I dipinti dello shan shui sono caratterizzati da un complicato e rigoroso insieme di regole quasi mistiche riguardanti l'equilibrio, la composizione e la forma. In particolare, tutti i dipinti shan shui dovrebbero avere tre componenti essenziali:
I Sentieri - I percorsi dei sentieri non dovrebbero mai essere rettilinei, ma piuttosto serpeggiare come un torrente. Questo aiuta ad accrescere la profondità del paesaggio aggiungendo strati. Il sentiero può essere costituito dal fiume o da un sentiero che corre lungo di esso, o ancora dal tracciato del sole attraverso il cielo oltre il versante della montagna. Il concetto è di non creare mai modelli inorganici, ma di imitare invece i modelli che la natura crea.
La Soglia - Il sentiero dovrebbe condurre ad una soglia. La soglia è là per abbracciare chi guarda e deve offrirgli uno speciale benvenuto. La soglia può essere la montagna, o la sua ombra sul terreno, oppure il suo squarcio nel cielo. Il concetto è sempre che una montagna o il suo confine devono essere chiaramente definiti.
Il Cuore - Il cuore è il punto focale del dipinto e tutti gli elementi dovrebbero condurre ad esso. Il cuore definisce il significato del dipinto. Il concetto dovrebbe essere che ciascun dipinto ha un unico punto focale e che tutte le linee naturali del dipinto si dirigono all'interno verso questo punto.

Elementi e colori
Lo shan shui è dipinto e progettato in accordo con la teoria cinese dei cinque elementi, che rappresentano varie parti del mondo naturale; esso si basa pertanto su specifiche istruzioni per i colori da adoperare nelle diverse "direzioni" del dipinto, così come riguardo a quelli che dovrebbero dominare.

Direzione Elemento Colore
Est / S.E. Legno Verde
Sud Fuoco Rosso
N.E. / S.O. Terra Marrone chiaro o Giallo
Ovest / N.O Metallo Bianco oppure Oro
Nord Acqua Blu o Nero
Le interazioni positive tra gli Elementi sono:
  • Il Legno produce il Fuoco
  • Il Fuoco produce la Terra
  • La Terra produce il Metallo
  • Il Metallo produce l'Acqua
  • L'Acqua produce il Legno.
Gli Elementi che reagiscono positivamente si dovrebbero usare insieme. Ad esempio, l'Acqua completa sia il Metallo che il Legno; Perciò, un pittore combinerebbe il Blu e il Verde o il Blu e il Bianco. C'è un'interazione positiva tra la Terra e il Fuoco, così un pittore mescolerebbe il Giallo e il Rosso.
Le interazioni negative tra gli Elementi sono:
  • Il Legno sradica la Terra
  • La Terra blocca l'Acqua
  • L'Acqua spegne il Fuoco
  • Il Fuoco scioglie il Metallo
  • Il Metallo spacca il Legno.
Ovviamente, gli elementi che interagiscono negativamente non si dovrebbero mai usare insieme. Ad esempio, il Fuoco non interagirà positivamente con l'Acqua o con il Metallo, perciò un pittore non sceglierebbe di mescolare il Rosso e il Blu oppure il Rosso e il Bianco.

Connessione con la poesia
Lo shan shui influenzò anche un movimento poetico, che fu infatti chiamato "poesia shan shui". Talvolta, le poesie erano destinate ad essere considerate insieme ad una particolare opera d'arte, altre volte erano intese come "arte testuale" che invocava un'immagine nella mente del lettore.

Influenza
Animazione e cinema
La forma d'arte dello shan shui è divenuta molto popolare, al punto che un'animazione cinese del 1988 intitolata Sensazioni dalla montagna e dall'acqua (inglese: Feeling from Mountain and Water; cinese: 山水情, Shān shuǐ qíng) usa lo stesso stile artistico e perfino il termine per il titolo del film. Per giunta, molti recenti film e opere teatrali prodotti in Cina, specificamente La foresta dei pugnali volanti e Hero, usano elementi dello stile stesso nella scenografia, come pure gli aspetti elementali per conferire "equilibrio".

Costruzioni
Il termine shan shui talvolta viene usato per ricomprendere l'architettura di giardini e di paesaggi, in particolare nell'ambito del feng shui.