Il Varzesh-e pahlavānī (in
persiano: ورزش پهلوانی)
significa "Sport degli eroi", è anche conosciuto come
(persiano: ورزش باستانی,
varzeš-e bāstānī), che significa "Sport degli antichi",
è una disciplina di ginnastica e lotta tradizionale della Persia
(Iran), originariamente nata come accademia di educazione fisica per
scopi militari.
È conosciuta in Italia anche con il
nome di zorkana (Zurkhaneh), nome che indica più strettamente il
luogo, la palestra dove si compiono gli esercizi fisici.
La "zorkana" combina elementi
della cultura pre-islamica con la spiritualità del sufismo. Agli
"atleti" si richiede purezza d'animo, sincerità e
temperanza, solo in seguito viene la forza fisica. Il principio di
modestia è esemplificato dai versi che si recitano ad ogni incontro:
«Impara la modestia se vuoi la conoscenza. Un altopiano non
potrà mai essere irrigato dal fiume.» |
(Kanz ol-Haghayegh) |
I persiani nell'antichità davano
importanza alla salute e alla forza, praticavano esercizi fisici e
addestravano i giovani a fare altrettanto. L'educazione fisica e
spirituale ha una lunga tradizione risalendo ai Medi fino all'epoca
degli Achemenidi.
«I persiani addestrano i loro ragazzi dai 5 ai 20 anni in tre
discipline: l'equitazione, il tiro con l'arco e la precisione» |
(Erodoto, storico greco) |
La storia delle arti marziali
tradizionali iraniane può essere divisa in quattro periodi maggiori.
Esistono periodi in cui le arti marziali non sembrano menzionate, in
particolare il periodo achemenide e quello sasanide.
A seguito delle numerose invasioni
succedutesi nel corso della storia, i patrioti iraniani si sono visti
costretti a praticare gli esercizi in piccole sale interrate, alle
quali si accedeva da una piccola porta. Queste sale diventeranno le
zorkane. Tali luoghi semi-clandestini potevano servire come sale per
le riunioni dei patrioti, ma anche come spazi dove esercitarsi alla
lotta. Gli invasori hanno più volte distrutto le zorkane e gli
iraniani più volte le hanno ricostruite.
Il mito è basato sull'opera di
Ferdowsi nel Shāhnāmā ("libro dei re"). Gli atleti
mitici di quell'epoca si battevano contro le forze del male. A volte
il destino di una guerra e quello di un paese erano determinati da un
combattimento a mani nude, conosciuto come Koshti gereftan (la
lotta). L'atleta leggendario di questo mito è Rostam che salvò più
volte la Persia dalle forze del male.
La parola pahlavan deriva dalla lingua
dei Parti. Il Varzesh-e pahlavani ha origine nell'epoca dell'Impero
dei Parti (250 a.C. - 224) durante il quale lo sport si è sviluppato
come allenamento e preparazione dei guerrieri al combattimento ed al
loro ruolo e dovere in generale. Gli studiosi notano delle similarità
tra i rituali del mitraismo e quelli del Varzesh-e pahlavani; anche
le forme dei templi mitraici e delle zorkane hanno delle similarità.
A parte ciò esistono poche tracce da questa epoca.
Fino all'arrivo dell'Islam in Iran, il
Varzesh-e pahlavani era una forma di esercizio puramente fisico. Con
l'adozione dello sciismo come religione di Stato sotto i Safavidi
qualche secolo dopo, si sono aggiunte dimensioni nuove: la filosofia
e la spiritualità dell'Islam. Il sufismo è stato chiaramente il
mezzo attraverso cui si sono espresse queste nuove dimensioni. Si
notano altrettanto bene le similarità tra certi rituali del
Varzesh-e pahlavani e quelli del sufismo.
Lo sport arriva al suo apogeo sotto la
dinastia qajara e particolarmente sotto al regno di Nassereddin Shah
(1848-1896). In questa epoca si costruiscono numerose zorkane a
Teheran ed in tutto il paese. I Pahlavan ufficiali dell'Iran, ricordo
dei lottatori della mitologia persiana, erano designati nel corso di
una cerimonia che si teneva alla presenza dello Scià il 21 marzo di
ogni anno, in corrispondenza al nuovo anno iraniano. In tali
occasioni lo Scià consegnava il Bazou band (il braccialetto) al
campione della competizione che diventava eroe nazionale per un anno.
