giovedì 21 marzo 2019

La trasmissione profonda dell'arte attraverso il metodo delle scuole autentiche


Le arti guerriere hanno origini antichissime, e i primi rudimenti possiamo farli risalire all'alba dell'uomo: quando questo doveva battersi per sopravvivere doveva battersi con altri suoi simili.
Nel corso dei secoli le tecniche per il combattimento divennero sempre, più elaborate ed efficaci, onde evitare di lasciare al caso le sorti di uno scontro.
Sorsero così molte scuole dove veniva insegnata l'arte del combattere da maestri d'arme che avevano verificato e affinato la loro tecnica sui cambi di battaglia.
Per la formazione del "guerriero" accanto all'insegnamento tecnico venivano poste delle basi morali e comportamentali, in modo da rendere questi individui non solo abili combattenti, ma persone in grado di garantire una stabilità sociale (se necessario anche con le armi) indispensabile per mantenere l'ordine istituito. In Europa ne sono un esempio i leggendari cavalieri di re Artù.
In Corea vi furono i Hwarang.
La leggenda racconta che il re Chinhung (dinastia Silla 661-935 d.C.) chiese al famoso monaco buddista Won Kang Bopsa di ideare un sistema di educazione per creare una classe dirigente e militare che fosse efficiente e saggia.
Vennero cosi selezionati i hwarang (tradotto letteralmente "giovane in fiore") fra i ragazzi di classe nobile. La loro formazione comprendeva lo studio dei classici cinesi, le basi della religione buddista, l'etichetta, la danza, la letteratura, l'arte, la scienza e naturalmente tutte le attività connesse alla guerra. Si formò così una classe guerriera colta e pronta ad affrontare i duri scontri dell'epoca.
L'intellettuale guerriero divenne un modello di vita che rimase esemplare per molte generazioni; gran parte dei condottieri della dinastia Silla erano dei Hwarang. Le storie del loro coraggio e del feroce spirito combattivo venivano raccontate nella poesia e nella letteratura hwarang, che divenne la base della letteratura coreana per oltre mille anni.
Essenziale era il codice di cavalleria, sul quale i guerrieri basavano la loro etica.
Si narra che due giovani hwarang chiesero al monaco Won Kang Bopsa di creare dei "comandamenti" dai quali potevano essere guidati i soldati che non avevano avuto un'educazione come quella dei nobili guerrieri. Questi precetti rappresentano una sintesi del codice di cavalleria marziale del tempo:
1. Sii fedele al tuo Re.
2. Sii ubbidiente ai genitori.
3. Sii leale con gli amici.
4. Uccidi solamente secondo giustizia.
5. Non indietreggiare mai in battaglia,
Su queste basi nacque in estremo oriente la via 'del guerriero (bushido in giapponese), ma non si trattava solamente di una morale che disciplinava, attraverso una retta azione, il comportamento del guerriero. Ciò che caratterizza e contraddistingue il bushido è in correlazione con il concetto indù di dharma, la legge d'azione legata alla casta della vita presente, il dovere inerente alla propria natura interiore. La realizzazione spirituale è possibile solamente seguendo il proprio dharma, che per un guerriero, (kshatriya) è il combattimento e la morte. In un passo della Bhagavad Gita, il dio Krishna dice ad Arjuna:
«Considera il tuo proprio dharma: non puoi esitare. Nessun ideale è più alto per un guerriero che un giusto combattimento. Felici i guerrieri, o Parta, che arrivano, in modo spontaneo, a un tale combattimento: una porta aperta verso il Cielo».
In Giappone la fusione del buddismo Chan con lo shintoismo portò alla creazione del bushido (bu = arti marziali, shi - guerriero, do — via) la Via del samurai.
Questo "cammino" del guerriero verso una coscienza superiore può essere sintetizzato in sette punti essenziali:
1. Gi - l'atteggiamento giusto ed equanime, la verità. Quando giunge ìl momento della morte si deve morire, senza attaccarsi alla vita,
2.Yu - il 'coraggio, l'abilità dell'eroe.
3.Jin - l'amore universale, la benevolenza verso l'umanità,
4. Rei - il giusto comportamento in ogni situazione.
5, Makoto - la totale sincerità.
6, Meryo - l'onore e la gloria.
7, Chugi - la lealtà, la devozione.
Questa via seguita dai samurai è assoluta.
Lo sviluppo parte dal corpo per arrivare allo "spirito", pertanto la pratica è fondamentale e grande importanza viene data al comportamento giusto. Il buddismo ha caratterizzato il bushido principalmente attraverso cinque aspetti:
Il controllo e la pacatezza dei sentimenti;
la tranquilla accettazione dì fronte all'inevitabile;
il pieno controllo di sé in qualsiasi situazione;
il rapporto sereno con l'idea della morte e della vita;
la povertà pura.
Da quanto sopra, si evince che l'azione risulta spiritualmente efficace o nel caso sia conforme alla natura interiore di chi la compie. Medesimo è il significato di quelle discipline che, partendo da una tecnica, si evolvono in arte, e grazie ad alcuni uomini "superiori" si trasformano in vie (tao). Sono "metodi" il cui fine è una realizzazione spirituale secondo il proprio modo dì essere uomo.
L'ideogramma che i giapponesi leggono do o michi (per i cinesi tao indica la "via" nel senso sopra descritto, e nella scrittura antica sembra fosse composto dall'immagine grafica di una testa dì un maestro, dì una strada e dai piedi di un altro uomo. Quindi, un discepolo che segue il maestro sulla via.
Esteriormente tutte le discipline che si basano su questi principi (il budo, il chado eccetera) portano al dominio dì una tecnica, alla conoscenza profonda dell'arte. Ma il praticante a un certo punto del suo cammino esce da questi confini esteriori, per elevarsi a un piano superiore attraverso una trasformazione e una purificazione interna che gli permetterà una crescita spirituale. Lo scopo ultimo di tutte le vie è questo, ma l'aspetto interiore, esoterico dell'insegnamento viene celato ai più, poiché solamente gli allievi spiritualmente più elevati, e quindi in grado di comprendere, possono accedervi.
Ogni forma di tradizione spirituale ha due aspetti, uno esteriore, essoterico, più propriamente religioso, l'altro esoterico o iniziatico. Per quanto riguarda il buddismo mahayanjco, i giapponesi usano due termini: tariki (l'aiuto di un altro) e jiriki (il fare da sé). Tariki è la, ricerca della salvazione affidandosi alla grazia e alla bontà divina, chiesta attraverso formule salvifiche e una condotta "pia". È questo il caso delle sette amidiste, del Jodo, che confidano nella rinascita nel paradiso del Budda Amida, nella Terra Pura. Jiriki è la vìa dell'illuminazione attraverso un lavoro e una realizzazione interiore, uno sforzo condotto con autodisciplina e un severo addestramento ascetico sotto la guida di un maestro che ha il compito di istruire sulle tecniche del risveglio stimolando e guidando il discepolo verso l'autorealizazione.
