giovedì 21 maggio 2020

Le corde aiutarono davvero Muhammad Ali ad assorbire i pugni di George Foreman?

Il 30 ottobre di 45 anni fa Muhammad Ali metteva KO Foreman nel ...


In questo incontro Alì batté nella strategia Foreman. Ma non dimentichiamo che anche nelle schivate Alì era largamente superiore a Foreman, possedendo una prontezza di riflessi ed una capacità di previsione che erano sconosciute al buon George, al quale di solito bastava incassare i colpi. Tecnicamente Alì era migliore, possedendo una velocità di mani impressionante per un peso massimo ed una gran varietà di colpi, cosa che Foreman non aveva, dato che di solito usava i colpi corti, montanti e ganci, oppure sventole. Ma Muhammad aveva sette anni in più di Foreman, che in quel momento era al massimo della sua forma fisica ed aveva sconfitto avversari molto forti, del calibro di Joe Frazier e Ken Norton, due pugili che avevano battuto Alì. Inoltre, soprattutto con avversari potenti come Foreman, Alì aveva dimostrato di avere una buona castagna, ma non sufficiente a buttare giù un avversario tosto come Big George. In condizioni normali. Quello che Alì fece nel "Rumble in the Jungle" fu appunto alterare queste condizioni e metterlo KO.
Foreman aveva una grande potenza, ma con uno stile da picchiatore (slugger) come il suo, bisogna avere modo di scaricare l'enorme forza che si possiede. Alì ed il suo allenatore Dundee gli tolsero questa possibilità anche con il rope-a-dope, il gioco alle corde.
La potenza di Foreman non si scaricava più su un bersaglio statico, ma su un bersaglio che trasferiva alle corde l'energia dei suoi pugni. In questo modo Alì non opponeva il proprio corpo rigido nella parata, ma opponeva la morbidezza nell'incassare i colpi micidiali di George. Facendo in questo modo, le energie di Foreman (frustrato per la mancanza di risultati) si esaurirono prima di quelle di Alì, che con il metodo delle corde, era riuscito a ridurre i danni delle sfuriate di George.
Inoltre, Alì nel rope-a-dope, precluse all'avversario la possibilità di centrarlo bene al volto e alla testa (uno dei punti migliori per il KO), adottando la guardia chiusa. In questa maniera, George era costretto a colpirlo al tronco, ma non aveva neanche modo di portare dei "body shot" come si deve, dato che i gomiti di Muhammad proteggevano bene il fegato e lo stomaco, altri punti molto adatti per un KO. Con questa tattica, le possibilità offensive di Foreman (normalmente molto alte) si ridussero di parecchio. Non è che Foreman non avesse colpito la testa o i reni di Alì, li aveva centrati eccome, ma non precisamente e con tutta la forza di cui era capace, proprio per la tattica di Muhammad.
Alì aveva capito che, se avesse incassato le bordate di Foreman senza l’ausilio delle corde, ben presto sarebbe stato sopraffatto in termini di pura forza fisica. La spaventosa e soverchiante potenza di George avrebbe logorato irrimediabilmente la resistenza fisica e ai danni di Muhammad. Un altro problema di Alì era che il suo stile di combattimento era movimentato e richiedeva un grande dispendio energetico. Presto o tardi, Alì sarebbe calato fisicamente nel match, favorendo un Foreman più giovane, più in forma e con una potenza in grado di abbattere Alì con pochi colpi. Quindi occorreva una strategia conservativa e vincente.
Nel clinch, poi, Muhammad si abbandonò ripetutamente e completamente su Foreman, scaricando tutto il suo peso sull’avversario, e assestando pugni poco potenti ma rapidi. Anche questo contribuì a stancare ulteriormente George.
Alì invece si era affidato anche alla sua maggior precisione ed abilità esecutiva, centrando Foreman sempre più spesso, combinando schivate al rope-a-dope, ed anche con un pò di provocazioni, che finirono per frustrare oltremodo Big George. Il quale, nel medio-lungo termine, risultò molto più stanco di Muhammad, che sfruttò un momento chiave nel quale George era sbilanciato, colpendolo con un gancio e poi un diretto, mandandolo al tappeto.
Praticamente, nel-rope-a-dope, Alì adottò lo stesso principio del Judo o del Jiu-Jitsu: davanti ad un avversario di maggior mole e forza, ritorcere quest'ultime contro di lui. La tattica della conservazione e del trasferimento di energia.