I lottatori più celebri di tutti i tempi sono apparsi in epoca
contemporanea a partire dal XIX secolo; si possono citare Pahlavan-e
Bozorg Razaz, Pahlavan Boloorforoush, Pahlavan Toosi e Jahan Pahlavan
Takhti.
L'ascesa della dinastia Pahlavi è
coincisa con il declino dello sport. Il nuovo scià, Reza Pahlavi,
voleva trasformare l'Iran in un paese moderno e tutte le tradizioni
erano in conflitto con le sue idee di occidentalizzazione. Non mostrò
alcun interesse in questo sport che vedeva come un relitto delle
cerimonie cagiare.
Suo figlio, Mohammad Reza Pahlavi,
divenuto scià nel 1941, restaurò quel che restava della tradizione
della lotta. Era lui stesso uno sportivo e fu nel suo regno che si
tennero le ultime competizioni nazionali di lotta e che si
designarono i Pahlavan nazionali, ai quali lo Scià consegnava il
bazou band. Sfortunatamente, la tradizione dello sport fu molto
colpita quando lo Scià nominò Shaban Ja'fari (considerato un
"mascalzone") alla testa della federazione pahlavani.
È nel tentativo di spezzare i legami
con la tradizione, popolarizzare lo sport e aumentare il nazionalismo
iraniano che il governo ha rinominato lo sport
Varzesh-e bastani. In
seguito alla Rivoluzione iraniana nel 1979, il governo islamico ha
visto lo sport di cattivo occhio, di più l'aumento di popolarità
del calcio e di altri sport occidentali provocano un declino ed una
diminuzione dei giovani che intraprendono la pratica.
Il Varzesh-e pahlavani si pratica
appunto nella zorkana, una sala che ha una struttura particolare.
Tradizionalmente gli esercizi si praticavano all'alba e terminavano
alla fine del levar del sole. Ai nostri giorni si tengono piuttosto
alla sera, dopo il calar del sole.
La zorkana è una sala costruita nel
sottosuolo alla quale si accede per una piccola porta i tempi in cui
i usata come luogo di assemblee clandestine; all'interno vi è una
specie di pozzo di forma ottagonale, di circa un metro di profondità
e dai dieci ai venti metri di diametro, all'interno del quale i
pahlavan eseguono gli esercizi. Vicino all'entrata si trova una
piattaforma rialzata, chiamata sardam, sulla quale sta il morshed, il
conduttore che dirige gli esercizi e li ritma con l'aiuto di canti
epici spesso estratti dallo Shâh Nâmâ ("Il libro dei re")
e di percussioni effettuate sul tombak, un tamburo tradizionale
persiano. Una campana (zang) al suo fianco gli consente di segnare
l'inizio e la fine dei differenti esercizi.
La seduta di addestramento inizia e
finisce sempre con una preghiera (Niāyesh) condotta dal morshed.
Queste preghiere di solito fanno riferimento alla mentalità, alle
attitudini e alle credenze dei praticanti. Questi si uniscono al
morshed e pregano per la gloria del paese, la salute e la felicità
dei suoi dirigenti, la rispettabilità dei praticanti e dei veterani
della zorkana, la forza che gli permette di aiutare i deboli, la
grazia di Dio in modo da restare lontani dagli errori ed infine per
il miglioramento della giustizia e della buona condotta dell'umanità.
Abbandonano infine il pozzetto in modo ordinato e secondo le
gerarchie.
I pahlavan, avendo rimpiazzato le armi
tradizionali con altri strumenti per gli esercizi, a causa dei detti
motivi storici (vedi sopra), al giorno d'oggi utilizzano gli
strumenti seguenti:
- Sang ("pietra" in persiano), strumento di legno che sostituisce uno scudo.
- Mīl, pesi a forma di clava.