Quest'ultimo è il metodo adottato dallo Zen, dal Tendai, dallo Shingon.
In Giappone si diceva: «II Tendo è per la famìglia imperiale, lo Shingon per la nobiltà, lo Zen per i samurai e il Jodo per la massa del popolo».
Ogni do, all'interno delle dottrine jiriki, ha un aspetto esterno e uno interno ed è quest'ultimo il "cuore", l'essenza dell'insegnamento, che i giapponesi chiamano hiden. In ogni scuola per giungere all'insegnamento esoterico, al suo hiden, bisognava superare tutti i livelli inferiori dell'addestramento, necessari per saggiare e forgiare al tempo stesso il discepolo.
Nell'Hagakure, testo di etica e precettistica samurai del XVII secolo scritto da Jocho Yamamoto, si afferma che nessuna grande opera è stata compiuta da un individuo senza che questi divenisse "pazzo", ossia senza superare il livello di coscienza ordinaria, raggiungendo quindi una coscienza illuminata.
Una coscienza illuminata, che abbia quindi superato il dualismo della mente ordinaria (vita-morte, bene-male, giusto-ingiusto) può vedere le cose per quello che realmente sono. È su questo livello di coscienza che agiscono tutti i grandi maestri delle arti marziali.
Secondo il pensiero zen è necessario superare la divisione - del mondo tra soggetto e oggetto, causata dall'ignoranza cosmica, che impedisce di vedere nella propria natura più profonda. Questa natura e il volto originario dell'Io superiore, che i buddisti chiamano "il cuore del Budda", l'Assoluto Riscoprire la nostra essenza superiore, distruggendo le false e caduche aggregazioni dell'Io terreno e illusorio, è compito di ogni ascesi spirituale.
Ritrovata la nostra essenza superiore si dissolvono ogni antitesi e ogni dualità, si apre improvvisamente una visione lucida e intuitiva (non concettuale). Questa coscienza ìlluminata, o conoscenza intuitiva suprema, è prajna, "Risvegliarsi" a questa conoscenza è il satori (illuminazione).
Il superamento dell'ordinaria condizione umana, attraverso quest'esperienza trascendentale, permette infine di apprendere un'ultima verità: prajna è immanente in ogni essere umano, identità e diversità sono la stessa cosa, e il divenire e l'assoluto coincidono.
Una mente pura consente di percepire il mondo reale e conscguentemente apre la porta della conoscenza. L'uomo pieno di emozioni e dì pensieri ha la "superficie" della mente increspata che non gli consente di percepire la verità, proprio come la superficie di uno stagno increspata dal vento rende deforme ed evanescente il riflesso della luna.
Bisogna placare le "burrasche" che agitano la mente, solo quando ciò avviene l'immagine della luna appare e l'uomo è illuminato.
Nella pratica del budo avviene la stessa cosa. Per avere la certezza della vittoria è necessaria una mente pura che consente di conoscere sia se stessi sia tutti gli altri. Attraverso la concentrazione durante l'azione e la meditazione. Nel budoka regna la calma perfetta: egli giunge alla vacuità e riconosce la realtà.
È indispensabile tenere sotto controllo la mente, in modo da "sottometterla" alla volontà del Sé; solo a queste condizioni si arriva a mushin. L'ego scompare e si giunge a prese di coscienza soggettiva, che nella terminologia zen prende il nome di satori.
L'assenza di pensieri discriminanti, mushin, porta a una simultaneità di volontà e azione, ed è questo il punto di arrivo dei grandi maestri delle vie marziali (budo) sulla linea dello zen.
Tutto il lavoro di anni, di una vita dedicata al budo tende a questa meta, e se non si raggiunge lo stato di mushin non si possiede veramente un'arte. Chi però raggiunge questo livello è già sulla via che conduce alla liberazione e l'arte non gli serve più.
Le scuole tradizionali orientali, per perseguire il fine ultimo sopra descritto, si avvalgono di un metodo di insegnamento che, partendo dall'elementare conduce gradatamente al complesso e dal concreto all'astratto, attraverso la sperimentazione l'induzione e la verifica.
Inoltre esse si avvalgono dì "verità rivelate", che non ammettono dubbi o critiche, dogmi ferrei sostenuti dall'autorità indiscussa dì legittimi maestri "illuminati".
Questo metodo viene chiamato dagli okinawesi su-ha-li, dai cinesi ciun-po-li.
Su è il primo passo sul cammino del do.
Secondo il sistema di gradazione adottato nelle discipline marziali, va dal primo al terzo dan e i praticanti vengono denominati yu-dan-sha. In questo primo livello l'allievo deve assimilare la forma, sia mentale, sia fisica, datagli dall'insegnante.
Le tecniche plasmeranno il corpo, la disciplina e l'etichetta faranno altrettanto sulla mente.
La pratica dei kata è determinante per questa formazione: esternamente educa il corpo, internamente disciplina l'ego; mentre l'etichetta formalizza il rapporto con gli altri.
Il secondo livello è ha; è in questa fase che il praticante matura la sua maestria, ha una visione completa e precisa del tutto e pur padroneggiando le tecniche riconosce i propri limiti fisici, energetici e mentali. È questo il periodo della comprensione, il rapporto con il proprio maestro cambia: gli si chiedono delle conferme su quanto elaborato e maturato nei molti anni di pratica.
A questo stadio il praticante, se è un insegnante, può elaborare delle nuove metodologie, trovare delle soluzioni diverse che arricchiscono l'arte, ma.non può modificare nella sostanza l'insegnamento tradizionale, modificando per esempio i kata classici.
In Giappone solamente a chi ha raggiunto questo livello si attribuisce il suffisso ka: karateka, judoka, kendoka, relativo alla disciplina praticata.
Ka vuol dire élsa, e quindi sta a indicare che questi praticanti ospitano dentro di sé l'arte praticata, che vive in loro. Sono questi individui che hanno la capacità e la responsabilità di rappresentare, personificandola, l'arte marziale, il budo. Questi maestri, dal quarto al settimo dan, sono considerati dei ko-dan-sha, votati alla ricerca del proprio sé.
L'ultima tappa del metodo tradizionale è Li.
Il praticante e la forma sono ormai diventati una sola cosa, è stata raggiunta l'essenza, e pertanto la forma può essere abbandonata dando spazio alla creatività. L'energia e la coscienza del budoka si sono purificate, questi ha raggiunto il mushin. Ora può creare o modificare i kata, vivificare con nuove intuizioni la tradizione dell'arte. Un uomo che abbia veramente compreso e realizzato in sé l'essenza dell'arte è in grado di creare nuove "forme", nuovi modelli da imitare per raggiungere il fine ultimo delle arti marziali. È questo lo stadio raggiunto dai grandi maestri fondatori di scuole e stili: tra questi ricordiamo Morihei Ueshiba, fondatore dell'aikido; Chang San Feng, che creò il taijiquan; Shigeru Egami, fondatore dello shotokai.
È il metodo tradizionale orientale a garantire la trasmissione corretta degli, insegnamenti, ma sono gli uomini che rendono concreta l'arte.

