sabato 24 maggio 2025

Mike Tyson e l’eterna sfida tra stili: perché il pugilato resta efficace nel confronto con le arti marziali

 


Di fronte alla domanda se un pugile come Mike Tyson sarebbe davvero efficace contro altri stili di arti marziali, il dibattito rischia di diventare sterile se non ci si attiene a una riflessione razionale e basata sui fatti. In primo luogo, non esistono prove documentate o incontri ufficiali che abbiano messo Tyson – nella sua forma migliore – di fronte a praticanti di arti marziali in un contesto regolamentato che consenta un confronto diretto e imparziale. Mancano dunque riscontri concreti.

Tuttavia, osservando ciò che rende il pugilato – e nello specifico lo stile aggressivo e altamente tecnico di Tyson – efficace in astratto contro altri stili, si possono delineare alcuni spunti interessanti.

Va premesso che la boxe, in quanto disciplina di combattimento, ha dimostrato negli ultimi decenni una notevole efficacia quando confrontata in contesti misti. Non si tratta, ovviamente, di sostenere la superiorità assoluta della boxe su ogni altra arte marziale, ma piuttosto di riconoscerne i punti di forza oggettivi, soprattutto se incarnati da un atleta d'élite quale era “Iron” Mike nella sua stagione d'oro, tra il 1986 e il 1988.

Nel suo prime, Tyson combinava diversi elementi che lo rendevano estremamente difficile da affrontare per qualunque avversario, a prescindere dallo stile:

  • Velocità esplosiva: non solo nelle braccia, ma anche nel footwork. I suoi movimenti angolati gli permettevano di accorciare rapidamente la distanza.

  • Pesantezza dei colpi: i pugni di Tyson erano devastanti e capaci di chiudere un incontro in pochi secondi.

  • Difesa eccellente: grazie al celebre "peek-a-boo" sviluppato da Cus D’Amato, Tyson sfuggiva ai colpi con un movimento incessante del busto e della testa, rendendosi un bersaglio elusivo.

  • Intelligenza tattica: Tyson non era un semplice aggressore frontale. Analizzava l’avversario e forzava gli errori, sfruttando ogni apertura.

Il confronto più immediato quando si parla di boxe contro arti marziali è quello tra pugni e calci. In generale, è innegabile che:

  • I pugni siano più rapidi e consentano combinazioni ravvicinate più efficaci.

  • I calci abbiano maggiore portata e, potenzialmente, maggiore forza d’impatto.

Ma la velocità e la capacità di lavorare sulla corta distanza offrono ai pugili un vantaggio innegabile nel momento in cui riescono a chiudere lo spazio e ad annullare la distanza che favorisce le gambe.

Applicando questa riflessione ipotetica ai vari stili di arti marziali, si possono ipotizzare scenari diversi:

Tyson contro un karateka

Il karate tradizionale offre una posizione più chiusa e bassa, con un baricentro che garantisce stabilità e mobilità laterale. Tuttavia, il karate tende a privilegiare tecniche singole, con ritmi intermittenti. Tyson, con il suo gioco di gambe e la capacità di lavorare con serie di combinazioni, avrebbe facilmente potuto colmare la distanza e forzare l’avversario su un terreno a lui più congeniale, sempre che non venga gestito sapientemente con low kick o calci frontali ben piazzati. In ogni caso, il karateka avrebbe dovuto mantenere il controllo della distanza per tutto l’incontro: una sfida difficilissima contro un Tyson motivato.

Tyson contro un praticante di Taekwondo

Nel Taekwondo sportivo la difesa delle gambe e la protezione contro i colpi alla parte bassa del corpo sono limitate. Inoltre, l’enfasi sui calci al busto e alla testa lascia spazio a un pugile esperto per accorciare e concludere con colpi potenti. Tyson, per velocità e gestione della distanza, avrebbe avuto pochi problemi a penetrare la guardia e sferrare colpi devastanti, data anche la limitata esperienza dei taekwondoka nella gestione del corpo a corpo.

Tyson contro un combattente di Muay Thai

Qui il confronto sarebbe molto più impegnativo. Il Muay Thai, con la sua gamma di colpi – pugni, gomitate, calci e soprattutto il clinch – rappresenta uno degli stili più completi in ambito striking. Il clinch, in particolare, è un’arma micidiale per un pugile abituato a lavorare a corta distanza ma che non pratica tecniche di proiezione o lotta ravvicinata. La principale debolezza dei thai boxer di allora, però, stava nella difesa relativamente aperta rispetto a quella ultra-compatta della boxe. Se Tyson fosse riuscito ad aggirare i calci e le ginocchiate iniziali e a lavorare con il suo temibile gioco di busto, avrebbe avuto buone probabilità di colpire con efficacia prima di venire bloccato nel clinch.

Tyson contro un kickboxer

Qui il discorso ricalca quello fatto per il Muay Thai, ma con clinch meno presente. Un kickboxer esperto avrebbe potuto tentare di sfruttare i middle kick e i front kick per mantenere la distanza. Tuttavia, contro un pugile con il pressing, la velocità e la precisione di Tyson, l’efficacia difensiva del kickboxing degli anni Ottanta avrebbe probabilmente sofferto. Come sempre, il primo ad accorciare e a colpire avrebbe avuto la meglio.



Occorre infine chiarire che ogni ipotesi deve fare i conti con le variabili legate al regolamento, al contesto e alle condizioni reali di combattimento. Uno scontro regolamentato in stile MMA, ad esempio, presenterebbe dinamiche ben diverse da un incontro in piedi a regole limitate.

Il mio punto di vista, da pugile, nasce da esperienze concrete: ho incrociato guantoni in sparring con praticanti di Muay Thai. Sì, inizialmente la mia guardia più compatta e l’attitudine al pressing mi consentivano di lavorare efficacemente sui pugni. Ma bastava finire in un clinch per capire che, senza una preparazione specifica per quelle situazioni, ci si ritrovava rapidamente in difficoltà. Non è solo questione di tecnica: chiunque abbia ricevuto un colpo di ginocchio in clinch sa bene quanto sia disorientante e debilitante.

Un pugile come Mike Tyson, nella sua versione migliore, sarebbe stato un avversario temibile per qualsiasi artista marziale che puntasse esclusivamente sullo striking. Le sue qualità atletiche, unite a una straordinaria intelligenza di combattimento e a una preparazione maniacale, avrebbero messo in seria difficoltà la maggior parte degli stili basati sul combattimento a distanza.

Naturalmente, non esiste stile invincibile: tutto dipende dal contesto, dalle regole e dal singolo atleta. Ma se il confronto ipotetico fosse a mani nude o a colpi consentiti in piedi, un pugile d’élite come Tyson avrebbe sempre avuto carte vincenti da giocare. Non perché la boxe sia superiore in assoluto, ma perché Tyson era, semplicemente, uno dei migliori pugili mai esistiti.

E in fin dei conti, come ogni vero appassionato sa, non esistono arti marziali invincibili — esistono solo combattenti migliori.




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