- Kabbadeh, strumento di metallo a forma di arco.
- Takhte, barra che serve a fare le flessioni.
Il loro utilizzo viene descritto nei
paragrafi che seguono.
Il Varzesh-e pahlavani segue un rituale
estremamente codificato e gli esercizi pratici dei pahlevan avvengono
secondo un ordine stabilito, sotto la direzione del morshed. I
differenti esercizi sono qui descritti nell'ordine.
All'inizio di una seduta di
addestramento e nel corso di questa, i pahlevan fanno dei movimenti
con i piedi e con le braccia, consistendo in piccoli salti sul posto
e in rotazioni circolari delle braccia. Questi movimenti sono
praticati sia come riscaldamento sia come stiramento alla fine della
seduta; allo stesso tempo hanno lo scopo di migliorare la forza delle
gambe e delle braccia e di attivare le funzioni cardiorespiratorie.
Dopo il riscaldamento si comincia
l'esercizio chiamato Sang gereftan. Il sang consiste in due pezzi di
legno di forma rettangolare, simili ad uno scudo e pesanti tra i
venti ed i quaranta chili, in funzione dell'età del praticante. Ogni
scudo misura 70-80 centimetri di larghezza e 100-110 di lunghezza.
Una impugnatura è fissata al centro di ogni sang. L'esercizio
consiste nello stendersi sul dorso e nel piegare da destra a
sinistra, alzando ed abbassando i sang, una mano dopo l'altra. Il
sang non deve mai toccare terra. Nei tornei per giovani e adulti, il
numero di movimenti può raggiungere i 72 in sette minuti, i pahlevan
più forti arrivano a 115 movimenti. Lo scopo dell'esercizio è di
sviluppare i deltoidi, i pettorali, i tricipiti, i trapezoidali i
muscoli del collo e gli addominali.
Questo esercizio non è accompagnato da
percussioni, il morshed canta dei poemi epici per incoraggiare i
pahlevan.
Dopo gli esercizi di Sang Gereftan e Pā
Zadan, i lottatori cominciano un esercizio di flessioni. Formano
quindi un cerchio, nel pozzo della zorkana, con la schiena verso il
muro e le gambe ben divaricate. Si buttano insieme in avanti e
poggiando il peso sulla barra che è prevista allo scopo. La barra
misura dai 50 ai 70 centimetri di lunghezza e 10 di spessore e poggia
su due piedi corti. I movimenti di flessione sulle braccia sono
eseguiti in differenti forme e sono accompagnati dalle percussioni e
dal canto del morshed.
Il pahlavan più vecchio comincia
l'esercizio al centro del cerchio mentre il minore del gruppo guida i
movimenti di tutti.
Obiettivi di questo esercizio sono di
rafforzare i tricipiti, i pettorali, i muscoli delle spalle e del
collo, i quadricipiti e gli addominali.
L'esercizio termina con un altro
esercizio di Pā Zadan.
Il peso utilizzato per questo esercizio
è fatto di legno, ha un'impugnatura in un'estremità mentre il peso
è verso l'altra. Il peso può variare da due a 50 chili.
Questo esercizio è stato pensato per
addestrare gli uomini a portare e a manipolare armi pesanti in tempo
di guerra. Ogni pahlevan tiene due masse, una per mano, e poggia la
parte pesante sulle spalle. Al segnale del morshed e seguendo il
ritmo delle percussioni, li fanno girare attorno alle spalle. Gli
atleti più abili a volte fanno esercizi più spettacolari, muovendo
i pesi come giocolieri.
Questo esercizio rafforza le spalle, i
tricipiti, i bicipiti, i pettorali e i muscoli trapezoidali.
Questo esercizio è un movimento
particolare degli esercizi fatti nella zorkana e consiste nel girare
su sé stessi facendo la ruota al modo dei dervisci rotanti nel corso
della danza chiamata semaʿ.
All'inizio dell'esercizio, i pahlevan
si mettono in cerchio attorno al pozzo, schiena contro il muro, è il
più giovane che inizia portandosi al centro del cerchio ed iniziando
a girare, all'inizio dolcemente poi, via via, più velocemente. Dopo
lui l'esercizio è ripetuto da tutti gli atleti che si portano al
centro e ruotano su sé stessi, uno dopo l'altro, per ordine di età.