mercoledì 20 marzo 2019

BREVI CENNI SULLE ORIGINI E SULLA STORIA DEL KUNG FU-HUNG GAR



Hung Gar, secondo il dialetto di Canton si traduce come “Famiglia Hung”, ma lo si potrebbe conoscere anche come “Hon Kune” (Pugno di Hung) e più recentemente “Hung Ghia” (Famiglia Hung) in dialetto pechinese.
Si possono far risalire le origini di questo stile al 16° secolo. Quindi abbiamo il suo sviluppo durante le dinastia Ch'ing, viene classificato in modo inequivocabile come uno stile duro (Wai Chia), la paternità dello stile viene attribuita a Hung Nei Kung, allievo del monaco Shaolin Ti Sin Sin, conosciuto anche come Chi Shin.
Molti stili sopravvissuti fino ad oggi devivano dallo Shaolin, l'Hung Gar è uno dei più rappresentativi appartenente alla tradizione del Nam Siu Lam (Shaolin del sud).
Lo Shaolin può essere suddiviso in vari periodi storici durante i quali si è sviluppato ed è stato modificato.
Il primo periodo, il periodo Shaolin Gudai, conosciuto anche come Shaolin De o Antico, fra gli anni 520 e 1368 dopo Cristo. Successivamente incontriamo l'era Shaolin Ming, 1368-1644, periodo
d'oro del monastero Shaolin dell'Honnan, in cui fu realizzata la più importante codificazione degli stili. Infine abbiamo il periodo Shaolin Ching, compreso tra gli anni 1644 e 1911, nel quale avvenne la nascita della maggior parte degli stili praticati al giorno d'oggi.
Dallo stile Shaolin traggono origine le correnti Pak Siu Lam e Nam Siu Lam, alle quali si attribuiscono la maggior parte degli stili attualmente praticati.
Esistono diverse teorie sulla nascita dello stile Hung Gar così come differenti linee di sviluppo. Troviamo la più attendibile tra queste
e la più vicina al metodo praticato oggi attraverso la genealogia che inizia dal Maestro Hung Nei Kung e risale fino alla fine della dinastia Ching, con molti personaggi ed eroi che hanno contribuito allo sviluppo e al perfezionamento di questo stile. La storia narra che il monaco Ti Sin Sin tramandò le base dei metodi utilizzati dai monaci Shaolin al suo discepolo Hung Nei Kung attraverso una particolare sequenza di tecniche rappresentanti i movimenti della "tigre" e le respirazioni del "drago". Questa sequenza, con il tempo, si identificò nella famosa forma Konji Fo Fu, dalla quale si svilupparono in seguito le basi dello stile Hung Gar.
Il principio dello stile Wing Chun, le tecniche dello stile della "gru" e i molteplici scambi tecnici che avvenivano tra le differenti famiglie di Kung Fu avrebbe arricchito ulteriormente questo stile. (Si racconta che il Maestro Hung Nei Kung sposò l'allieva diretta della fondatrice dello stile Wing Chun).
Dopo Hung Nei Kung, la genealogia dello stile continua con i principali Maestri che avrebbero portato innovazioni e approfondimenti al metodo.
Oltre a questi sopracitati Maestri, esistono altri grandi personaggi che per alcune correnti sono capiscuola. Questa genealogia si ferma con questi personaggi, i quali non hanno ufficialmente riconosciuto nessun successore nella loro scuola. Situazioni analoghe, purtroppo, si sono verificate in molti altri stili.
Molti sono i maestri che si sono autoproclamati capiscuola ed unici eredi di uno stesso stile personalizzandolo.
Ciò ha creato non poca confusione, ma forse questo è il prezzo della popolarità di questa Arte.
Attraverso il personaggio di Wong Fei Hung, eroe popolare del periodo di fine ottocento, l'Hung Gar divenne il più importante e diffuso stile del Sud Cina. Nella regione del Kwan Tung ed esattamente nella zona di Canton si narra la storia delle "Dieci tigri" conosciute come le "Sap Fu". Questi erano dieci eroici personaggi praticanti diversi stili di Kung Fu che, per le loro imprese, si erano resi popolari specialmente durante il periodo dell'occupazione occidentale (dalla guerra dell'Oppio fino alla rivolta dei Boxer). Lo stile Hung Gar vanta tra questi ben tre Maestri cioè Wong Kei Yen, Wong Fei Hung e Ti Kiu San. Si raccontano molti aneddoti a proposito di questi due ultimi Maestri: Di Wong Fei Hung è soprattutto famoso il combattimento contro due vere tigri avvenuto all'interno di una fossa, ed il fatto di aver sconfitto col suo bastone, all'età di tredici anni, un famoso Maestro di Kung Fu. Ti Kiu San, invece, passò alla storia per aver vinto svariate sfide contro Maestri provenienti da ogni parte della Cina. Il vero nome di questo Maestro era Leon Kwan e venne soprapnominato "il terzo braccio di ferro", che si traduce appunto in Ti Kiu San, perché le sue braccia erano dure e forti come il ferro. Un giorno, per dimostrare questo, si racconta che fece salire sulle sue braccia (che avevano assunto la posizione di Tan Ji Kiu) ben sei persone. Riuscì a sollevarle e a trasportarle per cento passi! Il numero tre nel suo soprannome è in riferimento al fatto che era il terzogenito della famiglia.
Ancora oggi sulle pareti di una famosa pagoda di sette piani, nella città di Canton, si possono trovare affreschi che rappresentano scene di combattimento di Ti Kiu San e Wong Fei Hung.
Sono grandi eroi del passato a cui la cinematografia di Hong Kong ha dedicato più di cento pellicole!!
L'influenza della Boxe cinese ad Okinawa è stata determinante per quello che in seguito si sarebbe sviluppato e si sarebbe conosciuto come Karaté. Circa 200 anni fa furono introdotti nell'arcipelago
di Ryu Kyu, precisamente nell'isola di Okinawa, differenti stili di Kung Fu, tra cui lo stile Hung Gar del Kwan-Tung, il Bak Hoi del Fukkien, il Mei Hua del Nord e alcuni stili morbidi del Wu Tang.