mercoledì 20 maggio 2020

Ci sono testimonianze di persone che sono in grado di maneggiare due katane


Non due katane.
Una katana e una wakizashi, o spada corta.
Questo era l'armamento preferito di Miyamoto Musashi, il famoso spadaccino giapponese medievale rimasto imbattuto in oltre 60 duelli.


Ma come ha scritto Musashi nella sua grande opera, Il libro dei cinque anelli - una serie di brevi e incisivi saggi sulla tecnica di combattimento e sulla filosofia marziale - non si dovrebbe mai essere così attaccati a un'arma particolare che uno diventa incapace con qualsiasi altra. È importante essere a tutto tondo.
Caso in questione, Musashi una volta sconfisse un avversario usando una spada di legno che aveva ricavato da un remo pochi minuti prima.


Ma ancor più importante della versatilità, ha sottolineato Musashi, era la propria mentalità. Musashi credeva fermamente che la propria mente fosse la sua arma più potente, e che una battaglia fosse vinta o persa nelle menti dei combattenti prima ancora che iniziasse.
Molte delle decantate tecniche a due spade di Musashi non erano in realtà tecniche, di per sé, ma sfacciata guerra psicologica e inganno. Il pragmatismo di combattimento originale - ecco cos'è Musashi.
Ricordo di aver letto di una mossa classica di Musashi. Stava in piedi con la sua spada corta sollevata di fronte a lui in una sorta di posizione di guardia, con la sua katana tesa dietro di lui.


Il suo avversario (probabilmente uno sciocco orgoglioso che era oltraggiato da questo trasandato scalpiccio di piedi di fronte a lui) avrebbe fatto oscillare la piccola spada nella mano di Musashi, con l'intenzione di farla mettere da parte.
Musashi avrebbe quindi lasciato cadere il wakizashi.
Il duro colpo del suo avversario si sarebbe infranto con nient'altro che con l'aria, facendo sbilanciare il suo avversario mentre la sua spada oscillava impotentemente in aria.
Musashi avrebbe quindi avvolto la sua mano libera attorno all'elsa della sua katana (che era stata tenuta, per tutto il tempo, in una posizione perfetta per un colpo mortale) e vi avrebbe tagliato l'avversario. La spada del suo avversario sarebbe stata troppo lontana per essere riportata per bloccare il colpo in tempo.
Questo è tosto.
Una cosa è sconfiggere un avversario. È tutt'altra cosa essere così bravi nel combattimento (e nella strategia di combattimento) da far sconfiggere il tuo avversario da se stesso.


Ricordi quando ho detto che Musashi una volta uccise qualcuno con un remo? Il duello si tenne su un'isola, all'alba. L'avversario di Musashi era un rinomato spadaccino con una forte reputazione. Musashi dormì a lungo intenzionalmente e si presentò tardi al duello, remando verso l'isola su una barca (e modellando la sua spada di legno lungo la strada). Quando Musashi arrivò sulla spiaggia, il suo avversario era praticamente schiumante alla bocca per la rabbia e caricò Musashi con furia cieca. Musashi non fece altro che fare un passo indietro e fracassare la testa dell'uomo con un solo colpo della sua spada di legno.


Musashi respinse gli stili di spada appariscenti, pretenziosi, simili a danze che all'epoca erano popolari nei dojo in tutto il Giappone. Invece, si concentrò su un approccio semplice e diretto: vincere, ad ogni costo, il più rapidamente e facilmente possibile. La vittoria è l'obiettivo finale, non l'ostentazione spettacolare. Era anche scettico sull'idea che fare cose stravaganti e superstiziose come meditare sotto le cascate o allenarsi con i più famosi maestri di spade in Giappone potesse renderti uno spadaccino migliore. La perfezione viene dall'interno, credeva Musashi. Come ha scritto in Il libro dei cinque anelli:
Non c'è niente al di fuori di te che possa mai permetterti di diventare migliore, più forte, più ricco, più veloce o più intelligente. Tutto è dentro. Tutto esiste. Non cercare niente al di fuori di te stesso.
Questo approccio è servito bene a Musashi. Grazie alla sua tecnica finemente affinata, profondamente psicologica, senza fronzoli, e alla sua eccezionale abilità con una lama, la vittoria è sempre stata sua.