Il più vecchio pahlevan presente completa l'esercizio che è
continuamente accompagnato dal canto e dal ritmo delle percussioni.
Alla fine di ogni turno, che può durare fino a quindici minuti senza
perdita di controllo o stordimento, l'atleta si rivolge al morshed,
lo saluta e lascia il posto al prossimo.
Mentre fanno la ruota, i pahlevan
stendono le braccia da ogni lato in orizzontale, all'altezza delle
spalle. Ogni atleta ha il proprio stile, la ruota può essere fatta
solo al centro del cerchio o al contrario si può eseguire,
contemporaneamente da alcuni, in più punti del cerchio formato dai
partecipanti.
Obiettivi dell'esercizio sono di
migliorare la coordinazione neuro-muscolare e l'agilità.
Il kabbadeh è uno strumento in metallo
a forma di arco, pesante tra i sette e i dieci chili, durante le
competizioni a volte arriva a sedici chili, e misura da un metro a un
metro e mezzo di lunghezza.
Al posto della corda è fissata una
grossa catena, a questa possono essere appesi dei dischi di metallo.
L'esercizio consiste nel sollevare lo
strumento al di sopra della testa, l'arco con la mano destra e la
catena con la sinistra. I pahlevan cominciano imbracciando il
kabbadeh, poi tendono il braccio destro, l'avambraccio sinistro forma
allora una linea orizzontale sopra la testa. L'esercizio segue per
simmetria al suono delle percussioni, dei canti del morshed e del
tintinnìo della catena in metallo.
L'obiettivo di questo esercizio è di
rinforzare i muscoli delle spalle, i tricipiti ed i bicipiti, i
trapezi e gli obliqui.
A volte, dopo il Kabbadeh zadan, i
Pahlevan si addestrano alle tecniche della "lotta eroica"
antica, questa è la parte più importante dell'allenamento nelle
zorkane ed è un esercizio che risale all'antichità.
I pahlevan si confrontano, due a due,
utilizzando differenti tecniche: offensive, difensive e di
contrattacco. La letteratura sportiva dell'antichità descriveva più
di duecento tecniche ed espressioni specifiche. Al giorno d'oggi in
Iran esistono diversi stili come lo stile tradizionale, lo stile
curdo, lo stile turkmeno o lo stile gilaki.
La lotta è tenuta in tale
considerazione che un combattimento si teneva davanti allo Scià il
giorno di Norouz per designare il campione nazionale. Questo veniva
ricompensato con un braccialetto chiamato
Bazou band, e questo
termine designava il vincitore del campionato iraniano sotto Reza
Pahlavi.
La seduta di allenamento termina sempre
con una preghiera (Niāyesh) condotta dal morshed.
L'arte marziale promuove
tradizionalmente dei valori etici e morali, i discepoli delle diverse
scuole devono osservare alcuni codici di condotta. Questi valori
sono: l'umiltà, la generosità, la virtù, la carità e la pietà.
Il rispetto per la legge, il coraggio, e la tutela delle tradizioni
nazionali sono pure aspetti importanti tra i valori trasmessi da
questo sport. L'attitudine di un Pahlevan è chiamata javānmardi
(lett. "Giovane uomo": concetto immediatamente riferibile
all'istituzione della "cavalleria" nel mondo islamico, che
prevedeva che i suoi aderenti si caratterizzassero per integrità
morale, coraggio, galanteria e nobiltà d'animo).
La fraternità tra i pahlavan
incoraggia i valori di solidarietà reciproca tra i membri di questi
circoli e, seguendo l'ideale cavalleresco, di dare aiuto a chiunque
quando fosse necessario. I pahlavan di una zorkana proteggevano
spesso il quartiere o i villaggi e le città in cui risiedevano.
I pahlavan hanno grande rispetto per
l'ambiente dove praticano il loro sport, luoghi che sono frequentati
da anime pure ed oneste.
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