martedì 19 marzo 2019

Cosa è l'Aikido



I principi dell'Aikido, sono nati e si sono sviluppati grazie a Morihei Ueshiba.
La caratteristica che spicca subito nella pratica di quest'arte marziale è il cambiamento che ha subìto proprio alla base, cambiamento che le ha fatto fare un salto in avanti, passando da un'arte potenzialmente aggressiva a un'espressione profonda che mira idealmente ad abolire il contatto fisico.
Si noti che quando la gente parla di sé stessa, quasi sempre fa riferimento al suo "io fisico".
Attraverso i cinque sensi le persone sono consapevoli della propria fisicità, ma non della loro mente che non possiede né colore né forma.
Ogni mattina facciamo gesti ormai divenuti abituali come lavarci i capelli o pettinarci, ma quanti di noi abitualmente fanno lo stesso con i pensieri? Pochissimi!
Nella società odierna è pratica comune avere cura del proprio corpo, ma sono pochi quelli
che si prendono cura della propria mente. In apparenza non comprendiamo la nostra mente, non comprendiamo che come il corpo, si sporca se non la si lava, diventa debole se non la sì allena.
Un altro punto che sfugge ai più è il fatto che è la mente a comandare il corpo e non il contrario.
L'Aikido cerca di sviluppare ed insegnare ai propri adepti questa verità, spiegando all'allievo che prima di provare a realizzare un movimento del corpo, bisogna attivare la propria mente. Lo stesso principio lo ritroviamo quando tentiamo di abbattere un avversario, prima di muovere il corpo dobbiamo dominare la mente. Se tentiamo di atterrare un avversario utilizzando unicamente la forza muscolare, questo diventerà un lavoro arduo, difficoltoso.
Ricordiamo sempre che la mente non ha peso né volume e quindi il fatto che un uomo sia fisicamente più dotato di noi non vuol dire che sia difficile da atterrare. Se si impara l'Arte di dominare le menti altrui, una donna o un bambino saranno in grado di sconfiggere facilmente un uomo robusto.
Dopo aver assistito per la prima volta a una dimostrazione di Aikido, la reazione abituale della gente è di considerare quest'Arte una frode vera e propria, poiché sembra che i praticanti collaborino alla realizzazione di sequenze che altrimenti non avrebbero senso agli occhi di un profano. L'idea comune dice a queste persone che non è altro che un inganno.
Si sbagliano, poiché considerano il corpo come il centro di ogni attività. A pensarla così la gente ottiene solo informazioni incomplete, perché la gente comune non conosce il funzionamento della mente. E non vale la pena di discuterne, poiché vi è una sola forma di comprensione dell'Aikido, vale a dire attraverso la pratica.
Nella maggior parte delle Arti Marziali i due contendenti si trovano uno di fronte a ll'altro, o almeno durante l'allenamento ci viene insegnato così, due forze opponenti che si affrontano fino alla sconfitta di una delle due. Non è così nell'Aikido, l'intenzione non è quella di conquistare
il nemico, ma di conquistare noi stessi. Il cielo e la terra sono un tutt'uno.
Dominare una qualsiasi Arte Marziale comporta ubbidienza alle leggi (non solo della fisica) ma anche a quelle assolute del cielo e della terra o di madre natura. Se siete in grado di comprendere realmente e di obbedire alle leggi della natura, così come di seguire ognuno dei suoi comandamenti, diventerete una parte integrale di essa e quando vi attaccheranno, staranno portando, un attacco contro la natura stessa. Nessuno può tentare con successo di prevalere sopra le leggi della natura.
Per questo sconfiggere un avversario è solo una vittoria relativa.
Arriverà sicuramente il giorno in cui il vincente di oggi sarà il perdente di domani. Diventate dunque parte della natura, sforzatevi di crescere dentro di lei.
Temete solo la vostra mancanza di sincerità.

lunedì 18 marzo 2019

Kenpō

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Il kenpō (拳法 pron. ke̞mpo̞), noto in occidente anche con la traslitterazione kempō, è un'arte marziale giapponese di origine cinese.
Kenpō è un vocabolo sino-giapponese (analogo al cinese quanfa) che significa "boxe" tradizionale, in senso generico. Il termine è stato adottato in Giappone in epoca moderna e indica un gruppo di metodi ispirati agli stili cinesi sviluppatisi soprattutto a partire dall'era Ming.