Musashi rimase, come ho già detto, imbattuto in oltre 60 duelli. Alcuni furono combattuti contro spadaccini famosi in tutto il Giappone. Uno fu combattuto contro 50 avversari contemporaneamente (gli studenti oltraggiati di un maestro di spada che aveva sconfitto in precedenza). Alcuni non erano affatto combattuti contro spadaccini, ma maestri di strane armi come il kusarigama.
Il primissimo duello di Musashi (nel 1596) fu contro un compagno di nome Arima Kihei, un posatore pomposo che stava viaggiando in tutto il Giappone per sfoggiare la sua folle abilità con la spada. Un giorno si presentò nella città natale di Musashi, affiggendo proclami e sfidando chiunque pensasse di avere qualche abilità con una lama di incontrarlo nella piazza della città. Il tredicenne Musashi scrisse il suo nome su uno dei proclami. Quando venne fuori che era stato sfidato da un giovane teppistello, Kihei pretese scuse pubbliche. Musashi si presentò in piazza con un bastone da un metro e mezzo in mano. Caricò Kihei. Kihei schivò Musashi con la sua spada corta, ma Musashi lo buttò a terra e poi gli fracassò il cervello.
La prima di molte vittorie.
Musashi, alla fine della sua vita, finì al servizio di un signore sull'isola giapponese meridionale di Kyushu. Insolitamente per un uomo che viveva con la spada, morì per cause naturali (molto probabilmente il cancro toracico). Ha avuto il tempo, nella sua vecchiaia, di sedersi in una grotta vicino a Kumamoto e scrivere varie opere di filosofia, tra cui Il libro dei cinque anelli. La sua scrittura, proprio come la sua spada, era semplice e diretta, così semplice e diretta che il Libro dei cinque anelli viene spesso usato per insegnare il giapponese agli studenti alle prime armi. E fino ad oggi, il lavoro di Musashi è letto da uomini d'affari giapponesi che cercano di guadagnare un vantaggio rispetto ai loro avversari aziendali. (Dopotutto, come si dice in Giappone, "gli affari sono una guerra").

La tomba di Miyamoto Musashi a Kumamoto


martedì 19 maggio 2020

Genwakai

Genwakai Karate - Home | Facebook

Genwakai (玄和会) è uno stile di Karate-dō. Genwakai può essere tradotto in diversi modi:
  • Gen può essere tradotto come: misterioso, occulto, oppure anche in "ricerca di una verità sottile."
  • Wa può essere tradotto come: armonia, gentilezza, pace, o totale.
  • Kai può essere tradotto come: associazione, incontro, gathering, ecc.
Pertanto, Genwakai può essere tradotto come: "L'associazione che cerca la più alta verità sottile."

Origini
Nippon Karate-do Genwakai, o semplicemente abbreviato in Genwakai, è uno stile di Karate-dō che deriva dallo Gensei-ryu, che trae le sue origini da uno degli stili originari di Okinawa: lo Shuri-te.
Genwakai fu sviluppato dal Gensei-ryu. Nel 1962, uno degli studenti anziani di Shukumine, Yoichi Takahashi (高橋,洋一 Takahashi cambiò il suo nome in Tsugumasa Nangou 南郷継正|南郷,継正), iniziò chiamando il Karate-do da lui praticato "Genwakai". Genwakai si diffuse negli USA e in Europa.

