domenica 18 maggio 2025

"Scappare è un’arte marziale: quando la fuga è la tecnica più evoluta"

Quando si parla di arti marziali, l’immaginario collettivo corre veloce: pugni ben assestati, calci volanti, cinture nere, combattimenti adrenalinici. Da Bruce Lee a Jackie Chan, fino alle moderne gabbie dell'MMA, siamo stati abituati a pensare alla maestria marziale come a una dimostrazione di forza fisica e predominio sull’avversario. Eppure, nell’universo reale — quello fatto di strade deserte, biciclette cariche di spesa, gruppi di sconosciuti con intenzioni minacciose — il gesto più potente e significativo che un praticante esperto possa compiere è… la fuga.

Quella che può sembrare una contraddizione in termini — fuggire invece di combattere — è in realtà il cuore più autentico della disciplina marziale. Non è un’ammissione di debolezza, ma il suo esatto opposto: è consapevolezza. E, sorprendentemente, è anche il frutto di un allenamento rigoroso, strutturato, fisico e mentale.

Una storia realmente accaduta ci aiuta a comprendere il concetto: un praticante di kickboxing, di ritorno dal supermercato con le borse piene, incappa in un gruppo di sette ragazzi ostili. La situazione si fa subito tesa: lo minacciano, cercano di fermarlo, tentano di afferrare la bicicletta. Lui non combatte. Non si ferma. Non affronta i sette aggressori con tecniche spettacolari. Semplicemente, accelera. Calcola, reagisce, scarta, resiste. E si salva.

A un ascoltatore disattento, questo potrà sembrare un racconto poco epico. A un vero artista marziale, invece, apparirà per quello che è: una dimostrazione di dominio della situazione, controllo emotivo e strategia vincente. È proprio ciò che ogni buon maestro ripete durante l’allenamento: la priorità assoluta è la sopravvivenza, non lo scontro.

Chi si avvicina alle arti marziali con l’idea di imparare a “dare una lezione a qualcuno” ha già perso la battaglia contro il primo e più insidioso nemico: il proprio ego. Non serve a nulla saper colpire se si perde lucidità al primo segno di pericolo. Non serve a nulla un gancio perfetto se non si è in grado di valutare la sproporzione tra sé e il contesto.

Nel caso del nostro protagonista, il corpo allenato grazie ad anni di circuito e resistenza ha risposto meglio di qualsiasi tecnica di striking. Le gambe hanno fatto ciò per cui erano state addestrate. Il sangue freddo — non il desiderio di prevalere — ha dettato la scelta giusta. Ha corso, ed è sopravvissuto.

La nostra società ci ha insegnato a idealizzare lo scontro come forma di riscatto, come prova di valore. Ma la realtà non funziona con una colonna sonora. Sette contro uno è una situazione da evitare, non da affrontare. Le vere arti marziali, quelle insegnate con rigore e trasmesse come tradizione, hanno sempre contenuto un messaggio chiaro: la forza è lo strumento, la saggezza è il fine.

In molte discipline, dal judo al kung fu, si insegna che l’arte della guerra consiste nel vincere senza combattere. Sun Tzu stesso, nell’“Arte della Guerra”, lo dice senza mezzi termini: la suprema abilità consiste nel sottomettere il nemico senza combattere.

Allora perché ogni esperto ti ripete che "anche scappare è importante"? Perché la fuga — la decisione consapevole di non combattere — è un gesto di estrema padronanza. Non è la rinuncia al conflitto, ma la sua gestione. È il momento in cui si distingue il praticante addestrato dal dilettante impulsivo.

Fuggire, quando necessario, non è disonorevole. È un’affermazione silenziosa ma poderosa di valore personale. È la capacità di leggere la situazione e scegliere la via più saggia. È l’arte marziale nella sua forma più pura: quella che non lascia lividi, ma salva la vita.

Le arti marziali non servono a dimostrare la propria forza al mondo, ma a conservare l’integrità del proprio corpo e della propria coscienza. A volte significa affrontare il pericolo, a volte significa evitarlo. Ma ogni volta che un maestro dice “scappare è importante”, in realtà sta dicendo: sii pronto a vincere, anche se nessuno ti applaudirà per questo.

E forse, è proprio questa la più grande vittoria che si possa ottenere.



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