Origini

Il kenpō è un'arte marziale di combattimento senz'armi probabilmente praticata dal VII secolo dai monaci buddisti di Shaolin, che divenne prima il Jiaodishu, poi il Kaiko (sotto l'influenza mongola) e infine Kenyu (arte del pugno o legge del pugno) per le sue tecniche di pugno.
Vi sono due teorie riguardo l'origine del kenpō: la prima lo vede come un'arte marziale giapponese nata nel 1932 ad opera del maestro M. Sawayama; la seconda ritiene le sue origini più antiche e lo considera un'arte marziale cinese praticata già nel VII secolo a.C. e introdotta ad Okinawa intorno al 1600.
Durante la dinastia T'ang, periodo d'oro della storia cinese, quasi tutte le potenze confinanti avevano stretti rapporti economico-culturali con la Cina: si presume, quindi, che una forma di kenpō sia passata dal continente asiatico alle isole Ryukyu e qui abbia avuto sviluppi diversificati. Sembrerebbe che il kenpō sia entrato in Giappone grazie un monaco per diffondere il buddhismo, oppure da studenti giapponesi a Pechino.
Tra il V secolo d.C. e il VI secolo d.C. questo monaco buddista indiano di nome Bodhidharma, conosciuto in Giappone come Daruma Taishi, giunse in Cina, dove visse a lungo in un tempio: lo Shaolinsi, considerato l'epicentro del kenpō e dal quale si diffuse poi in tutta la Cina. Il monaco mise a punto un metodo di lotta che prese il nome di Shaolinquan tramandata di padre in figlio. Nel 1406 le isole Ryu Kyu furono unite in un unico reame e le armi furono confiscate per paura di eventuali ribellioni. Nel XVII secolo il divieto delle armi viene rinnovato e causa diretta fu lo sviluppo di un metodo di difesa personale a mani nude, il kenpō cinese o Via del pugno.
Le tecniche di kenpō influenzarono profondamente quelle dell'Okinawa-te (il futuro Karate, verso la fine del XIX secolo). Il kenpō viene anche chiamato Hakuda, Shuhaku, Shorinji kenpō e Ch'uan-fat o Ken-fat in cinese. Dal kenpō deriverebbero il Po-kua e l'Hising-i.
Le tecniche del kenpō sono: calci, pugni, proiezioni, lussazioni, leve articolari e combattimento corpo a corpo sia in piedi che a terra. Per i combattimenti s'indossano guantoni e speciali protezioni per il viso e il busto. Lo Shorinji Kenpō prevede anche l'insegnamento delle cadute con risalita in piedi imitando i felini. Il Nippon kempō, scuola molto più giapponese, presenta con due scuole di pensiero in Italia: il Nihon Nippon kempo e il Nippon kempo Kyokai.
Non esistono, in ogni caso, testi che possano provare questa teoria ma solamente leggende e tradizioni orali.

domenica 17 marzo 2019

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(nel linguaggio ideografico kanji giapponese) significa letteralmente “ciò che conduce” nel senso di “disciplina” vista come “percorso”, “Via”, “cammino”, in senso non solo fisico ma soprattutto spirituale. È un suffisso usato spesso nelle arti marziali giapponesi per significare l'evoluzione dell'arte marziale da pura e semplice tecnica di combattimento usata da militari in tempo di guerra, a disciplina formativa praticata non più con finalità militare ma volta a realizzare nel praticante, in tempo di pace, un'elevazione di tipo "spirituale" ed esistenziale, utilizzando la tecnica marziale come strumento di perfezionamento delle abilità e delle capacità psicofisiche del praticante.
Dō si compone dell'ideogramma del piede che simboleggia l'andare, il camminare, il mettersi in marcia, è l'immagine semplificata di una testa con capelli, un capo, un condottiero, il senso è quello di orientarsi verso qualcosa o qualcuno. L'ideogramma completo si compone di un cammino, una via tracciata dal capo del clan e quindi per estensione il principio a cui occorre attenersi, la regola, la dottrina e per astrazione la via.
I suoi simboli sono la spada, che sta a indicare il "buon combattimento", e la bussola che indica la "giusta via". Il Dō è anche il nome del testo su cui sono raccolte le regole fondamentali di questa dottrina. Uno dei pionieri in occidente di questa disciplina è stato lo scrittore e aforista tedesco (Hermann Hesse).

La valenza del termine nella cultura tradizionale giapponese

È caratteristico e peculiare, della cultura tradizionale giapponese ed orientale in genere, il convincimento che attraverso lo zelante lavoro di ricerca della perfezione dell'esecuzione del gesto fisico, della perfezione nell'esecuzione di una forma espressiva di tipo dinamico eseguita mediante una tecnica del corpo, l'uomo possa raggiungere, unitamente alla perfezione dell'esecuzione rituale del gesto, anche l'elevazione spirituale fino alla realizzazione della propria perfezione spirituale.
Questo percorso di ricerca, fisico ed insieme spirituale, in grado di guidare e condurre l'uomo alla perfezione spirituale attraverso la perfezione dell'espressione formale del gesto fisico, è denominato ().
Discipline come l'Aikidō (合気 道, evoluzione da Aiki-jitsu 合気 - ad Aiki-dō 会気 - ) od il Budō (武道, evoluzione da Bu-jutsu - a Bu-dō - ) od altre discipline provenienti da arti marziali giapponesi alla cui denominazione sia stato apposto il suffisso (), sono esempi di come si sia evoluto l'aspetto della mera tecnica militare volta al combattimento, cioè un Jitsu (), in disciplina con finalità di formazione spirituale, cioè un Dō ().

sabato 16 marzo 2019

Kōta Ibushi

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Kōta Ibushi (飯伏幸太 Ibushi Kōta; Kagoshima, 21 maggio 1982) è un wrestler e karateka giapponese.
Ha iniziato la sua carriera nel 2004 presso la Dramatic Dream Team (DDT), dove ha vinto tre volte il KO-D Openweight Championship, cinque volte il KO-D Tag Team Championship e due volte il KO-D 6-Man Tag Team Championship. Nel 2009 ha iniziato a lavorare per la New Japan Pro Wrestling (NJPW), ma ha firmato ufficialmente un contratto solo nel 2013. Nella NJPW si è fregiato per tre volte del IWGP Junior Heavyweight Champion e in un'occasione del IWGP Junior Heavyweight Tag Team Championship. Dal febbraio 2016 è impegnato come freelancer in diverse federazioni giapponesi e statunitensi.