Genwakai nei Paesi Bassi
Genwakai fu portato per prima volta nei Paesi Bassi da Tadayoshi Masuko nel 1968. Successivamente ci furono altri istruttori, incluso Akio Kobayashi negli anni 1970. Nel 1970, Masuko lasciò l'Olanda per andare a Toronto, in Canada, dove aprì un piccolo dojo. Kobayashi ricopre attualmente il grado di Shihan della Nippon Karate-do Genwakai Olandese.




lunedì 18 maggio 2020

Gohaku-Kai

GOJURYU TOMARI TE - YouTube




Gohaku-Kai (剛泊会) è un acronimo che sta ad indicare: Goju-ryu Tomari-te Karatedo Kyokai (沖縄剛柔流・泊手空手道協会). Esso è un tipo di Karate creato da Tokashiki Iken. Tokashiki studiò sotto du principali maestri: Nakasone Seiyu (1890-1980, Tomari-te) e Fukuchi Seiko (1919-1975, Goju-Ryu). L'honbu dojo è situato nel distretto di Oroku, nel città di Naha, Prefettura di Okinawa. Altri dojo sono siituati a: Kyushu, Kanto e nelle regioni di Tokai del Giappone, con diverse filiali in Canada e una in India. I nuovi studenti vengono prima avviati al Gōjū-ryū e solo successivamente al Tomari-te.


domenica 17 maggio 2020

È vero che vivere in Giappone è molto peggio di quanto si creda?


Guarda questa foto.


É il cibo che viene servito negli ospedali, é al livello dei ristoranti a 5 stelle, niente a che vedere con le minestrine insipide, il pollo mezzo crudo e il panino come da noi. I dottori in Giappone pensano che il buon cibo aiuti a guarire e trattano le persone non come pazienti ma come ospiti. Ora guarda queste altre foto.


Sono carpe che nuotano nei canali di scolo ai lati delle strade.


L'acqua dei canali é cosí limpida che i pesci ci nuotano dentro. Hai mai visto una cosa simile da noi? Al massimo ci trovi lattine e sacchetti di plastica. Nota anche com'é pulita la strada. Ora guarda queste ultime foto.


É un garage multilivello, obbligatorio in ogni condominio. Sono pensati per non parcheggiare le auto in strada e sono completamente automatizzati.


Basta mettere l'auto in quella specie di ascensore e fa tutto lui. Come dicevo sono obbligatori al punto che se il tuo condominio non ne ha uno o tu non hai lo spazio per parcheggiare non puoi comprarti un'auto. Questi sono solo dei piccoli esempi di come si vive in Giappone; non ho citato gli alberghi ultramoderni con robot, i bagni hi-tech, l'educazione sanitaria, l'istruzione e altro. Vivere in Giappone é peggio che in Italia? Non credo proprio!


sabato 16 maggio 2020

Chiunque puó diventare come "the rock" Dwayne Douglas Johnson ?

A perfeição humana… | Dwayne johnson, Fitness maschile, Uomini ...


No, non tutti.
A parte il fatto che si sta parlando di una persona estremamente dotata dal punto di vista genetico (anche suo padre era un wrestler con una costituzione invidiabile), dietro il suo corpo c’è un enorme investimento in termini di sacrificio, lavoro in palestra, alimentazione e, ovviamente, “integrazione”.

venerdì 15 maggio 2020

Nella boxe il mancinismo è un vantaggio?

La leggenda dei mancini, demoni o geni? | DARIO TORROMEO



In tutti gli sport asimmetrici (pugilato, scherma, tennis…) essere mancino dà un potenziale vantaggio: il mancino si muove "a specchio" rispetto al suo avversario, e gli automatismi sviluppati dall'avversario potrebbero funzionare peggio, allungando i suoi tempi di reazione. È solo un problema di abitudine: quando facevo scherma i miei compagni di squadra non avevano nessun problema con i mancini perché abituati e tirare quotidianamente con me.
I mancini inoltre - vivendo e muovendosi in un mondo progettato per i destri - sviluppano naturalmente dei riflessi leggermente più veloci, che vanno a compensare lo svantaggio di trovare sempre pulsanti, maniglie, leve, oggetti vari dal lato "sbagliato". Onestamente però non ho mai letto studi seri che dimostrino la rilevanza di questo piccolo vantaggio nelle competizioni sportive.
Detto questo, un pugile mancino ha anche uno svantaggio: offre all'avversario il lato destro, più vulnerabile a causa del fegato.


giovedì 14 maggio 2020

C'è un motivo che spiega perchè i martelli da guerra usati in epoca medievale terminavano con una punta acuminata (servivano contro le armature più deboli, …)?


