I mon (紋),
o monshō (紋章),
mondokoro (紋所),
e kamon (家紋),
sono gli emblemi giapponesi usati per decorare e identificare un
individuo o una famiglia (soprattutto i kamon e i mondokoro,
simili agli stemmi dell'araldica europea.
Essi vengono utilizzati inizialmente
dai clan di samurai per distinguersi e riconoscersi più facilmente
sul campo di battaglia. Si tratta generalmente di disegni stilizzati
inseriti all'interno di una forma geometrica. Il loro impiego risale
al periodo Kamakura. Durante il Periodo Edo, solo i daimyo avevano il
diritto di possederne due. Dall'inizio del periodo Meiji, il loro
utilizzo si diffonde anche tra il popolo.
Storia
I kamon giapponesi –
emblemi/stemmi di famiglia – indicavano il lignaggio, la parentela
o la posizione sociale di chi li esibiva. Si ritiene siano nati in
periodo Nara (710-784) o Heian (794-1185) quando era abitudine
applicare esternamente emblemi di famiglia sui carri che
trasportavano i nobili. Questi elementi, che si ispiravano ad antichi
simboli cinesi, erano altresì utilizzati all'epoca per decorare
stoffe e tessuti preziosi delle classe aristocratica, ma non si può
parlare ancora ufficialmente di veri e propri stemmi familiari.
Sarà invece a partire dal periodo
seguente – periodo Kamakura (1185-1333) e Muromachi-Momoyama
(1333-1603) – che armature, bandiere e stendardi militari verranno
decorati con kamon sia con lo scopo funzionale di riconoscere
alleati e nemici sui campi di battaglia durante gli scontri, ma anche
come segno di servizio distintivo. Spesso paragonati ai blasoni della
cavalleria europea, in realtà ne differivano molto, dal momento che
non avevano il valore di stemmi gentilizi, anche perché nell'antico
Giappone – salvo rare eccezioni – non esistevano propriamente i
cognomi.
Fu poi a partire dal XVII secolo –
periodo Edo (1603-1868) – che i kamon assunsero gradualmente
una funzione più decorativa, a detrimento della loro funzione di
simbolo autoritario. Non solo il Paese entrò in un lungo periodo di
pace che ne vanificò, quindi, parzialmente, l'utilizzo sui campi di
battaglia, ma anche perché mercanti e commercianti assunsero via via
un proprio kamon, andando così a diffondere il loro impiego
anche presso altre classi sociali. Dai duecento prototipi di motivi
kamon, appartenenti alle classi nobili e samurai, si arrivò
ad averne più di 7-8.000, declinati in varie forme e stili. Basti
pensare, a titolo di esempio, che il fiore di pruno – molto caro
alla tradizione nipponica – arrivò ad avere ben novanta varianti
come kamon. L'utilizzo di alcuni emblemi, tuttavia, fu
delimitato ai membri di determinate famiglie nobili o di samurai,
come per esempio il fiore di malvone presente sui kamon della
famiglia Tokugawa – gli shōgun del periodo Edo.
Verso la metà del XVIII secolo,
infatti, venne creato una sorta di registro ufficiale nazionale in
cui, annualmente, erano riportati ed aggiornati, i disegni degli
emblemi e i nomi familiari ad essi associati. Durante questo lungo e
contraddittorio periodo storico e culturale – il periodo Edo –
mercanti, attori del teatro kabuki e cortigiane del "mondo
fluttuante" cittadino di Edo (l'antica Tōkyō), Ōsaka e Kyōto
usarono altresì i kamon con funzioni di logo personali –
una sorta di marchi commerciali – per sponsorizzare le proprie
professioni. Ma la ricchezza numerica e funzionale dei kamon,
si rifletterà altresì su svariate tipologie di emblemi con lo
stesso motivo, ma usate in occasioni più o meno pubbliche, più o
meno formali.
Simboli
Il mon sarebbero nati come
modelli cuciti sugli abiti o per distinguere una leadership in uno
specifico clan od organizzazione. Dal XII secolo, fonti danno una
chiara indicazione di come furono adottati come distintivi,
soprattutto in battaglia. Si trovavano anche su bandiere ed
equipaggiamenti.
Le regole che stabilivano la scelta del
mon erano alquanto limitate, sebbene la sua selezione fosse
generalmente determinata da norme sociali. Era considerato
inappropriato usare un mon che veniva già utilizzato da
qualcun altro, e soprattutto offensivo usare un mon già in
uso da persone di alto rango. Quando dei mon entravano in
conflitto, le persone di rango inferiore spesso cambiavano il proprio
per evitare di provocare l'ira degli appartenenti ai ceti più alti.
I mon dei clan più prestigiosi del Giappone, come la
malvarosa dei Tokugawa e il crisantemo dell'Imperatore godevano di
protezione legale contro l'uso improprio. Occasionalmente, i capi dei
clan concedevano l'uso del loro mon ai propri vassalli in
segno di ricompensa. Analogamente alla concessione del cognome del
signore, era considerato un grande onore.
Non ci sono regole nella scelta del
simbolo del mon. La maggior parte consistono in cerchi che
racchiudono piante, fiori, animali, entità naturali, celestiali o
artificiali, tutti rappresentati astrattamente. Comunemente usati
erano anche simboli religiosi, forme geometriche e kanji.
Simili agli stemmi dell'araldica
europea, ai mon viene attribuito il nome di ciò che
rappresentano, anche se non esistono regole in tal senso.
Contrariamente agli stemmi europei, tuttavia, i nomi non servono ad
identificare i mon ma solo a descriverli.
L'araldica giapponese non ha un sistema
di brisura, ma non è raro che un ramo cadetto di una famiglia decida
di utilizzare un mon leggermente diverso da quello della
famiglia di origine. Ogni famiglia principesca Shinnōke, per
esempio, usava come mon un crisantemo leggermente modificato.
Chiunque avesse un mon lo poteva combinare con quello del
proprio signore, benefattore o sposo, talvolta creando simboli ancora
più complicati.
I mon sono essenzialmente
monocromatici. Il colore non ne è parte integrante e i simboli
possono essere disegnati in qualunque tonalità.
Uso moderno
Praticamente tutte le famiglie
giapponesi hanno un mon. In occasioni in cui l'uso mon è necessario,
l'interessato può cercare quello della propria famiglia nei registri
del tempio della città di origine o consultare una delle molte
pubblicazioni disponibili in materia genealogica, anche online.
È possibile vedere dei mon
disegnati in negozi che si occupano delle arti e dei costumi
tradizionali giapponesi. In particolare vengono utilizzati dai
ristoranti di sushi, che incorporano i mon nei propri loghi.
I mon aggiungono un tocco di
formalità e ricercatezza ai kimono, ad esempio. Un kimono può avere
uno, tre o cinque mon. Gli stessi mon possono essere
formali o informali, a seconda dell'occasione d'uso dell'indumento.
Kimono molto formali hanno più mon, in modo tale da farli
risaltare. Nei capi di abbigliamento delle classi dirigenti, i mon
si possono trovare ai lati del petto, su entrambe le maniche e nel
centro della parte dietro. Sull'armatura di un guerriero, poteva
trovarsi sul kabuto (l'elmo), sul dō (il busto) e
sugli stendardi. I mon inoltre adornano scrigni, tende,
ventagli e altri oggetti importanti.
Come in passato, i mon moderni
non sono protetti dalla legge, ad eccezione del sigillo imperiale
giapponese, il celebre Crisantemo Imperiale, che funge anche come
emblema nazionale, e la paulownia, che è il mon del Primo
Ministro e l'emblema del governo.