Carriera

Cruiserweight Classic (2016)

Nel 2016 ha preso parte al Cruiserweight Classic, un torneo organizzato dalla WWE. Insieme a lui hanno preso parte al torneo altri trentuno contendenti della classe dei pesi leggeri, tra cui l'ex wrestler giapponese della WWE Yoshihiro Tajiri.
Più tardi è stato annunciato come tag team partner di Hideo Hitami per la seconda edizione del Dusty Rhodes Tag Team Classic, che si svolge ad NXT. Tuttavia, non è arrivato a firmare un contratto vero e proprio con la federazione di Stamford, preferendo combattere a gettone in diverse federazioni sia giapponesi sia statunitensi.

Freelancer (2016-presente)

Il 10 ottobre, nell'evento NJPW King of Pro Wrestling, ha combattuto nel dark match come Tiger Mask W, nuova incarnazione del famoso eroe Tiger Mask, in Italia noto come Uomo Tigre, per promuovere la nuova serie animata. Tiger Mask W ha sconfitto il malvagio Red Death Mask (interpretato da Juice Robinson) dopo una Tiger driver. Nell'episodio 37 della serie lo si vede impegnato in un incontro affrontando Kazuchika Okada. Ibushi ha effettuato altre apparizioni in NJPW come Tiger Mask W, mentre parteciperà come sè stesso al prossimo G1 Climax 2017.

Nel wrestling

Mosse finali

  • 450° splash, talvolta eseguito durante un corkscrew
  • Corkscrew 630° senton – 2005
  • Golden Star Powerbomb (Elevated sitout powerbomb) – 2012–present
  • Golden Star Press (No-handed springboard corkscrew 450° splash) – 2005–2007
  • Golden Star Press 2007 (Springboard corkscrew 450° splash) – 2007
  • Phoenix-Plex (Bridging package fallaway powerbomb, talvolta dalla terza corda) – 2009–present
  • Shooting star press – 2006

Mosse caratteristiche

  • Ankle lock
  • Cartwheel trasformato in uno standing corkscrew 450° splash
  • Finto moonsault seguito da uno standing moonsault
  • Variazioni di calci
    • Backflip, talvolta durante uno handspring
    • roundhouse
    • Dash Middle (Shoot multipli al petto di un avversario)
    • Drop
    • Dropsault
  • Variazioni di powerbomb
    • 24 Sai (Vertical suplex ganso)
    • Golden Star Bomb (Sitout)
    • Reverse Yari Otoshi (High-angle crucifix)
  • Variazioni di suplex
    • Bridging dragon
    • Deadlift German
    • Northern Lights
    • Three-quarter nelson
  • Reverse frankensteiner
    • Standing corkscrew moonsault
    • Standing shooting star press
    • Super spike piledriver

Soprannomi

  • "Golden Star"
  • "Independent Genius"
  • "Hard Hit Prince"

Musiche d'ingresso

  • "27" dei Breaking Point
  • "Golden Star" di Yonosuke Kitamura

Nei media

  • Kōta Ibushi compare nella serie anime Tiger Mask W.

venerdì 15 marzo 2019

Kazuyoshi Ishii

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Kazuyoshi Ishii (石井 和義 Ishii Kazuyoshi; Uwajima, 10 giugno 1953) è un karateka e maestro di karate giapponese, fondatore dello stile di karate Seidokaikan e del circuito di combattimento K-1, una competizione di arti marziali internazionale che combina Muay Thai, karate, sanshou, taekwondo, kenpo, boxe e kickboxing. Il suo allenamento cominciò con il Kyokushinkai, ma formò una sua organizzazione nel 1980, promuovendo le competizioni di karate.

Biografia

Ishii nasce ad Uwajima, nella prefettura giapponese di Ehime.
Interessato al sumo e al baseball, alle scuole medie si interessò allo stile Shotokan grazie a un libro di Masatoshi Nakayama, ma un film di Sonny Chiba lo spinse ad avvicinarsi al Kyokushinkai.
Il suo allenamento da karateka cominciò con Hideyuki Ashihara e, all'età di 16 anni, istituì un dojo locale di Kyokushinkai con la supervisione del suo istruttore. Sei anni dopo, nel 1975, aprì un dojo a Osaka.
Nel 1980 fondò poi una sua propria organizzazione, la Seidokaikan Karate, nella regione del Kansai. Nel 1983, Ishii diventò il primo presidente della nuova All Japan Budo Promotion Association e la reputazione del Seidokaikan crebbe grazie alle vittorie nei tornei di karate riportate da alcuni suoi allievi, quali Masaaki Satake, Toshiyuki Yanagisawa e Toshiyuki Atokawa.
Dopo un decennio di sviluppo, Ishii organizzò il torneo inaugurale del K-1 alla Yoyogi Hall di Tokyo nell'aprile 1993.
Nei dieci anni successivi, la competizione del K-1 si espanse a 24 eventi annuali in Giappone, Europa e Nord America. Nel gennaio 2003, la rivista Black Belt nominò Ishii Uomo dell'anno 2002. Insieme a Andy Hug, Ishii sostenne la produzione di Street Fighter II: The Animated Movie creando scene di lotta con tecniche di combattimento realmente esistenti.

giovedì 14 marzo 2019

Kawakami Gensai

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Gensai Kawakami (河上 彦斎), nato Komori Genjiro (Kumamoto, 4 dicembre 1834 – 13 gennaio 1871) è stato un rivoluzionario giapponese, uno dei quattro grandi hitokiri (幕末四大人斬り "uccisori di uomini") che alla fine del periodo Bakumatsu, intorno alla metà del XIX secolo, combatterono contro lo shogunato Tokugawa, che governava il Paese dal 1603, portandone alla caduta e all'inizio dell'epoca Meiji.
Si dice che fosse molto calmo e calcolatore, mostrando un'incredibile freddezza nei momenti di crisi e di tensione. Fisicamente aveva lineamenti delicati e capelli lunghi, e si dice che a una certa distanza potesse essere scambiato per una donna o un bambino.

