Una rivincita tra Roberto Durán e Thomas “Hitman” Hearns è uno di quegli scenari che ancora oggi alimentano discussioni accese tra gli appassionati di boxe. Il loro primo incontro, avvenuto il 15 giugno 1984, si concluse in maniera drammatica: Hearns mise KO Durán in appena due riprese, un dominio raro contro un pugile del calibro del panamense, noto per la sua durezza, resistenza e abilità difensiva. Ma una seconda sfida avrebbe necessariamente seguito lo stesso copione?
La risposta dipende da una serie di fattori: il peso della rivincita, lo stato fisico e mentale dei due combattenti al momento dell’incontro, e le possibili correzioni strategiche.
Hearns era un incubo stilistico per Durán. Alto 1,85 m, con un allungo di 198 cm e una velocità di braccia fulminea, il “Motor City Cobra” incarnava tutto ciò che poteva mettere in difficoltà un pugile più basso, che faceva dell’aggiramento e del combattimento a corta distanza il proprio pane quotidiano. Hearns non permetteva avvicinamenti facili, e la sua mano destra era letale. Per Durán, che aveva costruito la propria leggenda nei pesi leggeri — dove fu probabilmente il più grande di sempre —, affrontare un Hearns nei superwelter significava entrare in un campo minato.
Eppure, Durán era noto per la sua capacità di adattamento. Contro Ray Leonard, nella loro prima sfida, aveva smentito i pronostici neutralizzando il pugile più tecnico. Aveva anche resistito, seppur perdendo, a Marvin Hagler nei medi. Ma contro Hearns il problema non fu solo lo stile, bensì il tempismo: Durán era lontano dal suo prime atletico, e mentalmente sembrava meno affamato rispetto al passato.
In un'eventuale seconda sfida, molto avrebbe dipeso da dove e come si fosse disputata. Se la rivincita fosse avvenuta nei pesi welter — il limite naturale per Durán una volta salito dai leggeri — le cose avrebbero potuto essere diverse. Hearns avrebbe avuto meno vantaggi fisici, e Durán avrebbe potuto applicare un piano tattico più aggressivo, simile a quello usato contro Leonard.
Tuttavia, è difficile immaginare che Hearns avrebbe accettato di scendere così tanto di peso senza conseguenze sulla sua potenza e resistenza. E anche in quel caso, il suo jab ipnotico e il colpo dritto avrebbero rappresentato ostacoli enormi.
Il riferimento ad Aaron Pryor è interessante. Hearns e Pryor si affrontarono da dilettanti, e Pryor ottenne una vittoria significativa. Pryor era un pugile aggressivo, instancabile, che avrebbe potuto causare problemi anche a Hearns nei professionisti. Ma è importante notare che tra dilettanti e pro il divario può essere enorme. Hearns maturò in maniera straordinaria dopo il passaggio al professionismo, sviluppando una tecnica micidiale, non solo potenza.
Durán, invece, pur avendo uno stile simile a Pryor per certi aspetti — soprattutto per quanto riguarda la pressione e la mentalità “da strada” — non aveva la stessa dinamicità nel 1984, e una sua versione più giovane avrebbe avuto più chance, ma non certezze.
Non c’è dubbio che Hearns abbia raggiunto la sua forma più dominante nei superwelter. Lì la combinazione di potenza, rapidità e altezza era semplicemente imbattibile. La vittoria su Durán, così come quelle su Wilfred Benítez e Pipino Cuevas, lo dimostrano. In quella categoria, è legittimo considerarlo il più grande di sempre, o almeno uno dei primissimi.
Durán, dal canto suo, rimane il più grande peso leggero della storia. Le sue performance tra il 1972 e il 1979 sono leggendarie. Il salto di tre categorie per affrontare Hearns fu un atto di coraggio e ambizione, ma anche di rischio.
In una rivincita, è plausibile che Durán avrebbe potuto offrire una prestazione più dignitosa, evitando il KO e portando Hearns ai punti. Ma vincere sarebbe stato estremamente difficile. La differenza fisica, unita alla precisione chirurgica di Hearns, restava un ostacolo quasi insormontabile, a meno di una serata perfetta del panamense e di un Hearns fuori fase.
Il bello della boxe, però, è proprio questo: l’incertezza. E in fondo, il solo fatto che ancora oggi si discuta di questa ipotetica rivincita è la testimonianza più autentica della grandezza di entrambi.
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