Questa è una delle cose che ritengo più interessanti riguardo ai martelli da guerra.
Quando guardi un martello da guerra, sembra che abbia una punta per frantumare, un'altra per pugnalare, un'altra ancora per conficcarsi. Per esempio questo mazzapicchio:


Ovviamente la punta a "becco" (quella di sinistra) serve per concentrare la forza in un punto, mentre la punta a forma di "artiglio" (quella di destra) aiuta ad assicurarsi che il colpo non si stacchi dalle superfici curve dell'armatura, giusto?
Ora… non voglio affermare che il becco di un martello da guerra non potesse concentrare sufficiente forza in un punto da sconfiggere un rivale.
Tuttavia non ci sono molte fonti che ne parlano, e nemmeno illustrazioni. Intendiamoci, nessuno diceva specificamente di non colpire con il becco. Ma raramente qualcuno diceva di farlo, e non si trova nemmeno illustrato molto spesso.
Alcune immagini per chiarire cosa intendo:




Nel ricercare la documentazione per questa risposta, sono stato in grado di trovare un solo esempio di colpo inferto con il becco, dal trattato "Württemberg" di Hans Talhoffer:


Lo schermitore a sinistra colpisce chiaramente con il becco (la didascalia dice "ha colpito"). Quindi non posso dire che non sia mai stato fatto. Ma ho dovuto guardare molte illustrazioni di mazzapicchio per trovare quel tipo di colpo!
Sono anche riuscito a trovare un colpo inferto col becco in Le Jeu de la Hache. L'autore indica di colpire prima alla testa, quindi fintare un altro colpo alto e invece colpire sul ginocchio con il becco.
Quindi, ancora una volta, non dirò che non è mai stato fatto, e ovviamente è fisicamente possibile. Ma almeno negli scritti di schermidori professionisti, era un'azione non comune.
Invece, quello che vedi consigliato è l'uso del becco per agganciare l'avversario, come in quest'opera:


o in questa (di Talhoffer):


O tutti gli altri casi in cui Le Jeu de la Hache discute l'uso del becco.
Quindi vediamo due tipi principali di azione: colpire con il becco e agganciare e tirare con il becco.
Dei due, la seconda è molto più diffusa nelle fonti.


mercoledì 13 maggio 2020

A livello culturale, da cosa le arti marziali giapponesi si differenziano da quelle cinesi?

Che differenza c'è tra Kung Fu e Karate? | Scuola Xin Dao



Le arti marziali giapponesi (karate, ju jitsu, aikido) si sono sviluppate sopratutto attorno ad un contesto feudale.
Partono più che altro dal presupposto che sia chi esegue che chi risponde indossi l'armatura da samurai.
Le movenze di un karateka, con posizioni basse, possenti, stabili ma lente sono tipiche di un guerriero appesantito da un'armatura che si difende da avversari con armatura.
Il ju jitsu fa dei suoi capisaldi le leve articolari, proiezioni e strangolamenti in quanto erano le tecniche che più risultavano efficaci contro un avversario bardato appunto di armatura.
Nelle arti marziali cinesi invece lo scopo era difendersi non in un campo di battaglia con tanto di corazza, ma difendersi da briganti e malintenzionati nelle viuzze delle città o delle campagne.
Magari anche con armi di matrice contadina (bastoni, coltelli, nunchaku).
Ecco allora che le posture degli stili cinesi differiscono da quelle degli stili giapponesi in quanto auspicano maggiore mobilità, scioltezza e agilità.
Si narra che durante l'occupazione della Cina da parte del Giappone prima dell'avvento del regime di Mao Tse Tung, avvenissero molti scontri tra combattenti cinesi contro giapponesi, quasi sempre a favore dei primi.
Che questa sia completamente verità o che sia soltanto leggenda per tessere le lodi di arti marziali cinesi, non ci è dato a saperlo.