Biografia

Infanzia

Figlio di Komori Sadasuke, un vassallo dei daimyō di Kumamoto, suo fratello Hanzaemon fu scelto come erede della famiglia, perciò all'età di 11 anni venne dato in adozione a Kawakami Genbei (河上彦兵衛), un altro vassallo di Kumamoto. Genbei gli fece frequentare l'addestramento accademico e marziale del Jishūkan (時習館), l'accademia locale, e apparentemente il ragazzo non dimostrò una particolare bravura con la spada; a questo riguardo sembra che commentò «Il kenjutsu (scherma giapponese) con le shinai di bambù non è altro che un gioco». A 16 anni fu chiamato a servire nel castello di Kumamoto come addetto alle pulizie (お掃除坊主 osōji-bōzu); a dispetto del basso livello dell'incarico, il ragazzo vi si dedicò con passione, e nel tempo libero imparò il sado e l'ikebana. In questo periodo inoltre incontrò due personaggi che avrebbero avuto grande rilevanza nelle attività degli ishin shishi: Todoroki Buhei e Miyabe Teizō. Nelle discussioni con loro si interessò al concetto di kinnō (勤王), o fedeltà all'imperatore.

Anni 1850

Giunto alla maggiore età, scelse il nome Gensai.
Nel 1851 entrò al servizio di Hosokawa Narimori, daimyō di Kumamoto, e lo seguì a Edo per il suo sankin kōtai. In questo periodo si verificò l'episodio delle navi nere, che lo segnò profondamente. Nello shōgunato era da tempo in vigore una politica (sakoku) che isolava il Paese dal resto del mondo, ma nel 1853 la marina degli Stati Uniti, ancorando quattro navi da guerra al largo di Edo, costrinse lo shogunato ad abolire tale legge e ad accettare un processo di occidentalizzazione e apertura agli stranieri; questo forzato cambio di rotta indebolì moltissimo l'autorità dello shōgun, e spinse molti a invocare il ritorno del potere all'Imperatore, che da diversi secoli aveva perso ogni autorità politica e rivestiva solo il ruolo di capo religioso. A questo gruppo apparteneva Gensai, che lasciò Edo infuriato e tornò a Kumamoto, dove entrò nell'accademia Gendōkan del filosofo kinnō Hayashi Ōen prima di tornare a Edo.

Anni 1860

Gensai si trovava a Edo quando avvenne l'assassinio di Ii Naosuke, e quando alcuni degli assassini entrarono nella villa dei Kumamoto chiamò un dottore per loro, li invitò ad una cerimonia del tè e confessò la sua ammirazione per la loro azione.
Nel 1861, Gensai sposò Misawa Teiko, figlia di un altro vassallo dei Kumamoto e abile combattente, particolarmente dotata nell'uso della naginata; il loro figlio, Gentarō, sarebbe sopravvissuto all'esecuzione di Gensai grazie all'intervento di Teiko.
Nel 1862, entrò a far parte del corpo di guardia di Kyōto inviato dal clan Kumamoto; dopo poco però abbandonò la sua posizione di bōzu, e in breve si ritirò dal servizio dei Kumamoto, per entrare negli ishin shishi. La sua tecnica di spada estremamente veloce apparteneva allo stile Furanui kenjutsu, noto anche come Shiranui-ryu; grazie alla sua abilità entrò presto a far parte dei Quattro Hitokiri del Bakumatsu, una élite di assassini dedita all'assassinio politico dei nemici dell'Imperatore; del gruppo facevano parte anche Nakamura Hanjiro (noto anche come Kirino Toshiaki), Tanaka Shimbe, e Okada Izō, ma Kawakami divenne presto noto come il più spietato del gruppo.
Nel 1864, il suo mentore Miyabe Teizō morì in un'incursione degli Shinsengumi a Ikedaya; non molto tempo dopo Gensai compì l'omicidio che lo rese celebre, e l'unico attribuibile con sicurezza a lui; quello di Sakuma Shōzan, un importante politico ed erudito giapponese favorevole alla presenza straniera in Giappone; l'omicidio destò particolare scalpore perché avvenne in un solo fendente e in pieno giorno. Sebbene gli siano state attribuite altre uccisioni, quella di Shōzan è l'unica dimostrata dalla prove a suo carico.

Declino

Quando la sua fama divenne di ostacolo alle sue azioni, si ritirò nel Chōshū e si unì alle azioni militari del Kiheitai di Takasugi Shinsaku contro le spedizioni militari dello shogunato nella regione. Tuttavia, durante un'azione a Kokura, fu catturato dalle forze dei Kumamoto, e imprigionato fino all'inizio della restaurazione Meiji.
Dopo la restaurazione Meiji e la fine dei samurai, Gensai cambiò il suo nome in Takada Genbei, si dedicò all'insegnamento della filosofia samurai, ma le sue idee isolazioniste non trovarono spazio nel nuovo governo imperiale, che contrariamente alle sue speranze vedeva di buon occhio l'apertura agli stranieri e anzi vedeva in lui una minaccia al futuro della nazione: accusato di aver offerto rifugio a ex membri del Kiheitai, fu arrestato e condannato a esecuzione pubblica nel quarto anno dell'era Meiji (1871).

Influenza postuma

La figura di Kawakami Gensai ha ispirato diverse opere giapponesi posteriori; in particolare su di lui è basato il personaggio di Kenshin Himura, protagonista della serie Kenshin Samurai vagabondo di Nobuhiro Watsuki.

mercoledì 13 marzo 2019

Kimura Shigenari

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Kimura Shigenari (木村 重成; 1593 – 6 giugno 1615) è stato un vassallo del clan Toyotomi.
Era figlio di Kimura Shigekore. Raggiunse il castello di Osaka per unirsi ai suoi difensori nel 1614 e fu ucciso nella battaglia di Wakae durante la campagna estiva dell'assedio di Osaka. Si dice che fosse incredibilmente attraente e che fu reso famoso per il coraggio dimostrato ad Osaka.

martedì 12 marzo 2019

Chōjun Miyagi

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Chōjun Miyagi (宮城 長順 Miyagi Chōjun; Naha, 25 aprile 1888 – Okinawa, 8 ottobre 1953) è stato un karateka e maestro di karate giapponese.
Fondatore dello stile Goju-Ryu, fu il primo maestro di Karate ad essere insignito del grado di “Kyoshi”, 2º livello, dal Dai Nippon Butokukai. Altri maestri fra i quali G. Funakoshi, K. Mabuni ed H. Ohtsuka ottennero soltanto il titolo di Renshi (terzo livello) nel 1939.

