giovedì 7 agosto 2025

Aikido vs Hapkido: radici comuni, percorsi divergenti e reputazioni opposte


Aikido e Hapkido condividono un’origine storica sorprendentemente vicina: entrambi derivano, direttamente o indirettamente, dal Daitō-ryū Aiki-jūjutsu giapponese, un’arte marziale basata su leve articolari, proiezioni e uso dell’energia dell’avversario. Tuttavia, la loro evoluzione ha seguito direzioni opposte, portando oggi a una differenza netta di reputazione. L’Aikido è percepito come un’arte marziale pacifica, elegante e filosofica; l'Hapkido come un sistema pragmatico, ricco di colpi e adatto alla difesa personale reale.

L’Aikido, sviluppato da Morihei Ueshiba, punta a neutralizzare l’aggressione senza danneggiare l’attaccante. Le tecniche si basano su movimenti circolari e armonici, sfruttando lo squilibrio e la direzione della forza dell’avversario per proiettarlo o immobilizzarlo. L’obiettivo non è la vittoria fisica, ma la risoluzione pacifica del conflitto.
L'Hapkido, codificato in Corea da Choi Yong-sul e poi arricchito da vari maestri, combina proiezioni e leve con un arsenale di colpi diretti — calci, pugni, gomitate e persino testate — per fermare l’aggressore in modo rapido ed efficace. L’enfasi è sulla funzionalità e sull’adattabilità a contesti reali, compresi scenari di polizia e militari.

Nell'Aikido, gli atemi esistono ma hanno funzione prevalentemente didattica: servono a distrarre, creare un’apertura o rompere la concentrazione dell’avversario. Non sono il fulcro della strategia e raramente vengono allenati per infliggere danni seri.
Nell'Hapkido, invece, i colpi sono parte integrante della tecnica: vengono usati per indebolire l’aggressore, colpendo punti vulnerabili come inguine, gola, ginocchia e zone sensibili del corpo. La combinazione tra colpi e proiezioni rende le tecniche più incisive in situazioni caotiche.
L’Aikido lavora soprattutto a distanza media e corta, partendo spesso da prese o attacchi relativamente “puliti” e facilmente leggibili. Questo approccio permette di perfezionare la forma, ma espone a critiche di scarsa applicabilità contro attacchi caotici o colpi improvvisi.
L'Hapkido, al contrario, copre tutte le distanze: dalla lunga — grazie a calci rapidi e vari — alla corta, con leve, proiezioni e controlli al suolo. Questa completezza gli conferisce un’immagine di arte marziale “totale”.
Nella pratica dell’Aikido, gli attacchi sono quasi sempre prestabiliti e il partner è collaborativo. Questo favorisce l’apprendimento delle meccaniche e della sensibilità, ma limita l’esposizione a scenari imprevedibili. Lo sparring libero è raro e, quando presente, mantiene un carattere controllato.
L'Hapkido offre un allenamento più vario, che include esercizi semi-liberi e simulazioni di aggressioni con colpi e prese miste. Pur non sempre utilizzando il pieno contatto, introduce una maggiore dose di pressione fisica e mentale.

L’Aikido ha mantenuto un forte legame con la filosofia originaria di Ueshiba, centrata sull’armonia e la trasformazione personale. L'Hapkido, invece, ha integrato elementi del Taekwondo (calci), del Judo (proiezioni) e della lotta libera, modellandosi come strumento pratico per autodifesa e impieghi istituzionali.
La divergenza tra Aikido e Hapkido non è solo tecnica ma culturale: il primo coltiva la maestria del controllo senza danno, il secondo la capacità di interrompere subito la minaccia con ogni mezzo necessario. La reputazione di ciascuno è il riflesso di queste scelte — e del diverso equilibrio tra filosofia e pragmatismo che incarnano.



Nessun commento:

Posta un commento