venerdì 29 agosto 2025

Il Calcio Laterale di Bruce Lee: Mito, Realtà e Biomeccanica di una Leggenda




Bruce Lee non è stato soltanto un attore o un maestro di arti marziali: è diventato un simbolo culturale capace di trascendere le generazioni, incarnando l’idea stessa di potenza, velocità e disciplina mentale. Tra i tanti episodi che alimentano il mito della sua grandezza, uno dei più raccontati è quello riportato da John Saxon, compagno di set in Enter the Dragon, che descrisse un calcio laterale talmente potente da scaraventarlo all’indietro e rompere una sedia. Una scena quasi cinematografica, che negli anni è stata tramandata con variazioni sempre più incredibili — fino a far parlare di un uomo di 90 chili proiettato per 20 metri di distanza.

Ma quanto c’è di vero in questo racconto? È davvero possibile che un essere umano, per quanto dotato, abbia potuto generare una tale forza? Per rispondere, occorre muoversi su tre piani: il contesto storico e testimoniale, la biomeccanica del calcio laterale e il ruolo del mito nella costruzione della leggenda Bruce Lee.

John Saxon, attore statunitense, divenne amico di Lee durante le riprese di Enter the Dragon. In un’intervista rilasciata anni dopo, raccontò che Bruce gli chiese di mostrargli un calcio laterale. Saxon, che in quel periodo aveva una caviglia infortunata, eseguì la tecnica con difficoltà. A quel punto Bruce decise di mostrare la sua versione. Saxon ricorda:

“Si muoveva con una sedia e non sapevo cosa stesse facendo. All’improvviso, scivolò davanti a me e con un balzo improvviso mi colpì con un calcio. Mi sbatté via sui talloni attraverso la stanza, la sedia cadde e si ruppe. Mi alzai e lui, preoccupato, mi disse: ‘Va tutto bene?’ Risposi di sì, e allora disse: ‘Meno male, quella era la mia sedia migliore!’”

L’episodio, raccontato con ironia, non ha nulla di straordinariamente “sovrumano” nella versione originale. Saxon perse l’equilibrio, cadde insieme alla sedia e l’impatto parve più violento di quanto fosse realmente. Eppure, nella trasmissione orale e nelle successive narrazioni, il racconto si trasformò, diventando l’ennesima leggenda sul potere dei colpi di Bruce Lee.

Il calcio laterale (side kick) è una delle tecniche più potenti nelle arti marziali, in particolare nel Taekwondo, nel Karate e nel Jeet Kune Do di Bruce Lee. La forza del colpo deriva da diversi fattori biomeccanici:

  1. Caricamento e rotazione dell’anca: il piede di appoggio ruota, l’anca si apre e il corpo genera una catena cinetica che trasferisce energia dal suolo alla gamba.

  2. Linea di spinta: il tallone diventa il punto d’impatto, diretto in linea retta, garantendo massima penetrazione.

  3. Esplosività muscolare: quadricipiti, glutei e core si contraggono in modo sinergico, trasformando l’energia potenziale in forza cinetica.

  4. Massa efficace: il corpo, spinto in avanti, aumenta l’energia del colpo.

Gli studi sulla biomeccanica delle arti marziali mostrano che un side kick ben eseguito può generare forze superiori a 1.500–2.000 Newton, equivalenti a un impatto in grado di rompere tavole di legno o spingere indietro un avversario di peso medio.

Bruce Lee, che aveva un controllo assoluto sulla sua muscolatura ed era allenato all’esplosività, probabilmente raggiungeva valori anche più alti della media degli atleti marziali della sua epoca. Questo spiega perché tanti testimoni raccontino di colpi devastanti, capaci di togliere il fiato o sbalzare all’indietro persone molto più pesanti di lui.

L’idea che Bruce Lee abbia scagliato un uomo di 90 chili a 20 metri con un calcio appartiene alla sfera del mito, non della realtà fisica. Per capire perché, basta una semplice analisi:

  • Un corpo di 90 kg per essere proiettato di 20 metri dovrebbe ricevere un’energia cinetica enorme, paragonabile a quella prodotta da un incidente automobilistico a velocità considerevole.

  • Nessun essere umano, nemmeno il più esplosivo degli atleti, è in grado di generare una tale spinta con una singola tecnica.

  • Quello che realmente accadde, molto più verosimilmente, fu che Saxon, colto di sorpresa e sbilanciato, cadde all’indietro rompendo la sedia: l’evento, spettacolare da vedere, si trasformò in una “storia da tramandare”.

Si tratta quindi di un tipico caso di esagerazione narrativa, dove un fatto reale e impressionante viene gradualmente amplificato dalla memoria e dalla fascinazione per il personaggio.

Il fascino di Bruce Lee sta proprio in questo equilibrio tra uomo e leggenda. Da un lato, le sue capacità reali erano straordinarie: forza esplosiva, velocità fulminea, riflessi quasi inumani, abilità tecnica fuori dal comune. Testimonianze di compagni d’allenamento come Chuck Norris o Joe Lewis confermano che Lee era realmente in grado di dominare atleti esperti e ben più massicci di lui.

Dall’altro lato, la sua figura è stata avvolta da un alone mitico che ha finito per amplificare ogni episodio, creando racconti che sfidano le leggi della fisica. Calci che proiettano uomini a decine di metri, pugni che rompono sacchi da boxe pieni di metallo, allenamenti disumani. Questi miti, pur non essendo letteralmente veri, hanno contribuito a trasformare Bruce Lee in una leggenda immortale.

Al di là della veridicità dell’aneddoto, il calcio laterale di Bruce Lee resta un simbolo. È l’immagine della potenza concentrata, del corpo umano portato al suo limite, della disciplina che diventa arte. Che abbia davvero spinto John Saxon di qualche metro o che la leggenda l’abbia allungata a venti, poco importa: ciò che conta è che quel colpo rappresenta l’essenza di Lee, la dimostrazione che tecnica, velocità e determinazione possono valere quanto e più della forza bruta.

Bruce Lee non aveva bisogno di miti per essere leggendario. Il suo calcio laterale, documentato da filmati e testimoni, era già di per sé devastante, capace di abbattere avversari molto più grandi. L’aneddoto di John Saxon aggiunge colore alla narrazione, ma va interpretato con il giusto distacco: non come una prova di poteri sovrumani, bensì come testimonianza dell’impatto che Lee lasciava su chiunque lo incontrasse, dentro e fuori dal tatami.

Il mito dei “20 metri” è un esempio di come le leggende nascano dall’ammirazione e dall’affetto per un’icona. La verità è che Bruce Lee non era un superuomo, ma un uomo che, attraverso dedizione e genialità, riuscì a superare i limiti comuni, lasciando un’impronta eterna. Ed è proprio questa fusione di realtà e leggenda a rendere il suo nome immortale.

Bruce Lee non scaraventò mai nessuno a 20 metri di distanza. Ma il suo calcio laterale resta, ancora oggi, uno dei simboli più iconici della potenza umana trasformata in arte marziale.



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