Gioventù e addestramento

Miyagi nacque a Higashimachi, a Naha, in Okinawa il 25 aprile 1888 da una famiglia che apparteneva alla nobiltà. All'età di 11 anni cominciò a studiare le arti marziali da Ryuko Aragaki, che successivamente lo presentò a Kanryo Higaonna quando Miyagi aveva 14 anni. Alla morte del maestro Kanryo Higaonna nel 1916 l'arte del Naha-Te passò da Higaonna al suo discepolo Miyagi.
Gli allievi più importanti e effettivi del maestro Miyagi Chojun sono: Seiko Higa, Jinan Shinzato, Seiko Kina, Meitoku Yagi, Eiichi Miyazato, Kei Miyagi, Koshin Iha.
Il maestro Miyagi morì ad Okinawa, l'8 ottobre 1953, a seguito del secondo attacco cardiaco (il primo avvenne nel 1951).
Miyagi è stato sepolto nel cimitero di Urasoe-shi, ad Okinawa.

Scritti

  • Miyagi, Chojun. "Karate-Do Gaisetsu. Outline of Karate-Do". March 23, 1934 (Showa 9). Reprint published in 1999 by Patrick McCarthy. Translated by Patrick and Yuriko McCarthy, 1993. Also in: Higaonna, Morio. "The History of Karate: Okinawan Goju-Ryu".
  • Miyagi, Chojun. "Historical Outline of Karate-Do, Martial Arts Of Ryukyu". January 28, 1936. Translated by Sanzinsoo. In Japanese: "Ryukyu Kenpo Karatedo Enkaku Gaiyo", essay appeared in "Okinawano Karatedo" by Shoshin Nagamine (1975, Shinjinbutsu Oraisha) and "Okinawaden Gojuryu Karatedo" by Eiichi Miyazato (1979, Jitsugyono Sekaisha).
  • Miyagi Chojun et al. "The Meeting of Okinawan Karate Masters, su uk.geocities.com. (archiviato dall'url originale l'11 agosto 2006)." Fragment of the 1936 meeting records. Published as an Appendix of "Karatedo Dai Hokan", by Kanken Toyama. Pages 377-392 (Tsuru Shobo, 1960). (translated by Sanzinsoo)
  • Miyagi Chojun. "Breathing In and Breathing Out in accordance with Go and Ju, a Miscellaneous Essay on Karate, su uk.geocities.com. (archiviato dall'url originale l'11 agosto 2006).". First published in "Bunka Okinawa" Vol.3 No.6, August 15, 1942. Republished in "Chugoku Okinawa Karate Kobudo No Genryu" written by Masahiro Nakamoto, April 1, 1985 by Bunbukan. Translated by Sanzinsoo.

lunedì 11 marzo 2019

Acqua sulfurea

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Le acque solfuree sono tipi di acque che possiedono una quantità pari o superiore ad 1 mg di H2S per litro, il quale ne conferisce il classico odore, spesso definito “di uovo marcio”. La loro origine avviene in strati sotterranei della Terra in condizioni con temperature elevate, queste tendono poi a risalire sotto forma di vapore (che può condensare formando un geyser) o come acqua calda.

Effetti sulla salute

Il loro utilizzo nelle terapie come i bagni, (ad esempio nell'idroterapia) è noto da secoli, e considerato valido rimedio per difendere l'organismo da stimoli infiammatori endogeni o infiammatori esterni, mentre se ingerita provoca un'azione modicamente lassativa sull'apparato digerente. In Italia le acque minerali solfuree hanno quasi sempre pH inferiore ad 8 e sovente contengono altri elementi, come anidride carbonica, calcio, sodio, alcuni cloruri, ioduri, bromuri o bicarbonati. i trattamenti vengono effettuati presso numerosi stabilimenti termali, sia tramite trattamenti interni, come le cure idropiniche, le irrigazioni e l'aerosol, sia tramite trattamenti esterni, come i bagni termali o i fanghi.

domenica 10 marzo 2019

Hokuetsu seppu

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Hokuetsu seppu (北越雪譜 lett. "Musica della neve del nord di Etsu") è un'enciclopedia antropologica sul tardo periodo Edo, riguardante in particolare la vita degli abitanti dell'Uonuma, un'area intorno alla provincia di Echigo, conosciuta per le lunghe nevicate.
Pubblicato per la prima volta ad Edo nel 1837, Hokuetsu seppu fu scritto da Suzuki Bokushi (鈴木牧之) (1770–1842), un mercante di stoffe e uomo d'affari di Shiozawa, un insediamento sulla vecchia strada di Mikuni. L'opera ebbe un immediato successo e dopo la pubblicazione del secondo volume nel 1842 comprendeva sette capitoli relativi a numerosi argomenti sulla cultura, le nevicate, la popolazione, i credi, l'economia, le leggende della terra innevata. Il testo comprende centoventitré tematiche trattate da più punti di vista è riccamente illustrato con dettagliati disegni.
Santō Kyōzan (山東京山), uno scrittore gesaku e fratello di Santō Kyōden, coadiuvò alla pubblicazione del testo, scrisse una premessa e disegnò le illustrazioni, ispirate agli originali Bokushi.
Parte del materiale presente nel libro è di interesse scientifico. Ad esempio, il libro è il primo testo giapponese a racchiudere i disegni di ben ottantasei differenti cristalli di neve. L'edizione del 1840 include l'aggiunta di ben novantasette abbozzi disegnati da Doi Toshitsura col supporto di un microscopio durante i suoi vent'anni come daimyō nel corso del dominio Koga. Successivamente i cristalli di neve divennero temi principali e ricorrenti nei kimono e nelle chawan, le ciotole e le tazze giapponesi per il tè.

sabato 9 marzo 2019

Fukurokuju

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Fukurokuju (福禄寿) è una delle Sette Divinità della Fortuna (shichifukujin 七福神), personaggi della mitologia giapponese. Si tratta della divinità preposta alla saggezza, felicità e alla lunga vita. Le altre divinità sono Ebisu, Daikoku, Benzaiten, Bishamonten, Jurōjin e Hotei.

Etimologia

Il termine con il quale lo si identifica deriva dalla combinazione di Fuku = Felicità, Roku = Ricchezza e ju = lunga vita.

Raffigurazione

Viene raffigurato come un uomo con la fronte alta, calvo e con lunghi baffi, porta sempre un bastone. Suoi compagni sono una tartaruga (simbolo di lunga vita) e una gru (simbolo di saggezza).